Affidamento del minore ai servizi sociali e valutazioni del CTU

Nella valutazione sull’affidamento del minore ai servizi sociali, il confronto tra le valutazioni espresse nella consulenza tecnica in primo grado e quella esperita nel giudizio di appello deve essere fatto in modo approfondito, così da consentire di chiarire qual è stato il ragionamento che ha portato alle scelte indicate, per verificare se esse siano confacenti o meno all’interesse del minore.

In questo senso si è espressa la Suprema Corte, nella sentenza n. 16271 del 2016, decisa nella camera di consiglio dell’8 aprile e depositata il successivo 3 agosto. Il caso. Il Tribunale di Monza, dopo aver dichiarato, con sentenza non definitiva, la separazione dei coniugi G. e P., ed aver respinto le domande di addebito di entrambe le parti, pronunciava sentenza definitiva nel lontano 2011 con cui affidava il figlio minore, che all’epoca aveva otto anni, ai servizi sociali del Comune. Inoltre disponeva che il bambino venisse collocato in una comunità terapeutica individuata dagli stessi Servizi, ponendo a carico del padre un assegno di 500 euro mensili a titolo di mantenimento del figlio. I genitori presentavano appello presso la Corte d’appello territorialmente competente, la quale disponeva nuova CTU e poi con sentenza respingeva il gravame, confermava la decisione del Tribunale, statuendo che il minore rimanesse presso la comunità che lo ospitava sino al termine dell’anno scolastico 2013/2014 e che l’ente affidatario riferisse all’autorità giudiziaria almeno tre mesi prima della fine della stagione scolastica, al fine di adottare i provvedimenti necessari alla tutela del minore, anche in ordine al suo successivo affido e comunque, immediatamente, in caso di pregiudizio per il bambino, che nel frattempo era divenuto adolescente. Contro tale sentenza, proponeva ricorso per la sua cassazione solamente la madre, affidandosi a due motivi, quali, il primo l’omessa e insufficiente motivazione a proposito della scelta della Corte d’appello di recepire le risultanze della CTU di secondo grado al posto di quelle del Tribunale, con riferimento a un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. il secondo, l’omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere la Corte aderito pedissequamente e acriticamente alle risultanze della perizia espletata nel corso del procedimento di secondo grado, e omesso ogni motivazione in ordine alla mancata considerazione circa le critiche mosse a tale perizia dall’appellante e dal suo consulente di parte. Più perizie? Le risultanze devono essere esaminate approfonditamente. Se vi sono state più perizie, le loro risultanze devono essere esaminate approfonditamente, e in caso di adesione alla tesi di una delle due, tale decisione deve essere adeguatamente supportata e motivata. La Suprema Corte ha stabilito, prima di tutto, che i due motivi potessero essere esaminati congiuntamente, data la loro evidente connessione fattuale entrambi i motivi criticavano la scelta della corte d’appello di aderire acriticamente alla CTU di secondo grado , ma anche giuridica. La Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato in quanto la motivazione della Corte d’appello non ha analizzato dettagliatamente le valutazioni compiute nel corso del giudizio di primo grado le valutazioni compiute dal CTU, rendendo in questo modo arduo il confronto con quelle compiute dal CTU in appello. Secondo la Suprema Corte, in una materia così delicata, la motivazione non sembra offrire una completa rappresentazione delle osservazioni effettuate, nel corso del giudizio, sul minore e sui genitori, non consentendo di rendere chiaramente comprensibili e di confrontare le scelte, in modo tale che risultino facilmente come le più adatte all’interesse del minore, effettuate dagli ausiliari nel corso dei due gradi del giudizio. La Suprema Corte ha quindi disposto il rinvio alla Corte d’appello, in diversa composizione, ritenendo che possano essere acquisiti ulteriori elementi in merito, e che la Corte potrà adottare una decisione corrispondente all’interesse del minore in merito al suo affidamento, verificando anche la possibilità di un rientro del minore presso uno dei genitori, oppure confermando l’affidamento ai servizi sociali e la collocazione in comunità.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, sentenza 8 aprile – 3 agosto 2016, n. 16271 Presidente Dogliotti – Relatore Bisogni Fatto e diritto Rilevato che 1. Il Tribunale di Monza, dopo aver dichiarato, con sentenza non definitiva n. 2540/2010, la separazione dei coniugi M.G. e P.P. e respinto le domande di addebito proposte da entrambe le parti, ha pronunciato sentenza definitiva n. 1691/2011 con la quale ha affidato il figlio minore M.S. , nato il omissis , al servizio sociale del Comune di , con collocamento in comunità terapeutica individuata dall’ente affidatario, ha posto a carico del P. un assegno di 500 Euro a titolo di contributo al mantenimento del figlio. 2. La Corte di appello di Milano ha confermato tale decisione, disponendo che il minore resti presso la comunità che attualmente lo ospita sino al termine dell’anno scolastico 2013/2014 e che l’ente affidatario riferisca all’autorità giudiziaria minorile competente almeno tre mesi prima del predetto anno affinché siano assunti i provvedimenti necessari a tutela del minore, anche in ordine al suo successivo affido e, comunque, immediatamente in caso di pregiudizio per lo stesso. Ha condannato la M. al pagamento delle spese del giudizio e della CTU. 3. Ricorre per cassazione M.G. CTU di secondo grado in luogo di quelle esperite nel primo grado, con riferimento a un fatto decisivo per il giudizio art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. b omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere il giudice aderito acriticamente alle risultanze della perizia espletate nel corso del procedimento di secondo grado e omesso ogni motivazione in ordine alla mancata considerazione circa le critiche mosse a tale perizia dalla difesa della signora M. e dalla perizia del consulente di parte nominato dalla stessa. Ritenuto che I due motivi possono essere esaminati congiuntamente per la loro evidente connessione fattuale e giuridica. Il ricorso appare fondato in quanto la motivazione della Corte di appello non analizza dettagliatamente, a causa del carattere interlocutorio della decisione sul regime di affidamento del minore, le valutazioni compiute nel corso del primo grado dal consulente tecnico rendendo così arduo il confronto con le valutazioni compiute dal CTU nominato nel corso del giudizio di appello. Confronto la cui mancata esplicitazione costituisce proprio l’oggetto della impugnazione per cassazione. In particolare la motivazione non presenta una compiuta rappresentazione delle osservazioni effettuate, nel corso del giudizio, sul minore e sui suoi genitori e non consente di rendere chiaramente comprensibili e di confrontare le scelte indicate, come più confacenti all’interesse del minore, dagli ausiliari nominati nel corso dei due gradi del giudizio di merito e dai periti di parte. All’esito della riconsiderazione di tutti gli elementi emersi dagli accertamenti svolti e potendo acquisire altresì ulteriori elementi decisivi di valutazione derivanti della conclusione del percorso terapeutico cui ha fatto cenno la motivazione della sentenza impugnata/ la Corte di appello potrà quindi adottare una decisione corrispondente all’interesse del minore in merito al suo affidamento verificando la possibilità di un rientro del minore presso uno dei genitori ovvero confermando l’affidamento ai servizi sociali e la sua collocazione nella comunità che lo ospita. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione anche per le spese del giudizio di cassazione. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.