Il patto tra coniugi contenuto nel verbale di separazione omologato va interpretato nell’insieme delle sue clausole

Il patto contenuto in un accordo di separazione omologato, con cui i coniugi stabiliscono che al momento dell’attribuzione definitiva in proprietà dell’immobile al marito questo venga suddiviso tra gli stessi, deve essere interpretato non in maniera atomistica ma tenendo conto dei criteri ermeneutici di cui agli articoli 1362 e 1363 c.c. sicché dal contenuto complessivo dell’atto deve desumersi che le parti avessero inteso concludere un negozio atipico traslativo ad effetti differiti e non già una semplice attribuzione in godimento del bene in favore della moglie.

La Prima Sezione della Corte di Cassazione con la sentenza n. 1747, depositata in cancelleria il 29 gennaio 2016, nell’ambito di una vicenda relativa al trasferimento immobiliare disposto con patto intervenuto tra coniugi in un verbale di separazione omologato, si è occupata, principalmente, della necessità d’interpretare il contratto alla luce di una valutazione complessiva e non atomistica delle clausole, attraverso un meccanismo di valorizzazione del contesto in cui le stesse risultano inserite. Il caso. La moglie conveniva in giudizio il marito, dal quale si era consensualmente separata, chiedendo accertarsi la natura patrimoniale dell’accordo, trasfuso nel verbale di separazione omologato, con cui il coniuge si impegnava al trasferimento, in suo favore, di quota parte dell’immobile dopo l’assegnazione in proprietà definitiva della casa da parte della cooperativa di cui era socio. L’attrice domandava il trasferimento in proprietà di una parte dello stabile, previa scissione delle unità immobiliari da attuarsi a cura e spese del convenuto, essendo rimasto il coniuge inadempiente di fronte all’obbligo giuridico assunto. In primo grado la domanda era rigettata così anche in appello. La Corte territoriale sosteneva che l’accordo di cui al verbale di separazione omologato contenesse solo il patto relativo alla concessione in uso dell’immobile in favore della moglie al contempo evidenziava come, anche volendo individuare nella previsione in argomento un accordo per il trasferimento immobiliare, la domanda di trasferimento formulata dall’appellante fosse di per sé incompatibile con la sua stessa richiesta non avendo questa mai proposto l’azione costitutiva ex art. 2932 c.c La soccombente proponeva ricorso in Cassazione con cui denunciava una erronea applicazione dei principi in materia di interpretazione del contratto, nella misura in cui il Giudice dell’appello aveva travisato la reale intenzione delle parti desumibile dal generale contegno delle condizioni contenute nell’accordo di separazione. Inoltre, secondo la ricorrente, il Giudice di seconde cure aveva equivocato la natura del patto contenuto nell’accordo di separazione giacché lo stesso non era inquadrabile nella disciplina dell’impegno a concludere il trasferimento dell’immobile, bensì in quello di un vero e proprio accordo traslativo della proprietà ad effetti differiti circostanza questa che rendeva certamente improponibile la domanda giudiziale di cui all’art. 2932 c.c. La valorizzazione della reale intenzione delle parti alla luce dei criteri di cui agli articoli 1362 e 1365 c.c L’accordo patrimoniale, contenuto nel verbale di separazione omologato, per i Giudici di legittimità, era da interpretarsi alla luce della reale e comune intenzione delle parti, senza limitarsi al senso letterale delle parole, alla luce dei principi di cui all’art. 1362 c.c. nonché attraverso un meccanismo di richiamo tra le varie clausole da interpretarsi le une per mezzo delle altre ex art. 1363 c.c. In questo quadro normativo emergeva, secondo l’opinione espressa dai Giudici di nomofilachia, la erronea chiave di lettura fornita dalla Corte di Appello che, lungi da seguire i criteri interpretativi appena menzionati, aveva considerato il patto in maniera isolata ritenendo che prevedesse solo la divisione del bene in autonome e distinte unità immobiliari nonché la sua semplice assegnazione in godimento così trascurando completamente l’analisi in chiave interpretativa delle ulteriori clausole contrattuali. Infatti, nessun valore era stato attribuito alle previsioni con cui i coniugi avevano già dato atto dell’intervenuta suddivisione dell’immobile, mediante assegnazione di una porzione per ciascuno. Neppure era stata valorizzato l’obbligo assunto dalle parti di rendere autonomi le unità immobiliari mediante l’eliminazione delle opere che rendevano comunicanti i piani, al fine di renderli indipendenti anche sotto il profilo degli impianti. Era pure stata trascurata la volontà delle parti, sempre consacrata all’interno del patto, di non vendere o locare a terzi il piano assegnato, volontà questa evidentemente incompatibile con quella di mera assegnazione in godimento alla moglie dell’immobile. Ed infine, la previsione in ordine alla distribuzione delle spese di Ici, tributi, oneri fiscali, manutenzione straordinaria da ripartirsi tra i vari condomini anche questa, scelta incompatibile da un punto di vista logico giuridico con la volontà di semplice assegnazione in godimento. In altri termini, il complesso delle clausole contenute nella pattuizione patrimoniale, interpretate alla luce dei principi di cui agli articoli 1362 e ss. del codice civile, faceva presumere che le parti avessero inteso concludere un contratto atipico, già traslativo della proprietà, ad effetti differiti in cui il trasferimento effettivo del bene si sarebbe realizzato avveratosi il dedotto evento dell’assegnazione del bene al marito da parte della cooperativa. Esclusa la domanda ex art. 2932 c.c. ammessa quella di accertamento dell’avvenuto trasferimento dell’immobile e di condanna all’adempimento. La pronuncia della Corte di appello era ritenuta erronea anche per aver considerato necessario il proponimento, da parte della moglie, di una domanda ex art. 2932 c.c. per il trasferimento dell’immobile. Invero, evidenziava la Cassazione, che trattandosi di trasferimento definitivo della proprietà con effetti differiti l’unica azione proponibile fosse effettivamente quella formulata, di accertamento dell’avvenuto trasferimento e di condanna della controparte all’adempimento, trattandosi di cessione già contenuta nel verbale di separazione di per sé trascrivibile ex art. 2657 c.c La sentenza era così cassata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 4 novembre 2015 – 29 gennaio 2016, n. 1747 Presidente Di Palma – Relatore Valitutti Ritenuto in fatto 1. Con atto di citazione notificato il 28.11.2005, G.A. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Cagliari, Benito L.A. , chiedendo accertarsi la natura di accordo patrimoniale tra i coniugi della pattuizione - contenuta nel verbale di separazione consensuale dell'I.12.2000, omologato il 6.2.2001 - secondo cui, all'atto della definitiva attribuzione al L. dell'immobile sito in omissis da parte della Cooperativa Sa Tanca , il medesimo sarebbe stato attribuito in parte, previa suddivisione , ad essa istante. L'attrice - essendo stato l'immobile in questione trasferito al marito con rogito notarile del 21.12.2004, repertorio n. 43832, raccolta n. 21796 - chiedeva, quindi, disporsi il trasferimento di una porzione di detto immobile in suo favore - e, precisamente, l'appartamento sito al primo piano dell'edificio - previa scissione delle unità immobiliari a cura e spese del L. . 1.1. Il convenuto si costituiva opponendosi alla pretesa. 1.2. La causa era definita dal Tribunale adito con sentenza n. 1369/2010, con la quale la domanda attorea veniva rigettata con compensazione delle spese di lite. 2. Avverso tale decisione proponeva appello la G. , che veniva disatteso dalla Corte di Appello di Cagliari con sentenza n. 570/2013, depositata il 31.7.2013 e notificata l'8.2.2014, con la quale il giudice del gravame ordinava, altresì, la cancellazione della trascrizione delle domande proposte dall'appellante e dichiarava compensate le spese del secondo grado del i giudizio. 2.1. La Corte territoriale riteneva, anzitutto, che l'accordo in questione non prevedesse il trasferimento di una parte del suddetto immobile in proprietà a favore della G. , ma solo la sua attribuzione in uso all'appellante. 2.2. Il giudice di appello riteneva, poi, che, quand'anche fosse ravvisabile nel suddetto patto un trasferimento immobiliare, l’allegazione, da parte della G. , dell'intervenuto automatico acquisto dell'immobile in capo alla medesima, a seguito dell'assegnazione dello stesso in via definitiva al L. , fosse incompatibile con la domanda di trasferimento di detto immobile proposta dalla G. , posto che quest'ultima non aveva neppure mai proposto in giudizio l'azione costituiva ex art. 2932 c.c 3. Per la cassazione della sentenza n. 570/2013 ha proposto, quindi, ricorso G.A. nei confronti di L.B.A. , affidato a due motivi, illustrati anche con memoria ex art. 378 c.p.c 4. Il resistente ha replicato con controricorso. Considerato in diritto 1. Con i due motivi di ricorso - che, per la loro evidente connessione - vanno esaminati congiuntamente - G.A. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 c.c. e 112 c.p.c., in relazione all'art. 360, co. 1, nn. 3 e 4 c.p.c 1.1. Avrebbe, anzitutto, errato la Corte di Appello nel ritenere che la clausola - con la quale i coniugi disponevano che l'immobile, che sarebbe stato attribuito in proprietà al L. dalla cooperativa della quale il medesimo era socio, sarebbe stato suddiviso tra il medesimo, la G. e la figlia - avesse il contenuto di una mera attribuzione del bene in uso all'odierna ricorrente, e non di una cessione in proprietà. Siffatta interpretazione si porrebbe, infatti, in contrasto con il complesso delle condizioni stabilite dai suddetti coniugi in sede di separazione consensuale, e dalle quali si desumerebbe la natura reale dell'attribuzione in parola. 1.2. Il giudice di seconde cure avrebbe, dipoi, del tutto erroneamente riscontrato una insuperabile contraddizione processuale tra l'allegazione effettuata dalla G. in ordine all'acquisto automatico della proprietà del bene da parte sua, non appena pervenuto in assegnazione definitiva al marito, e la domanda di trasferimento proposta dalla medesima in giudizio, potendo tale cessione del bene conseguire solo ad una sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., peraltro mai richiesta dall'appellante. La Corte territoriale non avrebbe, invero, tenuto conto - a parere della ricorrente - del fatto che l'accordo patrimoniale intervenuto tra i coniugi racchiudeva un vero e proprio negozio traslativo semplicemente ad effetti differiti p. 19 del ricorso , con la conseguenza che l'azione costitutiva ex art. 2932 c.c. sarebbe stata improponibile nel caso concreto, non vertendosi - nella specie - in un'ipotesi di impegno a cedere, bensì di una fattispecie di cessione definitiva, in ordine alla quale la tutela della parte è attivabile solo con un'azione di condanna , volta ad ottenere l'adempimento della pattuizione ad opera del contraente inadempiente. 2. I motivi sono fondati. 2.1. Va rilevato, al riguardo, che - nel verbale di separazione consensuale dell'1.12.2000, omologato dal Tribunale di Cagliari il 6.2.2001 - i coniugi L.B.A. e G.A. , in relazione all'edificio sito in OMISSIS , disponevano quanto segue l'immobile attualmente assegnato al dr L. in regime di proprietà indivisa nella sua qualità di socio della Cooperativa Sa Tanca, al momento della attribuzione in proprietà verrà suddiviso tra i due coniugi e la figlia E. . Di tale immobile - negli stessi accordi di separazione, trascritti nel ricorso per cassazione - veniva già attribuito, peraltro, l'uso del primo piano alla signora G. e l'uso del piano terra al Dott. L. , dandosi, altresì, atto che il piano mansarda era già utilizzato dalla figlia dei coniugi, L.E. . Sicché, come si evince dalla stessa impugnata sentenza, la materiale divisione del bene in più unità autonome e distinte - anche con relativo frazionamento catastale -, corrispondenti a quelle oggetto del trasferimento a favore di ciascuno dei membri della famiglia, era, di fatto, già stata disposta dalle parti. 2.2. E tuttavia, resosi il L. inadempiente all'obbligo di suddividere il predetto immobile e di trasferire la proprietà del primo piano a favore della moglie, sebbene il medesimo fosse divenuto definitivo proprietario del bene in forza di rogito notarile del 21.12.2004, la G. conveniva in giudizio il medesimo chiedendo accertarsi la natura di accordo patrimoniale tra i coniugi della pattuizione suindicata e, per l'effetto, disporsi il trasferimento del predetto appartamento, previa scissione dalle restanti unità immobiliari, in favore dell'attrice. 2.3. Premesso quanto precede, va osservato che l'adempimento, in sede di separazione, dell'obbligo di mantenimento di un coniuge, assunto nei confronti dell'altro coniuge ovvero nei confronti del figlio minore, può essere realizzato - secondo il consolidato insegnamento di questa Corte - con l'attribuzione definitiva di beni, od anche con l'impegno ad attribuirli, anziché per mezzo di una prestazione patrimoniale periodica, secondo il rilievo attribuito in materia all'autonomia privata art. 1322 c.c. . A tal fine, si deve tenere conto dell'accordo delle parti, sia in sede di separazione personale artt. 157 e 158 c.c., e art. 711 c.p.c. e sia in sede di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio art. 5, co. 8, della l. n. 898 del 1970 e successive modificazioni , interpretati secondo i cri-teri stabiliti dagli artt. 1362 e ss. c.c., onde inferirne se si tratti di accordi ad effetti reali od obbligatori, ma che tendenzialmente si configurano quali contratti atipici distinti dalle convenzioni matrimoniali e dalle donazioni, volti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico, ai sensi dell'art. 1322, co. 2, c.c. cfr. ex plurimis, Cass. 4306/1997 11342/2004 8516/2006 5473/2006 9863/2007 21736/2013 . 2.4. Orbene, nel caso di specie, è del tutto evidente che l'interpretazione della clausola contenuta nell'accordo stipulato tra i coniugi L. -G. in sede di separazione, data dalla Corte di Appello, non può reputarsi corretta, alla stregua dei criteri ermeneutici previsti dall'art. 1362 c.c., nella parte in cui dispone che nell'interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole , nonché dall'art. 1363 c.c., laddove statuisce che le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell'atto . 2.4.1. Il giudice di seconde cure ha, invero, considerato assorbente l'espressione letterale adoperata dalle parti nel suddetto verbale di separazione, nella parte in cui si legge che l'immobile, assegnato dalla Cooperativa Sa Tanca al L. , al momento della sua definitiva attribuzione in proprietà a quest'ultimo sarebbe stato suddiviso tra i due coniugi e la figlia Emilia . L'interpretazione della clausola concernente la destinazione dell'immobile in XXXXXXXX, operata dalla Corte territoriale enucleando ed isolando la frase sopra riportata dal complesso delle pattuizioni intercorse tra le parti, e prescindendo dall'intento unitariamente perseguito dalle stesse nella regolazione dei loro rapporti patrimoniali conseguenti alla separazione, ha indotto, di conseguenza, il giudicante di seconde cure a ritenere fondato l'assunto del primo giudice, secondo il quale una cosa è la suddivisione di un bene, che può avvenire ai più svariati fini, tutt'altra cosa il trasferimento del diritto dominicale di una porzione dello stesso . Ne è conseguita l'esclusione, da parte della Corte, deirattribuibilità a detta clausola della natura di trasferimento - sia pure ad efficacia differita - della proprietà dell'immobile in questione. Tale valutazione atomistica di una delle espressioni contenute nella clausola concernente l'immobile in Carbonia, avulsa ed isolata dal contesto nel quale è inserita, ha – tuttavia - condotto il giudice di appello ad una interpretazione non conforme alle succitate disposizioni di cui agli artt. 1362 e 1363 c.c 2.4.2. Va, difatti, considerato, al riguardo, che nessun senso avrebbe la pattuizione in esame, laddove fosse intesa come riferita alla previsione di una mera suddivisione dell'immobile, sì da attribuire l'uso delle singole parti di esso a ciascuno dei componenti la famiglia, atteso che, nell'incipit della clausola in esame, i coniugi si davano atto che ciascuno di essi e la figlia E. , avevano già - di fatto - provveduto a dividere il bene, in modo che la mansarda fosse attribuita in uso alla figlia, il primo piano alla G. , ed il piano terra al L. . È, per converso, indicativa della volontà delle parti di trasferire in proprietà il primo piano all'odierna ricorrente la pattuizione con la quale le medesime si obbligavano contestualmente a rendere autonoma l'unità immobiliare assegnata in godimento alla G. , mediante l'eliminazione dei manufatti che rendevano comunicanti i due piani, e la realizzazione degli impianti necessari per quantificare i diversi consumi delle varie utenze, trattandosi di consistenti trasformazioni dell'immobile certamente più compatibili con un trasferimento in proprietà delle sue singole parti, che con una mera assegnazione delle stesse in uso. 2.4.3. Ma ancora più significativa dell'intento traslativo attribuibile pattuizione in parola è da considerarsi la previsione secondo cui le parti si impegnano a non locare e/o vendere a terzi il piano rispettivamente assegnato , essendo evidente che la prevista legittimazione a disporre del bene, soprattutto mediante vendita, non può che giustificarsi in forza di una attribuzione in proprietà delle singole parti dell'immobile a ciascuno dei contraenti. È, invero, il solo proprietario ad essere legittimato, oltre che a godere, a disporre delle cose mediante trasferimento della proprietà a terzi, in forza del disposto dell'art. 832 c.c 2.4.4. Né può essere pretermessa - avendo anche tale parte dell'accordo una specifica valenza, sul piano interpretativo - la pattuizione secondo cui le spese ordinarie e straordinarie dell'edificio , nonché gli oneri fiscali, tributi, tasse rifiuti, ICI ed ogni eventuale imposta si sarebbero dovuti distribuire tra i tre diversi condomini . Anche l'espressione condomini ha, difatti, una chiara significazione in termini di titolarità di un diritto reale, designando il condominio una particolare forma di comunione di diritti immobiliari sulle cose comuni, facenti capo a più soggetti proprietari di singole unità immobiliari ricomprese nello stesso edificio. 2.5. Da quanto suesposto deve inferirsi, dunque, che la lettura della clausola in esame, data dalla Corte di Appello, è erronea ed illegittima, alla luce dei parametri ermeneutici di cui agli artt. 1362 e 1363 c.c. Dal complesso degli accordi intercorsi tra il L. e la G. deve desumersi, infatti, che le parti hanno inteso stipulare, nel caso concreto, un contratto atipico già traslativo, ma ad effetti differiti, secondo il modello della vendita obbligatoria di cosa altrui artt. 1476, n. 2,e 1478 c.c. , nella quale il trasferimento della proprietà del bene avviene al momento in cui si realizza l'evento - nella specie l'attribuzione definitiva dell'immobile al L. da parte della cooperativa - dal quale dipende il verificarsi dell'effetto traslativo. E, nella specie, tale effetto differito deve ritenersi, dipoi, verificatosi, per effetto del definitivo trasferimento dell'immobile in proprietà del L. da parte della Cooperativa Sa Tanca. 2.6. Né può revocarsi in dubbio che al contratto atipico in questione debbano applicarsi, in via analogica, le succitate norme in materia di vendita obbligatoria, atteso lo scopo pratico del negozio che ne evidenzia la causa in concreto cessione definitiva del bene ad affetti differiti , in correlazione alla quale va conformata la disciplina del contratto atipico per un'affermazione in tal senso, sia pure con riferimento ad una diversa fattispecie, cfr. Cass. 16679/2002 7557/2011 . 2.7. Ne discende che l'impugnata sentenza è da reputarsi erronea anche nella parte in cui ha ravvisato una incompatibilità logico-giuridica tra la domanda attorea di condanna al trasferimento del bene, e l'affermazione della G. secondo cui il cui passaggio di proprietà in capo alla ricorrente sarebbe automaticamente avvenuto con l'assegnazione dello stesso, in via definitiva al L. , e ciò in quanto il trasferimento giudiziale del bene potrebbe conseguire solo ad un impegno del medesimo a trasferirlo, azionabile in giudizio con la domanda, non proposta dall'odierna ricorrente, di sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c È evidente, infatti, che - alla luce di quanto si è in precedenza osservato - il riscontro della sussistenza, nella specie, di un trasferimento definitivo, sebbene differito nei suoi effetti traslativi, del bene in questione in capo alla ricorrente, rende del tutto inconferente il richiamo, operato dalla Corte territoriale, al disposto dell'art. 2932 c.c La parte interessata, in presenza di un trasferimento definitivo e non di un mero obbligo a trasferire, può, invero, proporre - come ha fatto la ricorrente - solo un'azione di accertamento dell'avvenuto trasferimento del bene e di condanna della controparte all'adempimento, essendo tale cessione immobiliare altresì trascrivibile ai sensi dell'art. 2657 c.c., poiché trasfusa nel verbale di separazione omologato dal Tribunale Cass. 4306/1997 . 2.8. Per tutte le ragioni esposte, le censure vanno, pertanto accolte. 3. L'accoglimento del ricorso comporta la cassazione dell'impugnata sentenza, con rinvio alla Corte di Appello di Cagliari in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame della controversia, alla stregua dei principi di diritto suesposti. 4. Il giudice del rinvio provvederà, altresì, alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione accoglie il ricorso cassa l'impugnata sentenza con rinvio alla Corte di Appello di Cagliari in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio. Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del co. 1 bis dello stesso art. 13.