Figlio fuori casa da oltre 5 anni: no alla trasmissione del diritto all’alloggio popolare

Secondo la legge regionale del Veneto n. 10/1996, i rapporti parentali, anche stretti, non valgono a rendere perpetuo e inestinguibile il diritto al subentro, ma restano irrilevanti nei confronti di coloro che si allontanino dall’abitazione per un lungo periodo di tempo. A differenza di quanto avviene per il coniuge, infatti, per il figlio è stabilito un limite di tempo per il rientro, trattandosi di soggetto presumibilmente orientato a costituire un nucleo familiare proprio ed a staccarsi definitivamente dalla famiglia di origine.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 18067/15 depositata il 14 settembre. Il caso. Un uomo conveniva davanti al tribunale l’ATER del luogo il comune, per veder accertato il proprio diritto di subentrare al padre deceduto nell’assegnazione di un alloggio popolare, in quanto componente del nucleo familiare. La convenuta si opponeva alla richiesta, affermando che l’attore aveva precedentemente lasciato l’alloggio paterno, ritornandovi solo a quasi dieci anni di distanza, perdendo così il diritto al subentro, che avrebbe potuto conservare solo se fosse rientrato entro cinque anni dall’allontanamento. Il tribunale respingeva la domanda attrice, e la corte d’appello confermava la sentenza di primo grado. Avverso tale pronuncia propone appello l’uomo, lamentando che la corte d’appello avrebbe erroneamente applicato ad un soggetto appartenente fin dall’origine al nucleo familiare una norma applicabile solo ai nuovi soggetti entrati a far parte di detto nucleo. Il ricorrente, inoltre, sottolineava che, al momento dell’assegnazione dell’alloggio, egli era già nato da oltre un anno, e pertanto doveva essere considerato incluso a tutti gli effetti nel nucleo familiare dell’assegnatario. Non basta la disarmonia nella normativa se il ricorrente non vi si appella. Gli Ermellini hanno ritenuto privo di fondamento il ricorso proposto dall’uomo. La Corte di legittimità ha in primo luogo evidenziato come la legge regionale del Veneto relativa all’assegnazione di alloggi familiari tra le fattispecie di ampliamento del nucleo familiare tramite l’ingresso di nuovi soggetti includa il caso in cui si verifichi il rientro nel nucleo familiare del figlio che abbia abbandonato l’alloggio nell’ipotesi in cui l’assenza si sia protratta per un periodo di tempo superiore a cinque anni. Da tale norma, discende che i rapporti parentali, anche stretti, non valgono a rendere perpetuo e inestinguibile il diritto al subentro, ma restano irrilevanti nei confronti di coloro che si allontanino dall’abitazione per un lungo periodo di tempo. A differenza di quanto avviene per il coniuge, infatti, per il figlio è stabilito un limite di tempo per il rientro, trattandosi di soggetto presumibilmente orientato a costituire un nucleo familiare proprio ed a staccarsi definitivamente dalla famiglia di origine. I Giudici di Piazza Cavour hanno sì riscontrato una disarmonia nell’ambito della normativa, dal momento che essa non prende in considerazione il caso in cui il figlio, sia esso preesistente o sopravvenuto all’assegnazione, sia rientrato in famiglia oltre cinque anni dopo l’allontanamento ma ivi si sia fermato per un periodo di tempo superiore ai due anni e magari superiore anche alla durata dell’allontanamento soprattutto se ciò sia avvenuto per ragioni di assistenza e di cura all’assegnatario - alla quale potrebbe effettivamente soccorrere l’interpretazione estensiva o analogica della normativa, al fine di ammettere il diritto al subentro - ma, hanno proseguito gli Ermellini, la domanda del ricorrente non era stata formulata in questi termini, né egli aveva dedotto o dimostrato i presupposti idonei a consentirne l’esame. Per tali motivi, dunque, la Corte ha rigettato il ricorso proposto dall’uomo.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 20 aprile – 14 settembre 2015, n. 18067 Presidente Finocchiaro – Relatore Lanzillo Premesso in fatto E' stata depositata in Cancelleria la seguente relazione ai sensi dell'art. 38Obis cod. proc. civ. 1.- L.P. ha convenuto davanti al Tribunale di Venezia l'ATER del luogo e il Comune di Noale, chiedendo che gli fosse riconosciuto il diritto di subentrare al padre, M. P., deceduto il 29.8.2003, nell'assegnazione di un alloggio popolare risalente al 1954, quale componente del nucleo familiare. La convenuta ha resistito, affermando che l'attore aveva lasciato l'alloggio paterno nel 1982 e vi aveva fatto ritorno solo nel 1990, perdendo così il diritto al subentro, diritto che avrebbe potuto conservare solo se fosse rientrato entro i cinque anni dall'allontanamento, ai sensi dell'art. 13 lett. E legge regionale n. 10 del 1996. Il Comune di Noale è rimasto contumace. Il Tribunale, con sentenza n. 2331/2004 ha respinto la domanda attrice, compensando le spese. Proposto appello dal P., a cui ha resistito la sola ATER, con sentenza 2 maggio - 2 agosto 2012 n. 1711 la Corte di appello di Venezia ha confermato la sentenza di primo grado, con la motivazione che, a norma dell'art. 13 legge regionale cit., l'allontanamento del figlio dalla casa paterna gli consente di essere riammesso nell'ambito del nucleo familiare, proponendo apposita domanda di ampliamento, solo se il rientro avvenga entro i cinque anni. Il P. propone due motivi di ricorso per cassazione, a cui resiste ATER con controricorso. 2.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione degli art. 2, 12 e 13 della legge regionale del Veneto 1996 n. 10, e con il secondo motivo omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, poiché la Corte di appello avrebbe erroneamente applicato ad un soggetto appartenente fin dall'origine al nucleo familiare la norma dell'art. 13, che sarebbe invece applicabile solo ai nuovi soggetti, entrati a far parte di detto nucleo. Assume che il suo caso rientra nel disposto dell'art. 12 della legge stessa, che prevede il subentro all'assegnatario deceduto dei componenti del nucleo familiare, così come individuati dall'art. 2. Fa presente che alla data dell'assegnazione dell'alloggio egli era già nato da oltre un anno. Era pertanto incluso a tutti gli effetti nel nucleo familiare dell'assegnatario. 2.1.- I due motivi, che vanno congiuntamente esaminati perché connessi, non sono fondati. La decisione della Corte di appello costituisce puntuale applicazione del terzo comma dell'art. 13 legge regionale del Veneto 2 aprile 1996 n. 10, il quale testualmente include fra le fattispecie di ampliamento del nucleo familiare tramite l'ingresso di nuoci soggetta il caso in cui si verifichi il 'rientro nel nucleo familiare del figlio che abbia abbandonato l'alloggio nell'ipotesi in cui l'assenta si sia protratta per un periodo di tempo non superiore a cinque anni art. 13, 3° comma, lett. e . Vale a dire, i rapporti parentali anche stretti non valgono a rendere perpetuo e inestinguibile il diritto al subentro, ma restano irrilevanti nei confronti di coloro che si allontanino dall'abitazione per un lungo periodo di tempo. Analogo principio vale per il coniuge che si sia allontanato dall'alloggio coniugale art. 13, 3° comma, lett. a . Mentre il coniuge può rientrare e conseguire il diritto in qualunque momento, per il figlio è stabilito un limite di tempo, in considerazione del fatto che trattasi di soggetto presumibilmente orientato a costituire un nucleo familiare proprio ed a staccarsi definitivamente dalla famiglia di origine. Né vi sono argomenti che consentano di riferire la disposizione della lett. e dell'art. 13, 3° comma, solo ai figli dell'assegnatario che siano sopravvenuti all'assegnazione. Si potrebbe rilevare, piuttosto, una disarmonia nell'ambito della normativa, in quanto non prende in considerazione il caso in cui il figlio sia esso preesistente o sopravvenuto all'assegnazione sia rientrato in famiglia oltre cinque anni dopo l'allontanamento, ma ivi si sia fermato per un periodo di tempo superiore ai due anni e magari superiore anche alla durata dell'allontanamento soprattutto se ciò abbia fatto per ragioni di assistenza e di cura dell'assegnatario. L'art. 12 attribuisce infatti il diritto al subentro ai componenti del nucleo familiare, come individuati dall'art. 2, purché la convivenza abbia avuto inizio almeno due anni prima, e l'art. 2 include fra gli appartenenti al nucleo familiare anche coloro che - pur non legati da vincoli di parentela o di affinità - convivano stabilmente con l'assegnatario al fine di prestare assistenza a lui o ad altra persona della famiglia. Sarebbe incongruo che un tale diritto potesse essere invocato da qualunque familiare od estraneo e non dal figlio rientrato in famiglia ai difensori delle parti. dopo un allontanamento superiore a cinque anni. Qui potrebbe effettivamente soccorrere l'interpretazione estensiva o analogica della normativa, al fine di ammettere il diritto al subentro. Nella specie, tuttavia, la domanda non è stata formulata in questi termini né sono stati dedotti e dimostrati i presupposti di fatto idonei a consentirne l'esame. Il ricorrente ha accennato all'assistenza prestata al genitore, nell'espositiva in fatto, ma non ha fondato su tale presupposto il suo diritto a subentrare nell'assegnazione dell'alloggio. Né ha dimostrato alcunché quanto alla durata del nuovo periodo di convivenza 3.- Propongo il rigetto del ricorso, con ordinanza in camera di consiglio La relazione è stata comunicata - Il ricorrente ha depositato memoria. Considerato in diritto Il Collegio, esaminati gli atti, condivide la soluzione e gli argomenti esposti nella relazione, che le argomentazioni difensive svolte nella memoria non valgono a disattendere. L'interpretazione proposta dal ricorrente, secondo cui egli avrebbe il diritto di subentrare al padre nell'assegnazione dell'alloggio ai sensi dell'art. 12 della Legge regionale n. 10/1996, perché nato prima dell'inizio del rapporto, mentre la norma di cui all'art. 13, 3° comma lett. e sarebbe applicabile solo ai figli nati dopo l'assegnazione, quali accrescimenti del nucleo familiare, non è conforme alla lettera né allo spirito della normativa e condurrebbe a soluzioni difformi dai principi costituzionali. L'art. 12 1 ° comma della legge n. 10 cit. dispone che in caso di decesso dell'assegnatario subentrano nella titolarità della domanda i componenti del nucleo familiare, come definito dall'art. 2 . L'art. 2 definisce il nucleo familiare come quello costituito dai coniugi e dai figli, legittimi, naturali o adottivi conviventi con l'assegnatario senza introdurre distinzione alcuna fra figli nati prima o dopo l'assegnazione dell'alloggio. L'art. 12 soggiunge che il diritto al subentro è riconosciuto in favore dei suddetti componenti del nucleo familiare anche in caso di abbandono dell'alloggio limitatamente agli appartenenti al nucleo familiare originario o a quello modificatosi per accrescimenti naturali [il che significa per effetto di nuove nascite], quindi include i nati dopo l'assegnazione. L'art. 13, 3° comma, dispone che L'ampliamento del nucleo familiare è possibile, al di fuori degli accrescimenti naturali [cioè al di fuori dei casi in cui la famiglia si incrementi per effetto di nuove nascite, casi che la legge non qualifica come ampliamenti, ma come fattispecie ordinarie di appartenenza al nucleo familiare di cui all'art. 2 cit., n.d.r.], nei casi elencati di seguito, fra cui quello di cui alla lett. e `Rientro nel nucleo familiare del figlio che abbia abbandonato l'alloggio solo nell'ipotesi in cui assenza si sia protratta per un periodo di tempo non superiore a cinque anni . Tale norma limita l'applicazione del principio enunciato nell'art. 12, per cui i figli appartengono al nucleo familiare anche in caso di abbandono dell'alloggio, ai casi in cui l'allontanamento si protragga per un periodo di tempo non superiore a cinque anni, e si applica indiscriminatamente a tutti i figli, non essendovi alcuna logica ragione per restringerne l'applicazione solo ad alcuni casi, in mancanza di espressa disposizione in tal senso e in violazione dei principi costituzionali che impongono la parità di trattamento a parità di situazioni, dentro e fuori dell'ambito dei rapporti familiari art. 3 e art. 30 Cost. . Il ricorso è respinto a f & amp la sulle spese non avendo gli intimati svolto attività difensiva in questa sede. P.Q.M. La Corte di cassazione rigetta il ricorso. Ricorrono gli estremi di cui all'ars. 13, 1 ° comma quater, del d.p.r. n. 115 del 202 per la condanna della ricorrente al pagamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.