Niente assegno all’ex moglie: lei convive con un nuovo compagno

Respinta la richiesta avanzata dalla donna nei confronti dell’ex marito. Decisivo il fatto che ella abbia intrapreso una nuova relazione, creando così una famiglia di fatto.

Divorzio ufficiale, come da provvedimento del Tribunale. Niente assegno, però, all’ex moglie. Decisivo il fatto che ella si sia legata a un nuovo compagno, creando così una famiglia di fatto. Cassazione, ordinanza n. 19345, sezione Sesta Civile, depositata il 29 settembre 2016 Famiglia. Linea di pensiero comune per i giudici di primo e di secondo grado risposta negativa alla richiesta di assegno divorzile avanzata dalla donna. Decisione, questa, poggiata sulla constatazione che ella ha instaurato un rapporto di convivenza more uxorio con un altro uomo . E tale prospettiva è condivisa ora dai magistrati della Cassazione, che ritengono irrilevante il richiamo fatto dal legale dell’ex moglie alla chiusura della relazione col nuovo compagno. Pur ipotizzando la rottura della relazione, difatti, resta indiscutibile, spiegano i giudici, che la creazione di una nuova famiglia, ancorché di fatto rompe ogni connessione con il tenore e il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale , e ciò fa venire meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell’assegno divorzile a carico dell’ex marito. Di conseguenza, si può tranquillamente affermare che la formazione di una famiglia di fatto, costituzionalmente tutelata, è espressione di una scelta, libera e consapevole, che si caratterizza per l’assunzione piena anche del rischio di una cessazione del rapporto , e quindi va esclusa, concludono i giudici, ogni residua solidarietà post matrimoniale con l’altro coniuge .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 1 luglio – 29 settembre 2016, n. 19345 Presidente Ragonesi – Relatore Bisogni Rilevato che 1. Il Tribunale di Latina, con sentenza del 13 settembre 2011, ha pronunciato la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da R. P. e S. D.P., ha disposto l'affido condiviso del figlio minore A., nato nel 1994, prevedendo la sua residenza presso il padre che ha onerato del mantenimento, ha regolamentato il diritto di visita della madre e respinto la sua domanda di assegno divorzile. 2. Avverso la sentenza del Tribunale, ha proposto appello R. P. rivendicando il suo diritto all'assegno divorzile. La Corte d'Appello ha confermato la sentenza impugnata ritenendo insussistenti i presupposti per procedere al riconoscimento dell'assegno di divorzio in quanto, così come accertato nel giudizio di primo grado, la P. aveva instaurato un rapporto di convivenza more uxorio con un altro uomo e non aveva `dato prova dell’allegata cessazione della relazione. 3. Ricorre per cassazione la signora P. con tre motivi di impugnazione a Nullità della sentenza per vizio di extra petizione a cagione di difetto di corrispondenza tra chiesto e pronunciato nonché per violazione del giudicato interno formatosi, nell'assenza di impugnazione, sull'astratta spettanza dell'assegno divorzile - violazione dell'art. 112 c.p.c. e dell'art. 329 co. 2 c.p.c. nonché art. 2909 c.c. in relazione all'art. 360 n. 4 e all'art. 360 n. 3 c.p.c. b Violazione dell'art. 5 1. 1970 n. 898 in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.- nullità della sentenza per omessa pronuncia sui motivi di cui ai nn. 2/b e 3 dell'atto di appello in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c. nonché all'art. 112 c.p.c. c Violazione dell'art. 5 1. 1970 n. 898 - omesso esame circa la sussistenza di una famiglia di fatto , fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto tra le parti in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.- violazione degli artt. 115 e 216 c.p.c. e 2697 c.c., con riguardo all'art. 2700 c.c. e all'art. 1 2. 1228/1954, in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. per aver denegato qualsiasi dignità di prova alle dichiarazioni della ricorrente e alle prove documentate dotate di fede pubblica relativa alla sussistenza di mera convivenza more uxorio nonché della cessazione della convivenza dimostrative dell'assenza di contributo della convivente, dell'indisponibilità di mezzi adeguati e dell'indigenza della ricorrente. 4. S. De Pede si difende con controricorso. Ritenuto che 5. Il ricorso deve considerarsi infondato alla stregua della giurisprudenza di questa Corte Cass. civ. sezione I n, 6855 del 3 aprile 2015 e sez. VI-i n. 2466 dell'8 febbraio 2016 secondo cui l'instaurazione di una nuova famiglia, ancorché di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore e il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale fa venire meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell'assegno divorzile a carico dell'altro coniuge, cosicché il relativo diritto non entra in stato di quiescenza, ma resta definitivamente escluso. Infatti la formazione di una famiglia di fatto - costituzionalmente tutelata ex art. 2 Cost. come formazione stabile e duratura in cui si svolge la personalità dell'individuo - è espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole, che si caratterizza per l'assunzione piena del rischio di una cessazione del rapporto e, quindi, esclude ogni residua solidarietà post-matrimoniale con l'altro coniuge, il quale deve considerarsi ormai definitivamente esonerato dall'obbligo di corrispondere l'assegno divorzile. 6. Sussistono pertanto i presupposti per la discussione del ricorso in camera di consiglio e se la Corte condividerà la presente relazione per la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto del ricorso. La Corte, letta la memoria difensiva della ricorrente, condivide la relazione sopra riportata e rileva inoltre, quanto al primo motivo di ricorso, che è da escludersi qualsiasi interesse all'impugnazione da parte di S. D.P. della sentenza di primo grado, mentre, quanto al terzo motivo, che il ricorso consiste in una contestazione della valutazione, compiuta dalla Corte di appello, del materiale probatorio, secondo un criterio logico e coerente quale l'attribuzione alla prolungata convivenza della P., e del figlio A., con il suo nuovo compagno del carattere di una nuova famiglia di fatto, valutazione questa che deve ritenersi prettamente di merito e incensurabile nel presente giudizio ai sensi del nuovo testo dell'art. 360 n. 5 c.p.c. ritenuto pertanto che il ricorso debba essere respinto con condanna della ricorrente alle spese del giudizio di cassazione P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi 3.200 euro di cui 100 curo per spese. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell'arte 13, comma 1 bis, dello stesso articolo 13.