Dichiarazione di adottabilità e diritto a vivere nella famiglia di origine

Il diritto del minore ad essere educato nella propria famiglia di origine incontra i suoi limiti là dove questa non sia in grado di prestare, in via non transitoria, le cure necessarie, nè di assicurare l'obbligo di mantenere, educare ed istruire la prole, con conseguente configurabilità dello stato di abbandono, il quale non viene meno per il solo fatto che al minore siano prestate le cure materiali essenziali da parte di genitori o di taluno dei parenti entro il quarto grado.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 12259/16, depositata il 14 giugno. Il fatto. Il Tribunale per i minorenni dichiarava l'adottabilità del minore, nominando un tutore provvisorio e disponendo il collocamento del bambino presso una famiglia selezionata per l'adozione, motivando la decisione con la totale inidoneità di entrambi i genitori ad esercitare il proprio ruolo e l'impossibilità di affidare il fanciullo alla famiglia di origine del padre con la quale, sia i genitori che il bambino, non avevano mai mantenuto alcun rapporto. Avverso la sentenza i genitori proponevano ricorso affermando entrambi di voler intraprendere un percorso di cura e sostegno da parte dei servizi sociali per l'acquisizione delle capacità genitoriali nel mentre di un eventuale temporaneo affido etero-familiare prospettavano altresì il cambiamento della loro posizione personale e stile di vita. Nell'istruttoria, tuttavia, i servizi sociali confermavano le considerazioni precedentemente svolte circa la totale inidoneità dei genitori al loro ruolo e veniva in rilievo anche un comportamento di questi chiaramente espressivo della mancanza di volontà di assumere il compito di genitore, sia pure all'esito del percorso di sostegno. Infatti, nessuna prova del cambiamento dello stile di vita delinquenziale del padre era stata concretamente proposta in giudizio, il quale, invece, riconosceva chiaramente di non volere nè di sapere assumere la cura e l'educazione del figlio ed insisteva, infatti, nella proposta di affidarlo alla sua famiglia di origine in Marocco, dichiarando nello stesso tempo di non avere intenzione di ritornare nel suo paese. La madre, invece, durante il percorso programmato di sostegno si era dimostrata del tutto disinteressata ad assumere il proprio ruolo di madre. La Corte, quindi, confermava la sentenza del Tribunale dei minorenni e, in particolare, quanto alla istanza di affidamento del minore alla famiglia di origine del padre, rilevava che questi erano, anch'essi, del tutto disinteressati alle vicende della famiglia del fanciullo e del bambino stesso, con il quale, peraltro, non avevano mai avuto alcun contatto, nè tanto meno rapporto. Proponevano ricorso in Cassazione il padre del fanciullo e la Suprema Corte si pronunciava in definitiva con una sentenza di rigetto. Non superabilità dello stato di abbandono in tempi compatibili con l'interesse del fanciullo. Il minore ha diritto di crescere nell'ambito della propria famiglia di origine, che va considerata l'ambiente più idoneo al suo armonico sviluppo psicofisico. Quindi, qualora i manifestino situazioni di una grave carenza del ruolo genitoriale, il giudice deve prioritariamente verificare se possa essere utilmente fornito un intervento di sostegno diretto a rimuovere le situazioni di difficoltà o disagio che possono ledere gravemente lo sviluppo del minore. Tuttavia, laddove risulti impossibile, quand'anche in base ad un criterio di grande probabilità, prevedere il recupero delle capacità genitoriali entro tempi compatibili con la necessità del minore di vivere in uno stabile contesto familiare, è legittimo e corretto l'accertamento dello stato di abbandono. Lo stato di abbandono, inoltre, quando accertato in ragione di una situazione non transitoria di degrado o comunque non superabile compatibilmente con le esigenze di tutela del minore, non può venire meno, nè può essere escluso per il solo fatto che al minore siano state prestate le cure materiali essenziali da parte dei genitori o di taluno dei parenti entro il quarto grado, essendo essenziale l'esistenza di un ambiente domestico adeguato a promuovere il suo sviluppo psicofisico e il mantenimento di rapporti significativi con i parenti.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 3 marzo – 14 giugno 2016, n. 12259 Presidente Forte – Relatore Bisogni Fatto e diritto Rilevato che 1. Il Tribunale per i minorenni di Firenze con sentenza del 16 ottobre - 6 novembre 2014 ha dichiarato l’adottabilità di S.M.A.S. nato a omissis , ha disposto la sospensione della responsabilità genitoriale di entrambi i genitori e la interruzione degli incontri del bambino con i familiari, ha nominato tutore provvisorio il responsabile del servizio sociale del Comune di Viareggio e disposto il collocamento del piccolo S. presso una famiglia selezionata dal Tribunale minorile per l’adozione. 2. Nella motivazione il Tribunale per i minorenni ha evidenziato la inidoneità di entrambi i genitori ad accudire il figlio. L.B.V. , la madre, dopo aver denunciato il marito S.M. per maltrattamenti e aver richiesto l’inserimento in una struttura di accoglienza insieme al figlio aveva abbandonato il centro sottoscrivendo una dichiarazione di affido del figlio alle cure del servizio sociale di Viareggio e aveva effettuato in un primo tempo saltuari incontri con il bambino dimostrando di non essere adeguata alle sue esigenze di cura e educazione del minore. Successivamente si era resa praticamente irreperibile e non si era neanche presentata all’udienza collegiale. Il padre aveva manifestato esclusivamente la propria volontà che il figlio venisse affidato alla sua famiglia di origine in Marocco con la quale peraltro aveva mantenuto rapporti del tutto precari e che non aveva mai avuto contatti con il bambino. Egli aveva espressamente dichiarato di non voler ritornare in Marocco permanendo in Italia in una situazione irregolare e che non gli consentiva l’acquisizione di un permesso di soggiorno a causa dei suoi precedenti penali per reati legati all’uso di stupefacenti. 3. Contro la decisione del T.M. ha proposto appello la L.B. contestando di voler disinteressarsi del figlio e affermando di voler intraprendere un percorso di cura e sostegno da parte dei servizi sociali per l’acquisizione delle capacità genitoriali nel corso di un eventuale e temporaneo affido etero-familiare del figlio. Si è costituito il S. che ha aderito alla richiesta della L.B. prospettando alla Corte di appello il cambiamento della propria situazione personale relazione stabile con una nuova compagna, frequentazione del SERT, acquisizione di una casa dignitosa in locazione e di un lavoro e la sua disponibilità a cambiare radicalmente il proprio stile di vita e a proseguire nelle visite al figlio e nella collaborazione con i servizi sociali. Ha lamentato la mancata considerazione della risorsa costituita dalla famiglia di origine e la mancata audizione dei parenti prossimi di nazionalità marocchina. 4. Si è costituito il curatore speciale del minore che ha concluso per la conferma della decisione di primo grado. 5. Nel corso dell’istruttoria è stata acquisita una relazione dei servizi sociali che ha confermato le considerazioni circa l’inidoneità di entrambi i genitori. 6. La Corte di appello di Firenze con sentenza n. 802/2015 ha respinto gli appelli di L.B.V. e S.M. . 7. Propone ricorso per cassazione S.M. affidandosi a tre motivi di impugnazione a violazione degli artt. 1, 8 e 14 della legge n. 184/1983, della Convenzione di New York del 1989, della Convenzione di Strasburgo del 1996, del Trattato dell’U.E. b omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio c violazione degli artt. 12 della legge n. 183/1984 e 21 e 22 della Carta dei diritti fondamentali dell’U.E 8. Si difende con controricorso l’avv. Laura Faggi nella qualità di curatore speciale del minore e chiede il rigetto del ricorso con condanna alle spese del presente giudizio. Ritenuto che 9. Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione del diritto fondamentale del minore a vivere nella propria famiglia di origine. Il ricorrente censura la decisione in quanto non conseguente a un effettivo fallimento del percorso di sostegno al recupero della genitorialità che è stato del tutto carente. 10. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta l’omesso esame della circostanza rilevante ai fini del giudizio del suo cambiamento di stile di vita superamento della tossicodipendenza, formazione di una nuova famiglia, inizio di un rapporto di lavoro, acquisizione di un appartamento in locazione . 11. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta la mancata audizione dei parenti entro il quarto grado direttamente o mediante l’autorità consolare del Marocco e si mette in evidenza il danno che deriverebbe al minore dalla rescissione del legame con le sue radici marocchine. 12. I tre motivi possono essere presi in esame congiuntamente per la connessione fra i vari profili di valutazione che sono alla base della decisione della Corte di appello fiorentina. 13. Nel suo complesso la decisione della Corte di appare infatti coerente con la giurisprudenza di legittimità in tema di accertamento dello stato di abbandono e della sua non superabilità in tempi compatibili con le necessità di cura e di crescita del minore. Il minore ha il diritto, tutelato dal diritto sovranazionale e, nel nostro ordinamento, dall’art. 1 della legge 4 maggio 1983 n. 184, di crescere nell’ambito della propria famiglia d’origine, che va considerata l’ambiente più idoneo al suo armonico sviluppo psicofisico. Pertanto il giudice di merito deve, prioritariamente, verificare, qualora si manifestino situazioni di grave carenza del ruolo genitoriale, se possa essere utilmente fornito un intervento di sostegno diretto a rimuovere le situazioni di difficoltà o disagio che possono ledere gravemente lo sviluppo del minore. Tuttavia, laddove risulti impossibile, quand’anche in base ad un criterio di grande probabilità, prevedere il recupero delle capacità genitoriali entro tempi compatibili con la necessità del minore di vivere in uno stabile contesto familiare, è legittimo e corretto l’accertamento dello stato di abbandono cfr. fra le altre Cass. civ., sezione I, n. 6137 del 26 marzo 2015 . Infatti il diritto del minore ad essere educato nella propria famiglia di origine incontra i suoi limiti là dove questa non sia in grado di prestare, in via non transitoria, le cure necessarie, né di assicurare l’obbligo di mantenere, educare ed istruire la prole, con conseguente configurabilità dello stato di abbandono, il quale non viene meno per il solo fatto che al minore siano prestate le cure materiali essenziali da parte di genitori o di taluno dei parenti entro il quarto grado, risultando necessario, in tal caso, accertare che l’ambiente domestico sia in grado di garantire un equilibrato ed armonioso sviluppo della personalità del minore, senza che, in particolare, la valutazione di idoneità dei medesimi parenti alla di lui assistenza possa prescindere dalla considerazione della loro pregressa condotta, come evidenziato dall’art. 12 della legge 4 maggio 1983, n. 184, che espressamente richiede il mantenimento di rapporti significativi con il minore Cass. civ., sezione I, n. 16280 del 16 luglio 2015 . 14. Nella specie tale accertamento è stato effettuato dai giudici del merito in seguito alla constatazione, oltre che di una evidente incapacità, sia del padre che della madre, a svolgere il proprio ruolo genitoriale, incapacità attestata dalle ripetute relazioni dei servizi sociali e della struttura di assistenza in cui è stato accolto il piccolo S.M.A. , anche da un comportamento di entrambi i genitori chiaramente espressivo della mancanza di volontà di assumere tale compito genitoriale, sia pure all’esito di un percorso di sostegno. In particolare la madre è risultata del tutto dismissiva del proprio ruolo avendo sostanzialmente abbandonato il figlio dopo un breve e non riuscito periodo di convivenza in comunità. Il padre ha chiaramente riconosciuto di non sapere e volere assumere la cura e l’educazione del figlio e ha insistentemente proposto di affidarlo alla sua famiglia in Marocco, dichiarando nello stesso tempo di non avere intenzione di ritornare nel suo paese natio insieme al figlio. Risulta peraltro dalle sentenze dei giudici di merito che i familiari del S. non hanno mai visto il bambino, non sono mai venuti in Italia, neanche in occasione della sua nascita o del delicato intervento chirurgico per malformazione cardiaca cui il piccolo M. è stato sottoposto all’età di quattro mesi. La Corte di appello ha rilevato inoltre che nessuna prova risulta acquisita circa un radicale cambiamento della condizione di vita del S. , coinvolto ripetutamente nell’attività di spaccio di stupefacenti e abitualmente nella dipendenza dalle droghe, come è risultato dagli esami nel corso del periodo di osservazione dei servizi sociali. Né alcuna prova è stata riscontrata dalla Corte di appello del miglioramento della sua situazione abitativa e dell’inizio di una regolare attività lavorativa. 15. La decisione della Corte di appello appare pertanto emessa dopo un rigoroso accertamento dello stato di abbandono del minore, cui i genitori si sono dimostrati incapaci e non disponibili a porre rimedio, neanche con l’ausilio dei servizi sociali e all’esito di un percorso di recupero. Su tali presupposti è stata coerentemente esclusa dalla Corte di appello la possibilità per il bambino di ritornare a vivere presso la propria famiglia o con uno dei suoi genitori e pertanto è stata valutata come irrilevante l’astratta disponibilità della famiglia paterna ad assumere un ruolo di sostegno e supplenza. Una possibilità che è stata inoltre ritenuta del tutto incoerente rispetto alla mancanza di qualsiasi rapporto dei familiari marocchini con il bambino sin dalla sua nascita. 16. Il ricorso va pertanto respinto. La Corte ritiene di poter compensare le spese del giudizio di cassazione in considerazione del tentativo del ricorrente, da ritenersi purtroppo tardivo e inidoneo, di trovare una soluzione alternativa alla dichiarazione di adottabilità. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.