E' legittima la dichiarazione dello stato di adottabilità anche senza l'ascolto del minore

Accertata l'incapacità dei genitori a svolgere il proprio ruolo e una situazione di grande difficoltà della famiglia protratta nel tempo talché non possa ritenersi temporanea, ma sintomatica di una irreparabile e insuperabile compromissione della crescita serena dei minori, è legittima la dichiarazione dello stato di adottabilità anche senza l'audizione dei figli infradodicenni capaci di discernimento e la convocazione dei parenti entro il quarto grado.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione n. 7390/2016, depositata il 14 aprile. Il caso. La Corte d'appello respingeva l'appello dei genitori avverso la sentenza del Tribunale dei Minorenni che aveva dichiarato lo stato di adottabilità dei minori infradodicenni. La Corte motivava il rigetto ritenendo che i genitori erano incapaci di svolgere le funzioni genitoriali, l'uno perché aveva una personalità violenta e dedita all'alcolismo e l'altro perché aveva una personalità tanto debole da risultare incapace di proteggere i figli e, anzi, con tendenza a ricondurre la prole in un ambiente caratterizzato dalla presenza del padre nei confronti del quale erano state pronunciate svariate disposizioni di allontanamento. Sulla base della relazione dei servizi sociali, quindi, la Corte aveva ritenuto che i figli vivevano in una situazione di grave difficoltà che era divenuta stabile e alla quale i genitori non erano in grado di porre rimedio tutto con grave compromissione del diritto dei figli ad una crescita sana, serena ed armoniosa. I genitori presentavano ricorso in Cassazione denunciando che la Corte Territoriale aveva confermato lo stato di adottabilità senza considerare che la disponibilità espressa dai nonni e zii, entro il quarto, sull'affidamento della prole e senza considerare che era stata omessa l'audizione dei minori i quali, in separato giudizio, erano stati riconosciuti con grande capacità di discernimento e iper maturi. Situazione di grave difficoltà non temporanea. La Corte di Cassazione rigettava il ricorso ritenendolo infondato poiché, accertata la situazione di grave difficoltà non temporanea, ma tale da essere definitiva e sintomatica di un'irreparabile compromissione del diritto ad una crescita sana e serena dei figli, l'audizione dei minori, anche se capaci di discernimento e infradodicenni, deve essere fatta solo se, ovvero salvo che, tale l'audizione appaia manifestamente in contrasto con gli interessi superiori del medesimo ovvero possa presentarsi come un evento traumatico. Talché la mancanza di audizione dei minori in presenza dei suddetti presupposti non può essere censurabile, così come non è insignificante l'omessa audizione dei parenti entro il quarto grado quando questi non abbiano rapporti significativi con i minori. L'audizione dei minori infradodicenni e dei parenti entro il quarto grado. L'obbligo di audizione del minore ultradodicenne, che riguarda anche il ragazzo infradodicenne capace di discernimento, in quanto portatore di bisogni e interessi che, se consapevolmente espressi, pur non vincolando il giudice, non possono essere dallo stesso ignorati, viene escluso qualora l'audizione di questa sia manifestamente in contrasto con gli interessi superiori dei minori ovvero possa presentarsi come traumatica per gli stessi. Pertanto il Giudice che omette di ascoltare il minore, anche quando capace di discernimento, perché l'audizione risulta assolutamente superflua, stante una situazione familiare definitivamente compromessa, se non addirittura nociva per i minori, non commette errore e non è censurabile. Inoltre, sempre in tema di audizione, è altresì irrilevante e non è censurabile l'omissione dell'ascolto dei parenti entro il quarto grado qualora questi non abbiano rapporti significativi con il minore e ciò quand'anche questi abbiano espresso la propria disponibilità ad accogliere il minore presso di sè. Infatti, in in tema di adozione, l'art. 12, legge n. 184/83, nell'indicare le categorie di persone che devono essere sentite per la dichiarazione di adottabilità, viene operato un riferimento ai parenti entro il quarto grado che abbiano però mantenuto rapporti significativi con il minore.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 3 marzo – 14 aprile 2016, n. 7390 Presidente Forte – Relatore Terrusi Svolgimento del processo La corte d’appello di Trento, sez. per i minorenni, con sentenza depositata il 6-3-2015, ha respinto gli appelli proposti da As.Su. e da A.G. avverso la sentenza con la quale il tribunale per i minorenni aveva dichiarato lo stato di adottabilità dei minori infradodicenni A.E. , I. e Em. . Ha motivato la decisione affermando che entrambi genitori si erano dimostrati nel tempo non in grado di svolgere le funzioni genitoriali A. perché dedito all’alcol e dotato di personalità violenta, tendente al disprezzo di limiti e regole e teso a considerare i figli come sue proprietà, completamente incapace quindi di assicurare loro una crescita serena As. perché dotata di personalità debole, incapace di proteggere i figli e di tener conto dei loro bisogni, consapevole della personalità violenta del marito e ciò nondimeno tendente a ricondurre i figli in un ambiente caratterizzato dalla di lui presenza in violazione delle assunte disposizioni di allontanamento. In simile contesto, verificato per il tramite delle relazioni dei servizi sociali fin dall’anno 2010, con segnalazione di ripetuti episodi di violenza di A. nei confronti della moglie e dei figli più grandi, culminati anche in ricoveri ospedalieri, la corte territoriale ha ritenuto essersi in presenza di una situazione di grande difficoltà protratta nel tempo senza sostanziali cambiamenti, tale quindi da non potersi considerare temporanea ma sintomatica, in concreto, di una irreparabile e insuperabile compromissione della crescita serena dei minori, suscettibile di comprovare, quindi, l’esistenza dello stato di abbandono. La corte ha ritenuto superflua, se non perniciosa per i minori, l’istanza di loro audizione, non necessaria per essere i minori infradodicenni, e irrilevante l’omessa convocazione dei perenti entro il quarto grado, essendo da escludere che questi - mai mentovati nelle relazioni dei servizi sociali - avessero mantenuto rapporti coi minori medesimi. I coniugi A. e As. hanno proposto avverso la sentenza ricorso per cassazione, deducendo quattro motivi. Hanno replicato con controricorsi i tutori provvisori dei minori detti. Motivi della decisione I. - Il primo motivo denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 10, 5 comma, e 15, 2 comma, della l. n. 184 del 1983, e la conseguente nullità del procedimento e della sentenza, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo quale quello dell’audizione dei minori con capacità di discernimento. Si censura la sentenza per aver mancato di valutare l’elemento da ultimo considerato, ossia della capacità di discernimento dei minori, i quali pertanto, sebbene infradodicenni, dovevano essere obbligatoriamente sentiti. Il motivo è inammissibile in quanto non calibrato sulla effettiva concorrente ratio che ha indotto la corte di merito a disattendere l’istanza di audizione dei minori infradodicenni. La l. n. 184 del 1983, art. 15, 2 comma, nel testo qui rilevante, come modificato dalla l. 28 marzo 2001, n. 149, dispone che, in vista della dichiarazione dello stato di adottabilità, deve essere sentito il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento. Sebbene questa corte abbia chiarito, nella più recente sua giurisprudenza, che l’obbligo dell’audizione, che si riferisce al minore ultradodicenne v. Sez. 1 n. 1920214, n. 19007-14 , riguarda anche il minore infradodicenne se capace di discernimento, in quanto riflette una nuova considerazione del minore quale portatore di bisogni e interessi che, se consapevolmente espressi, pur non vincolando il giudice, non possono essere da lui ignorati v. Sez. 1^ n. 15365-15, ma anche, per spunti sulla ratio, n. 7282-10 , resta la considerazione che, ai sensi dell’art. 6 della l. n. 77 del 2003, di ratifica ed esecuzione della Convenzione di Strasburgo 25-1-1996 sull’esercizio dei diritti del fanciullo, il giudice, nelle procedure che interessano il minore, deve, quando lo stesso presenti discernimento sufficiente alla stregua del diritto interno, consultarlo personalmente salvo che l’audizione sia manifestamente in contrasto con gli interessi superiori del medesimo ovvero si possa presentare traumatica v. per applicazioni Sez. 1^ n. 9094-07, n. 17201-11 . La corte d’appello di Trento, alla quale era stata devoluta la questione afferente la necessità di ascoltare almeno il minore E. , all’epoca di nove anni e ritenuto, nella consulenza svolta in separato procedimento in tema di affidamento familiare, molto dotato e con sviluppo iper maturo , ha ritenuto di non dar corso all’audizione giustappunto perché l’audizione appariva non solo assolutamente superflua ma anche e soprattutto perniciosa per i minori . Invero la doglianza è stata disattesa anche al fine di evitare ulteriori traumi ai due bambini più grandi . Avverso tale concorrente ragione giustificativa della decisione di non procedere all’ascolto non risulta mossa specifica censura ed essa, per quanto detto, consente di sorreggere di per sé la decisione sul punto afferente. - Col secondo motivo i ricorrenti denunziano l’omesso esame di fatti decisivi in ordine alla evoluzione positiva delle situazioni personali di essi genitori, individuabili nel sostanziale superamento da parte di A. delle problematiche di alcolismo e nell’avvio da parte della coppia di un percorso di psicoterapia tramite apposito professionista Dott.ssa Malaguti , dopo la diagnosi di problemi legati a disturbi post-traumatici da stress connessi alla loro situazione di profughi della guerra del XXXXXXX. Il motivo è inammissibile per genericità di formulazione. In ogni caso è anche infondato. L’art. 360, 1 comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, e applicabile alla fattispecie ratione temporis , ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia . È stato così affermato dalle sezioni unite che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, 1 comma, n. 6, e 369, 2 comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve in tal guisa indicare il fatto storico , il cui esame sia stato omesso, il dato , testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività e inoltre che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie v. Sez. un. n. 8053-14 cui adde Sez. 6^ - 3 25216-14 . Nel caso di specie il fatto storico alluso nel motivo di ricorso si sostanzierebbe nell’avvenuto superamento da parte di A. delle problematiche di alcolismo e nell’avvio da parte della coppia di un percorso di recupero psicoterapeutico. Ma tale fatto è stato dalla corte d’appello specificamente esaminato a mezzo del puntuale rilievo che in verità, finanche in base alle relazioni della psicoterapeuta, in nessun modo il percorso intrapreso aveva condotto a risultati tali da giustificare una prognosi favorevole al recupero delle capacità genitoriali, fatte salve le solo teoriche dichiarazioni di volontà di attuare cambiamenti, in pratica, tuttavia, sempre sconfessate. III. - Col terzo motivo i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione dell’art. 12 della l. n. 184 del 1983, nonché degli artt. 2727 e 2729 cod. civ. art. 360, n. 3, cod. proc. civ. omesso esame di fatti decisivi in ordine alla dichiarata disponibilità di parenti entro il quarto grado art. 360, n. 5, cod. proc. civ. omessa loro audizione e convocazione con conseguente nullità del procedimento e della sentenza art. 360, n. 4, cod. proc. civ. . Il nucleo della complessa censura è che, diversamente da quanto sostenuto dalla corte d’appello, fin dal primo grado era stata dedotta la presenza dei nonni paterni dei minori e di uno zio con quelli convivente, tutti residenti a pochi chilometri dal luogo di residenza dei minori. Costoro avevano dichiarato la loro disponibilità a prendere in affidamento e accudire i nipoti tramite dichiarazione sostitutiva di atto notorio prodotta in primo grado. Si addebita alla corte d’appello di non aver considerato tali circostanze e di aver affermato apoditticamente che i parenti non avevano mantenuto significativi rapporti coi minori e dunque di aver omesso di convocare i parenti suddetti anche al fine di verificare l’esistenza di legami affettivi e relazionali per un eventuale affidamento a questi. Il terzo motivo è infondato. In tema di adozione, l’art. 12 della legge 4 maggio 1983, n. 184, nell’indicare le categorie di persone che devono essere sentite nel procedimento per la dichiarazione di adottabilità, opera un riferimento ai parenti entro il quarto grado che abbiano mantenuto rapporti significativi con il minore. Ne consegue che è irrilevante l’omessa audizione del parente entro il predetto grado, che pure abbia dichiarato al tribunale la propria disponibilità ad accogliere presso di sé il minore, qualora non sussistano rapporti significativi tra quest’ultimo e il predetto parente v. Sez. 1^ n. 1840-11 n. 8526-06 . Nel caso di specie la corte d’appello ha accertato che i nonni paterni non erano stati mai neppure evocati nelle relazioni dei servizi sociali e che nessuno dei parenti entro il quarto grado aveva dichiarato la propria disponibilità ad accogliere i minori presso di sé, essendosi parenti sempre disinteressati delle vicissitudini della famiglia sebbene in difficoltà da tempo. In sostanza la corte d’appello ha escluso l’esistenza di rapporti significativi tra i citati parenti e i minori. Trattasi di apprezzamento di fatto, riservato al giudice del merito e solo genericamente censurato sul versante della motivazione apprezzamento che smentisce la rilevanza di quanto affermato dai ricorrenti a corredo della propria censura. IV. - Col quarto mezzo viene dedotta la violazione o falsa applicazione degli artt. 1, 2, 4, 8 e 12 della l. n. 184 del 1983 e dell’art. 8 della Cedu, essendo a dire dei ricorrenti censurabile la sentenza nella valutazione del carattere non temporaneo delle difficoltà genitorial4. Questo perché sarebbe mancata la considerazione degli sviluppi positivi di detta capacità genitoriale successivamente alla emanazione del decreto col quale la stessa corte d’appello, nell’anno 2014, aveva disposto l’affidamento familiare dei minori anche a seguito del percorso di psicoterapia da essi intrapreso e perché sarebbe stata infine comunque omessa, come già detto, la considerazione della disponibilità dei nonni e dello zio di occuparsi dei bambini fino al pieno recupero delle capacità genitoriali. Il quarto motivo resta assorbito dalle ragioni di rigetto dei motivi secondo e terzo, avendo la corte d’appello accertato, con motivazione immune da rilievi, che le situazione di incapacità genitoriale dovevasi considerare conclamata e non transeunte. V. - Le spese processuali, attesa la peculiarità della situazione controversa in rapporto ai suoi elementi di fatto e alle condizioni personali delle parti, possono essere interamente compensate. Poiché il processo risulta esente dal contributo unificato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese processuali.