Come contestare l’autenticità di un testamento olografo?

La parte che contesta l’autenticità di un testamento olografo deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, gravando su di essa l’onere della relativa prova, secondo i principi generali dettati in tema di accertamento negativo ed essendo inadeguati, al fine di superare l’efficacia probatoria di un testamento olografo, sia il ricorso al disconoscimento, sia la proposizione di querela di falso.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza numero 1995/2016, depositata il 2 febbraio. Il caso. La moglie del de cuius chiedeva la pubblicazione del testamento olografo del marito, datato 27.4.1998, con il quale veniva nominata erede universale dello stesso, mentre il fratello del defunto veniva istituito legatario di alcuni beni. Il fratello rinveniva, tuttavia, un nuovo testamento olografo, datato 10.6.1998, con il quale entrambi venivano istituiti coeredi del de cuius . Il fratello, quindi, affermava la sua qualità di coerede testamentario con un’azione di petizione di eredità. Nel corso del giudizio la vedova disconosceva il testamento risalente al 10.6.1998, sostenendone la falsità. Veniva allora disposta CTU grafologica, ma il perito non poteva svolgere le indagini necessarie, non essendo rinvenibile l’originale del documento. Il Tribunale, quindi, respingeva la domanda del fratello spiegando che era suo onere esclusivo produrre in giudizio l’originale del testamento per dare luogo alla verifica tecnica della scrittura disconosciuta dalla controparte. La decisione veniva confermata dalla Corte d’Appello e il fratello ricorreva così in Cassazione. La decisione della Corte. Il Tribunale e la Corte d’Appello hanno regolato l’onere della prova nel giudizio di petizione di eredità in modo analogo a quanto avviene nei procedimenti di verificazione di scritture private disconosciute. Nel caso di specie, infatti, il fratello aveva agito chiedendo di essere riconosciuto coerede testamentario in ragione di quanto disposto nella scheda del 10.6.1998. La moglie del de cuius, convenuta in giudizio, aveva però prontamente disconosciuto la scrittura prodotta dall’attore sostenendone la radicale falsità. La Corte d’Appello, in altre parole, ha aderito all’orientamento secondo il quale il testamento, dal punto di vista probatorio, va valutato come una scrittura privata ed è, quindi, soggetto al disconoscimento o non riconoscimento della sua autenticità. In quanto tale, ai sensi dell’art. 2702 c.c., fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del contenuto dal sottoscrittore solo se la parte contro la quale è prodotta abbia riconosciuto la sottoscrizione. In caso contrario, come avvenuto nella fattispecie in commento, è onere della parte che intende avvalersi della scrittura chiederne la verificazione ex art. 216 c.p.c Deve, cioè, incardinare un sub - procedimento nel quale proporre i mezzi di prova necessari e le eventuali scritture di confronto per accertarne l’autenticità. Secondo costante giurisprudenza, la verificazione può essere svolta, però, solo su documenti originali ed è onere del soggetto che invoca la procedura, ex art. 216 c.p.c., provvedere in tal senso. Nel caso di specie l’originale non era stato rinvenuto e pertanto l’istanza del fratello era stata respinta e così pure, conseguentemente, la domanda di petizione di eredità. Per completezza, si segnala un’altra corrente di pensiero, secondo la quale l’unico strumento idoneo a contestare la genuinità del testamento olografo è la proposizione di una querela di falso, ai sensi degli artt. 221 e ss. c.p.c Tale soluzione muove dal presupposto che il disconoscimento di una scrittura privata può provenire soltanto dal suo autore, per cui ad esso non si può ricorrere quando sussiste diversità soggettiva tra chi ha redatto il documento e chi intende metterne in discussione l’autenticità così Cass. numero 16362/03, numero 8272/ 2012 . Simili ragionamenti vengono, però, sconfessati dalla Cassazione con il richiamo al precedente recente delle Sezioni Unite numero 12307 del 15.6.2015 . Con tale arresto gli Ermellini rievocando un principio affermato in un provvedimento risalente, numero 1545 del 15.6.1951 hanno mutato completamente prospettiva” spiegando che la parte che contesta l’autenticità del testamento deve svolgere una specifica domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura non essendo sufficiente disconoscere il testamento o proporre querela di falso. Secondo la Cassazione tale soluzione è ragionevole poiché consente di contemperare al meglio più interessi differenti. Da un lato, infatti, si mantiene il testamento olografo nell’ambito delle scritture private, senza però ridurlo, con eccesso di superficialità, al rango di qualunque scritto proveniente da terzi facilmente disconoscibile. Sotto altro profilo, si evita di rendere troppo gravosa la posizione processuale dell’attore che si professa erede riversando su di lui l’intero onere probatorio del processo in relazione ad un atto che, comunque, conserva un intrinseco valore e forza dimostrativa. La Cassazione, quindi, accoglie il ricorso del fratello e rinvia alla Corte d’Appello per decidere sulla controversia attenendosi ai principi sopra richiamati.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 13 gennaio – 2 febbraio 2016, numero 1995 Presidente Mazzacane – Relatore Scarpa Svolgimento del processo Con citazione dell'11 settembre 2000 S.P.F. conveniva davanti al Tribunale di Catania G.A. , premettendo di essere fratello di S.C. , deceduto in omissis che G.A. , moglie di S.C. , aveva richiesto la pubblicazione di un testamento olografo datato 27 aprile 1998, col quale si nominava la stessa erede universale e si istituiva quale legatario di alcuni beni S.P.F. che il medesimo attore aveva, però, rinvenuto nel cruscotto di un'autovettura, oggetto di legato, altro testamento olografo datato 10 giugno 1998, col quale, in revoca del precedente, si designavano coeredi universali S.P.F. e G.A. . Ciò premesso, l'attore chiedeva dichiararsi la sua qualità di coerede testamentario e perciò condannarsi G.A. a consegnare la metà dell'asse ereditario ed a pagare i frutti civili percepiti su tale porzione sin dal momento dell'apertura della successione. La convenuta G.A. si costituiva chiedendo il rigetto della domanda, sull'assunto della falsità del testamento del 10 giugno 1998. Veniva disposta consulenza tecnica grafologica al fine di accertare la genuinità della scrittura e della firma del testamento 10 giugno 1998, ma l'ausiliare esponeva che il mancato rinvenimento dell'originale della scheda testamentaria impediva l'espletamento delle necessarie indagini peritali. In difetto dell'assunzione di ulteriori prove, il Tribunale di Catania, con sentenza del 7 febbraio 2006, rigettava la domanda, affermando come la verifica tecnica di autenticità di una scrittura disconosciuta imponesse la produzione in originale e come l'attore non avesse altrimenti dato prova del testamento impugnato. S.P.F. proponeva appello, che la Corte d'Appello di Catania rigettava, con sentenza numero 610/2011, depositata il 2 maggio 2011. Osservava la Corte catanese che la scheda testamentaria, su cui S.P.F. fonda la sua domanda di petizione di eredità, era stata prodotta in fotocopia, disconosciuta come falsa da G.A. . Al riguardo, l'appellante aveva dedotto che si trattasse di fotocopia della scheda testamentaria autenticata dal notaio, avente perciò, ai sensi degli artt. 2715 e 2719 c.c., la stessa efficacia della scrittura originale. Replicava la Corte di merito che comunque tale copia era stata disconosciuta, agli effetti dell'art. 214, comma 2, c.c., mentre l'istanza di verificazione avanzata da S.P.F. era rimasta sprovvista di prova, non potendo il CTU grafologo avvalersi della sola fotocopia del testamento. Né rilievo decisivo al fine di supportare la prova della qualità di erede di S.P.F. poteva trarsi, ad avviso della Corte catanese, dal giudicato formatosi nella sentenza penale numero 1621/2009 del 19 aprile 2009, pronunciata dal Tribunale di Genova, che aveva assolto l'appellante dai reati di cui agli artt. 485 e 491 c.p. questo sia perché G.A. non si era costituita parte civile in quel processo penale, sia perché S.P.F. era stato assolto ai sensi dell'art. 530, comma 2, c.p.p., per difetto di prova in ordine alla sussistenza del reato, in quanto rimaneva circostanza dubbia che l'imputato avesse redatto di proprio pugno, o fatto redigere ad altri in suo luogo, la scheda testamentaria del 10 giugno 1998, stanti i contrasti tra la perizia disposta dal Tribunale e la consulenza espletata dal Pubblico Ministero. Avverso tale sentenza della Corte d'Appello di Catania S.P.F. ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi. Il 19 settembre 2013 ha depositato Atto di intervento volontario G.A.G.A. , notificato al ricorrente il 26 luglio 2013, qualificandosi unico erede dell'intimata G.A. , deceduta l’ omissis . Motivi della decisione Preliminarmente va osservato che la parte intimata G.A. aveva prodotto unicamente procura speciale conferita all'avvocato Enrico Ciraldo con atto per Notaio Pistorio dell'11 ottobre 2011. Successivamente, G.A.G.A. , qualificandosi unico erede della predetta, deceduta l’ omissis , ha depositato documentazione dalla quale risulta la sua qualità di erede, in uno ad Atto di intervento volontario , con procura speciale in calce, atto notificato al ricorrente. Stando all’insegnamento di Cass. sez. unumero 22 aprile 2013, numero 9692, pur essendo la disciplina della prosecuzione del processo da parte del successore a titolo universale ai sensi dell'art. 110 c.p.c. compatibile con il giudizio di legittimità, le modalità di tale prosecuzione e, quindi, dell'ingresso del successore a titolo universale debbono adeguarsi alle forme di tale giudizio, in modo da apportare un elemento di novità sul piano soggettivo. In tale prospettiva, il giudizio di cassazione si svolge, salva la possibilità di interloquire nella discussione in pubblica udienza, esclusivamente attraverso atti tipizzati, quali il ricorso ed il controricorso e, quindi, le memorie ex art. 378 c.p.c Solo i primi due atti, da notificare in funzione dell'assicurazione del contraddittorio, introducono, infatti, gli elementi sui quali si deve svolgere il giudizio. Sulla base di queste premesse, l'entrata nel processo di cassazione dell'erede della parte deceduta o cessata, concretandosi in un apporto innovativo sotto il profilo soggettivo consistente nella sostituzione della legittimazione della parte originaria intimata, nell'ipotesi in cui la stessa poi deceduta non abbia nei termini proposto e depositato controricorso, non può essere effettuato dal suo erede con tale modalità, in quanto altrimenti questi compierebbe un atto da cui è decaduto il suo stesso dante causa. Piuttosto, l'erede della parte intimata, che non abbia presentato controricorso, ha facoltà di intervenire nel giudizio, con un atto avente natura sostanziale di atto di intervento nel quale può essere rilasciata la procura a difensore iscritto nell'albo speciale, essendo ciò consentito dall'art. 83 c.p.c. già prima della novella di cui alla legge 18 giugno 2009, numero 69 e può partecipare alla discussione orale. Il primo motivo di ricorso deduce la Violazione degli artt. 214, 215 e 216 c.p.c., nonché degli artt. 2719 e 2717 c.c. in relazione all'art. 360, nnumero 3 e 5 c.p.c. . Si critica l'affermazione della sentenza della Corte d'appello, ove si sostiene che La scheda testamentaria sulla quale l'appellante basa la petizione di eredità è stata prodotta in fotocopia ed e stata formalmente disconosciuta, siccome falsa, dall'appellata . Al riguardo, il ricorrente sostiene che con la comparsa di costituzione nel giudizio di primo grado la G. avesse eccepito specificamente la falsità della dedotta scheda testamentaria , e non invece la non conformità all'originale della copia prodotta. Mentre invece la questione fotocopia venne sollevata in giudizio dal CTU incaricato dal Tribunale di Catania, allorché l'ausiliare esaminò il documento al fine di valutare la genuinità della grafia e della sottoscrizione, in raffronto dell'altro testamento olografo già riconosciuto dalla convenuta. Sennonché l'originale era posto sotto sequestro penale e non era rinvenibile indipendentemente da qualsiasi colpa dell'attore. Né l'attore doveva comunque provare la necessaria conformità della copia fotostatica in atti all'originale testamento olografo , posto che la copia prodotta in giudizio era una fotocopia autenticata , e quindi, avente valore ed efficacia eguale all'originale , ex art. 2719 c.c All'attore, continua il primo motivo di ricorso, incombeva solo di provare, per l'effettuato disconoscimento, l'autenticità della scheda testamentaria, e della sua sottoscrizione. Il secondo motivo di ricorso censura la sentenza d'appello per Violazione degli artt. 652 - 654 c.p.c. ma è da intendersi c.p.p. e dell'art. 2697 c.c. in riferimento all'art. 360 nnumero 3 e 5 c.p.c. . Il motivo attiene alla negazione, da parte della Corte catanese, di ogni rilevanza della sentenza penale del Tribunale di Genova, numero 1621/2009, ai fini della dimostrazione dell'autenticità della scheda testamentaria e della sua sottoscrizione da parte del defunto S.C. . Si oppone, al riguardo, che la G. per propria scelta non partecipò al giudizio penale, al quale venne invitata a costituirsi, e per ben due volte fu citata in esso come testimone dal P.M. Quanta al ragionevole dubbio lasciato dalla sentenza penale sull'elemento materiale integratore della fattispecie, ben poteva il giudice civile, ad avviso del ricorrente, esaminando la decisione ed il relativo verbale di causa, come anche le consulenze allegate, giungere al convincimento dell'originalità della scheda testamentaria. Il giudice d'appello avrebbe, cioè, dovuto trarre le debite conclusioni in termini di onere probatorio, atteso che non c'è prova che la scheda testamentaria in oggetto non sia stata redatta dal de cuius S.C. . Il primo motivo di ricorso è fondato, rimanendo nel relativo accoglimento assorbito l'esame del secondo motivo. Si ha riguardo a controversia in tema di petizione di eredità, con allegazione ad opera dell'attuale ricorrente S.P.F. della qualità di erede del fratello S.C. operata sulla base di testamento olografo datato 10 giugno 1998. Trattandosi di azione di petizione dell'eredità fondata su dedotta successione testamentaria, assume valore decisivo la questione dell'onere della prova. Giacché la convenuta oppone diverso titolo testamentario per la successione, ed ha eccepito la falsità del testamento 10 giugno 1998, nel ragionamento seguito dai giudici di merito si è ritenuto spettante a S.P.F. l'onere di provare la propria domanda di petizione di eredità e, quindi, di chiedere la verificazione del disconosciuto menzionato olografo, di cui l'attore intendeva avvalersi, nella specie mediante la produzione posta a suo carico della scheda testamentaria originale. Il testamento, sotto il profilo probatorio, è stata infatti valutato alla stregua di una scrittura privata, e quindi soggetto al disconoscimento o non riconoscimento della sua autenticità. In tale prospettiva, la Corte catanese ha considerato che, trattandosi appunto di prova costituita da scrittura privata quale è il testamento olografo, è poi consentita la verificazione solamente di documenti originali, così attenendosi a quanto più volte detto in passato da questa Corte cfr. Cass. 18 febbraio 2000, numero 1831 Cass. 15 marzo 2007, numero 6022 Cass. 27 gennaio 2009, numero 1903 . In tali precedenti, si è spiegato come, a tenore dell'art. 2702 c.c., la scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del contenuto dal sottoscrittore, se la parte, contro la quale la scrittura sia stata prodotta, abbia riconosciuto la sottoscrizione così che l'attribuzione al soggetto contro cui il documento sia stato prodotto costituisce il fondamento logico-giuridico della sua efficacia probatoria. Sennonché l'attribuzione del contenuto della scrittura ad un determinato soggetto in virtù della sua sottoscrizione così da fondare una presunzione legale superabile dall'apparente sottoscrittore solo con l'esito favorevole della querela di falso postula che il documento sia stato prodotto in originale. Infatti solamente nel documento originale possono individuarsi quegli elementi la cui peculiarità, o addirittura singolarità, consente di risalire, con elevato grado di probabilità, al reale autore della sottoscrizione, in relazione alla conosciuta specificità del profilo calligrafico, degli strumenti di scrittura abitualmente usati, delle stesse caratteristiche psico-fisiche del soggetto rappresentati dalla firma . Il ricorrente nel suo motivo di ricorso dimostra di trascurare l'inidoneità della copia fotostatica, pur se munita di propria valenza probatoria, a formare oggetto di indagine grafologica a seguito di attivazione del procedimento incidentale di verificazione. Tuttavia, ancora di recente, Cass. sez. un 15 giugno 2015, numero 12307, ha affermato che la parte che contesti l'autenticità di un testamento olografo deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, gravando su di essa l'onere della relativa prova, secondo i principi generali dettati in tema di accertamento negativo. Le Sezioni Unite hanno in tale pronuncia ritenuto inadeguato, al fine si superare l'efficacia probatoria di un testamento olografo, sia il ricorso al disconoscimento che la proposizione di querela di falso, prescegliendo, all'uopo, la terza via predicativa della necessità di proporre, appunto, un'azione di accertamento negativo della falsità della scheda testamentaria. Come si legge nella motivazione di tale sentenza, la necessità di una siffatta azione per quaestio nullitatis, ad avviso delle Sezioni Unite, consente di rispondere - da un canto, all'esigenza di mantener il testamento olografo definitivamente circoscritto nell'orbita delle scritture private - dall'altro, di evitare la necessità di individuare un assai problematico criterio che consenta una soddisfacente distinzione tra la categoria delle scritture private la cui valenza probatoria risulterebbe di incidenza sostanziale e processuale intrinsecamente elevata, tale da richiedere la querela di falso, non potendosi esse relegare nel novero delle prove atipiche . - dall'altro, di non equiparare l'olografo, con inaccettabile semplificazione, ad una qualsivoglia scrittura proveniente da terzi, destinata come tale a rappresentare, quoad probationis, una ordinaria forma di scrittura privata non riconducibile alle parti in causa - dall'altro ancora, di evitare che il semplice disconoscimento di un atto caratterizzato da tale peculiarità ed efficacia dimostrativa renda troppo gravosa la posizione processuale dell'attore che si professa erede, riversando su di lui l'intero onere probatorio del processo in relazione ad un atto che, non va dimenticato, è innegabilmente caratterizzato da una sua intrinseca forza dimostrativa - infine, di evitare che la soluzione della controversia si disperda nei rivoli di un defatigante procedimento incidentale quale quello previsto per la querela di falso, consentendo di pervenire ad una soluzione tutta interna al processo, anche alla luce dei principi affermati di recente da questa stessa Corte con riguardo all'oggetto e alla funzione del processo e della stessa giurisdizione, apertamente definita risorsa non illimitata”. In questi sensi il ricorso principale va accolto, e il procedimento va rinviato alla Corte di appello di Catania che, alla luce del principio di diritto esposto da Cass. sez. un 15 giugno 2015, numero 12307, esaminerà le questioni conseguenti alla sua applicazione al fine della ripartizione dell'onere della prova relativa all'azione di petizione di eredità proposta da S.P.F. , nonché dell'onere della prova della contestata autenticità del testamento olografo datato 10 giugno 1998. Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito l'esame del secondo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d'appello di Catania.