Crisi economica e debiti: no alla riduzione del mantenimento che il padre deve versare alla figlia

Con la pronuncia in commento, la Corte di Cassazione è tornata sul tema della determinazione della misura del contributo mensile che deve essere versato al figlio minore dal genitore non convivente, ribadendo la preminenza delle obbligazioni familiari rispetto alle diverse posizioni debitorie.

È quanto riaffermato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 19107/15, depositata il 25 settembre. Il caso. Il tribunale per i minorenni, decidendo su un ricorso ex artt. 155 Affidamento a un solo genitore e opposizione all'affidamento condiviso e 317 bis Rapporti con gli ascendenti c.c., aveva affidato alla madre la figlia minore, imponendo al padre il versamento di un assegno mensile di 500 euro quale contributo al mantenimento di quest’ultima. La corte d’appello territoriale confermava tale decisione, modificando esclusivamente il regime del diritto di visita del padre. Ricorre per cassazione il padre, lamentando di non essere in grado - a causa della crisi economica e della propria esposizione debitoria - di versare l’assegno di mantenimento nella misura cui si era originariamente impegnato. Le obbligazioni familiari prevalgono sulle altre. Gli Ermellini hanno ritenuto privo di pregio il ricorso proposto dall’uomo. In particolare, i Giudici di Piazza Cavour hanno evidenziato che tale – infondata – doglianza era già stata ritenuta infondata dalla corte di merito. E sul punto, la corte territorialmente competente aveva già evidenziato che la misura dell’assegno era stata fissata in primo grado tanto con riferimento allo specifico impegno assunto dal ricorrente, quanto in considerazione della sua attività professionale e della sua qualità di socio di una s.n.c La stessa corte distrettuale, inoltre, rilevano dal Palazzaccio, aveva contestato la verisimiglianza delle dichiarazioni dei redditi rese dall’uomo ai fini fiscali, che attestano la percezione di redditi insufficienti anche al mantenimento del ricorrente stesso il giudice di secondo grado, poi, aveva ritenuto non rilevanti, ai fini della dimostrazione di una situazione di default finanziario del ricorrente, le documentazioni di posizioni debitorie da lui prodotte. La corte d’appello territoriale, infine, aveva rilevato che le difficoltà economiche dell’uomo, ad ogni modo, non potevano legittimare la riduzione della quantificazione del contributo al mantenimento della figlia, essendo le obbligazioni familiari preminenti rispetto alle altre. Né gli Ermellini ritengono di doversi discostare dalla valutazione svolta dal giudice di secondo grado, che appare coerente a quanto disposte dalle stesse norme delle quali il ricorrente invoca la violazione e sorretta da una motivazione logicamente congrua. Per tutte le considerazioni sopra esposte, la Corte ha rigettato il ricorso in esame.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 7 luglio – 25 settembre 2015, n. 19107 Presidente Dogliotti – Relatore Bisogni In fatto e in diritto Rilevato che in data 27 aprile 2015 è stata depositata relazione ex art. 380 bis c.p.c. che qui si riporta Rilevato che 1. il Tribunale per i minorenni di Catania, con decreto del 21 agosto - 11 ottobre 2013, decidendo su un ricorso ex artt. 155 e 317 bis c.c. nei testo previgente al d.lgs. 154/13 , ha affidato alla madre la minore G. D.M., nata il 22 dicembre 2000 dall'unione di M.D.M. e M.R Ha imposto a D.M. il versamento di un assegno mensile di 500 euro quale contributo al mantenimento della figlia. 2. La Corte di appello di Catania, con decreto del 7/24 maggio 2014 ha confermato la decisione del T.M. modificando esclusivamente il regime del diritto di visita del padre. 3. Ricorre per cassazione M.D.M. deducendo Violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto. Art. 360 n. 3 c.p.c. Artt. 148, 261 c.c. Principio di diritto della proporzionalità nel concorso negli oneri . 4. Non svolge difese M.R Ritenuto che 5. il ricorso è inammissibile. Esso infatti consiste nella contestazione - relativa al merito della decisione impugnata con il ricorso per cassazione - dell'ammontare dell'assegno fissato dal T.M. e confermato nel giudizio di appello. Sostiene infatti il ricorrente che, a causa della crisi economica e della sua esposizione debitoria, non è in grado di versare l'assegno ali mantenimento nella misura di 500 euro cui si era originariamente impegnato. 6. La Corte di appello al riguardo ha già ritenuto tale dog.ianza infondata rilevando che la misura dell'assegno è stata fissata in primo grado con riferimento allo specifico impegno assunto dal D.M. di corrispondere la somma di 500 euro mensili e in considerazione della sua attività professionale medico veterinario e della sua qualità di socio di una s.n.c. che ha per oggetto la gestione di cliniche e ambulatori veterinari. La Corte distrettuale ha contestato la verisimiglianza delle dichiarazioni dei redditi rese dal D.M. ai fini fiscali, che attestano la percezione di redditi insufficienti anche al mantenimento del ricorrente stesso, e ha ritenuto non rilevanti, ai fini della dimostrazione di una situazione di default finanziario, le documentazioni di posizioni debitorie prodotte dal ricorrente. Ha rilevato che esse non legittimano comunque a ridurre la quantificazione del contributo al mantenimento della figlia anche in considerazione della priorità delle obbligazioni familiari rispetto alle altre. 7. La valutazione della Corte di appello appare coerente al disposto delle norme invocate dal .ricorrente e sorretta da una motivazione logicamente congrua che il ricorrente non ha contestato in relazione all'unico profilo consentitogli dal nuovo testo dell'art. 360 n. 5 C.P.C. 8. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l'impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per la dichiarazione di inammissibilità o per il rigetto del ricorso. La Corte, letta la memoria difensiva del ricorrente che sostanzialmente ribadisce la necessità di commisurare l'entità del contributo al mantenimento della figlia alle deteriorate condizioni economiche dell'obbligato di cui la Corte di appello non avrebbe tenuto conto. La Corte ritiene che come già è stato affermato nella relazione ex art. 380 bis c.p.c. il ricorso intende riaprire la valutazione di merito riservata alla Corte di appello che è pervenuta alla conferma del contributo quantificato in primo grado facendo correttamente riferimento ai parametri normativi e giurisprudenziali in tema di mantenimento del figlio minore o ancora non indipendente economicamente. Specificamente quanto alle condizioni economiche dell'obbligato D.M. la Corte distrettuale ha rilevato la sua capacità reddituale derivante dall'attività professionale di medico veterinario da lui svolta che appare idonea a produrre un reddito adeguato a sostenere il contributo al mantenimento della figlia quantificato in 500 euro mensili. La Corte di appello ha ritenuto poi non provata la condizione di default finanziario dedotta dal D.M. e che sarebbe tale da azzerare le capacità contributive dell'obbligato derivanti dalla sua attività professionale. Anche in questo caso non sussistono pertanto le dedotte violazioni di legge né il ricorrente ha assunto l'omesso esame di fatti decisivi ai fini della prova delle sue affermate condizioni di incapienza. La Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere rigettato senza alcuna statuizione sulle spese e senza applicazione dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002 in ragione dell'oggetto del processo che comporta l'esenzione dal contributo unificato. P.Q.M. La Corte rigetta i].-ricorso. Nulla sulle spese del giudizio di cassazione. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.