Donazioni anteriori o posteriori al rapporto da cui deriva la qualità di legittimario? Per la riunione fittizia non conta

In materia di successione necessaria, per la determinazione della porzione disponibile e delle quote riservate ai legittimari, è necessario prendere in considerazione la massa composta da tutti i beni appartenenti al de cuius, al momento della morte. Dalla massa di beni così costituita devono essere sottratti i debiti e aggiunto il valore dei beni donati in vita dal defunto non è possibile, pertanto, distinguere tra donazioni anteriori o posteriori al sorgere del rapporto da cui deriva la qualità di legittimario .

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4445/2016, depositata il 7 marzo. Il caso. Una donna conveniva in giudizio i figli di prime nozze del suo defunto marito, in virtù del fatto che il de cuius li aveva nominati, con testamento, eredi universali, mentre aveva pretermesso parte attrice. I convenuti erano stati già destinatari di donazioni e liberalità da parte del padre, mentre lo stesso era in vita, e l’attrice chiedeva la riduzione delle disposizioni testamentarie del de cuius , eccedenti la quota disponibile, e la propria reintegrazione nella quota di riserva di spettanza previa riunione fittizia tra relictum e donatum . Parte attrice chiedeva, inoltre, la condanna dei convenuti alla restituzione di quanto dai medesimi era stato ricevuto illegittimamente. Il Tribunale adito affermava che, per l’accertamento della quota disponibile, fosse necessario prendere in considerazione le donazioni effettuate dal defunto in favore di entrambi i figli, con atto pubblico, ed in favore di parte attrice, anche in questo caso con atto pubblico La Corte d’Appello competente, adita dai figli del de cuius , rilevava come, ai fini della determinazione della quota disponibile, fosse necessario anche valutare la donazione indiretta effettuata dal defunto nei confronti di parte attrice. I figli del de cuius ricorrevano per cassazione, lamentando la violazione dell’art. 556 c.c. determinazione della porzione disponibile . In particolare, i ricorrenti rimproveravano ai giudici di merito di aver computato, per la determinazione della quota disponibile del defunto, tutti i beni dallo stesso donati mentre era in vita e non soltanto quelli successivi al suo matrimonio con parte attrice. Diverso vincolo, ma medesimo trattamento? La Suprema Corte ha rilevato l’infondatezza del ricorso. Il Collegio ha ribadito il costante orientamento giurisprudenziale per cui, nell’ambito della successione necessaria, per la determinazione della porzione disponibile e delle quote riservate ai legittimari, è necessario prendere in considerazione la massa composta da tutti i beni appartenenti al de cuius , al momento della morte. Dalla massa di beni di cui sopra, hanno precisato gli Ermellini, devono essere sottratti i debiti, ma deve essere aggiunto il valore dei beni donati in vita dal defunto non è possibile, pertanto, distinguere tra donazioni anteriori o posteriori al sorgere del rapporto da cui deriva la qualità di legittimario . L’impossibilità di cui sopra, hanno aggiunto i Giudici del Palazzaccio, è strettamente connessa alla ratio della riunione fittizia, che ha la finalità di definire la quota di cui il de cuius poteva disporre e quella di riserva, destinata al legittimario. La posizione del coniuge non è differente da quella dei figli, per quanto riguarda la determinazione della quota di riserva infatti, come il figlio ha la facoltà di chiedere la riduzione delle donazioni poste in essere dal genitore, in vita, comprese quelle compiute prima della sua nascita, così il coniuge sopravvenuto rispetto alla prole può agire per la riduzione delle donazioni compiute dal defunto verso i figli, anche ove precedenti alle nozze. La Corte ha, poi, precisato che la qualità di legittimario del coniuge e quella del figlio derivano da un diverso vincolo, rispettivamente derivante dal matrimonio e dal sangue, ma ciò non giustifica un diverso trattamento in relazione alla determinazione della quota di riserva e alla riunione fittizia. Gli Ermellini si sono, infine, soffermati sull’istituto della revocazione delle donazioni per sopravvenienza dei figli, previsto dall’art. 803 c.c., il quale contempla un diverso trattamento dei figli rispetto al coniuge hanno sottolineato, i Giudici di legittimità, che il medesimo trova la propria ratio nel particolare legame che unisce il genitore ai figli, laddove il genitore ha il dovere di mantenere i figli e di assicurarne l’istruzione e l’educazione per una futura vita consapevole e indipendente art. 315- bis cod. civ. ragioni queste che mancano nel matrimonio, fondato su un rapporto paritario tra i coniugi . La natura diversa dei due rapporti, pertanto, giustifica la disciplina speciale di cui all’art. 803 c.c. ed esclude che questa possa essere comparata alla previsione di cui all’art. 556 c.c Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 13 gennaio – 7 marzo 2016, n. 4445 Presidente Mazzacane – Relatore Lombardo Ritenuto in fatto 1. - R.M. convenne in giudizio C.F. e C.M. , figli di prime nozze del suo defunto marito C.G. , esponendo che il de cuius , con testamento, aveva nominato unici suoi eredi universali i convenuti, già destinatari di donazioni e di liberalità da parte del padre in vita, e aveva invece pretermesso essa attrice chiese, pertanto, previa riunione fittizia del relictum e del donatum , la riduzione delle disposizioni testamentarie del de cuius eccedenti la quota disponibile e la reintegrazione di essa attrice nella quota di riserva di sua spettanza, con la condanna dei convenuti alla restituzione di quanto illegittimamente ricevuto e alla corresponsione della quota dei frutti ad essa spettante. Nella resistenza dei convenuti, il Tribunale di Firenze, con sentenza non definitiva, dichiarò che, ai fini dell’accertamento della quota disponibile dell’eredità del defunto, dovevano essere considerate le donazioni effettuate in favore di entrambi i figli con atto pubblico del 16.6.1989, nonché - per quanto riguarda l’attrice R.M. - le donazioni effettuate dal de cuius in favore della stessa con atto pubblico in data 5.11.1985, l’immobile di cui all’atto del 6.3.1992 e l’autovettura Honda Civic dalla medesima posseduta, al valore che essa aveva nel momento dell’apertura della successione determinò in euro 15 mila il debito della massa rinviò per il prosieguo della causa, ai fini della determinazione del relictum relativo ai depositi e conti correnti bancari del de cuius . 2. - Sul gravame proposto da C.F. e C.M. , la Corte di Appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza impugnata, statuì che, ai fini della determinazione della quota disponibile, doveva essere considerata anche la donazione indiretta di 20 milioni di lire, effettuata dal de cuius in favore di R.M. al momento dell’acquisto della società Eurocasa s.n.c. da parte della stessa e del socio L.S. . 3. - Per la cassazione della sentenza di appello ricorrono C.F. e C.M. sulla base di un unico motivo. Resiste con controricorso R.M. . I ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ Considerato in diritto 1.- Con l’unico motivo di ricorso, si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 556 cod. civ., per avere i giudici di merito computato, ai fini della determinazione della quota disponibile dell’eredità del defunto, tutti i beni donati in vita dal de cuius e, in particolare, non solo quelli successivi al sorgere - col matrimonio - della qualità di erede legittimaria in capo alla convenuta R.M. , ma anche quelli precedenti tale momento. Ciò, a dire dei ricorrenti, sarebbe contrario alla ratio dell’art. 556 cod. civ., interpretato in rapporto alle altre norme di diritto successorio, perché sarebbe del tutto irrazionale - finendo col confliggere col principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost. - equiparare il coniuge, la cui qualità di legittimario sorge dall’aver contratto un valido matrimonio, a quella dei figli, la cui qualità di legittimari è invece connaturata alla loro esistenza ed ha maggiore tutela nella legge, la quale solo nel caso di sopravvenienza di figli e non nel caso di sopravvenienza del coniuge prevede - all’art. 803 cod. civ. - la possibilità per il donante di revocare le donazioni. La censura non è fondata. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in materia di successione necessaria, ai fini della determinazione della porzione disponibile e delle quote riservate ai legittimari, occorre avere riguardo alla massa costituita da tutti i beni che appartenevano al de cuius al momento della morte - al netto dei debiti - maggiorata del valore dei beni donati in vita dal defunto, senza che possa distinguersi tra donazioni anteriori o posteriori al sorgere del rapporto da cui deriva la qualità di legittimario Sez. 2, Sentenza n. 1373 del 20/01/2009, Rv. 606117 Sez. 2, Sentenza n. 1122 del 23/02/1982, Rv. 419000 . L’equiparazione delle donazioni anteriori al sorgere del rapporto da cui deriva la qualità di legittimario a quelle posteriori risponde alla ratio della riunione fittizia che ha lo scopo di determinare la quota della quale il defunto poteva disporre e, correlativamente, la quota di riserva spettante al legittimario. Non diversa, ai fini della determinazione della quota di riserva art. 556 cod. civ. , è la posizione del coniuge rispetto a quella dei figli. E invero, come il figlio sopravvenuto può chiedere la riduzione di tutte le donazioni compiute in vita dal padre, anche di quelle compiute prima della sua nascita in favore della madre o di altro coniuge ormai non più tale allo stesso modo il coniuge sopravvenuto rispetto ai figli può chiedere la riduzione di tutte le donazioni compite dal de cuius in favore dei figli, anche di quelle precedenti il matrimonio poste in essere in favore dei figli nati da altro coniuge o nati fuori dal matrimonio. I ricorrenti osservano che la qualità di legittimario del coniuge non vale per sempre, in quanto essa sorge col matrimonio e dura solo finché dura il matrimonio non ha la qualità di legittimario il coniuge divorziato, ma neppure - peraltro - il coniuge separato con addebito di colpa . Può osservarsi, tuttavia, che anche la qualità di legittimari dei figli ha un inizio e può avere una fine. I figli acquistano la qualità di legittimari con la nascita e la perdono con la morte. Nel caso di premorienza rispetto al genitore, infatti, l’azione di riduzione e di reintegrazione nella legittima non può essere esercitata, salvo che i figli premorti abbiano discendenti o altri soggetti legittimati a subentrare loro per rappresentazione discendenti dei fratelli e delle sorelle . E allora, è vero che il vincolo che lega il coniuge al de cuius è diverso dal vincolo che lega i figli al de cuius nel primo caso, il vincolo dipende al rapporto di coniugio nel secondo, il vincolo è di sangue. Ma ciò non giustifica un trattamento diverso in ordine alla determinazione della quota di riserva e alla riunione fittizia delle donazioni. Quanto all’istituto della revocazione delle donazioni per sopravvenienza di figli di cui all’art. 803 cod. civ. e al diverso trattamento che esso riserva ai figli rispetto al coniuge, tale istituto si fonda sulla communis opinio secondo la quale il donante che non aveva o che ignorava di avere figli o discendenti al momento della donazione non avrebbe posto in essere la donazione se avesse saputo della futura sopravvenienza o scoperta di figli o discendenti. L’istituto trova fondamento nel particolare legame che unisce il genitore ai figli, laddove il genitore ha il dovere di mantenere i figli e di assicurarne l’istruzione e l’educazione per una futura vita consapevole e indipendente art. 315-bis cod. civ. ragioni queste che mancano nel matrimonio, fondato su un rapporto paritario tra i coniugi. Tale diversa natura del rapporto genitore-figli rispetto al rapporto tra coniugi giustifica la speciale disciplina della revocazioni delle donazioni ed esclude la comparabilità di quest’ultima con la previsione di cui all’art. 556 cod. civ Alla stregua di quanto sopra, trovando logica giustificazione l’equiparazione della posizione del coniuge a quella dei figli relativamente alla riunione fittizia e alla riduzione delle donazioni ai fini della reintegrazione della quota di legittima, risulta manifestamente infondata la questione di legittimità dell’art. 556 cod. civ. in relazione all’art. 3 Cost 2. - Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in 4.200,00 quattromiladuecento , di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.