Neanche nei rapporti patrimoniali della famiglia può esser chiesta la risoluzione per inadempimento della transazione novativa

Il contratto di transazione novativa è compatibile con la tutela del regime patrimoniale della famiglia, essendo la convenzione raggiunta in sede di separazione consensuale volta alla composizione del conflitto dei coniugi. Ad essa, pertanto, si applicano le norme previste tra cui l’art. 1976 c.c

Il principio di cui sopra è stato confermato dalla ottava sezione del Tribunale di Torino con la sentenza pronunciata dal Giudice Unico il 22 giugno 2016. Il caso. Nel caso di specie, negli accordi assunti nel verbale di separazione consensuale, per rimuovere il conflitto tra le parti, il marito si obbligava espressamente a far conseguire alla moglie la proprietà di un appartamento in costruzione. Ciò a fronte della rinuncia da parte di quest’ultima al diritto di assegnazione sull’immobile familiare con impegno a rilasciarlo entro un determinato termine. Stante l’inadempimento della moglie, il marito chiedeva la risoluzione per inadempimento di tale contratto. La transazione novativa. Secondo i giudici di merito l’operazione di cui sopra deve esser inquadrata nel contratto di transazione novativa, compatibile con la tutela del regime patrimoniale della famiglia, laddove le parti danno luogo ad un regolamento di interessi incompatibile con quello preesistente in forza di una previsione contrattuale di fatti o di presupposti di fatto estranei al rapporto originario. L’accordo dei coniugi, infatti, era volto ad eliminare la situazione conflittuale della coppia, con il riconoscimento di reciproche concessioni che hanno dato vita ad un nuovo rapporto giuridico completamente nuovo rispetto al precedente così che la fattispecie rispecchia tutti gli elementi della transazione novativa. La risoluzione per inadempimento. Posto quanto sopra, si deve ritenere applicabile anche alla fattispecie sottesa alla pronuncia la disciplina secondo cui la risoluzione per inadempimento non può esser chiesta se il rapporto preesistente è stato estinto per novazione, a meno che non sia espressamente stipulato il diritto alla risoluzione art. 1976 c.c. . L’inammissibilità della domanda dell’attore. Il giudice di Torino in applicazione dell’art. 1976 c.c. dichiara l’inammissibilità della domanda di risoluzione proposta dal marito pronunciandosi d’ufficio, rientrando tale eccezione in una delle condizioni dell’azione rilevabile dal giudice.

Tribunale di Torino, sez. Ottava Civile, sentenza 22 giugno 2016 Giudice Peila Motivi della decisione In via preliminare si conferma integralmente l'ordinanza istruttoria resa in corso di causa dal precedente g.i. di rigetto delle richieste di prova formulate dalle parti in considerazione della natura documentale della controversia oltreché per l'inammissibilità dei capi dedotti in quanto formulati in termini generici e valutativi . Il precedente g.i. aveva altresì sollecitato le parti a prendere posizione in merito all'applicazione al caso di specie del disposto di cui all'articolo 1976 c.comma In merito, la Suprema Corte ha chiarito che l'inammissibilità della risoluzione della transazione per inadempimento sancita dall'articolo 1976 c.c., nel caso in cui il rapporto preesistente sia stato estinto per novazione salvo che il diritto alla risoluzione sia stato espressamente stipulato , non esige un'apposita eccezione della parte interessata, poiché attiene all'esistenza delle condizioni dell'azione, che il giudice deve rilevare anche d'ufficio Cass. civ., Sez. III, 7 novembre 2003, n. 16715 . Questo giudice condivide l'inquadramento giuridico effettuato dal precedente g.i. e ritiene pertanto applicabile alla fattispecie la disposizione di cui all'articolo 1976 c.comma essendo la domanda di parte attrice volta alla dichiarazione della risoluzione per inadempimento del contratto a causa familiare , e precisamente degli accordi assunti nel verbale di separazione consensuale in data 24 gennaio 2006 docomma 2 articolo 5 impegno della sig.ra ad utilizzare integralmente la somma di 230.000,00 di cui ai punti 4.1. e 4.2 nell'acquisto dell'immobile che verrà intestato al figlio per la sola nuda proprietà, con usufrutto riservato alla sig.ra . Pare utile richiamare il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 4647 del 1994, secondo cui anche nella disciplina dei rapporti patrimoniali tra i coniugi è ammissibile il ricorso alla transazione per porre fine o per prevenire l'insorgenza di una lite tra le parti, sia pure nel rispetto dell'indisponibilità di talune posizioni soggettive, ed e configurabile la distinzione tra contratto di transazione novativo e non novativo, realizzandosi il primo tutte le volte che le parti diano luogo ad un regolamento d'interessi incompatibile con quello preesistente, in forza di un a previsione contrattuale di fatti o di presupposti di fatto estranei al rapporto originario Cass. civ., Sez. I, 11 dicembre 1993, n. 4647 . La fattispecie sottoposta al vaglio della Suprema Corte era analoga a quella in esame, ossia una transazione con la quale il marito si obbligava espressamente, in vista della separazione consensuale, a far conseguire alla moglie la proprietà di un appartamento in costruzione, allo scopo di eliminare una situazione conflittuale tra le parti, ed i giudici di legittimità hanno confermato la decisione di merito che aveva qualificato l'accordo alla stregua della transazione novativa e, quindi, non suscettibile di risoluzione per inadempimento, a norma dell'articolo 1976 c.comma Nella motivazione, la Suprema Corte richiama la giurisprudenza relativa alla transazione novativa e ne afferma la compatibilità con la tutela del regime patrimoniale della famiglia, essendo la convenzione raggiunta in sede di separazione consensuale volta alla composizione del conflitto dei coniugi. Sulla base della stessa prospettazione dei fatti illustrata dalle parti, ossia una situazione di elevata conflittualità della coppia, non vi è dubbio che l'accordo raggiunto innanzi al Presidente del Tribunale in data 24 gennaio 2006 fosse volto alla composizione della lite in essere, con reciproca concessione e con la creazione di una regolamentazione degli interessi assolutamente incompatibile con quello preesistente. Non si condivide infatti l'assunto della difesa di parte attrice secondo cui non si può presumere la sussistenza della lite per il fatto che sia stato avviato un procedimento di separazione perché, al contrario, proprio la decisione di addivenire ad una separazione consensuale denota la previa esistenza di una situazione di convivenza intollerabile, con fallimento del tentativo di conciliazione effettuato proprio all'udienza del 24 gennaio 2006. Peraltro, risulta in via documentale la circostanza secondo cui la dazione della somma di € 230.000,00 non fosse finalizzata a procurare al figlio la proprietà di un immobile svincolata a rinunce o reciproche concessioni pag. 8 note conclusive di parte attrice , bensì fosse stata prevista a fronte della rinuncia della sig.ra al diritto di assegnazione sull'immobile familiare, obbligandosi a rilasciare la casa entro il 31.12.2006 punto 6 del verbale di conciliazione, ossia quello successivo all'invocato punto 5 di cui si allega l'inadempimento . Riassumendo, quindi, la convenzione tra le parti ha certamente realizzato una transazione novativa in quanto il negozio era volto all'eliminazione della situazione conflittuale della coppia le parti erano già assistite addirittura da due differenti legali , con il riconoscimento di reciproche concessioni che hanno dato vita ad un rapporto giuridico completamente nuovo rispetto al precedente. La sentenza prodotta all'odierna udienza dalla difesa di parte attrice Tribunale di Milano 21 maggio 2013 non pare conferente al caso di specie perché attiene alla differente questione della possibilità per le parti di inserire negli accordi assunti in sede di separazione personale eventuali impegni al trasferimento di immobili. Da ciò consegue la dichiarazione di inammissibilità delle domande di parte attrice in applicazione del disposto di cui all'articolo 1976 c.comma Le spese processuali di questo giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo, tenuto conto del grado di difficoltà della causa e degli incombenti svolti a norma del d.m. n. 55 del 2014, con riduzione della tariffa media perché la questione dell'applicabilità dell'articolo 1976 c.comma é stata sollevata d'ufficio dal giudice e la difesa di parte convenuta si è limitata a prestare adesione nelle note conclusive e avuto riguardo alla discussione orale della causa. P.Q.M. il giudice istruttore in funzione di giudice unico, definitivamente pronunciando, disattesa ogni diversa istanza, eccezione e deduzione, visto l'articolo 281 sexies c.p.comma e l'articolo 1976 c.c. - dichiara inammissibili le domande di parte attrice - dichiara, altresì, tenuta e condanna parte attrice al pagamento a favore di parte convenuta delle spese processuali, che liquida, in assenza di nota spese, in € 5.635,00 per competenze professionali di cui € 1.215,00 per fase di studio, € 775,00 per fase introduttiva, 1.620,00 per fase istruttoria ed 2.025,00 , oltre accessori di legge.