Marito violento, moglie scappa di casa: separazione inevitabile, e addebitabile a lui

Decisiva la bestiale condotta dell’uomo, capace di procurare gravi lesioni personali alla moglie. Rilevante anche il fatto che i maltrattamenti siano collocati, temporalmente, in un periodo assai prossimo alla crisi coniugale che poi è culminata con la separazione.

Violenza intollerabile, quella sulle donne, a maggior ragione se, come capita spesso, praticata all’interno delle mura domestiche. Legittima, e comprensibile, quindi, la scelta della moglie che, di fronte ai maltrattamenti subiti ad opera del marito, abbandona la residenza familiare. Di conseguenza, la condotta violenta è da considerare come la causa principale della crisi coniugale, culminata poi con la separazione. E ciò conduce, ovviamente, ad addebitare proprio al marito la ‘rottura’ della famiglia Cass., ordinanza n. 24830/2014, Sezione Sesta Civile, depositata oggi . Convivenza insostenibile Netta la posizione assunta dai giudici di merito, una volta ufficializzata la separazione dei coniugi in sostanza, la ‘rottura’ è da addebitare all’uomo, per i maltrattamenti perpetrati ai danni della moglie. Allo stesso tempo, viene anche deciso l’affidamento congiunto dei due figli – la figlia presso la madre e il figlio presso il padre –, e vengono stabiliti, a carico dell’uomo, un assegno di mantenimento di 600 euro in favore della moglie e un assegno di 300 euro a titolo di contributo al mantenimento della figlia . Scontata, ovviamente, la reazione dell’uomo, che contesta praticamente tutti i ‘paletti’ fissati dai giudici di merito, a partire dell’ addebito della separazione. Ma ogni obiezione si rivela assolutamente risibile. Difatti, su tutto, viene confermata l’attribuzione di ogni responsabilità all’uomo per la ‘rottura’ della coppia decisiva non solo la constatazione del comportamento violento da lui tenuto, e tale da provocare gravi lesioni personali alla coniuge , ma anche la collocazione temporale di tale condotta, concretizzatasi in un periodo assai prossimo alla crisi coniugale che ha portato alla separazione . In sostanza, è logico ritenere che la intollerabilità della prosecuzione della convivenza sia strettamente connessa al comportamento violento dell’uomo. Per quanto concerne, invece, i rapporti economici post separazione, vengono ribaditi gli obblighi previsti per l’uomo alla luce delle proprietà immobiliari , delle disponibilità finanziarie , del profilo professionale e del tenore di vita , si può ritenere largamente sottostimato il reddito di 2mila-3mila euro dichiarato in giudizio dall’uomo.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 4 – 21 novembre 2014, n. 24830 Presidente Di Palma – Relatore Bisogni Fatto e diritto Rilevato che in data 31 luglio 2014 è stata depositata relazione ex art. 380 bis c.p.c. che qui si riporta 1. Il Tribunale di Velletri, con sentenza del 7 aprile 2010, ha dichiarato la separazione dei coniugi F.V. e S.M. con addebito al marito. Ha affidato congiuntamente ai genitori i figli fissando la residenza della figlia G. presso la madre e del figlio A. presso il padre. Ha posto a carico di quest'ultimo un assegno di mantenimento di 600 euro in favore della M. e un assegno di 300 euro a titolo di contributo al mantenimento della figlia con decorrenza dalla data di deposito della sentenza. 2. Contro la decisione del Tribunale ha proposto appello F.V. chiedendo la revoca dell'addebito della separazione e la pronuncia di addebito a carico della moglie. Ha inoltre chiesto la revoca dell'assegno di mantenimento in favore della moglie e la riduzione del contributo al mantenimento della figlia. Ha proposto appello incidentale la M. per ottenere la anticipazione della decorrenza degli assegni dalla data del ricorso per separazione. 3. La Corte di appello di Roma ha accolto l'appello incidentale e respinto quello principale. 4. Ricorre per cassazione F.V. deducendo a omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti violazione e falsa applicazione degli artt. 143 e 151 c.c., in relazione alla pronuncia di addebito b omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, in relazione alla mancata pronuncia di addebito a carico della M. c omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, in relazione alla conferma della decisione sull'assegno di mantenimento e all'accoglimento dell'appello incidentale. 5. Non svolge difese S.M. Ritenuto che 6. Il ricorso appare inammissibile e in ogni caso infondato. Il primo motivo ripropone, nonostante la deduzione di violazione di legge, una critica al merito della decisione riguardante l'addebito e non indica chiaramente quale sia il fatto decisivo non esaminato dalla Corte di appello. Analoghe considerazioni possono farsi quanto al secondo motivo. Per entrambi va in ogni caso rilevato che la valutazione della Corte di appello si è basata sul comportamento violento del ricorrente che ha provocato gravi lesioni personali al coniuge. La vicinanza di tali ultimi accadimenti lesivi con la crisi coniugale che ha portato alla separazione ha indotto la Corte di appello a ritenere l'ascrivibilità ad essi della intollerabilità della prosecuzione della convivenza. Quanto ai comportamenti della M. che la Corte distrettuale non avrebbe valutato si rileva che con riferimento al fatto specifico denunciato dal ricorrente la motivazione della sentenza impugnata mette in rilievo che si è trattato di un episodio successivo all' allontanamento della M. dalla residenza familiare causato dalla pregressa condotta violenta del marito. 7. Il terzo motivo di ricorso non indica chiaramente quale fatto decisivo per il giudizio non sarebbe stato adeguatamente valutato dalla Corte distrettuale, assume una falsa ratio decidendi e postula una erronea interpretazione normativa e cioè l'avere la Corte di appello erroneamente addebitato la separazione al ricorrente come presupposto per il riconoscimento del diritto al mantenimento . Va inoltre rilevato che la motivazione della Corte di appello si basa su una serie di considerazioni sulle proprietà immobiliari, sulle disponibilità finanziarie, sul profilo professionale e sul tenore di vita del ricorrente dalle quali ha desunto che il reddito dichiarato in giudizio di 2.000-3.000 euro mensili è largamente sottostimato. Inoltre la Corte di appello ha rilevato la indeterminatezza e la mancanza di prova delle deduzioni del ricorrente sul peggioramento negli anni delle sue condizioni economiche. Il mero riferimento nel terzo motivo del ricorso per cassazione a produzioni documentali attinenti alla dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà relativa all'esenzione dall'obbligo della dichiarazione dei redditi relativamente alla qualità di amministratore unico della società Cesvo Costruzioni, agli estratti conto bancari e ai bilanci della società non può considerarsi idoneo ad attribuire ammissibilità all'impugnazione ex art. 360 n. 5 c.p.c. sia sotto il profilo della specificità e della decisività del fatto asseritamente oggetto di omessa valutazione sia sotto il profilo del requisito di autosufficienza del ricorso. 8. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l'impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per la dichiarazione di inammissibilità o eventualmente per il rigetto del ricorso. La Corte condivide tale relazione e pertanto ritiene che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile senza alcuna statuizione sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese del giudizio di cassazione. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell'art. 13, comma 1 bis, dello stesso articolo 13.