Lui in ospedale, lei lo lascia solo, ma assieme, poi, ampliano la casa. Niente addebito per la separazione

Evidente la gravità della condotta della donna, la quale ha abbandonato il marito in un momento di grande difficoltà, quando cioè lui era in ospedale per affrontare la leucemia. Ciò nonostante, però, non è possibile attribuire a lei la separazione. Decisivo il comportamento tenuto successivamente dalla coppia, e concretizzatosi nell’ampliamento della casa familiare.

Assenza clamorosa, quella della moglie, e proprio nel momento di maggiore difficoltà dell’uomo, ossia all’epoca del suo ricovero in ospedale per affrontare una dura battaglia contro la leucemia. Nonostante tutto, però, la condotta – assai discutibile – della donna non è valutabile come ‘causa prima’ della rottura della coppia, oramai prossima alla separazione personale. Decisivo il fatto che, successivamente a quei mesi drammatici, i due coniugi abbiano, assieme, ampliato la casa familiare. Decade l’ipotesi dell’addebito a carico della donna, che, così, vede salvo l’assegno di mantenimento il marito dovrà versarle, difatti, ben 1.850 euro al mese Cassazione, sentenza n. 8712/15, sezione prima civile, depositata oggi . Rottura. Andamento altalenante nella battaglia giudiziaria tra gli ex compagni di vita Per i giudici del Tribunale, è logico l’ addebito della separazione alla moglie, colpevole di avere lasciato solo il marito in un momento di grande difficoltà, ossia all’epoca del ricovero ospedaliero di lui per una grave malattia . Di avviso opposto, invece, i giudici della Corte d’appello, i quali sostengono che la crisi , provocata dal grave comportamento della donna, era stata superata nell’anno successivo, in cui i coniugi avevano proceduto all’ampliamento della casa familiare, unendovi un appartamento limitrofo . Consequenziale è la decisione, emessa in secondo grado, di azzerare ogni ipotesi di addebito per la separazione personale dei coniugi. Addebito. E ora, nel contesto della Cassazione, nonostante le obiezioni mosse dall’uomo, la visione tracciata in Appello viene confermata in toto il comportamento tenuto dai coniugi, ossia la condivisione dell’ ampliamento della casa familiare , non è assolutamente compatibile con uno stato di disaffezione e di rottura , bensì è, secondo i giudici, indice di un riavvicinamento della coppia . Ciò conduce ad escludere l’incidenza causale del comportamento della donna sulla rottura , poiché, in sostanza, i coniugi avevano superato la crisi . Di conseguenza, è impensabile, sanciscono i giudici, parlare di addebito della separazione alla donna, la quale vede anche confermato l’assegno di mantenimento, a carico del marito riconosciutole in Appello e quantificato in 1.850 euro mensili .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 22 gennaio – 29 aprile 2015, n. 8712 Presidente Forte – Relatore De Chiara Svolgimento del processo Nel giudizio di separazione personale dei coniugi sig. C.L. e sig.ra S.B., introdotto da quest'ultima, il Tribunale di Brescia respinse la domanda di addebito al marito proposta dell'attrice ed accolse, invece, la domanda riconvenzionale del convenuto di addebito alla moglie, cui pertanto non riconobbe il richiesto assegno di mantenimento. Le reciproche domande di addebito dei coniugi erano basate, quella della sig.ra B., sull'infedeltà coniugale del marito, che intratteneva una relazione sentimentale con un'amica di famiglia con la quale aveva anche concepito un figlio prima dell'inizio del giudizio di separazione quella del sig. L., sulla costante avversione manifestata nei suoi confronti dalla moglie e sul fatto che quest'ultima gli aveva fatto mancare la necessaria assistenza morale e materiale in occasione di un ricovero ospedaliero per una grave malattia leucemia diagno sticatagli alla fine del 2003. Il Tribunale aveva dato prevalenza al comportamento della moglie, più risalente nel tempo rispetto a quello del marito. Su gravame della sig.ra B., la Corte d'appello bresciana ha ritenuto che, però, la crisi inerente a quel comportamento della appellante, pur gravemente lesivo dei doveri di cui all'art. 143 c.c., era stata superata nell'anno successivo, in cui i coniugi avevano proceduto all'ampliamento della casa familiare unendovi un appartamento limitrofo comportamento, questo, non compatibile con uno stato di disaffezione e rottura, ma piuttosto indice di un riavvicinamento della coppia. Superato l'impedimento dell'addebito, la Corte ha potuto così riconoscere alla sig.ra B. un assegno di mantenimento, che ha quantificato in € 1.850,00 mensili, a carico del marito. Quest'ultimo ha proposto ricorso per cassazione articolando due motivi di censura. L'intimata ha resi stito con controricorso. Motivi della decisione 1. - Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione degli artt. 143, 151 e 156 c.c., I si cen sura l'esclusione che il sopra descritto comportamento della sig.ra B. fosse stato causa della rottura del rapporto e II si contesta che l'inizio della relazione extraconiugale del sig. L. sia databile in epoca tale da avere avuto incidenza causale sulla rottura. 1.1. - Il motivo è inammissibile. La prima censura, infatti, non si dà alcun carico della ragione per cui i giudici di appello hanno escluso l'incidenza cau sale del comportamento della sig.ra B. sulla rottura, consistente nel fatto che i coniugi avevano poi superato la crisi la seconda censura, poi, è del tutto irrilevante, non avendo i medesimi giudici basa to la decisione sulla relazione extraconiugale del sig. L 2. - Con il secondo motivo, denunciando falsa applicazione degli artt. 143 e 156 c.c., si lamenta che la Corte d'appello abbia emesso una sentenza priva di motivazione e persino contraddittoria determinando l'assegno in favore della sig.ra B. in € 1.850,00 mensili. Infatti, considerato che la Corte conferma che il reddito mensile netto del sig. L. ammonta ad € 5.100,00, detraendo da tale somma, oltre all'assegno predetto, € 1.250,00 per la rata di mutuo relativo alla casa coniugale assegnata alla moglie, € 2.000,00 per contributo al mantenimento delle due figlie, non residuava alcunché per il mantenimento del ricorrente. 2.1. - Il motivo è inammissibile perché si basa su dati, quali l'ammontare di € 5.100,00 del reddito netto mensile del ricorrente e l'essere quest'ultimo gravato di oneri per gli importi indicati, che non risultano affatto dalla sentenza impugnata e che il ricorrente espone presupponendo, evidentemente, inammissibili ac certamenti in fatto da parte di questa Corte. 3. - L'inammissibilità dei motivi determina l'inammissibilità dello stesso ricorso. Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, liquidate in € 4.700, di cui € 4.500,00 per compensi di avvocato, oltre spese forfetarie e accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 d.lgs. n. 196 del 2003.