Divorzio ufficiale. Lui convive con la nuova compagna. Assegno comunque alla ex moglie

Contributo, seppur minimo, dell’uomo a favore della ex consorte. Egli dovrà versarle 200 euro mensili. Assegno confermato, pur tenendo conto della nuova vita dell’uomo.

Rottura definitiva per la coppia. Dissolto il vincolo matrimoniale. Lui cerca di voltare pagina, convivendo con una nuova compagna. Ciò, però, minimizza ma non azzera il diritto della ex moglie all’assegno divorzile Cassazione, ordinanza n. 24414, sezione VI civile, depositata il 30 novembre . Assegno. Onere economicamente sopportabile a carico dell’uomo. Viene fissato in 200 euro mensili l’ assegno divorzile a favore dell’ ex moglie. Provvedimento, questo, che chiude la procedura di scioglimento del vincolo matrimoniale . Nonostante la cifra minimal, però, l’uomo decide di riproporre in Cassazione le proprie contestazioni sull’ assegno riconosciuto alla donna. Obiezioni assolutamente inutili. Per i giudici del ‘Palazzaccio’, difatti, la decisione presa in Appello va condivisa. Ciò perché sono stati presi in considerazione pregresso tenore di vita della famiglia, condizioni economiche e patrimoniali dei coniugi e loro potenzialità reddituali attuali, durata del matrimonio, oneri di contribuzione al mantenimento delle figlie . E, viene aggiunto dai Giudici, nella quantificazione dell’ assegno divorzile si è tenuto conto anche della convivenza more uxorio intrapresa dall’uomo successivamente alla separazione dalla moglie.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 5 maggio – 30 novembre 2015, n. 24414 Presidente Di Palma – Relatore Bisogni Ritenuto che 1. P.B. ricorre per cassazione avverso la sentenza n. 3414/13 della Corte di appello di Roma che ha determinato in 200 euro mensili l'assegno divorzile a carico del B. con decorrenza dal passaggio in giudicato della pronuncia sullo scioglimento del vincolo matrimoniale con A.G 2. I1 ricorrente deduce a violazione e falsa applicazione di legge in relazione all'art. 112 c.p.c. e della legge n. 898/1970, articolo 5 comma 6 e successive modifiche, in punto di accertamento del diritto dell'assegno divorzile e quindi di verifica dell'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente b omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti ex art. 360 n. 5 c.p.c. Violazione dell'art. 345 comma 3 c.p.c. e degli artt. 2727 e 2729 c.c. Deduce altresì violazione e falsa applicazione degli artt. 147-155 e 155 quinquies c.c. e dell'art. 6 della legge n. 898/1970 nonché l'omesso esame di un fatto decisivo di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti. 3. Si difende con controricorso A.G. che preliminarmente eccepisce l'inammissibilità del ricorso in quanto volto a provocare un ulteriore riconsiderazione del merito e per l'inusuale formalità di presentazione del gravame che ne rende complicatissima la consultazione e valutazione degli allegati frammisti al testo. Ritenuto che 4. Le Sezioni Unite di questa Corte Cass. civ. S.U. n. 5698 dell'11 aprile 2012 hanno statuito che ai fini dell'ammissibilità del ricorso per cassazione, ex art. 366, n. 3, cod. proc. civ., la pedissequa riproduzione dell'intero, letterale contenuto degli atti processuali è, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nel quali la vicenda processuale si è articolata per altro verso, è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto anche quello di cui non occorre sia informata , la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso cosicché va dichiarato inammissibile il ricorso articolato con la tecnica dell'assemblaggio, mediante riproduzione integrale di una serie di atti processuali che non consente di cogliere i fatti rilevanti in funzione della comprensione dei motivi stessi. 5. il ricorso in esame appare viziato dai profili di inammissibilità indicati dalla citata sentenza delle Sezioni Unite che nella specie sono riferibili a un assemblaggio del testo del ricorso e di documenti di cui non è dato comprendere il nesso di rilevanza rispetto al testo che interrompono sistematicamente rendendone incerta la comprensione. 6. I1 ricorso, per quello che è dato comprendere dalla sua problematica lettura, appare comunque inammissibile e infondato per avere la Corte di appello valutato adeguatamente i presupposti per l'attribuzione di un sia pur modesto assegno divorzile alla G., in relazione alla verifica nel caso concreto dei vari criteri per la valutazione della sussistenza del diritto all'assegno dívorzile. Le lamentate violazioni di legge appaiono quindi insussistenti perché la decisione impugnata si muove nel quadro dei principi giurisprudenziali in materia di assegno divorzile e valuta oltre al pregresso tenore di vita della famiglia, le condizioni economiche e patrimoniali dei coniugi, le loro potenzialità reddituali attuali, la durata del matrimonio, gli oneri di contribuzione al mantenimento delle figlie, la incidenza nel presente giudizio della convivenza more uxorio intrapresa successivamente alla separazione dalla G Le censure del ricorrente appaiono, oltre che generiche rispetto alle indicate censure di violazione di legge, anche indeterminate quanto al lamentato omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, e nel complesso possono ritenersi caratterizzate da una sostanziale finalizzazione a una riedizione del giudizio di merito. 7. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e, se l'impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio, per la dichiarazione di inammissibilità o, eventualmente, per il rigetto del ricorso . La Corte condivide tale relazione anche all'esito della lettura della memoria difensiva del ricorrente che attesta la infondatezza della censura di violazione di legge e dimostra come le censure di omesso esame, ex art. 360 n. 5 c.p.c., e quelle di falsa applicazione delle norme invocate, ex art. 360 n. 3 c.p.c., consistono in realtà in contestazioni della decisione impugnata e della sua motivazione che appaiono inammissibili in sede di ricorso per cassazione in quanto intese a una sostanziale riedizione del giudizio di merito. La Corte pertanto ritiene che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione. Il giudizio, esente dall'applicazione del contributo unificato, non consente l'applicazione dell'articolo 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002 P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi 2.800, di cui 200 per spese. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.