Marito in crisi economica: immobili sequestrati come garanzia per l’assegno all’ex moglie

Legittima la richiesta avanzata dalla donna. Fondati i suoi timori sull’eventualità di non percepire il contributo deciso dal Tribunale in sede di divorzio. Decisiva la constatazione dei problemi lavorativi ed economici lamentati dall’uomo.

Momento di difficoltà per il marito a testimoniarlo la perdita del lavoro e i conti ‘in rosso’. La moglie sente puzza di bruciato, teme cioè di non percepire l’assegno che le ha riconosciuto il Tribunale in sede di divorzio. Per questo motivo, è comprensibile, e legittima secondo i giudici, la sua richiesta di sequestro conservativo relativamente ad alcuni immobili di proprietà dell’uomo. Tribunale di Perugia, ordinanza 1 agosto 2016 Mantenimento. Secondo la donna è fortemente a rischio il mantenimento che le spetta su decisione del Tribunale. Questa considerazione è poggiata sui problemi economici lamentati dall’ex marito egli ha messo in vendita la casa coniugale , ha dichiarato di avere chiesto in prestito denaro per far fronte a presunti debiti e ha documentato di essere titolare di conti correnti in rosso . Per completare il quadro, poi, la donna richiama anche il fatto che il coniuge ha riferito di aver subito una riduzione del proprio lavoro e ha anche aggiunto di potere essere costretto a smettere completamente di lavorare , a causa della depressione che lo affligge da tempo. Consequenziale, quindi, la richiesta del sequestro conservativo di alcune proprietà immobiliari dell’uomo. Indigenza. Per il Tribunale i timori manifestati dalla donna hanno un concreto fondamento. Ciò proprio alla luce della linea difensiva proposta dall’ex marito nel corso del procedimento principale , dove egli non ha solo contestato i presupposti per la corresponsione dell’assegno divorzile , ma ha anche dedotto di non essere nelle condizioni di poter adempiere all’obbligo di pagamento previsto a suo carico. Il quadro complessivo, riconoscono i giudici, non è affatto tranquillizzante l’uomo ha spiegato, tra l’altro, di aver subito una riduzione del lavoro e quindi del reddito , tanto da essere stato costretto ad attivarsi per la riduzione delle spese di locazione , mettendo anche in vendita la ex casa coniugale . Legittimo, quindi, parlare di indigenza . Per questo, appare comprensibile il timore della donna per l’eventualità che possa essere dispersa ogni garanzia patrimoniale a presidio del regolare adempimento futuro dell’obbligo di mantenimento . Tutto ciò spinge i giudici ad accogliere la richiesta avanzata dall’ex moglie. Più in dettaglio, considerato che attualmente l’importo previsto a titolo di contributo al mantenimento è di 550 euro mensili e procedendo in via approssimativa a una valutazione astratta del credito futuro , si ipotizza che tale somma debba essere versata per i prossimi dieci anni . Di conseguenza, il credito può essere quantificato in circa 66mila euro, oltre alla rivalutazione . Ciò significa che è autorizzato il sequestro conservativo degli immobili di proprietà dell’uomo fino alla concorrenza della somma complessiva di 70mila euro .

Tribunale di Perugia, sez. I Civile, ordinanza 27 luglio – 1 agosto 2016 Giudice monocratico Miccichè Premesso Che con ricorso depositato in corso di causa il 18.05.16 A ha chiesto disporsi il sequestro conservativo dell’appartamento in proprietà del B ubicato in , via n. e dei tre garage che la ricorrente ha al fine dedotto che i documenti prodotti dal B nella fase istruttoria del giudizio principale di separazione rendevano palese la sussistenza del periculum in mora circa il corretto adempimento dell’obbligazione futura di mantenimento, avendo il medesimo documentato, a mezzo della produzione di incarico a vendere ad agenzia immobiliare, di avere messo in vendita la casa coniugale sita in e due garage dichiarato di aver chiesto in prestito denaro per far fronte a presunti debiti riferito di aver subito una riduzione del proprio lavoro di e di aver cessato di eseguire riferito di soffrire di depressione e che tanto potrebbe indurlo a smettere completamente di lavorare documentato di essere titolare di conti corrente in rosso che, secondo quanto si legge in ricorso, le riferite circostanze comproverebbero la sussistenza del pericolo oggettivo ed attuale di perdita della garanzia patrimoniale periculum in mora che, in punto di fumus boni iuris,la A ha dedotto che verosimilmente l’assegno di mantenimento in proprio favore, già riconosciuto dai giudici di primo grado e dalla Corte di Appello, sarà confermato in esito al giudizio che B , costituitosi, ha preliminarmente eccepito l’improcedibilità del ricorso per sequestro stante l’omesso invio di raccomanda di costituzione in mora sì come previsto dall’art. 8 L. 878/70 rectius L. 898/70 nel merito, ha dedotto che la A aveva nel corso degli anni percepito a titolo di mantenimento somme ben maggiori di quelle dovutele, oltre alla somma di €. 42.000,00 con scrittura privata a latere dell’accordo di separazione, sì che non sussisterebbe il presupposto dell’inadempimento dell’obbligato di cui al citato art. 8 che all’udienza del 13.07.16, dopo lo scambio di note autorizzate, il giudice riservava la decisione Osserva In punto di inquadramento giuridico della fattispecie è il caso di evidenziare – stante il tenore delle difese svolte dal B in punto di improcedibilità – che nell’ambito del giudizio di separazione possono essere attivati tanto il sequestro conservativo ex art. 671 c.p.c. quanto i diversi istituti descritti nell’art. 156 c.c. per la separazione e nell’art. 8 commi 3 e ss. della L. 898/70 per il divorzio . Diversi sono, come è ovvio, i presupposti di applicabilità dei due istituti, atteso che il sequestro cd. atipico di cui agli artt. 156 c.c. e 8 L. 898/70 è strumento avente natura non cautelare che presuppone un credito già dichiarato, sia pure in via provvisoria, nonché l’inadempimento dell’obbligato diversamente, il sequestro conservativo ex art. 671 c.p.c. presuppone, come noto, la contemporanea sussistenza dei presupposti del periculum in mora e del fumus boni iuris cfr., ex pluribus, Cass. Sez. I 12/5/1998 n. 4776, Cass. Sez. I 30/1/1992 n. 961 . Non è dubbio, per altro, a parere di chi scrive, che il sequestro ex art. 671 c.p.c. sia perfettamente compatibile con il giudizio di separazione personale, nell’ambito del quale il ricorso al sequestro atipico si configura come forma di tutela aggiuntiva offerta nella materia dal legislatore e non certo come norma sostitutiva della tutela ordinariamente concessa dalle norme del codice di rito opinando diversamente si arriverebbe all’incongrua soluzione di ritenere che la riforma del diritto di famiglia del 1975 - che nel riformulare l’art. 156 c.c. mostra di voler rafforzare la tutela del coniuge debole - abbia, per alcuni versi, operato una deminutio nella tutela dello stesso coniuge debole, dal momento che prima del 1975 non si dubitava che fosse possibile proporre nel giudizio di separazione personale il sequestro conservativo cfr., Cass. 1772/1971 e Cass. 3773/1969 . Dunque, il coniuge in assenza di inadempimento o ove non sia interessato a far valere l’inadempimento disponendo già di un titolo esecutivo ben può ricorrere alla tutela ordinaria offerta dall’art. 671 c.p.c., alla condizione di offrire adeguata prova dei tradizionali presupposti sopra menzionati. Alla luce di quanto detto si palesa destituita di ogni fondamento l’eccezione di improcedibilità sollevata e reiterata dal resistente a mezzo del riferimento alla disciplina descritta dall’art. 8 L. 898/70, invero relativa a istituto - il sequestro di somme dovute all’obbligato da terzi tenuti a corrispondergli periodicamente somme di denaro - diverso da quello azionato dalla ricorrente. Deve piuttosto darsi atto di come il B nulla deduca nelle proprie difese in punto di fumus e di periculum, dunque in ordine agli unici presupposti rilevanti, come detto, ai fini della valutazione della concedibilità del sequestro ex art. 671 c.p.c., che avrebbero dovuto costituire oggetto di specifica contestazione le argomentazioni da lui addotte a sostegno della richiesta di rigetto del ricorso attengono, invero, a fatti non rilevanti in questa sede, quali quelli tesi a contestare che sussista l’inadempimento non richiesto, nella fattispecie e quelli attinenti all’andamento delle trattative stragiudiziali circa l’eventuale accordo sulla corresponsione di un assegno una tantum. E’ bene chiarire, a tale ultimo proposito, che il fatto che la scrivente abbia invitato le parti più volte in udienza a trovare un accordo sulle condizioni economiche del divorzio non implichi affatto che le proposte ed eventuali controproposte oggetto di missive riservate scambiate tra i legali debbano essere riferite e documentate agli atti di causa, trattandosi di documentazione che non solo esula dalle produzioni utili ai fini della decisione finale che appesantisce” un fascicolo già piuttosto corposo, ma la cui produzione è a ben vedere impedita dalla lettera dell’art. 48 del codice deontologico forense, a tenore del quale – come certamente noto – l’avvocato non deve produrre, riportare in atti processuali o riferire in giudizio la corrispondenza intercorsa esclusivamente tra colleghi qualificata come riservata, nonché quella contenente proposte transattive e relative risposte. Nel merito, a proposito della sussistenza del periculum in mora, ossia del fondato timore di perdere le garanzie del credito vantato, vi è che il B nell’ambito delle difese svolte nel corso del procedimento principale, oltre ad aver contestato che sussistano i presupposti per la corresponsione in favore della A dell’assegno divorzile, ha variamente dedotto di non essere nelle condizioni di poter adempiere al detto obbligo di pagamento, tanto da aver articolato una serie di richieste istruttorie orali e documentali tese a provare la riduzione negli ultimi cinque anni del lavoro di e l’avvenuta cessazione presso ove prima lavorava, una importante riduzione del reddito percepito e la necessità di attivarsi per la riduzione delle spese di locazione , nonché – per quale che più rileva ai fini che ci occupano - di aver messo in vendita la ex casa coniugale sita in a causa della mancanza di aiuto economico da parte dei propri genitori la messa in vendita è documentata da copia del mandato conferito ad una agenzia immobiliare . Nel ricorso introduttivo, per altro, il B aveva dedotto che il mutuo contratto per l’acquisto del detto immobile era pagato mensilmente dalla propria madre e che al pagamento del mutuo contratto per l’acquisto della casa provvede invece il padre, sostenendo così di non avere i mezzi economici per adempiervi direttamente. Non è revocabile in dubbio, allora, che il quadro che emerge dalla stessa rappresentazione dei fatti offerta dal B – anche a prescindere da ogni valutazione sulla attendibilità e rispondenza a verità del medesimo, da compiersi in sede di decisione – appare essere, dunque, di sostanziale indigenza, sì che il timore che possa essere dispersa ogni garanzia patrimoniale a presidio del regolare adempimento futuro dell’obbligo di mantenimento appare tutt’altro che infondato. Del resto il B ha già preannunciato di accingersi al compimento di atti parzialmente dismissivi del proprio patrimonio. Parimenti integrato è da ritenersi il presupposto del fumus boni iuris, da intendersi come probabile fondatezza del diritto in contestazione, atteso che – anche a prescindere da ogni considerazione sulla sua entità - la sussistenza dei presupposti per la concessione in favore della A dell’assegno di mantenimento è stata già positivamente valutata sia in sede di modifica delle condizioni che in esito alla comparizione presidenziale. La simultanea sussistenza dei presupposti detta giustifica l’accoglimento del ricorso. Considerato infine che attualmente l’importo previsto a carico del B a titolo di contributo al mantenimento della moglie è di €. 550,00 mensili e che – procedendo in via del tutto approssimativa ad una valutazione astratta del credito futuro – può ipotizzarsi che tale somma debba essere versata per i prossimi dieci anni, il credito può essere quantificato in circa 66.000,00 euro, oltre alla rivalutazione. Il sequestro va dunque autorizzato limitatamente all’importo di €. 70.000,00. Le spese di lite saranno regolate con la decisione definitiva. P.T.M. Letto l’art. 671 c.p.c. Autorizza A a procedere al sequestro conservativo degli immobili di proprietà di B descritti in ricorso, sino alla concorrenza della somma complessiva di euro 70.000, 00. Spese con la sentenza.