Inadempimento dell’onere testamentario e legittimazione alla risoluzione

In tema di legato, l’inadempimento del modus ad opera del legatario legittima i prossimi congiunti del testatore, ancorché eredi, nonché i beneficiari dell’onere a proporre, oltre all’azione di adempimento, quella di risoluzione ex art. 648 , secondo comma, c.c

Onere testamentario e posizione del beneficiario. Con la pronuncia n. 4444/16, depositata il 7 marzo, la Corte di Cassazione interviene in tema di onere testamentario ed in particolare con riguardo al profilo della legittimazione attiva a chiedere la risoluzione della disposizione testamentaria per inadempimento dell’onerato. La sentenza riguarda l’azione di risoluzione della disposizione testamentaria modale esercitata dal beneficiario dell’onere che era anche erede del de cuius . Mentre in primo grado il giudice di merito accoglieva la domanda e pronunciava la risoluzione della disposizione, in appella la Corte territoriale, in riforma della pronuncia di primo grado, rigettava la domanda di risoluzione sul presupposto che detta risoluzione non potesse essere chiesta dal beneficiario dell’onere testamentario. Avverso tale passaggio della decisione di merito veniva interposto ricorso per Cassazione deciso dalla sentenza in rassegna ed accolto dalla Corte. Risoluzione della disposizione modale e legittimazione ad agire del beneficiario-erede. La pronuncia in esame, nell’accogliere il ricorso, ricorda infatti che l’art. 648, secondo comma, c.c., secondo l’orientamento consolidato della stessa giurisprudenza di legittimità, deve essere interpretato nel senso che, in tema di legato, l’inadempimento del modus ad opera del legatario legittima i prossimi congiunti del testatore, ancorché eredi, nonché i beneficiari dell’onere a proporre, oltre all’azione di adempimento, quella di risoluzione Cass. n. 2487/1999 Cass. n. 2306/1975 . Chiarisce ulteriormente la Corte che con detto principio non contrasta il risalente precedente di legittimità secondo cui la legittimazione all’azione di adempimento del modo ed all’azione di risoluzione della disposizione testamentaria modale non riguarda le stesse persone, in quanto la prima sarebbe più ampia rispetto alla seconda, spettando a qualsiasi interessato e, quindi, a chiunque abbia un interesse materiale od anche non patrimoniale all’adempimento, fra cui, ad esempio, il beneficiario del modus Cass. n. 3049/1968 . In tal senso depone la considerazione per cui, con riferimento all’azione di risoluzione della disposizione testamentaria modale la legittimazione ad agire andrebbe attribuita in base ai principi generali dell’interesse ad agire, di cui all’art. 100 c.p.c., interesse che è dato dalla situazione soggettiva di vantaggio sostanziale, il cui riconoscimento viene posto ad oggetto della pretesa fatta valere in giudizio, e che si concreta nella esigenza di conseguire un risultato utile o giuridicamente apprezzabile attraverso l’intervento del giudice. In tale ottica, il beneficiario dell’onere è da ritenere soggetto che sicuramente ha motivo per chiedere la risoluzione della disposizione testamentaria in questione, in quanto egli, ove sia pure erede, otterrebbe la restituzione res, conseguendo un vantaggio patrimoniale e potendo, in ogni caso, soddisfare le esigenze morali che erano stato perseguite dal de cuius e che, a causa dell’inadempimento del legatario, erano rimaste irrealizzate. Per tali considerazioni, la Corte ritiene quindi che i giudici di merito abbiano errato nell’affermare che l’erede della de cuius , nonché beneficiario del modus, non fosse legittimato a chiedere la risoluzione della disposizione in questione ai sensi dell’art. 648, comma 2, c.c

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 13 gennaio – 7 marzo 2016, n. 4444 Presidente Mazzacane – Relatore Migliucci Svolgimento del processo 1. N.P. con atto di citazione del 10 ottobre 1999 adiva il Tribunale di Brindisi, Sez. Dist. di Francavilla Fontana perché fosse dichiarata la risoluzione della disposizione testamentaria con la quale sua moglie B.A. aveva legato a G.M. la sua quota di proprietà di un immobile sito in omissis . Egli esponeva che la legataria non aveva adempiuto all’onere impostole di provvedere alle esigenze sue e della moglie era stato abbandonato a se stesso dall’estate del 1998. G.M. si era costituita ed aveva chiesto il rigetto della domanda attrice e, in via riconvenzionale, la corresponsione del compenso per il servizio di assistenza reso al N. . Tribunale di Brindisi, Sez. Dist. di Francavilla Fontana, con sentenza n. 223/05 accoglieva la domanda attrice e rigettava quella riconvenzionale. G.M. proponeva appello con cui si doleva della decisione di prime cure e ne chiedeva la riforma. La Corte di Appello di Lecce, nella resistenza dell’appellato, a cui con comparsa di costituzione del 22 febbraio 2007 si era sostituita N.A. , nella qualità di erede, con sentenza n. 7/2011 rigettava la domanda accolta in primo grado. A sostegno della decisione adottata la corte distrettuale evidenziava che la risoluzione di una disposizione testamentaria per inadempimento di un modus non poteva essere chiesta dal relativo beneficiario. Avverso la suindicata sentenza della Corte di Appello di Lecce ha proposto ricorso per cassazione N.A. , articolandolo su un motivo. G.M. ha resistito con controricorso. Motivi della decisione 1. Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione avanzata da G.M. , secondo la quale il ricorso sarebbe stato proposto tardivamente in quanto non sarebbe stato rispettato il termine di sei mesi previsto dall’art. 327 c.p.c., come modificato dalla legge n. 69 del 2009. Questa è infondata, in quanto l’art. 46, comma 17, della legge n. 69 del 2009, che ha abbreviato in sei mesi il termine di proposizione delle impugnazioni ex art. 327 c.p.c., trova applicazione, ai sensi dell’art. 58, comma primo, della stessa legge, ai soli giudizi iniziati dopo il 4 luglio 2009 Cass., Sez. 1, sentenza n. 17060 del 5 ottobre 2012, Rv. 624680 . Nella specie, l’atto introduttivo del giudizio di primo grado risale al 10 ottobre 1999, con la conseguenza che il ricorso poteva essere proposto entro un anno dalla pubblicazione della sentenza, come previsto dall’art. 327 c.p.c. nel testo all’epoca vigente e come, in concreto, avvenuto la sentenza di appello è stata depositata in cancelleria l’8 gennaio 2011, mentre il ricorso in esame è stato notificato il 15 settembre 2011 . 2. Con il suo unico motivo di ricorso N.A. impugna la sentenza ex art. 360, n. 3, c.p.c., per violazione e falsa applicazione degli articoli 647, 648, 677, 1253 ed 1256 c.c. La Corte di Appello di Lecce avrebbe errato, ad avviso della ricorrente, nel ritenere che il beneficiario di un onere rimasto inadempiuto che fosse pure erede non fosse legittimato a chiedere la risoluzione della disposizione testamentaria a cui accedeva il detto onere. Il motivo è fondato. Ai sensi dell’art. 648, secondo comma, c.c., Nel caso d’inadempimento dell’onere, l’autorità giudiziaria può pronunziare la risoluzione della disposizione testamentaria, se la risoluzione è stata prevista dal testatore, o se l’adempimento dell’onere ha costituito il solo motivo determinante della disposizione . Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, tale disposizione va interpretata nel senso che, in tema di legato, l’inadempimento del modus ad opera del legatario legittima i prossimi congiunti del testatore, ancorché eredi, nonché i beneficiari dell’onere a proporre, oltre all’azione di adempimento, quella di risoluzione Cass., Sez. 2, sentenza n. 2487 del 18 marzo 1999, Rv. 524268 Cass., Sez. 2, sentenza n. 2306 dell’11 giugno 1975, Rv. 376143 . Con tale giurisprudenza non contrasta il precedente di Cass., Sez. 2, sentenza n. 3049 del 30 settembre 1968, Rv. 335909, menzionato dalla resistente, per il quale la legittimazione all’azione di adempimento del modo ed all’azione di risoluzione della disposizione testamentaria modale non riguarda le stesse persone. Infatti, la prima sarebbe più ampia rispetto alla seconda, spettando a qualsiasi interessato e, quindi, a chiunque abbia un interesse materiale od anche non patrimoniale all’adempimento, fra cui, ad esempio, il beneficiario del modus . Con riferimento all’azione di risoluzione della disposizione testamentaria modale, invece, detta legittimazione andrebbe attribuita in base ai principi generali sull’interesse ad agire, di cui all’art. 100 c.p.c., interesse che è dato dalla situazione giuridica soggettiva di vantaggio sostanziale, il cui riconoscimento viene posto ad oggetto della pretesa fatta valere in giudizio, e che si concreta nella esigenza di conseguire un risultato utile o giuridicamente apprezzabile attraverso l’intervento del giudice. In tale ottica, il beneficiario dell’onere è da ritenere soggetto che sicuramente ha motivo per chiedere la risoluzione della disposizione testamentaria de qua. Egli, ove sia pure erede, riotterrebbe indietro la res , conseguendo un vantaggio patrimoniale in ogni caso, potrebbe soddisfare le esigenze morali che erano state perseguite dal de cuius e che, a causa dell’inadempimento del legatario, erano rimaste irrealizzate. Pertanto, nella specie, la Corte di Appello di Lecce, statuendo che N.P. , marito ed erede della de cuius , nonché beneficiario del modus, non era legittimato a chiedere la risoluzione della disposizione in questione ex art. 648, secondo comma, c.c., non ha rispettato la giurisprudenza summenzionata. Il ricorso è, quindi, fondato, sicché la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla stessa corte territoriale, in diversa composizione, pure per le spese del presente giudizio di legittimità, affinché decida la causa applicando il seguente principio di diritto in tema di legato, l’inadempimento del modus ad opera del legatario legittima i prossimi congiunti del testatore, ancorché eredi, nonché i beneficiari dell’onere a proporre, oltre all’azione di adempimento, quella di risoluzione ex art. 648, secondo comma, c.c P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Lecce, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.