Potenziale artigiano, ma senza reddito: a rischio il mantenimento garantitogli sinora dal padre

Assegno ridotto in Appello da 1.500 euro si è scesi a 1.000 euro. Ora, però, il contributo economico paterno pare davvero in discussione. Rilevante la potenzialità professionale acquisita dal figlio, divenuto maggiorenne.

Pronto a lavorare come artigiano, ma ancora senza alcun reddito. Proprio la capacità professionale acquisita dal giovane, però non sfruttata in concreto, mette in discussione l’obbligo paterno di versargli un corposo assegno mensile Cassazione, ordinanza n. 7168, sezione VI Civile, depositata oggi . Professionalità. In Tribunale il papà viene caricato di un onere economico gravoso a favore del figlio minorenne dovrà staccare mensilmente un assegno da 1.500 euro per il suo mantenimento , a cui si aggiunge anche la copertura del 50 per cento delle sue spese straordinarie . In Appello l’obbligo dell’uomo diviene meno pesante l’ assegno è ridotto a 1.000 euro . Per i giudici, comunque, il figlio, nonostante sia divenuto maggiorenne, ha sempre diritto al contributo paterno. Decisivo, per il taglio dell’assegno, il fatto che il ragazzo abbia portato a termine un percorso di studi all’interno di una scuola per intagliatore di legno . Ma proprio questo elemento spinge il padre a ritenere illegittimo il contributo al mantenimento del figlio. Il ragazzo, spiega l’uomo, può svolgere attività presso qualche laboratorio artigianale . E tale sottolineatura viene ritenuta non priva di senso dai Giudici della Cassazione, che mostrano serie perplessità a fronte della decisione assunta in Appello. Per i Magistrati appare evidente che il figlio, divenuto maggiorenne, è stato posto in condizione di poter essere economicamente autosufficiente , come testimoniato dalla acquisita capacità professionale come artigiano e dalla conseguente possibilità di svolgere attività retribuita . Ciò rende poco giustificabile la conservazione dell’ assegno paterno. Su questo fronte, però, tocca ora nuovamente ai giudici di secondo grado approfondire la vicenda prima di prendere una decisione sull’obbligo del padre verso il figlio.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 19 febbraio – 12 aprile 2016, n. 7168 Presidente Ragonesi – Relatore Bisogni Rilevato che 1. Il Tribunale di Cuneo, con sentenza n. 131/2011, ha pronunciato la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto tra i coniugi E.B. e N.G.D. e ha affidato il figlio minore J. B., nato il 14 agosto 1995, ad entrambi i genitori fissandone la residenza presso la madre cui ha affidato la casa coniugale. Ha posto a carico del B. un assegno mensile di 1.500 euro destinato al mantenimento del figlio oltre al 50* delle sue spese straordinarie nonché un assegno divorzile di 800 euro mensili. Ha compensato interamente le spese processuali e posto a carico delle parti in pari quota le spese della C.T.U. relativa alla persona del figlio minore. 2. La Corte di appello di Torino, con sentenza n. 2459/13, ha accolto parzialmente il gravame di E.B. e rideterminato in 600 euro l'assegno divorzile e in 1.000 euro il contributo in favore del figlio mentre ha confermato per il resto la sentenza di primo grado. Ha compensato per metà le spese del giudizio di appello e posto la quota residua a carico dell'appellante. 3. Ricorre per cassazione E.B. affidandosi a due motivi di impugnazione a violazione e falsa applicazione di legge artt. 99, 112, 115, 116 c.p.c. e norme correlate artt. 5 e 9 della legge 898/1970, come modificati dalla legge n. 74/1987 . Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. e all'art. 111 Costituzione b violazione e falsa applicazione di legge artt. 92 c.p.c. e norme correlate . 4. Con il primo motivo il ricorrente deduce la contraddittorietà e la non conformità alle norme indicate della decisione in quanto, pur avendo rilevato la drastica modifica peggiorativa delle condizioni reddituali del ricorrente, la Corte di appello non ha provveduto conseguentemente nella rideterminazione degli assegni e in quanto, pur avendo dato atto che il figlio J., divenuto maggiorenne il 14 agosto 2013, ha ultimato una scuola per intagliatore di legno ed è quindi in grado di svolgere attività presso qualche laboratorio artigiano, ha conservato l'assegno di mantenimento nella misura di 1.000 euro mensili, oltre al 50% delle spese straordinarie. Con il secondo motivo il ricorrente rileva la mancata motivazione dei provvedimento sulle spese che non si giustifica in ragione dell'esito del giudizio del tutto favorevole all'odierno ricorrente. Ritenuto che 5. Il ricorso è parzialmente fondato in relazione alla censura che investe la decisione sull'assegno in favore del figlio maggiorenne perché non coerente alla giurisprudenza di legittimità secondo cui l'obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli maggiorenni, secondo le regole dettate dagli artt. 147 e 148 c.c., cessa a seguito del raggiungimento, da parte di questi ultimi, di una condizione di indipendenza economica che si verifica con la percezione di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita ovvero quando il figlio, divenuto maggiorenne, è stato posto nelle concrete condizioni per potere essere economicamente autosufficiente, senza averne però tratto utile profitto per sua colpa o per sua scelta. La motivazione della Corte di appello sul punto opera una riduzione dell'assegno in considerazione della acquisita capacità professionale a svolgere attività retribuita senza alcuna valutazione sulla esistenza di una ridotta potenzialità reddituale che giustificherebbe il permanere dell'assegno sia pure in misura minore rispetto a quella stabilita nel primo grado del giudizio. Quanto invece all'assegno divorzile l'impugnazione appare inammissibile perché non coerente alla nuova formulazione dell'art. 360 n. 5 c.p.c. e sostanzialmente intesa a richiedere una riedizione della valutazione di merito compiuta dalla Corte di appello sulle capacità economiche del ricorrente, valutazione che ha comunque portato a una riduzione dell'ammontare dell'assegno divorzile. 6. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l'impostazione della presente relazione verrà condivisa dal collegio per l'accoglimento parziale del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo motivo. La Corte condivide la relazione sopra riportata e pertanto ritiene che il ricorso debba essere accolto limitatamente all'assegno di mantenimento del figlio con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte di appello di Torino anche per le spese dei giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso limitatamente all'assegno di mantenimento del figlio del ricorrente, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Torino anche per le spese. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.