Negato il rientro del minore se ciò non corrisponde al suo interesse

La volontà contraria in ordine al proprio rientro manifestata da un minorenne che abbia un’età e una maturità tali da giustificare il rispetto della sua opinione può costituire ipotesi ostativa all’accoglimento della domanda di rimpatrio.

Quanto sopra è stato affermato dalla Suprema Corte nella sentenza n. 10817 depositata in data 25 maggio 2016 in materia di sottrazione internazionale di minori. La richiesta di rimpatrio. Con un precedente decreto emesso dal Tribunale per i minorenni, i due figli minori erano stati affidati congiuntamente ai genitori, madre ungherese e padre italiano, con collocamento prevalente presso l’abitazione materna in Ungheria ed era stato regolamentato il diritto di visita paterno in Italia. A fronte del mancato rientro in Ungheria dei due figli dopo un periodo di vacanza presso il padre in Italia, la madre proponeva istanza al Tribunale chiedendo che venisse emesso un ordine di rientro dei due figli minori ai sensi e per gli effetti della Convenzione dell’Aja sulla sottrazione internazionale dei minori. Il rigetto della richiesta. Il Tribunale per i minorenni, seppur confermando che la residenza abituale dei minori fosse l’Ungheria, negava il rientro sulla base dell’art. 13 della Convenzione Aja del 25.10.1980. sulla base dei comportamenti materni. I giudici ritenevano, infatti, che il rimpatrio non fosse corrispondente al miglior interesse dei due minori posto che la madre aveva tenuto comportamenti inadeguati e violenti nei loro confronti con la conseguenza che il rimpatrio in Ungheria avrebbe determinato gravi turbamenti per l’equilibro psico-affettivo dei minori, correlati alla frequenza di una scuola con lingua di insegnamento da essi non conosciuta, all’isolamento sociale, all’educazione materna caratterizzata da percosse e punizioni corporali. sulla base delle stesse dichiarazioni rese dai minori. Inoltre, i due minori, sentiti dal giudice onorario neuropsichiatra infantile, avevano manifestato una forte opposizione al ritorno in Ungheria. Incensurabile il decreto impugnato. I Giudici di legittimità confermano il decreto impugnato ritenendolo privo di alcun vizio motivazionale. I giudici di merito, nel valutare tutte le circostanze concrete, hanno correttamente rigettato l’istanza di rientro esclusivamente sulla base dell’applicazione degli artt. 12 e 13 della Convenzione Aja risultando dimostrata la sussistenza di un fondato rischio per i minori di esser esposti, per il fatto del rientro, a pericoli fisici o psichici. I giudici di merito hanno anche verificato positivamente la capacità di discernimento dei due minori in sede di ascolto avanti il giudice onorario sono emersi elementi tali da desumere l’assoluta contrarietà dei minori al loro rientro in Ungheria.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 3 dicembre 2015 – 25 maggio 2016, n. 10817 Presidente Forte – Relatore Campanile Svolgimento del processo 1 - Con decreto depositato in data 23 gennaio 2015 il Tribunale per i Minorenni di Brescia ha rigettato la richiesta di rimpatrio dei minori I.F.G. , nato a omissis e I.S.M.D. , nata a omissis . 1.1 - In ordine a detti minori, nonché al loro fratello Is.Gi. , in relazione al quale - non riguardando l’istanza di rimpatrio la sua posizione, essendo lo stesso rimasto con la madre - è stato dichiarato non luogo a provvedere , lo stesso Tribunale, con decreto del 26 marzo 2013, recependo gli accordi raggiunti, dopo la cessazione della loro convivenza, dai genitori non coniugati I.M. e T.M. , aveva disposto l’affidamento condiviso, collocandoli presso la madre in omissis , regolando fra l’altro i periodi di soggiorno in con il padre. 1.2 - L’istanza di rimpatrio, avanzata dalla madre ai sensi dell’art. 7 della l. n. 64 del 1994 di ratifica ed esecuzione della Convenzione dell’Aja del 25 agosto 1980, era scaturita dal mancato rientro in Ungheria dei predetti minori, dopo un periodo di vacanza presso il padre. In particolare, secondo la relazione dei C.C. di Seriate in data 2 settembre 2014, i minori si sarebbero rifiutali di seguire la madre che, insieme agli agenti di polizia, si era recata presso l’abitazione del padre per prelevarli. 1.3 - Il Tribunale, dopo aver dato atto che nell’ambito di un connesso procedimento erano state acquisite della relazioni in cui si dava atto che i minori in Italia erano assistiti e ben curati, mentre la madre avrebbe tenuto nei loro confronti comportamento inadeguati e violenti , ha osservato, per quanto maggiormente rileva in questa sede, che, non essendo in contestazione la residenza abituale dei minori in Ungheria, tuttavia il loro rimpatrio non corrispondeva al loro interesse, in quanto avrebbe determinato gravi turbamenti per il loro equilibrio psico-affettivo, correlati alla frequenza di una scuola con lingua di insegnamento da essi non conosciuta all’isolamento sociale, all’assenza di rapporti affettivi con l’attuale compagno della madre e all’educazione materna, percepita come punitiva e violenta, caratterizzata da percosse, punizioni corporali, e alimentazione non adeguata . 1.4 - È stato altresì evidenziato che i predetti minori, sia nelle esternazioni all’assistente sociale e alla psicologa di riferimento, sia in sede di ascolto disposto dallo stesso Tribunale, ed affidato al giudice onorario, componente del collegio, dott. Te.Am. , neuropsichiatra infantile, avevano manifestato una forte opposizione al ritorno in Ungheria. Per la cassazione di tale decisione la signora T. propone ricorso, affidato a quattro motivi, cui l’I. resiste con controricorso. Motivi della decisione 2 - Con il primo motivo, denunciandosi violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., nonché motivazione contraddittoria, si sostiene che la corte territoriale avrebbe omesso di apprezzare le risultanze deponenti nel senso dell’abituale residenza dei minori in Ungheria, nonché del loro affidamento alla madre, in forza delle quali il rientro in Ungheria avrebbe dovuto essere senz’altro disposto. 2.1 - Con il secondo mezzo si denuncia violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. della Convenzione di New York del 1989 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1966 e della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980, dell’art. 11 comma 2, del Reg. Ce n. 2201 del 2003 e dell’art. 8 Cedu la decisione fondata sulle dichiarazioni dei minori non sarebbe stata preceduta da una valutazione circa la loro capacità di discernimento nonché sulle influssi esercitati nei loro confronti dall’ambiente in cui sono attualmente inseriti, con particolare riferimento ai nonni paterni. In ogni caso non poteva tenersi conto della sola volontà manifestata dai bambini. 2.2 - La terza censura riguarda la violazione della Convenzione dell’Aja correlata all’omessa o quanto meno contraddittoria motivazione circa l’accertamento di un rischio per i minori di essere esposti, con il rientro in Ungheria, a danni fisici o psichici o a una situazione intollerabile. 2.3 - Con il quarto motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., primo comma, n. 5, omesso esame delle relazioni psicologiche redatte dalle dott.sse V. e S. , dal servizio pedagogico della regione di Pes delle decisioni dell’A.G. Ungherese, che avevano accertato l’assenza di rischi per i minori in Ungheria dei documenti inerenti alla condotta violenta posta in essere nei confronti della T. in Italia e del pregiudizio, per i minori, derivante dal loro distacco dal fratellino Is. , rimasto con la madre. 3 - Deve premettersi che nel presente giudizio debbono trovare applicazione, per essere stato impugnato un provvedimento depositato in data 23 gennaio 2015, le disposizioni contenute nell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nella formulazione conseguente alle modifiche introdotte con l’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134. Dopo l’entrata in vigore della richiamata novella, il vizio motivazionale, prima deducibile anche come contraddittorietà o insufficienza degli elementi argomentativi, risulta ora limitato alla sola totale mancanza di presa in esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione fra le parti. 3.1 - Le Sezioni Unite di questa Corte Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053 hanno, in merito al novellato art. 360 c.p.c., n. 5, in tal senso affermato che - la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 - secondo cui è deducibile esclusivamente l’ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti - deve essere interpretata come riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sé, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di sufficienza, nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili, nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile - il nuovo testo dell’art. 360, n. 5, introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia - l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie - la parte ricorrente dovrà indicare - nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. il - il fatto storico , il cui esame sia stato omesso, il dato , testuale o extratestuale, da cui ne risulti l’esistenza, il come e il quando nel quadro processuale tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e la decisività del fatto stesso. 3.2 - Le censure contenute nei motivi sopra indicati, da esaminarsi congiuntamente in quanto intimamente collegati, nelle parti in cui, come evidenziato, si denuncia l’omesso esame di circostanze decisive o la contraddittorietà della motivazione, in virtù delle superiori considerazioni non colgono nel segno, in quanto la motivazione della decisione impugnata è assolutamente congrua ed esaustiva, esaminando tutti gli aspetti della vicenda ritenuti rilevanti, anche con riferimento alle deduzioni della madre. 3.3 - Deve poi rilevarsi, quanto al primo motivo, che il Tribunale non ha omesso di considerare che la residenza abituale dei minori era da individuarsi in Ungheria , né ha trascurato il fatto che in base agli accordi intervenuti fra i genitori, recepiti nel decreto del 26 marzo 2013 i minori erano collocati presso la madre a omissis la decisione di rigetto dell’istanza di rientro si fonda espressamente ed esclusivamente sull’applicazione degli artt. 12 e 13 della Convenzione dell’Aja, con riferimento al diniego di rientro allorché risulti dimostrata la sussistenza di un fondato rischio per il minore di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici e psichici, o, comunque, di trovarsi in una situazione intollerabile. 3.4 - In tale prospettiva, fermo restando che le questioni dedotte dalla ricorrente attingono vari profili di inammissibilità laddove involgono valutazioni di merito o addirittura aspetti attinenti alla delibazione del materiale probatorio, il Tribunale ha svolto un accertamento approfondito in merito alla questione del pericolo dell’esposizione dei minori a un rischio psichico grave, ovvero a una situazione intollerabile, posto alla base della disposizione contenuta nell’art. 13, primo comma, lett. b , della Convenzione dell’Aja. 3.5 - Dovendosi ribadire, anche alla luce dei principi affermati dalla Grande Camera della Cedu Neulinger del 6 luglio 2010 , che il principio del Best Interest of the Child assume un rilievo interpretativo fondamentale anche in materia di sottrazione internazionale di minori, va constatato che la sentenza impugnata ha posto in evidenza la probabilità di esposizione dei minori a situazione di rischio dal punto di vista fisico, ma soprattutto psicologico, a causa della condotta materna da loro percepita come punitiva e violenta, caratterizzata da percosse, punizioni corporali, alimentazione non adeguata , nonché in considerazione delle serie difficoltà di inserimento nel nuovo ambiente, anche scolastico. 4 - Come sopra evidenziato, la selezione e la valutazione del materiale probatorio è riservata al giudice del merito. Per quanto maggiormente interessa in questa sede, vale bene precisare che contrariamente a quanto affermato nel ricorso, il diniego di rientro non risulta fondato in via esclusiva sulle dichiarazioni rese dai minori, la cui capacità di discernimento risulta positivamente verificata, in sede di ascolto effettuato da un giudice onorario particolarmente qualificato, in quanto neuropsichiatra infantile sulla validità della delega cfr. Cass., 31 marzo 2014, n. 7479 . La sentenza impugnata, infatti, ha dato atto di una pluralità di elementi dai quali ha desunto l’assoluta contrarietà dei minori al loro rientro in Ungheria, dettata da forti timori evidentemente giustificati dalle vessazioni subite. È stato infatti richiamato il verbale dei Carabinieri di Seriate in data 2 settembre 2014, dal quale risulta che i minori erano scappati alla vista della madre , ed avevano opposto il loro rifiuto, esternato con pianti ed implorazioni , a seguire la T. , nonostante il padre - contrariamente a quanto si sostiene nel ricorso - cercasse di convincerli a tornare in Ungheria . 4.1 - Deve in ogni caso ribadirsi il principio, già espresso da questa Corte, secondo cui la volontà contraria manifestata in ordine al proprio rientro da un minorenne che abbia un’età e una maturità tali, secondo l’apprezzamento del giudice del merito, da giustificare il rispetto della sua opinione, può costituire, ai sensi dell’art. 13, comma 2, della Convenzione dell’Aja, ipotesi, distintamente valutabile, ostativa all’accoglimento della domanda di rimpatrio Cass., 5 marzo 2014, n. 5237 . 4.2 - Avuto riguardo alla complessità della vicenda, anche alla luce del non ancora consolidato orientamento giurisprudenziale sopra richiamato, ricorrono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese processuali relative al presente giudizio di legittimità. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi.