I beni acquistati con somme prelevate dal conto dei coniugi, ma regalate dalla suocera, entrano nella comunione

L’equilibrio tra le contrapposte esigenze di tutela solidaristica della comunione legale e di tutela della libertà d’iniziativa economica proprie della circolazione dei beni, è raggiunto dalla peculiarità del regime normativo dettato dall’art. 179 c.c. con riferimento ai beni personali di uno solo dei coniugi. In base agli indirizzi interpretativi consolidatesi in merito, la donazione indiretta deve essere compresa nella previsione di cui alla lettera b della norma citata, con conseguente esclusione dalla comunione legale dei coniugi.

Così afferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 1630/15 depositata il 28 gennaio. Il fatto. La Corte d’appello dell’Aquila, accogliendo la domanda principale e riformando la sentenza di primo grado, rigettava la richiesta di accertamento della nuda proprietà esclusiva di due appartamenti entrati nella comunione dei beni tra i coniugi ma, secondo la richiesta del marito, spettanti alla sua esclusiva proprietà, in quanto acquistati dalla propria madre e a lui intestati. La Corte di merito, richiamando un principio giurisprudenziale affermato in sede di legittimità, affermava che ove il prezzo di acquisto di un bene sia stato versato per intero da un soggetto che provveda poi ad intestare il bene medesimo ad un terzo, si ha una donazione indiretta e, ai sensi della lett. b dell’art. 179 c.c., l’immobile non entra in comunione legale. Nel caso concreto, valutando le risultanze probatorie, ritenevano i giudici che il prezzo di acquisto degli immobili fosse stato coperto in parte con assegni provenienti dal conto corrente bancario cointestato ai coniugi ed in parte con cessione di certificati di deposito al portatore con titolare originario ignoto. In tal senso veniva quindi esclusa la configurabilità di una donazione indiretta dell’appartamento da parte della madre del marito, risultando comunque irrilevante che sul conto corrente dei coniugi fossero stati depositati una serie di assegni di rilevante ammontare, solo in minima parte riconducibili alla signora. La sentenza viene impugna innanzi alla Corte di Cassazione del marito, chiedendone l’annullamento. Provenienza delle risorse economiche impiegate e configurabilità della donazione indiretta. Il ricorso si basa sulla presunta violazione delle norme e dei principi rilevanti in materia di comunione legale dei beni tra coniugi ed, in particolare, sull’ingresso in comunione dei beni acquistati da uno solo dei due attraverso donazione indiretta. La doglianza si ricollega al vizio in cui sarebbero incorsi i giudici di seconde cure nell’individuazione della provenienza delle risorse finanziarie utilizzate per il pagamento degli immobili, sostenendo che nonostante tali somme fossero state prelevate dal conto corrente cointestato ai coniugi, esse fossero provenienti da vendite di immobili della famiglia d’origine del marito, quale beneficiario esclusivo dell’asse ereditario della madre. La Suprema Corte concentra la sua attenzione innanzi tutto sulla ratio della disciplina della comunione legale, riconducibile alla tutela della famiglia e delle esigenze solidaristiche tra i coniugi. Tale principio deve coordinarsi con quello della tutela della libera iniziativa economica che regola la circolazione dei beni, trovando un punto di equilibrio nella disciplina degli acquisti di beni personali da parte di uno dei coniugi, dettata dall’art. 179 c.c La sentenza impugnata richiama un consolidato principio in tema di donazione indiretta, che esclude dalla comunione legale i beni che uno dei due coniugi abbia acquistato tramite tale istituto. I giudici di merito nel caso concreto non hanno disatteso il principio ma, sulla base delle risultanze probatorie, hanno escluso la possibilità di riconoscere la sussistenza di una donazione indiretta degli appartamenti da parte della madre del marito, sottraendo così la motivazione della pronuncia a qualunque censura di legittimità. Il ricorrente lamenta poi la violazione dell’art. 179 c.c., lett. d , sempre in riferimento alla necessità di escludere i due immobili dalla comunione legale, in quanto non sarebbe stata prestata adeguata motivazione in ordine alla destinazione di uno degli stessi alla propria attività professionale. In questo caso la Cassazione giudica inammissibile il motivo del ricorso sostenendo che, con le doglianze così prospettate, il ricorrente proponga un nuovo titolo di bene personale, inizialmente dedotto con esclusivo riferimento alla lettera b del medesimo articolo. Per questi motivi la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 12 dicembre 2014 – 28 gennaio 2015, n. 1630 Presidente Luccioli – Relatore Nazzicone Svolgimento del processo La Corte d'appello dell'Aquila con la sentenza del 29 settembre 2011, respinto l'appello incidentale di L.W.O. , ha accolto quello principale proposto dalla moglie D.S. e, in riforma della pronuncia del tribunale di Pescara del 15 ottobre 2004, ha rigettato la domanda del medesimo di accertamento della nuda proprietà esclusiva di due appartamenti in Pescara, dalla propria madre acquistati ed intestati al L. , ma entrati nella comunione dei beni dei coniugi e dei quali solo per uno il giudice di primo grado aveva riconosciuto l'estraneità al regime patrimoniale legale. Ha ritenuto la Corte del merito che a ove il prezzo di acquisto di un’immobile sia versato per intero da un soggetto che lo intesti ad altri, si opera una donazione indiretta del bene e l'immobile non entra in comunione legale ex art. 179, lett. b , c.c., come aveva affermato pure il tribunale b che, tuttavia, dai documenti in atti risultava, quanto all'immobile di Via Balilla in Pescara, il pagamento del prezzo di L. 365.000.000 parte con assegni provenienti dal conto corrente bancario cointestato ai coniugi e parte con cessione ai venditori di certificati di deposito al portatore di cui era ignoto l'originario titolare, onde doveva escludersi la donazione da parte della signora Li. , madre dell'acquirente, restando irrilevante che sul conto comune dei coniugi fossero stati poco prima depositati assegni per oltre L. 300.000.000, in quanto solo in piccola parte riconducibili alla signora Li. e di importo non corrispondente al mero valore dell'usufrutto alla stessa riservato avendo le parti dichiarato in atto come di ugual valore usufrutto e nuda proprietà c che l'immobile di Via OMISSIS era stato pagato in parte con assegno bancario tratto sul conto corrente cointestato a madre e figlio, e in parte con assegni circolari emessi sul medesimo conto, onde tali somme erano di pertinenza di entrambi in quote da presumersi uguali, con conseguente acquisto della nuda proprietà del bene con denaro esclusivo del L. . Propone ricorso L.W. , affidato a quattro motivi ed illustrato da memoria. Resiste con controricorso l'intimata. Motivi della decisione 1. - Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 179, lett. b , c.c. e di ogni altra norma e principio in materia di esclusione dalla comunione legale tra coniugi dei beni acquisiti da uno dei due coniugi per effetto di donazione/successione , per non avere considerato che i due beni immobili non erano caduti in comunione legale, essendo stati acquistati con denaro proveniente dal t.f.r. e da altri fondi materni quale donazione indiretta dell'immobile e dalla successione del proprio padre. Con il secondo motivo, deduce la violazione e la falsa applicazione dell'art. 179, lett. b , c.c. e di ogni altra norma al riguardo, oltre al vizio di motivazione circa l'individuazione della provenienza dei mezzi finanziari utilizzati per l'acquisto dei due appartamenti, per non avere la corte del merito riscontrato la sussistenza di versamenti provenienti dalla signora Li. , madre del L. , o dal conto corrente del medesimo cointestato con la moglie D. , ma di provenienza da vendite di immobili della famiglia di origine del L. in XXXXXX, il tutto quale asse ereditario della signora Li. in favore dell'erede ed unico figlio. Con il terzo motivo, censura la violazione e falsa applicazione dell'art. 179, lett. d , c.c. e di ogni altra norma e principio in materia di esclusione dalla comunione legale tra coniugi dei beni che servono all'esercizio della professione di uno dei coniugi , con riguardo all'appartamento sito in Via OMISSIS , da sempre destinato a studio medico per l'esercizio della sua professione. Con il quarto motivo, censura il difetto di motivazione circa l'utilizzo del predetto immobile a studio medico, circostanza mai smentita dalla controparte. 2. - I primi due motivi, da trattare congiuntamente in quanto intimamente connessi, sono infondati. 2.1. - Occorre premettere che la deduzione di una pluralità di articoli, o, come nella specie, il generico rinvio ad un plesso non identificato di norme che regolano la materia viola l'art. 366 c.p.c. solo allorché non permetta di individuare quale sia la norma di diritto violata. L'indicazione delle norme che si assumono violate, infatti, è elemento richiesto allo scopo di chiarire il contenuto delle censure formulate e di identificare i limiti dell'impugnazione ne consegue che la mancata indicazione delle disposizioni di legge può comportare l'inammissibilità della singola doglianza solo qualora gli argomenti addotti non consentano di individuare le norme e i principi di diritto di cui si denunci la violazione, restando, viceversa, esso ammissibile ove dal tenore delle censure esposte sia possibile evincere le norme di diritto cui il ricorrente si riferisce fra le altre, Cass. 16 marzo 2012, n. 4233 2 luglio 2004, n. 12127 27 agosto 2003, n. 12549 . Applicando tali consolidati principi al caso dell'indicazione di un nucleo generico di disciplina o di un'intera sezione del codice, occorre concludere sul punto nel senso che il ricorso per cassazione resta ammissibile, anche qualora il ricorrente indichi in modo aspecifico gli articoli di legge che si assumono violati, purché, nel chiedere la cassazione per violazione di norma di diritto, il medesimo esponga compiutamente, come nel caso in esame, con quale regola di diritto la decisione impugnata confligga, spettando poi alla Corte verificare la conformità della decisione alla norma che avrebbe dovuto esservi applicata. 2.2. La disciplina della comunione legale è animata dall'intento di tutelare la famiglia attraverso una specifica protezione della posizione dei coniugi che si manifesta, a norma dell'art. 177, 1^ comma, lett. a , c.c., nel regime dell'attribuzione comune degli acquisti compiuti durante il matrimonio. L'equilibrio tra le contrapposte esigenze costituzionali di tutela solidaristica proprie della comunione legale e di tutela della libertà d'iniziativa economica proprie della circolazione dei beni, poi, è stato raggiunto, sul piano normativo, grazie alla netta differenza di regime giuridico posta dall'art. 179 c.c. per i beni personali ad uno solo dei coniugi, norma della quale dunque va data una lettura restrittiva, pur nell'ambito degli approdi di giustizia raggiunti dalla giurisprudenza. La sentenza impugnata ha richiamato il principio, già espresso da questa Corte, secondo il quale anche la donazione indiretta rientra nella previsione di cui all'art. 179, 1^ comma, lett. b , c.c., con conseguente esclusione del bene dalla comunione legale dei coniugi fra le altre, Cass. 5 giugno 2013, n. 14197 14 dicembre 2000, n. 15778 . Essa, dunque, non si è discostata dal principio, ma ha ritenuto che - in punto di fatto - non fosse provato l'assunto della donazione della somma costituente il prezzo del la nuda proprietà del bene interamente da parte della madre dell'odierno ricorrente, e che risultasse invece dimostrato il concorso tra denaro di provenienza di questa tuttavia irrilevante, nemmeno corrispondente al valore dichiarato per il diritto di usufrutto dalla medesima contestualmente acquistato e denaro di provenienza di entrambi i coniugi, con conseguente attrazione dei due acquisti al regime della comunione legale fra i coniugi. Ha, altresì, precisato che entrambi i contratti di acquisto degli immobili menzionano il regime della comunione legale dei beni prescelto dal L. , ma senza nulla aggiungere e senza indicare la circostanza che il denaro fosse invece di provenienza della sola madre del medesimo. Tale argomentazione, coerente con la portata normativa della disposizione applicata, si fonda sulle prove acquisite in corso di causa e su di un ragionamento logico immune da vizi. La corte territoriale, nell'ambito del sindacato di merito che ad essa esclusivamente compete, ha invero ritenuto non raggiunta la prova circa la dedotta erogazione dalla madre al figlio di una somma di denaro specificamente per l'acquisto dei due immobili, onde l'inapplicabilità dell'invocato regime dell'art. 179, lett. b , c.c., in mancanza di dimostrazione del collegamento tra il negozio-mezzo con l'arricchimento di uno dei coniugi per lo spirito di liberalità. A fronte delle complessive risultanze probatorie, sulle quali questa Corte non ha sindacato alcuno, e che non sono inficiate sotto il profilo della carenza di motivazione, i motivi devono pertanto essere disattesi. 3. - Il terzo ed il quarto motivo possono essere trattati congiuntamente, perché censurano l'inclusione nella comunione legale dell'appartamento sito in Via OMISSIS , sebbene secondo il ricorrente fosse stato destinato a studio medico per l'esercizio della sua professione medica, dunque da ricondurre alla fattispecie dell'art. 179, lett. d . Essi sono inammissibili, in quanto immutano l'oggetto della controversia, denunziando la violazione della diversa disposizione e, in tal modo, prospettando inammissibilmente un nuovo titolo di bene personale, inizialmente dedotto unicamente sotto il profilo dell'art. 179, lett. b . 4. - Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie ed agli accessori, come per legge.