Per essere un buon genitore non basta voler bene al figlio, ma bisogna garantirgli un sano sviluppo psicofisico

La situazione di abbandono è ravvisabile solo quando la vita offerta dai genitori naturali al minore sia talmente inadeguata da far considerare la rescissione del legame familiare come l’unico strumento adatto ad evitargli un più grave pregiudizio e ad assicurargli assistenza e stabilità affettiva in sostituzione di quella negatagli dalla famiglia naturale. A tal fine non rileva soltanto il rifiuto dell’adempimento dei doveri genitoriali e la non collaborazione con i servizi sociali, ma anche una situazione di fatto obiettiva che, a prescindere dagli intendimenti dei genitori, impedisca o ponga in pericolo il sano sviluppo psicofisico del minore, per il non transitorio difetto della necessaria assistenza materiale e morale.

Con la sentenza n. 6131, depositata il 26 marzo 2015, la sez. I Civile della Suprema Corte ha rigettato il ricorso di una madre avverso la sentenza della Corte di merito che aveva dichiarato lo stato di adottabilità della figlia minore. Il fatto. La Corte d’appello di Palermo rigettava il gravame proposto da una madre avverso la sentenza del Tribunale dei Minorenni che aveva dichiarato lo stato di adottabilità della figlia minore. La Corte di merito, difatti, aveva ritenuto inadeguato il comportamento della madre, poiché caratterizzato da continui ripensamenti, abbandoni, ritorni e nuovi rifiuti in una sequenza tristemente ciclica che denotava instabilità emotiva e totale assenza di consapevolezza delle esigenze dei figli, come nella circostanza in cui la donna si era allontanata da una comunità abbandonando la figlia, con grave turbamento della stessa. Pertanto, il recupero delle capacità genitoriali, dedotto dalla donna nell’appello e risultante da alcune relazioni, non era significativo del recupero di una stabilità psichica, relazionale e sociale idonea a garantire un’equilibrata relazione con la figlia, come dimostrato da fatti successivi come un altro allontanamento dal centro di accoglienza e l’inizio di un periodo di vagabondaggio. Peraltro, la Corte di merito ha dovuto anche rilevare l’assenza di disponibilità dei nonni materni ad accogliere la minore, anche a causa delle conflittualità dei rapporti con la figlia. Di conseguenza, i giudici della Corte siciliana formulavano un giudizio prognostico negativo sul recupero della capacità genitoriale della donna, che ricorreva per cassazione. Per essere un buon genitore non basta il mero affetto verso il figlio. La donna denuncia la violazione dell’art. 8 l. n. 184/1983, atteso che la Corte di merito – a suo dire – aveva errato nel ritenere sussistente la situazione di abbandono morale e materiale della minore, che era stata condotta in una comunità di recupero a causa delle difficili condizioni economiche e al fine di offrirle un ambiente familiare idoneo. La donna evidenzia il suo attaccamento alla figlia, che andava a trovare con frequenza, rilevando che la situazione di difficoltà in cui si trovava poteva essere superata attraverso adeguate misure di sostegno. La Suprema Corte, però, ritiene che quella della Corte di merito sia una valutazione motivata ed immune da vizi logici e, quindi, non censurabile per cassazione, atteso che i giudici palermitani hanno accertato l’esistenza di una situazione di abbandono della minore, in considerazione dello stato di accertata inadeguatezza della madre a svolgere la funzione genitoriale. Difatti, nonostante i reiterati ed ostacolati interventi dei servizi sociali e l’affetto dimostrato dal genitore, non è stato possibile esimersi dal formulare un giudizio prognostico negativo sulla possibilità da parte della madre di acquistare l’autonomia genitoriale necessaria ad allevare la minore garantendole un equilibrato ed armonioso sviluppo psico-fisico. I presupposti dello stato di adottabilità. La Suprema Corte ribadisce, pertanto, quanto già recentemente sostenuto in tema di abbandono di minori Cass. n. 15861/2014 che, ai sensi dell’art. 8 l. n. 184/1983, è presupposto necessario per la dichiarazione dello stato di adottabilità, comportando il sacrificio dell’esigenza primaria di crescita in seno alla famiglia biologica. Lo stato di abbandono è ravvisabile solo quando la vita offertagli dai genitori naturali sia talmente inadeguata da far considerare la rescissione del legame familiare come l’unico strumento adatto ad evitargli un più grave pregiudizio e ad assicurargli assistenza e stabilità affettiva in sostituzione di quella negatagli dalla famiglia naturale. A tal fine non rileva soltanto il rifiuto dell’adempimento dei doveri genitoriali e la non collaborazione con i servizi sociali, ma anche una situazione di fatto obiettiva che, a prescindere dagli intendimenti dei genitori, impedisca o ponga in pericolo il sano sviluppo psicofisico del minore, per il non transitorio difetto della necessaria assistenza materiale e morale.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 3 febbraio – 26 marzo 2015, n. 6131 Peresidente Forte– Relatore Lamorgese Svolgimento del processo La Corte d'appello di Palermo, sez. Minorenni, con sentenza 12 marzo 2014, ha rigettato il gravame proposto da M.R.S. avverso la sentenza del Tribunale dei Minorenni della stessa città che aveva dichiarato lo stato di adottabilità della figlia minore M.R.C., nata ad Agrigento il 22 gennaio 2008 dalla relazione con A.C La Corte, dopo avere illustrato le condizioni idonee a configurare lo stato di abbandono, ha ritenuto non decisivo l'argomento addotto dall'appellante S. in ordine al suo sincero attaccamento affettivo alla figlia che non poteva supplire alla capacità genitoriale mancante, con conseguente rischio per il sano sviluppo psico-fisico della minore in ragione del non transitorio difetto della necessaria assistenza materiale e morale la Corte ha evidenziato il comportamento inadeguato della madre, caratterizzato da continui ripensamenti, abbandoni, ritorni e nuovi rifiuti in una sequenza tristemente ciclica che dimostravano impulsività, instabilità emotiva, totale assenza di consapevolezza delle esigenze dei figli, come nel caso dell'allontanamento dalla comunità W. che aveva provocato l'abbandono della figlia lasciata alle cure degli operatori, con grave turbamento della stessa che mostrava segni di aggressività e forte disagio il dedotto recupero progressivo delle capacità genitoriali della madre risultante da alcune relazioni del Centro Salute Mentale di Agrigento e dalla Casa di accoglienza G. C. era smentito dal rilievo che i segnali positivi evidenziati non erano significativi di un recupero di una stabilità psichica, relazionale e sociale idonea a garantire un'equilibrata relazione con la figlia, come dimostrato da fatti successivi come l'allontanamento dalla Comunità C. e l'inizio di un periodo di vagabondaggio la Corte ha anche rilevato l'assenza di disponibilità ad accogliere la minore da parte dei nonni materni, anche tenuto conto della conflittualità del rapporto con la S. e ha formulato un giudizio prognostico negativo sul recupero della sua capacità genitoriale. M.R.S. propone ricorso per cassazione, sulla base di un motivo, notificato al PG presso la Corte di appello di Palermo e al curatore speciale della minore, avv. A. M., che ha presentato controricorso. Motivi della decisione Nell'unico motivo la ricorrente denuncia la violazione dell'art. 8 della legge 4.5.1983 n. 184, per avere la Corte di merito errato nel ritenere sussistente la situazione di abbandono morale e materiale della minore che assume di avere condotto in una comunità di recupero a causa della sua difficile situazione economica e al fine di offrirle un ambiente familiare idoneo evidenzia il suo attaccamento alla figlia, dimostrato dalle visite frequenti e dalle plurime manifestazioni di affetto nei suoi confronti, e rileva che la situazione di difficoltà in cui si trovava nel provvedere agli interessi dei figli poteva essere superata attraverso la predisposizione di adeguate misure di sostegno. Il motivo è infondato. La situazione di abbandono che, ai sensi dell'art. 8 della legge n. 184 del 1983, è presupposto necessario per la dichiarazione dello stato di adottabilità del minore, comportando il sacrificio dell'esigenza primaria di crescita in seno alla famiglia biologica, è ravvisabile per legge solo quando la vita offertagli dai genitori naturali sia talmente inadeguata da far considerare la rescissione del legame familiare come l'unico strumento adatto ad evitargli un più grave pregiudizio e ad assicurargli assistenza e stabilità affettiva in sostituzione di quella negatagli nella famiglia naturale. Rileva, a tal fine, non soltanto il rifiuto intenzionale e irrevocabile dell'adempimento dei doveri genitoriali e il rifiuto a collaborare con i servizi sociali, ma anche una situazione di fatto obiettiva che, a prescindere dagli intendimenti dei genitori, impedisca o ponga in pericolo il sano sviluppo psicofisico del minore, per il non transitorio difetto della necessaria assistenza materiale e morale. La Corte d'appello palermitana, cui la relativa valutazione è riservata, ha accertato l'esistenza di una situazione di abbandono della figlia, in considerazione dello stato di accertata inadeguatezza della madre a svolgere la funzione genitoriale, a causa di anomalie della sua personalità che si sono tradotte in incapacità di allevare ed educare la figlia e di garantirle un equilibrato ed armonioso sviluppo psicofisico v., tra le altre, Cass. n. 3389/2005 . E' una valutazione motivata e immune da vizi logici e, quindi, non censurabile per cassazione v., tra le tante, Cass. n. 1674/2002 . I giudici di merito hanno formulato un giudizio prognostico negativo sulla possibilità della S. di acquistare l'autonomia genitoriale che è necessaria allo scopo di assicurare alla minore l'inserimento in uno stabile e favorevole contesto familiare, pur dopo i reiterati e ostacolati interventi dei servizi sociali e nonostante l'affetto mostrato dal genitore. La ricorrente imputa, in sostanza, alla Corte territoriale d'aver erroneamente ravvisato, nella situazione di fatto in concreto, la ricorrenza degli elementi costitutivi della fattispecie normativa della situazione di abbandono, mediante una mera apodittica contrapposizione della propria tesi a quella desumibile dalla sentenza impugnata, ma in tal modo la censura si risolve in una critica al giudizio di fatto compiuto dai giudici di merito che è inammissibile in sede di legittimità. In conclusione, il ricorso è rigettato. Le spese del giudizio possono essere compensate, tenuto conto della complessità e delicatezza delle questioni esaminate. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso compensa le spese del giudizio. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi.