Coabitare non vuol dire ricostruire il vincolo matrimoniale tra due coniugi separati

La mera coabitazione non è sufficiente a provare la riconciliazione tra i coniugi separati, essendo necessario il ripristino della comunione di vita e d’intenti che costituisce il fondamento del vincolo coniugale.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2360/16, depositata il 5 febbraio. Il caso. La ricorrente adisce la Cassazione contro la sentenza della Corte d’appello di Torino, che aveva respinto l’impugnazione in merito allo scioglimento del legame matrimoniale intercorrente tra l’attrice e il marito. Motivo del ricorso è la violazione di legge, in quanto la coabitazione tra i due coniugi separati avrebbe inficiato il requisito della separazione triennale per predisporre il divorzio. La coabitazione non riconcilia. Il Giudice di legittimità afferma fin da subito l’infondatezza del ricorso, poiché non tiene conto dell’univoco orientamento giurisprudenziale in materia. Infatti, come sostenuto con la Cass. n. 19535/14 la mera coabitazione non è sufficiente a provare la riconciliazione tra i coniugi separati essendo necessario il ripristino della comunione di vita e d’intenti, materiale e spirituale, che costituisce il fondamento del vincolo coniugale . Secondo la Corte, i motivi della coabitazione non sono decisivi ai fini della sentenza di divorzio, ma possono essere utili ai fini dell’accertamento del comportamento tenuto delle parti nel periodo di separazione. Quindi, la semplice coabitazione di tipo inerziale”, dovuta a fattori economici o logistici, non è idonea a ricostruire il consorzio familiare, che invece si avrebbe se vi fosse una ripresa delle relazioni reciproche che permettano di superare le condizioni d’intollerabilità, che impedivano la prosecuzione della convivenza. Per questi motivi la Cassazione ha dichiarato infondato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 24 novembre 2015 – 5 febbraio 2016, numero 2360 Presidente Ragonesi –Relatore Genovese Fatto e diritto Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 20 luglio 2015, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ. Con sentenza in data 23 maggio 2014, la Corte d'Appello di Torino ha respinto l'impugnazione proposta dalla Sig.ra F.M.G. , contro il sig. T.A. , avverso la sentenza del Tribunale di Torino, che aveva pronunciato lo scioglimento del matrimonio civile contratto dai due menzionati coniugi, rigettando l'eccezione di mancanza del requisito della separazione triennale per l'avvenuta riconciliazione tra i coniugi anche in ragione della loro coabitazione sino a pochi mesi prima della proposizione della domanda di divorzio. Secondo la Corte territoriale, è la parte convenuta ad essere onerata dell'onere della prova dei fatti che dimostrerebbero la ricostituzione della convivenza, che non potrebbero essere confusa con la semplice coabitazione in relazione alla quale non rileverebbero neppure i motivi di essa peraltro, nella specie, era stato accertato che i coniugi coabitavano in stanze separate ed in un clima di tensione . Avverso la sentenza della Corte d'Appello ha proposto ricorso la signora F. , con atto notificato il 23 luglio 2014, sulla base di tre motivi, con cui denuncia la violazione di legge artt. 3 numero 2 lett. b legge numero 898 del 1970 e 2967 c.c. e 115 c.p.c. , ai sensi dell'art. 360 numero 3 c.p.c Il Sig. T. resiste con controricorso. Il ricorso appare manifestamente infondato, sia con riferimento alla censura relativa alla distribuzione dell'onere probatorio tra i coniugi in sede di giudizio di divorzio sia con riguardo alla situazione fattuale della coabitazione e della sua distinzione rispetto alla riconciliazione fra i coniugi separati, alla luce dei seguenti principi di diritto già enunciati da questa Corte a Con riferimento all'onere della prova, in quanto Sez. 1, Sentenza numero 23510 del 2010 Nei giudizi di divorzio, l'art. 3, secondo comma, lett. h della legge 1 dicembre 1970 espressamente stabilisce che l'eccezione di sopravvenuta riconciliazione deve essere proposta ad istanza di parte pertanto, il giudice non può rilevarla d'ufficio, non investendo profili d'ordine pubblico, ma aspetti strettamente attinenti ai rapporti tra i coniugi, in ordine ai quali è onere della parte convenuta eccepire e conseguentemente provare l'avvenuta riconciliazione. b Con riferimento al rapporto esistente tra la riconciliazione e la coabitazione, giacché Sez. 1, Sentenza numero 19535 del 2014 La mera coabitazione non è sufficiente a provare la riconciliazione tra coniugi separati essendo necessario il rispristino della comunione di vita e d'intenti, materiale e spirituale, che costituisce il fondamento del vincolo coniugale. Nella specie, la corte territoriale aveva escluso la riconciliazione per la presenza di comportamenti, anche processuali - la proposizione di domanda riconvenzionale di addebito formulata dal ricorrente in primo grado - ostativi al ripristino, tanto più che la dedotta coabitazione era rimasta sfornita di allegazione di fatti probanti e di deduzione di mezzi istruttori idonei a corroborarla . In aggiunta a quanto già espresso dalla Corte, con i ricordati principi, va poi precisato che i motivi della coabitazione oggi frequenti per la notoria caduta dei redditi, accentuatasi in ragione della crisi economica del Paese , sono sicuramente non decisivi ai fini della prova che, tuttavia, può porre anche la loro menzione nel tragitto finalizzato all'accertamento del complessivo comportamento delle parti nel periodo di separazione per il compimento dello scrutinio dell'avvenuto ripristino della comunione materiale e spirituale dei coniugi, fondamento del vincolo. In conclusione, si deve disporre il giudizio camerale ai sensi degli artt. 380 bis e 375 numero 5 c.p.c.”. Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione di cui sopra, alla quale risultano essere state mosse osservazioni critiche da parte della ricorrente, signora F. che non sono convincenti che, infatti, la ricorrente sostanzialmente contesta l'esistenza di un onere probatorio a suo carico, criticando quella che definisce come presunzione di cessazione della convivenza tra i coniugi separati che, tuttavia, nel ribadire il principio di diritto sopra riportato, questa Corte deve richiamare altro e conforme precedente Sez. 1, Sentenza numero 19535 del 2014 ove ha ulteriormente affermato il principio di diritto secondo cui nel procedimento di divorzio l'interruzione della separazione deve essere eccepita - ai sensi dell'art. 3, quarto comma, lett. b , della legge 1 dicembre 1970, numero 898, come sostituito dall'art. 5 della legge 6 marzo 1987, numero 74 - dal convenuto, assumendo rilievo quale fatto impeditivo della realizzazione della condizione temporale stabilita nella medesima disposizione” che, pertanto, la contraria opinione non solo non trova riscontro nella giurisprudenza di questa Corte ma, il richiamo alla legge fatto dalla memoria, opera proprio nel senso contrario a quelle da esso affermato atteso che, il menzionato art. 3, quarto comma, L. numero 898 del 1970, afferma proprio che l'eventuale interruzione della separazione deve essere eccepita dalla parte convenuta”, così escludendo che si possa parlare di un'eccezione in senso lato, rilevabile anche d'ufficio dal giudice, per essere questa definita dalla legge, espressamente, come una eccezione in senso stretto” che anche la seconda osservazione critica, relativa al significato del protrarsi della coabitazione dopo l'avvenuta separazione, deve essere respinta che questa Corte ha più volte affermato che la mera ripresa della coabitazione non equivale a riconciliazione Cass. sez. 1, sentt. nnumero 704 del 1980 19497 del 2005 28655 del 2013 che alla mera ripresa della coabitazione deve essere equiparata anche la coabitazione inerziale o interessata da ragioni meramente materiali, dovute a fattori economici o logistici o di altra natura purché essa non assuma il connotato della ricostituzione del consorzio familiare, attraverso la ricomposizione della comunione coniugale di vita, vale a dire della ripresa delle relazioni reciproche, oggettivamente rilevanti, tali da comportare il superamento delle condizioni che avevano reso intollerabile la prosecuzione della convivenza e che si concretizzino in un comportamento non equivoco incompatibile con lo stato di separazione che di tutto questo non vi è alcuna traccia nel processo e né di tali fatti, al di fuori di una convivenza inerziale, la ricorrente ha fatto allegazione o indicato mezzi e prove dimostrative che, pertanto, il ricorso va dichiarato manifestamente infondato senza che sia raddoppiato il contributo unificato, avendo la ricorrente dimostrato di essere stata ammessa, come da provvedimento in data 9 luglio 2014 del Consiglio dell'ordine degli avvocati di Torino, al Patrocinio a spese dello Stato, secondo la giurisprudenza di questa Corte Cass. Sez. L, Sentenza numero 18523 del 2014 Il ricorrente in cassazione ammesso al patrocinio a spese dello Stato non è tenuto, in caso di rigetto dell'impugnazione, al versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dall'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115 che le spese processuali vanno compensate per la natura del conflitto ed i profili sottostanti ad esso che, ai sensi dell'art. 52 D. Lgs. numero 198 del 2003, deve disporsi che siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento. P.Q.M. La Corte respinge il ricorso e compensa tra le parti le spese processuali. Dispone che, ai sensi dell'art. 52 D.Lgs. numero 198 del 2003, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.