Separazione consensuale: occorre distinguere le diverse tipologie di pattuizioni

La separazione consensuale è un negozio di diritto familiare avente un contenuto essenziale – il consenso reciproco a vivere separati, l’affidamento dei figli, l’assegno di mantenimento ove ne ricorrano i presupposti – ed un contenuto eventuale, non direttamente collegato al precedente matrimonio, ma costituito dagli accordi che i coniugi concludono in riferimento al regime di vita separata, in base alla situazione pregressa e riguardanti le altre statuizioni economiche.

Così ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 16909/15, depositata il 19 agosto. Il caso. La Corte d’appello di Firenze revocava la statuizione dichiarativa della perdita di efficacia degli accordi conclusi dalle parti in sede di separazione consensuale e confermava, invece, la pronuncia di scioglimento del matrimonio. La Corte riteneva infatti che le pattuizioni economiche inerenti la separazione fra i coniugi devono inerire o l’assegno di mantenimento o l’assegnazione della casa familiare, mentre nel caso di specie gli accordi si limitavano a disciplinare - in occasione della separazione - alcuni interessi economici relativi a pregressi rapporti tra le parti. Per ritenere cessati detti accordi patrimoniali, sarebbe stata necessaria, secondo la Corte, una dichiarazione di volontà concorde dei coniugi. Il marito, soccombente, propone ricorso in Cassazione sulla base di tre motivi in primo luogo censura l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio in quanto ritiene si sia equivocato il tenore degli accordi di separazione, riferendoli ad un pregresso rapporto patrimoniale tra i coniugi, mentre il marito non si è mai riconosciuto debitore della moglie in forza di un mutuo sostiene, inoltre, che non si sia valorizzato il collegamento funzionale tra la rinuncia al mantenimento – in quanto entrambi i coniugi autonomi ed autosufficienti - e gli accordi raggiunti si sottolinea, infine, il non aver considerato che la moglie, nell’atto di appello, avesse espressamente chiesto la concessione di un assegno di mantenimento per l’ipotesi in cui fosse privata del diritto di continuare ad abitare nella casa coniugale. Con il secondo motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1366 c.c. intenzione dei contraenti, interpretazione complessiva delle clausole, interpretazione di buona fede perché si reputa che la sentenza impugnata abbia considerato gli accordi tra i coniugi avulsi dalla separazione e dalla mancata previsione di un assegno. Si sollecita, così, una lettura non atomistica delle clausole, in modo da mostrare il risultato solutorio in relazione agli obblighi di mantenimento, ottenuto dalle parti tramite la concessione alla moglie del diritto a continuare ad abitare l’immobile - di proprietà del marito - fino alla vendita del medesimo, il cui ricavato avrebbe dovuto andare per un terzo a favore della moglie. Nel terzo motivo si censura la violazione e la falsa applicazione degli artt. 4 e 5 l. n. 898/1970 legge che disciplina il divorzio poiché l’assegno divorzile ha funzione diversa da quello in favore del coniuge separato e per questo il giudice del merito avrebbe dovuto procedere a verificare i presupposti del secondo, e non considerare fermi gli accordi assunti solo in sede di separazione. Separazione dei coniugi contenuto essenziale e contenuto eventuale. La Cassazione ribadisce un proprio orientamento consolidato Cass. n. 9034/1997 n. 11342/2004 n. 5741/2004 Cass. n 24321/2007 per cui la separazione consensuale è un negozio di diritto familiare avente un contenuto essenziale – il consenso reciproco a vivere separati, l’affidamento dei figli, l’assegno di mantenimento ove ne ricorrano i presupposti – ed un contenuto eventuale, non direttamente collegato al precedente matrimonio, ma costituito dagli accordi che i coniugi concludono in riferimento al regime di vita separata, in base alla situazione pregressa e riguardanti le altre statuizioni economiche. Per questo motivo l’accordo mediante il quale i coniugi pongono fine in maniera consensuale alla convivenza può contenere altre pattuizione, diverse da quelle che integrano il suo contenuto tipico e che ad esso non sono immediatamente riferibili. Questi accordi sono collegati solo in via estrinseca con il patto principale e sono relativi a negozi i quali, pur trovando la loro occasione nella separazione consensuale, non hanno causa in essa, risultando semplicemente assunti in occasione della separazione stessa, senza dipendere dai diritti e dagli obblighi che derivano dal perdurante matrimonio, ma costituendo espressione di una libera autonomia contrattuale. Queste pattuizioni - lecite, secondo le ordinarie regole civilistiche negoziali, purché non ledano diritti inderogabili - servono a costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici patrimoniali, ex art. 1321 c.c., e hanno come fine quello di regolare in modo tendenzialmente completo tutti i pregressi rapporti. Ne consegue, stabilisce la Corte, che i coniugi possono concludere accordi nel quadro della complessiva regolamentazione dei loro rapporti in sede di separazione consensuale. Diversi tipi di pattuizioni, diverso trattamento. La Cassazione procede nel ragionamento sottolineando che gli accordi aventi causa concreta – volti a rispondere ai doveri di solidarietà coniugale per il tempo immediatamente successivo alla separazione – si differenziano da quelli aventi mera occasione nella separazione – finalizzati semplicemente a regolare situazioni patrimoniali che non ha senso per le parti rimangano invariate - ma possono convivere entrambi nello stesso atto. Queste tipologie di pattuizioni sono autonome e riguardano profili tra loro pienamente compatibili, anche se il trattamento sarà diverso. Se una delle parti, infatti, ne chiede la modifica o la conferma – in sede di ricorso ad hoc ex art. 710 c.p.c. modificabilità dei provvedimenti relativi alla separazione dei coniugi o in sede di divorzio – è possibile la modificazione degli accordo solo con riguardo alle clausole aventi causa nella separazione personale, ma non per gli autonomi patti, che restano a regolare i reciproci rapporti ai sensi dell’art. 1372 c.c. efficacia del contratto . Caso di specie la vendita della casa familiare ha una propria causa. In particolare, l’accordo con cui i coniugi, nel quadro della complessiva regolamentazione dei loro rapporti in sede di separazione consensuale, stabiliscono la vendita a terzi del bene immobile che costituisce la casa familiare e attribuiscono il ricavato in proporzione al denaro che avevano investito nel bene stesso dà vita ad un contratto atipico che risulta caratterizzato da una propria causa. Il giudice di merito deve quindi compiere un’indagine ermeneutica sulla base degli artt. 1362 e ss c.c. per valutare se vi sia inserita anche una convenzione avente una sua autonomia. Per questi motivi la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia il caso alla Corte d’appello di Firenze per l’applicazione del principio enunciato risulta, infatti, necessario riesaminare l’accordo di separazione consensuale distinguendo quali patti abbiano causa concreta nella medesima e quali trovino in essa mera occasione per riequilibrare la reciproca situazione patrimoniale.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 17 luglio – 19 agosto 2015, n. 16909 Presidente Di Palma – Relatore Nazzicone Svolgimento del processo La Corte d'appello di Firenze con sentenza del 24 dicembre 2013 ha riformato parzialmente la sentenza del Tribunale della stessa città, revocando la statuizione dichiarativa della perdita di efficacia degli accordi conclusi dalle parti in sede di separazione consensuale e confermandola, invece, quanto alla pronuncia di scioglimento del matrimonio. La corte d'appello ha ritenuto che le pattuizioni economiche inerenti la separazione fra i coniugi devono inerire o l'assegno di mantenimento, o l'assegnazione della casa familiare, mentre nella specie gli accordi si limitavano a disciplinare, in occasione della separazione, alcuni interessi economici relativi a pregressi rapporti tra le parti, non avendo la moglie chiesto alcunché circa il mantenimento personale, né essendovi luogo all'assegnazione dell'abitazione, in mancanza di figli minori o non autosufficienti conviventi. Per ritenere cessati detti accordi patrimoniali, pertanto, sarebbe occorsa una dichiarazione di volontà concorde dei coniugi. Per la cassazione di questa sentenza propone ricorso il soccombente, sulla base di tre motivi, illustrati pure da memoria. L'intimata ha depositato il controricorso. Motivi della decisione 1. -- Con il primo motivo, il ricorrente censura l'omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, ai sensi dell'art. 360, 1° comma, n. 5, c.p.c., in quanto a ha equivocato circa il tenore degli accordi di separazione, riferendoli ad un pregresso rapporto patrimoniale fra i coniugi, mentre da nessuna parte il marito si è riconosciuto debitore della moglie in forza di un mutuo b non ha valorizzato il collegamento funzionale tra la rinuncia al mantenimento e gli accordi raggiunti, pur chiaramente posto al punto 7 del ricorso per separazione, ove i coniugi affermano che con l'ottemperanza di quanto sopra stabilito, i ricorrenti dichiarano di rinunciare ad ogni forma di mantenimento in quanto entrambi autonomi ed autosufficienti c non ha considerato che la moglie, nell'atto di appello, aveva espressamente chiesto la concessione di un assegno di mantenimento per l'ipotesi in cui fosse privata del diritto di continuare ad abitare la casa coniugale. Con il secondo motivo, censura la violazione o falsa applicazione degli art. 1362, 1363 e 1366 c.c., avendo la sentenza impugnata obliterato la lettera degli accordi, finendo così per reputarli avulsi dalla separazione stessa e dalla mancata previsione di un assegno, invece diretta conseguenza proprio di quegli accordi, attesa la ricordata espressione di cui al punto 7 di essi, mancando di operare una valutazione non atomistica delle clausole, che avrebbe palesato il risultato solutorio in relazione agli obblighi di mantenimento, ottenuto dalle parti tramite la concessione alla moglie del diritto a continuare insieme alla madre ed alla nonna ad abitare l'immobile, in proprietà del marito, sino alla vendita del medesimo, con tutte le spese per utenze ed imposte a carico del marito, e tutto ciò sino alla vendita dell'immobile stesso non ancora avvenuta , il cui ricavato avrebbe dovuto andare per un terzo a favore della moglie. Con il terzo motivo, censura la violazione e la falsa applicazione degli art. 4 e 5 della legge n. 898 del 1970, avendo l'assegno divorzile funzione diversa da quello in favore del coniuge separato, onde il giudice del merito avrebbe dovuto procedere a verificare i presupposti del secondo, e non considerare fermi gli accordi assunti solo in sede di separazione. 2. - I tre motivi, che possono essere unitariamente considerati per la loro intima connessione, sono fondati. Questa Corte ha da tempo affermato Cass. 12 settembre 1997, n. 9034 15 maggio 1997, n. 4306 più di recente, v. Cass. 22 novembre 2007, n. 24321 17 giugno 2004, n. 11342 23 marzo 2004, n. 5741 che la separazione consensuale è un negozio di diritto familiare avente un contenuto essenziale - il consenso reciproco a vivere separati, l'affidamento dei figli, l'assegno di mantenimento ove ne ricorrano i presupposti - ed un contenuto eventuale, non direttamente collegato al precedente matrimonio, ma costituito dalle pattuizioni che i coniugi intendono concludere in relazione all'instaurazione di un regime di vita separata, a seconda della situazione pregressa e concernenti le altre statuizioni economiche. Pertanto, l'accordo mediante il quale i coniugi pongono consensualmente termine alla convivenza può racchiudere ulteriori pattuizioni, distinte da quelle che integrano il suo contenuto tipico predetto e che ad esso non sono immediatamente riferibili si tratta di quegli accordi che sono ricollegati, si potrebbe dire, in via soltanto estrinseca con il patto principale, relativi a negozi i quali, pur trovando la, loro occasione nella separazione consensuale, no hanno causa in essa, risultando semplicemente assunt in occasione della separazione medesima, senz dipendere dai diritti e dagli obblighi che derivan dal perdurante matrimonio, ma costituendo espression di libera autonomia contrattuale nel senso ch servono a costituire, modificare od estinguer rapporti giuridici patrimoniali art. 1321 c.c. , a fine di regolare in modo tendenzialmente complet tutti i pregressi rapporti, e che sono del tutti leciti, secondo le ordinarie regole civilistiche negoziali e purché non ledano diritti inderogabili. Dunque, i coniugi possono concludere accordi nel quadro della complessiva regolamentazione dei lori rapporti in sede di separazione consensuale. Si è chiarito così che, in sede di separazioni personale dei coniugi consensuale, ma anche giudiziale o di divorzio , è ammesso che venga sii assegnata la casa familiare in favore dell'altrc coniuge, sia prevista la clausola istitutivi dell'impegno futuro di vendita dell'immobile adibito i casa coniugale Cass. 22 novembre 2007, n. 24321, citata . In sostanza, ben possono allora dette pattuizioni - quelle aventi causa concreta e quelle aventi mera occasione nella separazione, le prime volte ad assolvere ai doveri di solidarietà coniugale per il tempo immediatamente successivo alle separazione e le seconde finalizzate semplicemente a regolare situazioni patrimoniali che non è piì interesse delle parti mantenere invariate - convivere nello stesso atto esse si configurano come del tuttc autonome e riguardano profili fra di loro pienamente compatibili, sebbene diverso ne sarà il trattamento allorché una delle parti ne chieda la modifica o la conferma, in sede di ricorso ad hoc ex art_ 710 c.p.c. o in sede di divorzio. In caso di sopravvenienza di un quid novi, modificativo della situazione in relazione alla quale gli accordi erano stati stipulati, infatti, è possibile la modificazione degli accordi solo con riguardo alle clausole aventi causa nella separazione personale, ma non per gli autonomi patti, che restano a regolare i reciproci rapporti ai sensi dell'art. 1372 c.c. In particolare, l'accordo mediante il quale i coniugi, nel quadro della complessiva regolamentazione dei loro rapporti in sede di separazione consensuale, stabiliscano la vendita a terzi del bene immobile e, segnatamente, come nella specie, di quello che costituisce la casa familiare e l'attribuzione del ricavato pro parte a ciascun coniuge, in proporzione del denaro che abbia investito nel bene stesso, dà vita ad un contratto atipico, il quale, volto a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico ai sensi dell'art. 1322 c.c., è caratterizzato da una propria causa, rispondendo ad un originario spirito di sistemazione, in occasione dell'evento di separazione consensuale, dei rapporti patrimoniali a pure maturati nel corso della convivenza matrimoniale. Occorre, dunque, che il giudice del merito, nell'ambito dell'accordo destinato a disciplinare la separazione consensuale, valuti, alla stregua di un'indagine ermeneutica guidata dagli art. 1362 e seguenti c.c., se vi sia inserita anche una convenzione avente una sua autonomia. Nella specie, risulta che le parti stabilirono una serie di regole di futura condotta, menzionate in ricorso - comprendenti, da una parte, la vendita dell'immobile, già casa coniugale e di proprietà del marito, a terzi, al fine di restituire un terzo del ricavato alla moglie dall'altra parte, l'attribuzione alla moglie del diritto a continuare ad abitare l'immobile, insieme alle proprie madre e nonna, sino alla menzionata vendita del bene, con obbligo del marito di pagare una percentuale del mutuo contratto a suo tempo dalla moglie per soprelevare il bene, nonché tutte le utenze e le imposte sino alla vendita medesima con restituzione della somma ricevuta vendita evidentemente programmata a breve, ma che le parti affermano come non ancora avvenuta , ed altro. La sentenza impugnata non ha fatto però corretta applicazione dei principi esposti, avendo affermato che gli accordi aventi causa nella separazione devono necessariamente riguardare l'abitazione familiare o l'assegno di mantenimento, senza considerare, inoltre, che quest'ultimo può essere sostituito da altre forme di contribuzione, né che nel medesimo accordo possono convivere, come sopra esposto, obblighi sostitutivi dell'assegno del mantenimento da riconsiderare eventualmente in sede di divorzio con la regolamentazione di pregressi rapporti patrimoniali immodificabili nelle forme proprie dei primi . 3. - Il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio innanzi alla Corte d'appello di Firenze, perché, in diversa composizione, applichi il principio enunciato al caso concreto, riesaminando nel merito il materiale istruttorio acquisito, ed in particolare l'accordo di separazione consensuale, distinguendo quali patti abbiano causa concreta nella medesima e nei doveri di solidarietà familiari, e quali trovino in essa mera occasione mirando a riequilibrare la reciproca situazione patrimoniale in ragione di pregresse dazioni di denaro effettuate ad un coniuge in favore dell'altro alla corte del merito si demanda, altresì, la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia innanzi alla Corte d'appello di Firenze, in diversa composizione, cui demanda anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.