Donazione dissimulata e azione di riduzione: la riunione fittizia è presupposto logico-giuridico della lesione di legittima

Al fine di accogliere la domanda di riduzione delle disposizioni lesive della quota di legittima è imprescindibile, sotto il profilo logico-giuridico, ai fini dell’accertamento dell’effettiva lesione della quota di riserva, formare - ai sensi dell’art. 556 c.c. - una massa di tutti i beni appartenenti al defunto al tempo della morte, atteso che tale disposizione è preordinata alla determinazione della porzione spettante al legittimario sull’attivo netto del patrimonio del defunto, composto dai beni da lui lasciati e da quelli dei quali abbia disposto a titolo gratuito con atti inter vivos.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 27352, depositata il 23 dicembre 2014. Vendita simulata dissimulante una donazione e tutela dei legittimari. Con la pronuncia in commento la Corte di Cassazione si pronuncia in tema di vendita simulata e lesione di legittima. La vicenda da cui origina la sentenza in esame riguarda l’azione con cui si chiedeva l’accertamento della simulazione della vendita di una quota indivisa, dissimulante una donazione, e conseguente inefficacia della divisione successivamente posta in essere e riduzione delle disposizioni lesive di legittima. Mentre in primo grado venivano rigettate le relative domande, in appello la Corte territoriale, dopo aver accertato la simulazione della donazione, pronunciava l’inefficacia della divisione per lesione della quota di riserva dei legittimari. Sul punto veniva quindi interposto ricorso per cassazione, con il quale veniva censurata la sentenza di secondo grado, da un lato, per aver pronunciato la simulazione senza aver accertato l’effettivo animus donandi , e, dall’altro, per aver pronunciato la lesione della legittima senza aver preventivamente operato la riunione fittizia che costituisce, secondo la tesi dei ricorrenti, presupposto imprescindibile dell’azione di riduzione. Donazione simulata e animus donandi. La pronuncia in esame rigetta il primo motivo di ricorso, analizzato per priorità logica, con il quale veniva censurata la pronuncia di appello per aver affermato la natura donativa senza nessuna indagine circa l’ animus donandi attenendosi invece alla mera sproporzione di valore tra vendita e valore di mercato. Afferma sul punto la Corte che l’ animus donandi può essere legittimamente desunto dall’insussistenza di un qualsiasi vincolo di carattere giuridico che possa giustificare la sproporzione tra le rispettive prestazioni delle parti - potendosi comunque ritenere presuntivamente provato lo spirito di liberalità, tipico della dissimulata donazione, proprio tramite la verifica della originaria sproporzione tra le prestazioni Cass. n. 7479/2013 - con la conseguenza che solo lo spirito di liberalità poteva logicamente sorreggere l’arricchimento del soggetto per aver ottenuto una attribuzione patrimoniale di valore notevolmente superiore al prezzo corrisposto. Riunione fittizia e predeterminazione della porzione disponibile. La Corte accoglie invece il ricorso nella parte in cui veniva censurata la pronuncia di merito per aver ritenuto inefficacie la vendita dissimulante una donazione in accoglimento della domanda di riduzione delle disposizioni lesive della legittima senza aver preventivamente posto in essere la riunione fittizia di tutti i beni ereditari al fine di accertare l’eventuale sussistenza ed entità della lesione della legittima. Afferma sul punto la Corte che al fine di pronunciare la riduzione delle disposizioni lesive della quota di legittima è imprescindibile, sotto il profilo logico-giuridico, ai fini dell’accertamento dell’effettiva lesione della quota di riserva, formare, ai sensi dell’art. 556 c.c., una massa di tutti i beni appartenenti alla defunta al tempo della morta, atteso che tale disposizione è preordinata alla determinazione della porzione spettante al legittimario sull’attivo netto del patrimonio del defunto, composto dai bei da lui lasciati e da quelli dei quali abbia disposto a titolo gratuito con atti inter vivos . Secondo la pronuncia in rassegna, per accertare la lesione della quota di riserva deve essere determinato il valore della massa ereditaria, quello della quota disponibile e quello della quota di legittima, procedendo quindi alla formazione dell’asse ereditario ed alla determinazione del suo valore al momento dell’apertura della successione, poi alla detrazione dal relictum dei debiti, ed alla riunione fittizia, ovvero meramente contabile, tra attivo e donatum , costituito dai beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione, da stimare, in relazione ai beni immobili ed ai beni mobili, secondo il loro valore al momento dell’apertura della successione artt. 747 e 750 c.c. , e con riferimento al valore nominale, quanto alle donazioni in denaro art. 751 c.c. infine si determinano la quota disponibile e la quota indisponibile sulla massa risultante dalla somma tra il valore del relictum al netto dei debiti ed il valore del donatum .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 30 ottobre – 23 dicembre 2014, n. 27352 Presidente Piccialli – Relatore Mazzacane Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 28-12-2000 i germani E.C.V. e G.V. convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Como C. V. e, premesso di agire in rappresentazione del loro padre E.V., deceduto il 21-2-1991, figlio adottivo ed erede legittimo, come il convenuto, della defunta zia L.V., assumevano che quest'ultima con rogito notaio Anastasi del 29-12-1972 aveva formalmente venduto a C. V. la quota indivisa di un quinto dell'edificio in comunione ereditaria sito in Milano, via Borgonuovo 22, per il prezzo di lire 40.000.000, di gran lunga inferiore al valore di mercato della quota stessa, indicato in lire 420.790.173, ed aggiungevano che con atto per rogito notaio Bignami dell'11-2-1986 i diversi comproprietari dell'immobile avevano diviso lo stesso, ed al convenuto era stato assegnato il lotto B successivamente in data 11-9-1996 era deceduta L.V., la cui denuncia di successione era stata effettuata il 13-2-1997. Gli attori quindi chiedevano accertarsi la simulazione della vendita dei 29-12-1972, dissimulante in gran parte una donazione, con conseguente inefficacia dell'atto di divisione dell'11-12-1986 con il quale a C. V. era stata assegnato il lotto B del compendio immobiliare comune, procedersi alla riduzione delle disposizioni lesive della quota di legittima di due terzi loro spettante sul patrimonio di L.V., con condanna del convenuto alla restituzione dei frutti indebitamente percepiti. Il convenuto costituitosi in giudizio contestava il fondamento delle domande attrici, allegando una convenzione costitutiva di usufrutto vitalizio in favore di L.V. coeva al negozio di trasferimento. Il Tribunale adito con sentenza del 3-10-2005 rigettava le domande attrici. Proposta impugnazione da parte di E.C.V. e di G.V. cui resisteva C. V. la Corte di Appello di Milano con sentenza del 12-12-2008 ha accertato la simulazione della donazione effettuata da L.V. in favore di C. V. per rogito notaio Anastasi del 29 12-1972, limitatamente al valore di lire 339.011.073, con riferimento al dicembre 1972, ha conseguentemente dichiarato l'inefficacia della donazione predetta nei confronti degli appellanti fino al valore di lire 113.003.691 riferito al dicembre 1972 , pari alla quota di legittima congiuntamente spettante a questi ultimi, ha dichiarato l'inefficacia della divisione per rogito notaio Bignami dell'11-2-1986 limitatamente alla porzione di C. V., cui era stato assegnato il lotto B , del valore di lire 1.832.000.000, costituente il quinto indiviso del valore dell'intero immobile di via Borgonuovo 22 in Milano, ed ha accertato che agli appellanti spettava congiuntamente la quota di legittima pari a lire 113.003.691 ovvero la metà di due terzi della totale porzione di legittima, spettando l'altra metà a C. V. , e quindi la quota di un sesto ciascuno pari a lire 56.501.845,5 da rivalutarsi dal dicembre 1972 alla data odierna secondo gli indici ISTAT, ed ha provveduto come da separata ordinanza in ordine alla domanda di rendiconto proposta dai germani V Il giudice di appello anzitutto non ha condiviso il convincimento del Tribunale in ordine alla ritenuta nullità della CTU espletata sul valore della quota immobiliare oggetto della suddetta donazione, affermando che non si comprendeva la ragione per la quale la sentenza appellata, una volta rilevata detta nullità, non avesse provveduto a disporre la rinnovazione delle indagini peritali al fine di pervenire ad un risultato idoneo a dirimere la vertenza in ogni caso, pur espungendo la parte inerente al colloquio con gli amministratori pro tempore dell'immobile predetto, la CTU offriva un valido supporto alla decisione, essendo innegabile il rilevantissimo divario esistente tra il prezzo della vendita a C. V. della quota indivisa di un quinto dell'immobile ed il valore della medesima quale stimato dall'ausiliario lire 379.011.073 con riferimento al 1972, data della vendita, contro lire 40.000.000, prezzo in realtà corrisposto dal simulato acquirente , cosicché era evidente la natura simulata della vendita dissimulante in gran parte una donazione né poteva dubitarsi nella fattispecie dell 'animus donandi da parte della venditrice L.V. in favore di C. V., atteso che nessun vincolo l'aveva obbligata ad effettuare tale donazione al suddetto figlio adottivo. La Corte territoriale ha aggiunto che la costituzione di usufrutto da parte di C. V. in favore di L.V. con atto del 18-1-1973 sulla quota del quinto dell'intero edificio ceduto con il predetto atto di compravendita per il prezzo di lire 10.000.000, non solo non deponeva in senso contrario, ma anzi concretava la classica mossa tattica per stornare qualsiasi sospetto sulla gratuità dell'atto di alienazione. La sentenza impugnata, poi, ritenuto che si trattava di un negotium mixtum cum donatione , considerato che una parte almeno del valore dell'immobile era stato versato dall'acquirente, ha concluso per l'inefficacia nei confronti degli appellanti della vendita del 29-12-1972 limitatamente alla porzione di legittima spettante a questi ultimi, che avevano agito in riduzione della quota ereditaria assegnata al cugino C. V., poiché tale quota avrebbe leso il diritto del legittimario E.V., cui essi erano succeduti per rappresentazione. La Corte territoriale inoltre ha affermato che la domanda con la quale gli appellanti avevano chiesto anche l'inefficacia della successiva divisione del 1986 per la parte in cui aveva attribuito a C. V. per intero la quota spettante a L.V. o ai suoi aventi causa, trovava il suo fondamento nel fatto oggettivo che, una volta acquisita alla massa ereditaria la quota di legittima spettante ai germani V. sul quinto indiviso dell'immobile di via Borgonuovo n. 22, non era più possibile mantenere l'assegnazione a C. V. dell'intero quinto, che esauriva la quota già di spettanza di L.V. ovvero il lotto B del valore di lire 1.832.000.000 sul medesimo edificio, come risultava dal negozio a rogito Bignami del 1986. Avverso tale sentenza C. V. ha proposto un ricorso basato su quattro motivi cui E.C.V. e G.V. hanno resistito con controricorso introducendo altresì un ricorso incidentale affidato ad un unico motivo le parti hanno successivamente depositato delle memorie. Motivi della decisione Con riferimento al ricorso principale, si ritiene anzitutto di esaminare per ragioni di priorità logica e giuridica il secondo ed il terzo motivo. Tanto premesso, si osserva che con il secondo motivo C. V., deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 1414 e seguenti-2697-769-809 c.c. e 61 c.p.c. in relazione agli artt. 360 nn. 3-4 e 5 c.p.c., sostiene che la Corte territoriale ha ritenuto la natura simulata dell'atto di vendita del dicembre 1972 sulla base del mero divario tra il prezzo di vendita della quota indivisa ed il relativo valore di mercato stimato dal CTU in assenza di prova dell 'animus donandi anche nel negotium mixtum cum donatione , infatti, occorre che la parte alienante abbia voluto il trasferimento della proprietà allo specifico fine di arricchire l'acquirente della differenza tra il valore del bene ceduto e la minore entità del corrispettivo il ricorrente principale evidenzia che la suddetta vendita era stata voluta fin dall'origine con riserva di usufrutto, e che si era ritenuto di adottare lo schema della vendita della piena proprietà trattandosi di rapporto tra madre adottiva e figlio. La censura è infondata. Il giudice di appello ha dapprima evidenziato il rilevantissimo divario esistente tra il prezzo della vendita a C. V. della quota indivisa di un quinto dell'immobile in questione ed il valore della medesima quale stimato dal CTU lire 379.011.073 con riferimento al 1972, data della vendita, contro lire 40.000.000, prezzo effettivamente corrisposto dal simulato acquirente a conclusione di una indagine scrupolosa con la quale erano stati valutati tutti gli elementi rilevanti ai fini della stima del bene, quali lo stato dell'immobile, la sua ubicazione nel centro storico della città, le superfici di ogni singola unità immobiliare, l'applicazione dei coefficienti incrementativi per destinazione, il giardino, il pregio architettonico dell'edificio e così via la Corte territoriale ha quindi ritenuto nella fattispecie la sussistenza dell`animus donandi , consistente nella coscienza da parte del donante di compiere in favore del donatario una attribuzione patrimoniale in assenza di alcun vincolo giuridico o extragiuridico rilevante ex lege , considerato che nessun vincolo aveva obbligato la venditrice/donante ad effettuare tale donazione al figlio adottivo C. di qui la ritenuta natura simulata della suddetta vendita in quanto dissimulante in gran parte una donazione. Tale convincimento è corretto ed immune dai profili di censura sollevati dal ricorrente principale, posto che anzitutto non è sindacabile in tale sede l'accertamento di fatto compiuto dalla Corte territoriale sulla evidente sproporzione tra il valore della quota immobiliare oggetto della vendita suddetta ed il prezzo realmente corrisposto dall'acquirente, avuto riguardo alla articolata indagine in proposito effettuata dal CTU, i cui esiti sono stati logicamente fatti propri dalla sentenza impugnata né tali conclusioni possono essere infirmate dalla successiva costituzione di usufrutto da parte di C. V. in favore di L.V. in data 18-1-1973 sulla suddetta quota per il prezzo di lire 10.000.000, non potendo tale negozio avere alcuna incidenza sulla precedente vendita e sull'accertamento della sua natura simulata, indagine da svolgere, come in effetti avvenuto, autonomamente con riferimento al tempo in cui era stata stipulata. Neppure è censurabile la ritenuta ricorrenza dell animus donandi , considerato che tale requisito può essere legittimamente desunto dall'insussistenza di un qualsiasi vincolo di carattere giuridico che potesse giustificare la suddetta sproporzione tra le rispettive prestazioni delle parti potendosi comunque ritenere presuntivamente provato lo spirito di liberalità, tipico della dissimulata donazione, proprio tramite la verifica della originaria sproporzione tra le prestazioni, vedi al riguardo Cass. 25-3-2013 n. 7479 , con la conseguenza che solo lo spirito di liberalità poteva logicamente sorreggere l'arricchimento di cui aveva beneficiato C. V. per aver ottenuto una attribuzione patrimoniale di valore notevolmente superiore al prezzo corrisposto in tal senso la consapevolezza da parte di L.V. della sproporzione tra le rispettiva prestazioni e la sua volontà di accettare tale sproporzione quale mezzo per arricchire il figlio adottivo C. della differenza tra il valore reale della quota immobiliare venduta e la ridotta entità del corrispettivo ricevuto, ben poteva essere desunta dagli stretti rapporti di parentela esistenti tra le parti. Con il terzo motivo il ricorrente principale, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 61-191 e 194 c.p.c. in relazione al'art. 360 nn. 3-4 e 5 c.p.c., dopo aver riportato le motivazioni della sentenza di primo grado riguardo alla ritenuta nullità relativa della CTU, reputa erronea l'assunzione delle censurate conclusioni di tale relazione peritale poste a base dei convincimento espresso dalla Corte territoriale. Il motivo è infondato. Il giudice di appello ha premesso che non era comprensibile la ragione per la quale il giudice di prime cure, una volta ritenuta la nullità della CTU, non avesse disposto il rinnovo della stessa per poter comunque decidere la controversia avvalendosi dei necessari elementi oggetto di indagine peritale ha poi aggiunto che comunque, pur espungendo la parte della relazione tecnica inerente al colloquio con gli amministratori pro tempore dell'immobile cui si riferiva la quota oggetto della vendita del 29-12-1972, la CTU offriva un valido supporto per la decisione orbene tali statuizioni non sono state oggetto di alcuna censura da parte del ricorrente principale, che invero si è limitato in ammissibilmente a riportare le motivazioni della sentenza di primo grado sul punto, senza minimamente sindacare le argomentazioni svolte in proposito dalla Corte territoriale. Con il primo motivo C. V., denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 537-554 555-556-558-559-723-769-1414 e seguenti e 2697 c.c., 100-112-113-183 e 184 c.p.c. in relazione all'art. 360 nn. 3-4 e 5 c.p.c., assume che le controparti nel giudizio di primo grado, pur avendo agito per l'accertamento della natura simulata della vendita del 29-12-1972 in quanto in realtà sarebbe stata posta in essere una donazione, nonché per la riduzione della donazione lesiva della loro quota di legittima, non avevano mai offerto la prova della entità della lesione di tale quota di legittima secondo le modalità di cui agi artt. 553 e seguenti c.c. essi infatti non avrebbero dovuto considerare l'oggetto della presunta donazione come l'unico bene per determinare la porzione disponibile e la quota di riserva in favore dei figli legittimi, avendo riconosciuto che L.V. aveva disposto con le sue ultime volontà di altri beni a favore di terzi, ed aveva lasciato un cospicuo patrimonio del quale avevano beneficiato E.C.V. e G.V. il ricorrente principale evidenzia che l'imprescindibile presupposto dell'azione di riduzione è costituito dalla riunione fittizia di tutti i beni ereditari al fine di accertare l'eventuale sussistenza ed entità della lesione della legittima, e che tale riunione fittizia non era mai stata richiesta dalle controparti aggiunge che nel corso del giudizio l'esponente aveva sempre eccepito l'improcedibilità o l'inammissibilità dell'azione di riduzione proprio per la mancanza dell'operazione della riunione fittizia, indicando anche i beni ereditari. Il ricorrente principale rileva anche che in un documento redatto dai coeredi il 21-10-1996, pochi giorni dopo la morte la morte di L.V., C. V., E. V. e G.V. avevano dichiarato di aderire alla volontà della defunta di distribuire i legati con liquidità intestata a terzi e di concordare sulla ripartizione degli arredi e degli oggetti personali senza indicare gli importi dei legati, i nomi dei beneficiari, né la specificazione degli arredi e degli oggetti personali ebbene la voluta indeterminatezza di tali elementi era la conseguenza della insussistenza di un problema di lesione di legittima per atti di liberalità della de cuius . II motivo è fondato. La Corte territoriale, una volta accertata la simulazione della vendita conclusa tra L.V. e C. V. il 29-12-1972 - in quanto dissimulante una donazione - limitatamente al valore di lire 339.011.073 con riferimento al dicembre 1972, ha ritenuto inefficace nei confronti degli appellanti la suddetta vendita limitatamente alla porzione di legittima ad essi spettanti, in accoglimento della domanda di riduzione delle disposizioni lesive di tale quota di legittima. Orbene per giungere a tale conclusione sarebbe stato imprescindibile sotto il profilo logico - giuridico, ai fini dell'accertamento dell'effettiva lesione della quota di riserva, formare ai sensi dell'art. 556 c.c. una massa di tutti i beni appartenenti alla defunta al tempo della morte infatti la norma ora menzionata è preordinata alla determinazione della porzione spettante al legittimario sull'attivo netto del patrimonio del defunto, composto dai beni da lui lasciati e da quelli dei quali abbia disposto a titolo gratuito con atti inter vivos in altri termini per accertare la lesione della quota di riserva deve essere determinato il valore della massa ereditaria, quello della quota disponibile e quello della quota di legittima in tale contesto occorre quindi procedere alla formazione dell'asse ereditario ed alla determinazione dei suo valore al momento dell'apertura della successione, poi alla detrazione dal relictum dei debiti, ed alla riunione fittizia, ovvero meramente contabile, tra attivo e donatum , costituito dai beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione, da stimare, in relazione ai beni immobili ed ai beni mobili, secondo il loro valore al momento dell'apertura della successione artt. 747 e 750 c.c. , e con riferimento al valore nominale, quanto alle donazioni in denaro art. 751 c.c. infine si determinano la quota disponibile e la quota indisponibile sulla massa risultante dalla somma tra il valore del relictum al netto dei debiti ed il valore del donatum . La sentenza impugnata, invece, ha del tutto pretermesso tale indagine, peraltro necessaria ai fini della determinazione della quota disponibile e di quella di legittima, pervenendo ad una declaratoria di inefficacia della compravendita del 29-12-1972 sulla base del semplice accertamento della natura simulata di essa in quanto dissimulante un negotium mixtum cum donazione , mentre è evidente che l'azione di simulazione da parte del legittimario di una vendita dissimulante una donazione è finalizzata proprio alla riduzione delle disposizioni lesive della sua quota di legittima, quindi anche delle donazioni ai sensi dell'art. 555 c.c., e che la fondatezza o meno dell'azione di riduzione è legata necessariamente alla determinazione della porzione disponibile ex art. 556 c.c. Con il quarto motivo C. V., deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 561 e 1148 c.c. in relazione all'art. 360 nn. 3-4 e 5 c.p.c., censura la sentenza impugnata per aver accertato il diritto delle controparti ai frutti prodotti dal bene oggetto della pretesa donazione intercorsa tra L.V. e C. V., con conseguente accertamento dell'obbligo di rendiconto a carico dell'esponente con decorrenza dalla data del rogito del dicembre 1972 invero la Corte territoriale, avendo dichiarato il diritto degli appellanti a conseguire il valore dei beni, accertato nella quota loro destinata in lire 113.003.691 al 29-12-1972, con rivalutazione decorrente da questa data, non poteva affermare l'obbligo dell'appellato a corrispondere i frutti, che peraltro erano stati regolarmente percetti da L.V. in ogni caso l'eventuale obbligo di corresponsione dei frutti non avrebbe potuto decorrere prima della domanda giudiziale, essendo l'esponente possessore di buona fede. Il motivo è inammissibile. Invero la Corte territoriale ha affermato che la domanda degli appellanti volta ad ottenere il rendiconto da parte di C. V. non poteva essere decisa, attesa l'assenza di istruttoria in proposito, ed ha disposto al riguardo come da separata ordinanza per il prosieguo del giudizio pertanto su tale domanda non è stata emessa alcuna statuizione di natura decisoria suscettibile di impugnazione in questa sede. Venendo quindi all'esame del ricorso incidentale, si rileva che E.C.V. e G.V. con l'unico motivo formulato, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 556 e 747 c.c. in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., censurano la sentenza impugnata per aver fatto riferimento, per determinare il loro credito nei confronti del donatario C. V., al valore dell'immobile nell 1972 in realtà, in caso di riduzione delle donazioni, detto valore deve essere rapportato al tempo dell'apertura della successione. Tale motivo resta assorbito all'esito dell'accoglimento del primo motivo del ricorso principale. In definitiva la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione all'accoglimento del primo motivo del ricorso principale, e la causa deve essere rinviata anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano. P.Q.M. La Corte Accoglie il primo motivo del ricorso principale, rigetta il secondo ed il terzo, dichiara inammissibile il quarto, dichiara assorbito il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.