Reddito effettivo più corposo di quello dichiarato: deduzione fatale per l’uomo. Assegno all’ex moglie

Tenore di vita, attività imprenditoriale e nuovo nucleo familiare spingono i giudici a ritenere dimostrata una disponibilità economica dell’uomo maggiore rispetto a quella ufficialmente dichiarata a fini fiscali. Ciò rende legittimo l’onere a lui attribuito, cioè versare un assegno all’ex moglie, che è stata licenziata e trova solo lavori saltuari.

Addio definitivo tra marito e moglie. Ognuno per la propria strada, o quasi Restano, difatti, gli strascichi a livello economico. E, nonostante le obiezioni mosse dall’uomo – che pone in evidenza le spese da lui affrontate per la creazione di un nuovo nucleo familiare –, resta immutato il suo onere a favore della donna, onere consistente nel versamento di un assegno mensile di 500 euro. Decisiva la attribuzione, alla luce dei dati a disposizione, di un reddito superiore a quello dichiarato ufficialmente a fini fiscali Cass., ordinanza n. 17738/2015, Sezione Sesta Civile, depositata oggi . Redditi. Messa ‘nero su bianco’ la cessazione degli effetti civili del matrimonio . Resta da sciogliere il nodo relativo ai rapporti economici tra gli ex coniugi. E su questo fronte all’uomo viene attribuito il dovere di corrispondere un assegno divorzile, di 500 euro, in favore della donna. Secondo l’uomo, però, i giudici hanno valutato in malo modo le condizioni economiche sue – con particolare riferimento alle dichiarazioni a fini fiscali e alla nuova famiglia da lui creata – e dell’ex moglie. Chiaro l’obiettivo ottenere una diversa comparazione delle forze economiche degli ex coniugi, e, di conseguenza, una riduzione dell’assegno a favore della donna. Assegno. Ogni obiezione, però, si rivela inutile. Innanzitutto perché il riferimento fatto dall’uomo al reddito percepito dall’ex moglie a titolo di lavoro part-time e pari a 1.000 euro mensili è ‘datato’ i giudici del ‘Palazzaccio’, difatti, sottolineano il fatto che la donna ha messo sul tavolo il proprio licenziamento , dimostrando di aver poi svolto solo lavori saltuari, che le hanno consentito solo una modesta integrazione del reddito proveniente dalla corresponsione dell’assegno di mantenimento . Allo stesso tempo, viene ritenuta, dai giudici, non contestabile la attribuibilità – ritenuta decisiva tra primo e secondo grado – all’uomo di un reddito superiore a quello dichiarato a fini fiscali di 15mila-16mila euro annui . Ciò alla luce del tenore di vita e della circostanza che l’uomo – il quale svolge un’attività imprenditoriale – ha continuato a corrispondere un contributo complessivo mensile all’ex moglie e alle figlie di circa 1.000 euro mensili, nonostante la nascita di una figlia con una nuova compagna. E, infine, anche il dato del nucleo familiare ex novo creato dall’uomo si rivela decisivo e pro ex moglie significativo, in questa ottica, il dato della disponibilità di un’altra casa di proprietà , colla nuova compagna. Da ciò, difatti, è logico desumere che egli non debba fare fronte a un canone di locazione per soddisfare le esigenze abitative della sua nuova famiglia. Respinte su tutta la linea, quindi, le contestazioni mosse dall’uomo. Per quest’ultimo, però, solo una piccola soddisfazione la possibilità di vedere azzerato l’ obbligo al mantenimento della figlia maggiorenne che ha raggiunto una condizione di indipendenza economica .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 9 giugno – 7 settembre 2015, n. 17738 Presidente Di Palma – Relatore Bisogni Rilevato che 1. Il Tribunale Civile di Roma, con sentenza n. 12660 del 22 aprile 2004, ha dichiarato la separazione personale dei coniugi C. e V., disponendo l'affidamento delle figlie I. e S. alla madre con assegnazione alla stessa della casa coniugale, e stabilendo a carico di P.V., con decorrenza dalla domanda, un assegno mensile di mantenimento di euro 200,00 in favore della moglie e di euro 700,00 in favore delle figlie, assegni comprensivi di ogni spesa straordinaria. 2. Avverso tale sentenza, P.V. ha proposto ricorso alla Corte d'Appello di Roma chiedendo la revoca dell'assegno di mantenimento nel confronti della moglie, la riduzione dell'assegno di mantenimento in favore delle figlie ad euro 500,00 con decorrenza dalla sentenza di separazione. A.C. si è costituita e ha chiesto il rigetto dell'appello. 3. Con sentenza n. 2776 del 20 aprile 2005, la Corte d'Appello di Roma ha riformato parzialmente la sentenza di primo grado disponendo che l'obbligo di versamento degli assegni di mantenimento in favore di moglie e figlie decorresse dal novembre del 2002. 4. P.V., in data 17 marzo 2006, ha adito il Tribunale civile di Roma per ottenere la pronuncia di cessazione degli effetti civili del matrimonio, chiedendo altresì che i coniugi provvedessero personalmente al proprio sostentamento e che l'assegno di mantenimento per le figlie fosse ridotto ad euro 400,00 o altra somma ritenuta di giustizia e comunque inferiore a quella attualmente versata di euro 700,00. A.C. si è costituita aderendo alla domanda di scioglimento del matrimonio e chiedendo la ridetexminazione dell'assegno di mantenimento delle figlie in euro 1.200,00 e del proprio in euro 1.500,00, oltre al pagamento nella misura del 100% delle spese straordinarie. 5. Il Tribunale civile di Roma, con sentenza non definitiva n. 17789/2007 ha dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio, mentre la causa è proseguita per l'istruzione delle ulteriori domande. 6. Con sentenza n. 12198 del 3 giugno 2009, il Tribunale di Roma ha confermato l'affidamento della figlia minore ad entrambi i genitori con assegnazione della casa coniugale alla C. e imposizione a carico del V. di un assegno mensile di mantenimento per le figlie pari a euro 793,00, oltre al pagamento delle spese straordinarie nella misura del 50% e di un assegno divorzile pari a euro 226,55. 7. In data 2 luglio 2010, A.C. ha proposto ricorso davanti alla Corte d'Appello di Roma insistendo nelle proprie domande non accolte in primo grado. P.V. si è costituito proponendo appello incidentale e riportandosi anch'egli alle conclusioni del primo grado. 8. La Corte d'Appello di Roma, con sentenza n. 1202 del 28 febbraio 2013, ha riformato la sentenza impugnata stabilendo a carico del signor V. la corresponsione di un assegno divorzile in favore della C. di euro 500, 00 e di un assegno di mantenimento in favore della figlia I. di euro 100,00 oltre alla partecipazione del V. alle spese straordinarie, nella misura percentuale stabilita, solo per la figlia S Ha confermato nel resto la sentenza di primo grado e ha compensato le spese di lite. 9. Ricorre per cassazione P.V. deducendo a violazione e/o falsa applicazione dell'art. 5 n. 6 della l. 898/70 nonché omesso esame su un fatto decisivo per il giudizio circa il riconoscimento dell'assegno divorzile b violazione e/o falsa applicazione dell'art. 5 nn. 6 e 9 della l. 878/70, degli artt. 2697 c.c. e 116 c.p.c., nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e relativo alla situazione lavorativa e reddituale della signora C. c violazione e/o falsa applicazione dell'art. 5 nn. 6 e 9 della l. 878/70, degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c., nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e relativo alla capacità reddituale del signor V.P. d violazione e/o falsa applicazione dell'art. 155 ter e quinquies c.c. 10. Si difende con controricorso A.C. chiedendo l'inammissibilità o comunque il rigetto del ricorso. Ritenuto che 11. Con il primo motivo di ricorso si lamenta che la Corte di appello si sia limitata a descrivere sommariamente le attuali precarie condizioni economiche della C. nulla osservando sui mutamenti intervenuti rispetto all'epoca della cessazione della convivenza ed astenendosi da qualsiasi accertamento in ordine alla situazione economica pregressa del V., con la conseguenza che nulla è dato sapere relativamente alle risorse reddituali e patrimoniali di cui godeva complessivamente il nucleo familiare prima della sua dissoluzione. 12. Il motivo è inanmissíbile per la sua genericità che non consente di verificare se vi sia stata una omissione di esame di fatti decisivi da parte della Corte di appello che ha mosso la sua valutazione partendo proprio dai criteri indicati dall'art. 5 della legge n. 898/1970. 13. Con il secondo motivo di ricorso si rileva il mancato esame, ai fini di una effettiva comparazione delle situazioni economiche dei due coniugi, del reddito percepito dalla C. a titolo di lavoro part time pari a 1.000 euro mensili. 14. Il motivo è infondato perché la Corte di appello ha preso in esame tale circostanza ma anche della deduzione della C. sul suo licenziamento e quindi sullo svolgimento di lavori saltuari che le hanno consentito solo una modesta integrazione del reddito proveniente dalla corresponsione dell'assegno di mantenimento. 15. Con il terzo motivo di ricorso si contestano le affermazioni della Corte di appello circa la attribuibilità, del tutto indimostrata, di un reddito superiore a quello dichiarato a fini fiscali di 15/16.000 euro annui, la disponibilità di una casa di proprietà, oltre a quella assegnata alla C., e la non incidenza sostanziale della nascita della terza figlia, L., sulle sue condizioni economiche. 16. Il motivo è infondato. La Corte di appello ha desunto la esistenza di un reddito sicuramente superiore a quello dichiarato a fini fiscali dal tenore di vita e dalla decisiva circostanza per cui il V., che svolge un'attività imprenditoriale, ha continuato a corrispondere un contributo complessivo mensile alla C. e alle figlie di circa 1.000 euro mensili nonostante la nascita nel 2005 di una nuova figlia. Quanto al rilievo della disponibilità di un'altra casa di proprietà è irrilevante che la proprietà sia del V. o della sua compagna attuale perché tale circostanza è stata valutata dalla Corte di appello per escludere che il V. debba fare fronte a un canone di locazione per soddisfare le esigenze abitative del suo nuovo nucleo familiare. 17. Con íl quarto motivo di ricorso il ricorrente contesta la decisione della Corte di appello rilevando che il raggiungimento della maggiore età da parte della figlia I. e l'acquisizione dell'indipendenza economica, attestato dalla motivazione della Corte di appello, avrebbero dovuto far considerare estinto l'obbligo di mantenimento anche se nella misura ridotta fissata dalla Corte distrettuale. 18. Il motivo è fondato dovendosi effettivamente ritenere cessato l'obbligo al mantenimento della figlia maggiorenne a seguito del raggiungimento da parte di quest'ultima di una condizione di indipendenza economica cfr. Case. civ. sezione I n. 19589 del 26 settembre 2011 . 19. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l'impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per l'accoglimento del quarto motivo di ricorso e il rigetto dei primi tre motivi. La Corte, letta la memoria del ricorrente che ripropone le censure oggetto del ricorso insistendo quanto ai primi tre motivi nella contestazione della decisione di merito e nella deduzione di omesso esame di fatti che sono stati invece presi considerazione dalla Corte di appello , condivide tale relazione e pertanto ritiene che debbano essere respinti i primi tre motivi di ricorso e accolto il quarto motivo con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte di appello di Roma che in diversa composizione deciderà conformemente alla giurisprudenza in materia di cessazione dell'obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne che ha raggiunto l'indipendenza economica sulla base delle emergenze istruttorie. Alla Corte di appello va anche rimessa la decisione sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta i primi tre motivi di ricorso. Accoglie il quarto motivo cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Roma che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.