Revoca dell’assegno a favore dell’ex-moglie? Solo se intervengono dei fatti nuovi

Il giudicato rebus sic stantibus”, che connota le pronunce relative a rapporti soggetti a mutamenti determinati da eventi successivi, è comunque dotato, fin quando non vengano accertate sopravvenienze tali da imporre delle modifiche o revoche, di autorità, intangibilità e stabilità, anche se limitate nel tempo.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 13514, depositata il 1° luglio 2015. Il caso. Nel 2013, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere rigettava la domanda con cui un uomo aveva chiesto la revoca dell’assegno già disposto in favore dell’ex-moglie. Il soccombente proponeva reclamo, con cui deduceva che la donna svolgeva attività lavorativa, che l’uomo doveva assolvere agli obblighi inerenti alla costituzione di una nuova famiglia, con prole, e che, infine, era intervenuta la delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio, tale da travolgere ogni effetto della pronuncia di divorzio. La Corte d’appello di Napoli rigettava il reclamo, rilevando l’inammissibilità della questione fondata sulla sopravvenienza della decisione ecclesiastica, in quanto non dedotta davanti al Tribunale, e la sua infondatezza, a causa dell’intangibilità del giudicato formatosi in merito alle statuizioni di natura economica contenute nella pronuncia di divorzio. Inoltre, nel 2008, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva già rigettato con provvedimento la stessa domanda le deduzioni dell’attore non venivano prospettate come sopravvenienze in merito a tale provvedimento, in relazione al quale, sia pure rebus sic stantibus , si era formato il giudicato . L’uomo ricorreva in Cassazione, sostenendo che la delibazione della sentenza ecclesiastica, travolgendo ex tunc il legame tra i coniugi, comporterebbe anche l’abolizione dell’assegno di mantenimento. Inoltre, lamentava l’errata applicazione delle regole in tema di cosa giudicata alle disposizioni di natura economica, che invece sarebbero suscettibili di revisione ai sensi dell’art. 9 l. n. 898/1970 disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio . Censura tardiva. La Corte di Cassazione sottolinea che la prima questione affrontata nel ricorso non coglie nel segno infatti, tale deduzione era stata tardivamente, e quindi inammissibilmente, proposta per la prima volta in sede di reclamo. Lo stesso vale per l’ulteriore motivo di ricorso, laddove riferito, come sembra, al rapporto fra sentenza di divorzio e decisione ecclesiastica . Ove poi si sia inteso affermare che non fosse configurabile un vero e proprio giudicato in presenza della possibilità di un giudizio di revisione, questa affermazione non sarebbe riferibile neppure alle altre statuizioni del provvedimento impugnato, fondate per lo più sulla carenza del presupposto della sopravvenienza di giustificati motivi rispetto al precedente provvedimento in materia di mutamento delle condizioni del divorzio già intervenuto, tra le stesse parti, nel 2008. Rebus sic stantibus. I giudici di legittimità ricordano che il giudicato rebus sic stantibus , che connota le pronunce relative a rapporti soggetti a mutamenti determinati da eventi successivi, è comunque dotato, fin quando non vengano accertate sopravvenienze tali da imporre delle modifiche o revoche, di autorità, intangibilità e stabilità, anche se limitate nel tempo. Il ricorso dell’ex-marito, riproponendo semplicemente le questioni già sottoposte alla Corte di appello, non attingeva le ragioni per cui tanto le istanze istruttorie, quanto le dedotte obbligazioni nei confronti dei figli non sono state considerate meritevoli di accoglimento . In più, la stessa Corte d’appello aveva rilevato come non fosse stato specificato che le c.d. sopravvenienze fossero successive al provvedimento del 2008 affermazione neanche censurata dal ricorrente. Per questi motivi, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 3 giugno – 1 luglio 2015, numero 13514 Presidente Forte – Relatore Campanile Svolgimento del processo 1 - Con decreto in data 10 gennaio 2013 il Tribuna le di Santa Maria Capua Vetere rigettava la domanda con la quale, ai sensi dell'art. 9 della l. numero numero 898 del 1.970, il signor M.B. aveva chie sto la revoca dell'assegno di divorzio già disposto in favore dell'ex coniuge G.S. 1.1 - Avverso tale decisione veniva proposto reclamo, con il quale si deduceva che la predetta svol geva attività lavorativa che il B. doveva as solvere agli obblighi inerenti alla costituzione di un nuovo nucleo familiare, con prole, e che, infi ne, era intervenuta la delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio, tale da travolgere ogni effetto della pronuncia di divor zio, comprese le implicazioni di natura economica. 1.2 - La Corte di appello di Napoli, con il provvedimento indicato in epigrafe, ha rigettato il re clamo, ponendo in rilievo, da un lato, l'inammissibilità della questione fondata sulla so pravvenienza della decisione ecclesiastica, in quanto non dedotta davanti al Tribunale e dall'altro, la sua infondatezza, stante l'intangibilità del giudicato formatosi in merito alle statuizioni di natura economica contenute nel la pronuncia di divorzio. 1.3 - E' stato poi posto in rilievo il provvedimen to con il quale il Tribunale di Santa Maria Vetere, in data 18 novembre 2008, aveva già rigettato la medesima domanda, osservandosi che le deduzioni del B. non venivano prospettate come sopravvenien ze in merito a tale provvedimento, in relazione al quale, sia pure rebus sic stantibus si era forma to il giudicato. E' stata infine rilevata l'inammissibilità della domanda intesa ad ottenere l'interpretazione, quanto alla decorrenza della re voca dell'assegno per i figli, già disposta con il provvedimento del 2008. 1.4 - Per la cassazione di tale decisione il B. propone ricorso, deducendo cinque motivi. La parte intimata non svolge attività difensiva. Motivi della decisione 2 - Con il primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 2909 cod. civ., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo della controversia, si so stiene che la delibazione della sentenza ecclesia stica, travolgendo ex tunc il legame tra i coniugi, comporterebbe anche l'abolizione dell'assegno di mantenimento. 2.1 - Con il secondo mezzo le violazioni sopra de nunciate vengono prospettate in relazione all'applicazione delle regole in tema di cosa giu dicato alle disposizioni di natura economica, che, al contrario, sono suscettibili di revisione ai sensi dell'art. 9 della l. numero 898 del 1970. 2.2 - Con la terza censura si deduce la violazione degli artt. 187 - 188 e 89 cod. proc. civ., in relazione all'omessa assunzione dei mezzi di prova concernenti la dedizione della G.S. ad attività lavorativa. 2.3 - Il quarto motivo concerne la violazione delle norme e dei principi che tutelano la famiglia di fatto, con riferimento agli obblighi del B. nei confronti dei figli nati fuori del matrimonio. 2.4 - L'ultimo motivo attiene al regolamento delle spese processuali della decisione di primo grado, che, come disposto in relazione al giudizio davanti alla Corte di appello, avrebbero dovuto essere compensate. 3 - Gli esposti motivi, per distinte, ma analoghe ragioni, presentano ineludibili profili di inammissibilità 4 - La questione proposta con il primo motivo, oltre ad essere intrinsecamente infondata cfr. Cass., 18 settembre 2003, numero 21331, proprio in tema di revisione delle condizioni di divorzio fondata sulla sopravvenienza delle delibazione di sentenza ecclesiastica di nullità dei matrimonio , non coglie la fondamentale ed autonoma ratio decidendi del provvedimento impugnato, che, in parte qua, ha rilevato che la questione era stata tardivamente e, quindi, inammissibilmente proposta per la prima volta in sede di reclamo. Tale statuizione non risulta in alcun modo censurata. 5 - Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi in relazione al secondo mezzo, laddove riferito, come sembra, al rapporto fra sentenza di divorzio e decisione ecclesiastica. Ove poi si sia inteso affermare che non è configurabile un vero e proprio giudicato in presenza della possibilità di un giu dizio di revisione, tale affermazione di principio non è riferibile neppure alle altre statuizioni del provvedimento impugnato, per lo più fondate sulla carenza del presupposto della sopravvenienza di giustificati motivi rispetto al precedente provve dimento in materia di mutamento delle condizioni del divorzio già intervenuto, fra le stesse parti, nell'anno 2008. 6 - Premesso che il giudicato rebus sic stantibus , che connota le pronunce relative a rapporti soggetti a mutamenti determinati da eventi succes sivi, è pur sempre dotato, fin quando non vengano accertate sopravvenienze tali da imporre delle mo difiche o revoche, di autorità, intangibilità e stabilità, ancorché limitate nel tempo Cass., 22 maggio 2009, numero 11913 , deve osservarsi che il ricorso non attinge - limitandosi a riproporre le questioni già sottoposte alla Corte di appello - le ragioni per le quali tanto le istanze istrutto rie, quanto le dedotte obbligazioni nei confronti dei figli non sono state considerate meritevoli di accoglimento. Ed invero la corte territoriale in entrambi i casi ha rilevato come non fosse specificato, né allegato, che le cc.dd. sopravvenienze fossero successive al provvedimento del 18 novembre 2008 tale affermazione, a prescindere dalla sua erroneità o meno, non risulta censurata. 7 - Il riferimento, infine, al regolamento delle spese processuali del giudizio di primo grado non contiene alcuna critica al principio della soccom benza, che costituisce il dato fondante della rela tiva motivazione resa in proposito dalla corte territoriale. 8 - Non si provvede in merito alle spese processua li, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.