Lei precaria, lui senza lavoro ma con terreni e immobili: assegno all’ex moglie

A inchiodare l’uomo sono le dichiarazioni dei redditi e la relazione catastale prodotta dalla consorte. Evidente, documenti alla mano, lo squilibrio di forza economica tra i due oramai ex coniugi. Confermato, quindi, l’assegno mensile a favore della donna.

Lavori precari per lei, nessuna occupazione, invece, per lui. Nonostante tutto, però, possedimenti e dichiarazioni dei redditi inchiodano l’uomo dovrà versare l’assegno divorzile all’ex moglie Cassazione, ordinanza numero 10099/2016, Sezione Sesta Civile, depositata il 17 maggio . Redditi. Contributo minimo, quello previsto a favore della donna secondo quanto valutato dai giudici, l’ex marito dovrà versarle un assegno mensile da 310 euro. Nonostante tutto, però, tale decisione viene contestata in Cassazione. L’uomo, tramite il proprio difensore, spiega di avere cessato ogni attività lavorativa . Ciò avrebbe modificato le sue condizioni economiche in senso peggiorativo , ovviamente. Ma tale dato, ribattono i magistrati, non sminuisce la forza economica del marito, nettamente superiore rispetto a quella della moglie. I possedimenti evidenziati nelle dichiarazioni dei redditi dell’uomo e nella relazione catastale prodotta dalla donna hanno bisogno, è evidente, di capacità di reddito, anche ai soli fini del loro mantenimento . E secondo i giudici è lecito presumere che alcuni di quei possedimenti forniscano all’uomo rendite locatizie tali da consentirgli un adeguato sostentamento . Sull’altro fronte, la moglie si è adattata, dopo la separazione, a svolgere lavori precari e poco remunerativi , come quello di bracciante agricola . Tutto ciò conduce a ritenere netto il divario economico tra gli ex coniugi. Ciò soprattutto alla luce della notevole capacità di reddito del marito , fondata sia sulla notevole competenza del suo lavoro di ‘mastro muratore’, che è riuscito, nel corso degli anni, ad investire i propri guadagni in unità abitative e in terreni , sia sulle sue precedenti dichiarazioni dei redditi .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 11 marzo – 17 maggio 2016, n. 10099 Presidente/Relatore Dogliotti Fatto e diritto In un procedimento di divorzio U.G.A. e D.C., la Corte d'Appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, con sentenza in data 30/9/2013, confermava la pronuncia di primo grado, liquidando alla moglie assegno di curo 310,00 mensili. Ricorre per cassazione il marito. Resiste con controricorso la moglie. Il ricorrente lamenta che nelle more processuali vi sarebbe stata una modifica delle sue condizioni economiche in senso peggiorativo e cioè egli stesso avrebbe cessato ogni attività lavorativa . Giurisprudenza consolidata tra le altre, Cass. N. 2184 del 2009 3325 del 2012 afferma che tali sopravvenienze, per ragioni di economici processuale potrebbero essere considerate dal giudice di appello nella pronuncia di separazione o divorzio. In tal senso il ricorso appare ammissibile, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente. Tuttavia il ricorso stesso appare infondato. Con motivazione adeguata e non illogica, il giudice a quo chiarisce che, pur prescindendo/alla circostanza non provata che il marito si sia reso impossidente in vista del futuro divorzio, è certo che i suoi possedimenti, riportati nelle denunce dei redditi e nella relazione catastale prodotta dalla moglie, necessitino di capacità di reddito, anche ai soli fini del loro mantenimento la Corte di merito presume che da alcuni di essi egli tragga rendite locatizie o comunque ne potrebbe trarre che gli consentano un adeguato sostentamento. Prosegue il Giudice a quo evidenziando che la moglie, dopo la separazione, si è adattata a svolgere lavori precari e poco remunerativi, come bracciante agricola, e che ciò non ha certo eliminato il divario economico tra le parti, desumibile dalla capacità di reddito del marito, fondato sia sulla notevole competenza del suo lavoro di mastro-muratore, che è riuscito, nel corso degli anni, ad investire i propri guadagni in unità abitative e in terreni, sia sulle sue precedenti dichiarazioni dei redditi. Va pertanto rigettato il ricorso. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in €. 3.100,00 comprensive di € 100,00per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere generalità ed atti identificativi, a norma dell'art. 52 D.lgs. 196103, in quanto imposto dalla legge.