Matrimonio ‘fast-food’: dieci giorni di convivenza e i coniugi già parlano di separazione … Niente mantenimento alla donna

Respinte le richieste avanzate dalla moglie. Decisiva la constatazione della fragilità del vincolo matrimoniale, vittima della crisi del settimo giorno. Evidente la mancanza di una comunione spirituale e materiale dei coniugi.

Matrimonio in versione ‘fast-food’ solo 10 giorni di convivenza coniugale, ed appena 3 mesi tra il fatidico ‘sì’ e il deposito – altrettanto fatidico, ma sicuramente meno magico – del ricorso per la separazione. E ora, proprio alla luce di questi dati di fatto, è risibile la richiesta della donna di ottenere dall’ex marito anche l’assegno di mantenimento Corte di Cassazione, ordinanza n. 6164, sesta sezione civile, depositata il 26 marzo . Rottura. Addio pacifico per la coppia, che ha retto davvero poco allo stress matrimoniale Se di solito gli equilibri coniugali sono a rischio per la crisi del settimo anno, in questo caso a risultare fatale è stata la crisi del settimo giorno! 10 giorni appena, difatti, è durata la convivenza dei due freschissimi sposi, e a neanche cento giorni dal fatidico ‘sì’ sono state messe ‘nero su bianco’ le carte per ottenere la separazione. Impossibile, secondo i giudici di merito, parlare di addebito per la rottura. Altrettanto insensato ipotizzare, come fatto invece dalla donna, il riconoscimento del diritto all’assegno di mantenimento , per la gioia, ovviamente, dell’uomo. Per i giudici d’Appello, in particolare, è evidente il difetto del presupposto dell’instaurazione di una comunione materiale e spirituale tra i coniugi . Comunione. Pronta la replica della donna, la quale, contestando le valutazioni compiute dai giudici di merito, si presenta in Cassazione, ribadendo ancora una volta la richiesta di un adeguato assegno di mantenimento . Per la donna, in sostanza, la breve durata del matrimonio non poteva precludere il suo diritto all’assegno di mantenimento , soprattutto tenendo presenti la marcata sperequazione delle rispettive capacità economiche dei coniugi e l’ elevato tenore di vita goduto nel corso dell’unione coniugale. Considerazioni, quelle della donna, che, però, non convincono affatto i giudici della Cassazione, i quali, invece, ritengono corretta e fanno propria la decisione tracciata in Corte d’Appello detto in maniera chiara, impensabile accontentare la donna e riconoscerle un assegno di mantenimento . Questa decisione si poggia, concludono i giudici, sulla constatazione della clamorosa fragilità della comunione spirituale e materiale fra i coniugi . Comunione praticamente inesistente, a dirla tutta, alla luce della durata brevissima del matrimonio – meno di cento giorni son passati dalla data del matrimonio al deposito del ricorso per separazione – e della ancor più breve durata della convivenza – di appena dieci giorni – che si è chiusa con la volontà dei coniugi di non instaurare alcun vincolo significativo tra loro , e con la conseguente apertura del confronto sulle condizioni della separazione . Difficile parlare, quindi, anche di matrimonio, andando oltre la mera ufficialità E, di conseguenza, illogico anche solo ipotizzare un mantenimento a favore della donna.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 2 dicembre 2014 – 26 marzo 2015, n. 6164 Presidente Di Palma – Relatore Bisogni Rilevato che in data 30 settembre 2014 è stata depositata relazione ex art. 380 bis c.p.c. che qui si riporta 1. Il Tribunale di Bari, con sentenza n. 3906/12, nel giudizio di separazione fra N.D.F. e M.G., ha respinto le contrapposte domande di addebito e quella della D.F. di riconoscimento del diritto all'assegno di mantenimento. 2. Contro la decisione del Tribunale ha proposto appello la D.F. affermando che la breve durata del matrimonio non poteva valere a precludere il suo diritto all'assegno di mantenimento a fronte di una marcata sperequazione delle rispettive capacità economiche dei coniugi e di un elevato tenore di vita goduto nel corso del matrimonio. 3. La Corte di appello di Bari ha respinto l'appello rilevando il difetto del presupposto dell'instaurazione di una comunione materiale e spirituale tra i coniugi. 4. Ricorre per cassazione N.D.F. deducendo a omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e violazione e falsa applicazione dell'art. 45 c.c. b violazione e falsa applicazione dell'art.f 156 c.c. e violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 156 c.c. e omesso esame di un fatto decisivo d violazione e falsa applicazione dell'art. 91 c.p.c. 5. Si difende con controricorso M.G Ritenuto che 6. Il ricorso è infondato. La sentenza impugnata appare conforme all'indirizzo giurisprudenziale di questa Corte Casa. civ. sezione I n. 7295 del 22 marzo 2013 secondo cui in materia di divorzio, la durata del matrimonio influisce sulla determinazione della misura dell'assegno previsto dall'art. 5 della legge n. 898 del 1970, ma non anche - salvo casi eccezionali in cui non si sia verificata alcuna comunione materiale e spirituale tra i coniugi - sul riconoscimento dell'assegno. Tale presupposto negativo è stato infatti riscontrato dalla Corte di appello di Bari nella durata brevissima del matrimonio sono intercorsi meno di cento giorni dalla data del matrimonio al deposito del ricorso per separazione e nella ancor più breve durata della convivenza dieci giorni alla fine della quale i coniugi hanno già manifestato la propria volontà di non instaurare alcun vincolo significativo tra loro e hanno iniziato a discutere delle condizioni della separazione. 7. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l'impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per il rigetto del ricorso. La Corte condivide tale relazione e pertanto ritiene che il ricorso vada respinto con condanna della ricorrente alle spese del giudizio di cassazione P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in euro 3.100 di cui 100 per spese, oltre spese forfetarie e accessori di legge. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003. Ai sensi dell'art. 13 comma i quater del D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell'art. 13, comma 1 bis, dello stesso articolo 13.