L’interesse dei figli prima di tutto: in Italia e all’estero grazie alla residenza abituale

Il fondamentale principio ispiratore della normativa minorile è quello della prevalenza dell’interesse del figlio su ogni altro interesse giuridicamente rilevante che può porsi in contrasto, sia nel caso in cui occorra comprimere proporzionalmente diritti di pari rango e costituzionalmente garantiti, che nel caso in cui occorra disattendere il sistema di cooperazione giudiziaria tra gli stati membri UE.

La fattispecie due pronunce a confronto. Il Tribunale di Torino - sez. VII Civile, decreto 8 ottobre 2014 - ha rigettato l’istanza di una madre, ex convivente di fatto, che chiedeva di essere autorizzata al trasferimento della residenza dei figli minori dal capoluogo ove risiedeva abitualmente con i figli, in Sardegna ove ella dichiarava, senza adeguate allegazioni documentali, di aver ottenuto una stabile occupazione lavorativa occupazione che, invece, non possedeva nella città di residenza attuale. Il padre si opponeva all’anzidetta istanza rilevando che il trasferimento di residenza non corrispondeva all’interesse dei minori, i quali avrebbero perso la loro rete di amici e di conoscenze, sarebbero stati sradicati dall’ambiente scolastico frequentato e avrebbero con difficoltà mantenuto un adeguato rapporto con il padre, con i nonni paterni e con i cugini con i quali, peraltro, avevano instaurato da anni un ottimo rapporto. Premesso che il luogo di residenza abituale dei minori deve essere scelto dai genitori di comune accordo, il tribunale di Torino ha gestito il conflitto insorto richiamandosi al principio della prevalenza dell’interesse dei minori che si sostanzia nel diritto ad uno sviluppo armonico della loro personalità e che, nel caso di specie, riguarda il diritto a conservare un rapporto significativo e continuativo con l’altro genitore, il quale potrebbe essere compromesso dallo spostamento della residenza e dall’allontanamento da quello che è il centro degli affetti e degli interessi del minore. Pertanto, sebbene la scelta della residenza da parte del genitore collocatario costituisce l’esercizio di un diritto di libertà garantito dall’art. 16 Cost., questo deve essere bilanciato e proporzionalmente costretto ove il trasferimento dell’abituale residenza non sia in grado di garantire il soddisfacimento del diritto del minore come sopra enunciato. Agli stessi principi si è attenuto anche il Tribunale di Vercelli - sez. I Civile, decreto 23 luglio 2014 - il quale, facendo leva sul concetto di residenza abituale del minore, così come richiamato dal regolamento CE 2201/03 il quale stabilisce le autorità giurisidizionali di uno Stato membro sono competenti per le domande relative alla responsabilità genitoriale su un minore, se il minore risiede abitualmente in quello Stato membro alla data in cui sono aditi , non ha accolto l’istanza di un padre che chiedeva l’attuazione della disciplina di visita dettata dal Tribunale di Zalau Romania nei confronti del minore abitualmente residente in Italia. Il Tribunale di Vercelli, al pari di quello di Torino, ha fatto quindi prevalere l’interesse superiore del figlio che viene tutelato, oltre che dalla convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20.11.1989, ratificata in Italia dalla legge 176/91, anche da disposizioni sovraordinate rispetto al regolamento 2201/03 il quale, peraltro, prevede specificatamente l’opportunità secondo la quale le regole di competenza in materia di responsabilità genitoriale accolte nel presente regolamento si informino all’interesse superiore del minore e in particolare al criterio di vicinanza . Infatti, solo il Giudice ove il minore risiede è in grado, meglio di qualunque altro Tribunale, di acquisire tutti quegli elementi che consentono di comprendere in modo pieno le esigenze del minore ed è quindi l’autorità più idonea ad emanare quei provvedimenti necessari a tutelare l’interesse del minore e a garantire, per quanto possibile, un armonico sviluppo della sua personalità. Residenza abituale e centro degli affetti come interesse superiore del minore . La residenza abituale del minore, intesa come luogo in cui questi ha stabilito la sede prevalente dei suoi interessi ed affetti, costituisce uno degli affari essenziali” per la vita del fanciullo. La residenza, quindi, non deve essere intesa solo in senso puramente anagrafico, ma diviene il modo, prima ancora del luogo, con il quale si cerca di garantire al minore, anche in una situazione di disgregazione del nucleo familiare, un equilibrato ed armonico sviluppo della sua personalità. Ciò può avvenire solo tramite il consolidamento di quelle certezze e di quei presupposti che consentono al minore di mantenere un rapporto significativo e continuativo con entrambi i genitori, con i suoi affetti più cari e con le sue abitudini di vita che, inevitabilmente, ruotano attorno alla sua casa, ovvero al centro della sua esistenza e quotidianità. La residenza diviene quindi lo strumento con cui si garantisce un rapporto continuativo al minore con tutti i suoi affetti e ne consegue che il diritto, altrettanto garantito e costituzionalmente riconosciuto, del genitore di spostarla viene inevitabilmente e proporzionalmente ridimensionato di fronte alla necessità e all’interesse del fanciullo, ritenuto universalmente superiore e degno, sempre e comunque, della massima tutela, di mantenere i suoi attaccamenti. Ciò vale anche nei rapporti con altri Stati e con altre giurisdizioni ove la residenza diviene mezzo e parametro per valutare e conoscere le esigenze del bambino, le sue abitudini, le sue necessità e strumento di tutela del preminente interesse del minore. In base a questa, pertanto, deve essere determinata la competenza e la giurisdizione dell’autorità più idonea a dettare e ad applicare la disciplina ai genitori in conflitto, anche quando la sua determinazione comporta una disattesa del sistema di cooperazione giudiziaria tra gli stati membri UE.

Tribunale di Torino, sez. VII Civile, decreto 8 ottobre 2014 Presidente Castellani – Relatore Audisio Motivi della decisione Con ricorso depositato il 30.7.2014 la sig.ra X esponeva di avere convissuto fino all’ottobre 2012 con il sig. Y e che da tale unione erano nati i figli in data 2006 e in data 2008 . La ricorrente rilevava, inoltre, che dal momento in cui il compagno si era allontanato dalla casa coniugale ella non aveva reperito che lavori stagionali e il sig. Y aveva contribuito solo in modo occasionale alle necessità dei minori, che neppure frequentava regolarmente. In tale situazione di precarietà economica, la ricorrente esponeva di aver ottenuto una seria proposta lavorativa presso una pizzeria in Sardegna, nella propria terra di origine e domandava, conseguentemente, di essere autorizzata a trasferire la propria residenza in presso i propri genitori, con previsione dell’affidamento condiviso dei minori e collocazione prevalente degli stessi presso la madre chiedeva, inoltre, che fosse stabilito un preciso calendario di visite padre/figli e che il sig. Y fosse dichiarato tenuto a contribuire al mantenimento dei figli minori mediante il versamento di un contributo di 500,00 mensili, rivalutabile annualmente secondo gli indici ISTAT, oltre al pagamento del 50% delle spese mediche non coperte dal SSN, scolastiche, ricreative e sportive dei figli. Si costituiva in giudizio il convenuto, opponendosi al trasferimento dei figli minori in Sardegna e rilevando che il detto trasferimento avrebbe costituito serio nocumento per i minori, che avrebbero perso la loro rete di amici e di conoscenze. Il convenuto concludeva chiedendo, in via istruttoria, lo svolgimento di indagine sociale al fine di valutare quale potesse essere l’ambiente più idoneo per la crescita dei minori, dichiarandosi concorde nel prevedere l’affidamento condiviso dei minori ad entrambi i genitori con collocazione prevalente presso la madre e determinazione di un contributo di mantenimento a proprio carico ed in favore dei minori di € 300,00 mensili, oltre il 50% delle spese extra. All’udienza in data 25.9.2014 comparivano entrambi i genitori ed il convenuto formulava una proposta conciliativa, prevedente il mantenimento della residenza dei minori in TO e un contributo di mantenimento per gli stessi a carico del padre di € 500,00 mensili, oltre il 100% delle spese extra. Veniva, quindi, disposto un rinvio onde consentire alla ricorrente di valutare la proposta conciliativa. La proposta suddetta non veniva accettata dalla ricorrente e, pertanto, all’udienza in data 8.10.2014 il Giudice Relatore interrogava liberamente le parti e, all’esito, i procuratori delle stesse insistevano nelle conclusioni già formulate in atti. Il Giudice Relatore si riservava di riferire al Collegio. Il Collegio, ritenuta la propria competenza ai sensi dell’art. 38 disp. att. c.c. come modificato dall’art. 3 della Legge n. 219/2012, osserva quanto segue. La questione portata dalla ricorrente all’attenzione del Tribunale è, principalmente, quella inerente la richiesta della sig.ra X – la cui convivenza con il convenuto è cessata da circa due anni - di trasferirsi, insieme ai figli minori . da TO presso il Comune di , provincia in Sardegna. La richiesta di trasferimento della residenza è fondata dalla ricorrente sulla circostanza che ella avrebbe reperito un posto di lavoro come cameriera presso una pizzeria in Serramanna, con orario inizialmente indicato dalle 17,00 alle 24,00 e da ultimo fissato dalle 10,00 alle 16,00 e retribuzione di poco meno di € 1.000,00 mensili. Al contrario, in TO ella non avrebbe reperito stabile occupazione lavorativa, trovando solo impieghi stagionali, che non le consentivano di godere di redditi stabili. Il sig. Y si è opposto alla richiesta di trasferimento dei minori, rilevando come in caso di accoglimento della domanda della ricorrente, i figli sarebbero sradicati dall’ambiente sociale e scolastico frequentato, con notevoli difficoltà a mantenere un adeguato rapporto con il padre, senza contare che in Sardegna vi sarebbero solo gli anziani genitori della sig.ra X a darle una mano con i figli, mentre a TO vi sono i nonni paterni, nonché la sorella della ricorrente, che è madre di due bambini di età prossima a quella dei figli delle parti e con i quali questi ultimi hanno un ottimo rapporto. Ciò posto ed al fine di inquadrare giuridicamente la problematica posta dalla fattispecie concreta, occorre rilevare che nell’ambito della recente riforma del diritto di famiglia e, più in particolare, della disciplina della filiazione, introdotta dalla legge n. 219/2012 e dal successivo decreto legislativo n. 154/2013, è stato esplicitamente previsto con riferimento alla questione circa la scelta della residenza abituale dei minori ed in linea con il dizionario europeo che include nella nozione di affidamento” la scelta condivisa circa il luogo di residenza abituale del minore che la residenza abituale del fanciullo è scelta dai genitori di comune accordo” artt. 316 c.c. e 337 ter comma terzo c.c. e in caso di disaccordo la scelta è rimessa al Giudice. La residenza abituale del minore, intesa come luogo in cui questi ha stabilito la sede prevalente dei suoi interessi e affetti, costituisce, dunque, anche per espresso richiamo normativo, uno degli affari essenziali arg., ex art. 145, comma II, cod. civ. per la vita del fanciullo. Il luogo di residenza abituale dei minori, pertanto, deve essere stabilito dai genitori di comune accordo art. 316, comma I cod. civ. . Trattandosi di una delle questioni di maggiore importanza per la vita del minore, anche in caso di disgregazione del nucleo familiare la scelta della residenza abituale deve essere assunta di comune accordo da padre e madre art. 337-bis, comma III, cod. civ. e ciò pure là dove sia stato fissato un regime di affidamento monogenitoriale art. 337- quater, comma III, cod. civ. . In caso di disaccordo, è dato ricorso al giudice non è, cioè, ammissibile una decisione unilaterale del singolo genitore, salvo il caso eccezionale dell’affidamento monogenitoriale con concentrazione delle competenze genitoriali cd. affido esclusivo rafforzato art. 337-quater, comma III, c.c. v., Trib. Milano, sez. IX civ., ordinanza 20 marzo 2014 . La normativa sopra richiamata si inserisce, come detto, nell’ambito della novella legislativa di cui alla legge n. 219/2012, il cui fondamentale principio ispiratore è quello della prevalenza dell’interesse del figlio, specie se minore, su ogni altro interesse giuridicamente rilevante che vi si ponga in contrasto pertanto le disposizioni in esame devono essere interpretate ed applicate in conformità al principio sopra evidenziato. Conseguentemente, sebbene la scelta della residenza da parte del genitore collocatario costituisca l'esercizio di un diritto di libertà garantito dall'art. 16 della Costituzione, deve rilevarsi che rispetto a tale diritto l'altro genitore può opporre ragioni direttamente collegate all'interesse della prole, come nel caso di un evidente ostacolo all'esercizio del proprio diritto di visita, ed il Giudice dovrà valutare, nella persistenza del disaccordo fra i genitori, se il trasferimento di residenza dei minori si ponga o meno in contrasto con l'interesse degli stessi ad un equilibrato ed armonico sviluppo della personalità, che si sostanzia anche nel diritto a conservare un rapporto significativo e continuativo con l'altro genitore, che potrebbe essere compromesso dal trasferimento della prole in un luogo distante dalla residenza del genitore non collocatario o, comunque, non facilmente raggiungibile. Invero, il diritto di un genitore di spostare la propria residenza insieme al figlio, pur trattandosi di diritto di rilievo costituzionale, deve essere bilanciato con il diritto del minore di pari rango costituzionale ad una sana crescita e ad uno sviluppo armonico della personalità, nonché a mantenere, pur in caso di disgregazione della famiglia, equilibrati ed adeguati contatti e rapporti con entrambi i genitori. Con la conseguenza che il diritto del genitore di trasferire la propria residenza insieme al figlio può trovare tutela giudiziale solo ove il trasferimento suddetto garantisca il soddisfacimento del diritto del minore come sopra evidenziato. Ebbene, fatte tali premesse circa i criteri che devono guidare il Tribunale nella decisione circa la determinazione della residenza del minore, occorre osservare come, nella specie, sia emerso in giudizio che l’unico motivo fondante la richiesta della ricorrente di trasferirsi con i figli in Sardegna sia connesso al reperimento di un impiego lavorativo dotato di maggiore stabilità rispetto a quelli ottenuti, negli anni, nella zona di TO . Peraltro, la proposta di lavoro suddetta appare assai genericamente formulata, per come risulta dal documento prodotto dalla ricorrente, in cui si dà unicamente atto da parte del titolare . ” di di avere intenzione di assumere la sig.ra X come cameriera, senza la specificazione del corretto inquadramento contrattuale, senza l’indicazione che l’assunzione sarebbe a tempo indeterminato, senza la specificazione dell’importo della retribuzione offerta e, infine, con un orario di lavoro che sarebbe mutato nel corso del tempo passando da un orario serale come indicato nel documento 7 della ricorrente ad un orario mattutino/pomeridiano per come riferito dalla ricorrente all’udienza di comparizione personale delle parti. Inoltre, va sottolineato che tale proposta lavorativa non appare di natura consistentemente migliore, anche dal punto di vista retributivo, rispetto ai vari impieghi reperiti negli anni dalla ricorrente nella località in cui attualmente vive, avendo ella ha sempre lavorato come cameriera, barista, aiuto cuoco o commessa, sebbene con contratti a tempo determinato percependo, inoltre, nei periodi di interruzione dal lavoro, l’indennità di disoccupazione . A fronte, poi, di tale generica proposta lavorativa, numerosi appaiono, al contrario, gli elementi pregiudizievoli rispetto agli interessi dei minori connessi al trasferimento in Sardegna, tenuto conto, sotto diverso profilo, che, da quanto concordemente riferito dalle parti all’udienza di comparizione personale, attualmente il padre incontra regolarmente i figli a fine settimana alternati e in settimana, accordandosi con l’ex convivente, ha con loro un importante legame affettivo e rappresenta per gli stessi una figura genitoriale presente e positiva. Va poi osservato che i minori vivono con la madre in un’abitazione messa gratuitamente a disposizione dai nonni paterni, con i quali risultano avere normali rapporti e contatti e frequentano altresì regolarmente i figli della sorella della ricorrente, di età simile. E’ evidente, dunque, che il trasferimento in Sardegna, in un comune sito all’interno dell’isola creerebbe, da un lato, un consistente ostacolo alla regolare e continuativa frequentazione del padre con i minori, essendo il sig. X impegnato, soprattutto in inverno, con il lavoro di , in particolare nei periodi di vacanza e nei fine settimana quando i minori sono più liberi da impegni scolastici , con concrete difficoltà a poter recarsi in Sardegna a far visita regolarmente ai figli non rispondendo, ovviamente, agli interessi dei minori, prevedere, nel corso del periodo scolastico, che gli stessi rientrino in dalla Sardegna per i soli due giorni del fine settimana . Dall’altro lato, i minori verrebbero sradicati dal proprio mondo di affetti ed amicizie, non potendo continuare a coltivare i rapporti attualmente quotidiani con i nonni, i cugini e gli amici esistenti, data la notevole distanza fra la residenza attuale e la Sardegna, essendo altresì costretti ad inserirsi in nuovi contesti scolastici, con le connesse conseguenti difficoltà, in particolare, per che ha manifestato problemi di ed è attualmente seguita, per quanto riferito dai genitori, presso il Servizio di Psicologia di , necessitando altresì di un insegnante di sostegno a scuola. Il trasferimento in Sardegna determinerebbe, come è ovvio, il venir meno dell’incarico al Servizio psicologico, e, pertanto, il rapporto, già avviato, con le figure di riferimento per la minore presso tale Servizio, con la necessità di avviare un nuovo percorso con diversi specialisti e con la concreta possibilità di una, quanto meno, temporanea regressione dei risultati raggiunti per il superamento delle difficoltà della bambina. D’altronde la stessa ricorrente non ha allegato che l’ambiente di vita ove stanno crescendo i minori sia pregiudizievole per gli stessi, né ha affermato che in i figli godrebbero di risorse affettive e di un contesto sociale maggiormente arricchenti per i figli. In tale complessiva situazione, valutati gli elementi addotti dalla ricorrente a sostegno della propria richiesta, nonché le obiezioni evidenziate dal convenuto, ritiene, dunque, il Collegio che sia maggiormente rispondente all’interesse dei minori rimanere nel contesto sociale ed abitativo in cui sono fino ad ora cresciuti, potendo, in questo modo, mantenere equilibrati e continuativi rapporti con entrambi i genitori e coltivare le relazioni con i parenti e la rete amicale già in essere, e potendo, inoltre, la figlia continuare ad essere seguita, per i problemi di , presso il Servizio di Psicologia che già conosce la sua situazione. In definitiva, pertanto, non può che essere rigettata la richiesta della ricorrente di autorizzazione al trasferimento di residenza con i figli minori in Sardegna. Così decisa tale preliminare questione, occorre ora esaminare le domande inerenti l’affidamento dei minori, la collocazione degli stessi, la frequentazione con il genitore non collocatario ed il mantenimento. In merito, deve preliminarmente osservarsi che, in tema di affidamento di figli nati fuori dal matrimonio, la legge 54/06, dichiarando applicabili ai relativi procedimenti le regole da essa introdotte in materia di separazione personale e divorzio, ha espresso, per tale aspetto, un’evidente equiparazione della posizione dei figli dei genitori non coniugati a quelli dei figli nati dal matrimonio, senza che alcun rilievo assuma la forma del rito camerale previsto Cass. 30.10.2009 n. 23032 , assimilazione del resto confermata dalla attribuzione dei procedimenti in questione, ex legge 219/12, al Tribunale Ordinario. Ne deriva che l’impianto normativo di cui alla citata legge 54/06 sull’esercizio della potestà - oggi responsabilità, a seguito dell’entrata in vigore del D. L.vo 154/13 - e sull’affidamento condiviso, in caso di crisi della coppia genitoriale, ha riplasmato gli artt. 155 e ss. c.c., onde le misure applicabili - sia sotto i citati profili quanto sotto il profilo economico - risultano essere state in tal senso modificate ed oggi ulteriormente aggiornate, quanto alla soluzione dei confitti sull’esercizio della responsabilità genitoriale, a seguito del D. L.vo 154/13, con la previsione normativa di cui agli artt. 316 e 337 bis e segg. c.c. Va altresì premesso che la normativa di cui alla legge 54/2006 prevede l’affidamento dei figli minori ad entrambi i genitori quale regola generale, derogabile solo laddove tale affidamento sia contrario agli interessi dei minori e ciò in considerazione del primario interesse dei figli a continuare ad avere stabili rapporti sia con il padre che con la madre, i quali devono entrambi farsi carico delle responsabilità inerenti alla prole e all’educazione di essa. Ciò posto e con riferimento alla specifica vicenda in esame si osserva che l’affidamento dei figli minori va disposto con modalità condivisa e con collocamento prevalente dei minori presso la madre nel luogo di attuale residenza, essendo questa la soluzione che le parti hanno già spontaneamente attuato dalla fine della convivenza circa due anni or sono e rappresentando la sig.ra X il riferimento genitoriale principale per i figli. Avuto riguardo a quanto sopra stabilito, deve disporsi che i minori mantengano la residenza anagrafica e la dimora abituale presso la madre nel luogo di attuale residenza. Per quanto concerne la frequentazione padre-minori, va disposto che il sig. Y possa incontrare e tenere con sé i figli secondo accordi tra i genitori, da stabilirsi in ragione delle loro esigenze di lavoro e comunque tenendo prioritariamente conto degli interessi dei minori, individuando il Tribunale come adeguate, per il caso di mancato accordo tra le parti, le modalità e i tempi specificati in dispositivo e sostanzialmente ricalcanti i criteri già attualmente applicati dai genitori. Passando agli aspetti economici, ciascun genitore deve provvedere alle esigenze dei figli quando li tiene con sé e, in considerazione dei redditi delle parti e della loro situazione patrimoniale quali risultano dalle dichiarazioni e dalla documentazione agli atti la sig.ra X vive con i figli in casa messale gratuitamente a disposizione dai genitori dell’ex convivente e lavora, non in modo continuativo, in qualità di cameriera con contratti a tempo determinato e retribuzione contenuta, il sig. Y gestisce , presso il quale dimora e risulta percepire all’incirca € 28.000/30.000,00 netti annui, per quanto dal medesimo dichiarato all’udienza in data 8.10.2014 , tenuto altresì conto dei periodi di permanenza dei minori presso ciascun genitore e degli oneri dai quali ciascuno di essi è gravato, deve essere posto a carico del convenuto un assegno mensile, annualmente rivalutabile in base agli indici ISTAT, per contribuire al mantenimento che pare equo quantificare in € 500,00, oltre al pagamento del 100% delle spese mediche non coperte dal S.S.N., scolastiche, sportive e ricreative delle figlie, spese necessarie o concordate e, in ogni caso successivamente documentate. Le spese di lite vengono compensate, tenuto conto del sostanziale accordo delle parti sulle modalità di affidamento dei figli minori e sul calendario di visite padre/figli e considerato che la decisione sulla residenza dei minori è stata adottata nell’esclusivo e preminente interesse degli stessi. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente provvedendo, nel contraddittorio fra le parti, Visti gli artt. 38 disp. att. c.c., come modificato dall’art. 3 della legge n. 219/12, 337 bis e segg. c.c., 737 segg. c.p.c. AFFIDA i figli minori . congiuntamente ad entrambi i genitori, con residenza anagrafica e collocazione prevalente presso la madre. RIGETTA la richiesta della sig.ra X di autorizzazione al trasferimento della residenza dei figli minori in Sardegna presso il comune di . DISPONE che, salvo diversi e più ampi accordi tra i genitori e nel rispetto degli impegni scolastici ed extrascolastici dei minori, il padre possa incontrare e tenere con sé i figli con le seguenti modalità - durante i fine settimana alternati, dall’uscita da scuola del venerdì sino al lunedì mattina quando li accompagnerà a scuola - due pomeriggi infrasettimanali, uno dei quali comprensivo del pernottamento, con riaccompagnamento a scuola il mattino seguente - metà delle vacanze scolastiche natalizie e precisamente, ad anni alterni, dal 24 dicembre al 30 dicembre o dal 31 dicembre al 6 gennaio - tre giorni durante le vacanze pasquali, il giorno di Pasqua ad anni alterni - ad anni alterni le ulteriori festività ed eventuali ponti, nonché il giorno del compleanno dei minori - due settimane, anche non consecutive, durante le vacanze estive, in periodo da concordarsi tra i genitori entro il 31 maggio di ogni anno, con sospensione, durante tale periodo, del diritto di frequentazione dell’altro genitore. DISPONE che il sig. Y corrisponda alla sig.ra X, a titolo di contributo al mantenimento dei figli minori, entro il 5 di ogni mese, l’assegno di € 500,00 mensili, da rivalutarsi annualmente secondo l’indice ISTAT, oltre al 100% delle spese mediche non coperte dal S.S.N., scolastiche, sportive e ricreative necessitate o previamente concordate e successivamente documentate. COMPENSA tra le parti le spese di giudizio. MANDA alla Cancelleria per la comunicazione alle parti costituite.

Tribunale di Vercelli, sez. I Civile, decreto 23 luglio 2014 Presidente Marozzo – Estensore Fiengo Fatto e diritto 1. Con ricorso iscritto a ruolo il 5.6.2013 I, cittadina rumena, ha chiesto pronunciarsi la separazione dal marito connazionale II, sposato in Romania il 11.10.1998 deducendo di essere stata vittima di una situazione persecutoria caratterizzata da percosse, minacce di morte, lesioni ed insulti” p. 2 dell’atto introduttivo da parte del marito, affetto da dipendenza alcolica. La I ha inoltre chiesto l’affidamento esclusivo del figlio X nato a il 2011 , vittima di violenza assistita, nonché di percosse da parte del padre e la condanna della controparte al pagamento di un assegno di mantenimento in favore proprio e del minore. Nel procedimento di separazione al quale è stato assegnato numero di R. G. /2013 si è costituito –il 30.10.2013 II il quale ha preliminarmente chiesto l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 19 del regolamento CE 2201/03, deducendo di avere, il 14.5.2013 e, pertanto, prima della instaurazione del procedimento di separazione innanzi a questo Tribunale , depositato ricorso per divorzio innanzi al Tribunale rumeno di Zalau in procedimento nel quale la moglie è rimasta contumace . Lo II ha anche prodotto provvedimento in data 15.10.2013 con il quale il Tribunale ordinario di Zalau ha determinato con efficacia esecutiva fino alla soluzione definitiva del fascicolo n. /2013 pendente presso il Tribunale Ordinario di Zalau, avente come oggetto il divorzio” le modalità di visita del padre al piccolo X. Con provvedimento in data 23.12.2013 il Presidente del Tribunale di Vercelli ha escluso la necessità di adottare provvedimenti cautelari, considerato che non ostano motivi, al di fuori delle dichiarazioni della I per assumere provvedimenti contrari a quelli adottati interinalmente dall’autorità rumena”. Il 25.2.2014 il giudice istruttore designato ha ritenuto che con il sopra parzialmente ritrascritto provvedimento il Presidente di questo Tribunale avesse inteso recepire integralmente il provvedimento provvisorio adottato dal giudice rumeno ed ha, esclusa la ricorrenza di elementi sopravvenuti, dichiarato inammissibile il ricorso presentato, ai sensi dell’art. 709, ultimo comma, c.p.c., dalla I. Con ricorso oggetto del presente subprocedimento ai sensi dell’art. 709ter c.p.c. II, lamentando la mancata attuazione del provvedimento del giudice rumeno recepito dal Presidente di questo Tribunale a causa degli ostacoli frapposti dalla controparte alla frequentazione padre-figlio, ha chiesto la determinazione delle concrete modalità di attuazione del provvedimento rumeno nonché l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 709ter, co. 2, nn. 1 – 4, c.p.c. La resistente ha inizialmente chiesto il rigetto delle domande di controparte osservando come, tanto alla luce delle relazioni dei servizi sociali di quanto alla luce della sentenza medio tempore pronunciata del Tribunale di Zalau il 20.2.2014 che ha rigettato la domanda di divorzio con addebito alla moglie proposta dall’odierno ricorrente , deve ritenersi che le visite padre-figlio non siano rispondenti all’interesse del minore. Del resto, ha osservato la I, la sentenza pronunciata dal Tribunale di Zalau comporta il venir meno dell’efficacia del provvedimento cautelare adottato dal giudice rumeno e recepito dal Presidente di questo Tribunale. A tale argomento il ricorrente ha replicato osservando che, come risulta dal tenore letterale del provvedimento cautelare adottato in Romania, lo stesso provvedimento del quale si richiede oggi l’attuazione è efficace fino alla soluzione definitiva” del giudizio di divorzio e, pertanto, secondo la parte che ha nel frattempo impugnato la decisione di rigetto della domanda di divorzio , sino al passaggio in giudicato della sentenza resa dal giudice rumeno. 2. Non appare rilevante ai fini del presente procedimento valutare se, come sostenuto dall’odierno ricorrente, il provvedimento provvisorio sia destinato a produrre effetti sino al passaggio in giudicato della sentenza di divorzio. Il provvedimento del quale lo II chiede l’attuazione risulta infatti in contrasto con le norme dettate dal regolamento CE 2201/03 e, in particolare, con l’art. 8 di tale regolamento che, come noto, al paragrafo 1 così dispone Le autorità giurisdizionali di uno Stato membro sono competenti per le domande relative alla responsabilità genitoriale su un minore, se il minore risiede abitualmente in quello Stato membro alla data in cui sono aditi”. Pur non potendo trascurarsi le difficoltà che, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, sono emerse con riferimento alla nozione di residenza abituale” del minore, nel caso concreto non vi sono dubbi circa il fatto che il figlio delle parti abbia la residenza abituale in Italia non solo, infatti, X è nato in [italia], ma –secondo quanto è pacifico lo stesso è sempre stato residente in territorio italiano. Non appare possibile –come vorrebbe invece il ricorrente invocare l’art. 12 del regolamento in materia di proroga della competenza, attesa la mancanza del requisito di cui alla lettera b del primo paragrafo di tale articolo ed infatti non solo la competenza del giudice rumeno non è stata accettata dall’odierna resistente né espressamente la parte, infatti, è rimasta contumace nel procedimento di primo grado innanzi al Tribunale di Zalau né in qualsiasi altro modo univoco come si desume, tra l’altro, dal fatto che la stessa resistente ha radicato in Italia procedimento avente ad oggetto la separazione e la responsabilità genitoriale relativamente al piccolo X , ma, innanzi tutto, la competenza del giudice rumeno non appare –per quanto a breve si dirà conforme all’interesse superiore del minore. Né la legittimità del provvedimento del Tribunale di Zalau può essere rinvenuta alla luce dell’art. 20 del regolamento CE 2201/03. Nel caso concreto, infatti, è mancata quella presenza del minore in Romania che, sola, avrebbe giustificato sia pure provvisoriamente –cfr. art. 20.2- la giurisdizione esorbitante contemplata dall’art. 20.1 del regolamento. Non sfugge che il sistema di cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri dell’UE è fondato sulla reciproca fiducia e collaborazione si vedano, tra gli altri, con specifico riferimento alla materia in esame, gli articoli 24 e 26 del regolamento 2201/03 ed il considerando 21 dello stesso regolamento . La reciproca fiducia e collaborazione non possono tuttavia –secondo questo giudice essere considerati valori assoluti ed inderogabili, dovendo, rispetto ad essi, ritenersi prevalente l’interesse del minore che, tra l’altro, risulta tutelato oltre che dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20.11.1989 –ratificata in Italia dalla legge 176/91- anche da disposizioni sovraordinate rispetto al regolamento 2201/03. Tanto è a dirsi, ad esempio, con riferimento agli artt. 7 Ogni individuo ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle sue comunicazioni” e 24 1. I bambini hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere. Essi possono esprimere liberamente la propria opinione questa viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità. 2. In tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente. 3. Ogni bambino ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse” della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. È noto che, ai sensi dell’art. 6.1 del Trattato sull’Unione europea come novellato dal Trattato di Lisbona , la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ha ormai lo stesso valore giuridico dei trattati. Peraltro le disposizioni della Carta di Nizza-Strasburgo assumono tale elevato rango ove risulti rispettata la previsione dell’art. 51 della Carta secondo la quale Le disposizioni della presente Carta si applicano alle istituzioni e agli organi dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione”. Nel caso di specie non appare dubbia l’immediata applicabilità degli artt. 7 e 24 della Carta, essendo tali norme qui valutate con riferimento all’attuazione proprio del regolamento CE 2201/03 nel senso che le disposizioni della Carta di Nizza-Strasburgo vanno valutate ai fini dell’interpretazione del regolamento 2201/03 risulta non solo lo stesso regolamento in esame considerando 33 , ma, anche, la Corte del Lussemburgo Corte di giustizia dell’Unione europea, 22 dicembre 2010, C-491/10, Aguirre Zarraga, Corte di giustizia dell’Unione europea, 5 ottobre 2010, C-400/10, J. McB . Ancora, la disciplina posta dagli artt. 7 e 24 in esame deve essere letta alla luce dell’art. 8.1 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza” nell’interpretazione datane dalla Corte di Strasburgo. Tanto discende dall’art. 52.3 della Carta di Nizza-Strasburgo Laddove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione. La presente disposizione non preclude che il diritto dell’Unione conceda una protezione più estesa” essendo qui sufficiente osservare come la corrispondenza tra l’art. 7 della Carta dei diritti fondamentali e l’art. 8.1 della Convenzione emerge immediatamente già alla luce del raffronto della lettera di tali disposizioni. Ebbene, questo giudice ritiene conforme al superiore interesse del minore che l’adozione delle modalità di visita tra figlio e genitore non collocatario sia assunta dall’autorità giurisdizionale del luogo ove il minore risiede. Tale giudice, meglio di ogni altro, infatti, è in grado di acquisire per lo più tramite i servizi sociali quegli elementi che consentono di comprendere in modo pieno le esigenze del minore sì da meglio determinare il contenuto dell’emanando provvedimento. Tanto è a dirsi anche tenuto conto che il minore è persona in età evolutiva ne discende la necessità di monitorare costantemente la formazione della sua personalità e l’evoluzione dei rapporti con ciascuno dei genitori sì da assicurare in tempi ristretti anche le necessarie modifiche del provvedimento adottato. Che la soluzione qui accolta sia quella più rispondente all’interesse del minore discende del resto dallo stesso regolamento 2201/03 che, al considerando 12, prevede l’opportunità che le regole di competenza in materia di responsabilità genitoriale accolte nel presente regolamento si informino all'interesse superiore del minore e in particolare al criterio di vicinanza”. Le considerazioni appena svolte appaiono, con riferimento al caso concreto, confermate dal fatto che, a quanto consta, il provvedimento provvisorio del giudice rumeno è stato adottato senza neppure aver acquisito una relazione da parte dei servizi sociali italiani in ordine alla condizioni di vita di X ed ai rapporti tra lo stesso e ciascuno dei genitori ed è relativo ad una situazione residenziale del minore trasferitosi ormai a insieme alla madre non più attuale. Quanto detto impone di superare i provvedimenti con i quali, nella fase presidenziale ed anche in quella istruttoria, questo Tribunale aveva recepito la decisione del giudice rumeno e, in considerazione del superiore interesse del minore, impone di determinare ex novo, alla luce delle relazioni dei servizi sociali acquisite, le modalità di visita tra lo Iuhas ed il figlio. Al fine di migliorare l’applicazione del regolamento 2201/03 appare inoltre opportuno segnalare il presente provvedimento all’Autorità centrale italiana ai sensi degli artt. 54 e 55 del regolamento CE 2201/03. 3. Come risulta dalla relazione dei servizi sociali della Comunità montana pervenuta a questo Ufficio il 10.7.2014, dopo circa un anno di mancata frequentazione, l’odierno ricorrente ha incontrato, con modalità protetta, il piccolo X il 18.3.2014, il 22.4.2014 ed il 27.6.2014. A dispetto delle allegazioni della resistente, gli incontri padre-figlio sono risultati nel complesso positivi” p. 1 della relazione dei servizi sociali è emersa evidente” l’esistenza di un legame funzionale tra lo II ed X che si manifesta sia sul versante della comunicazione verbale che sul piano non verbale. Sono emerse difficoltà del bambino nella fase iniziale degli incontri le stesse, tuttavia, paiono legate più ad un mandato genitoriale proveniente dalla figura materna che non ad una difficoltà direttamente sperimentata e vissuta dal bambino nella relazione con il padre”. La serenità degli incontri -proseguono i servizi è quindi turbata fortunatamente, in modo non decisivo dalla preoccupazione di X di contravvenire ai dettati della madre che, pur dichiaratasi favorevole agli incontri padre-figlio, tiene condotte controllanti e rigide. Dalla relazione emerge inoltre una grave difficoltà del ricorrente a riconoscere la gravità delle violenze perpetrate, alla presenza del figlio, a danno della controparte ed il carattere destabilizzante che tali violenze hanno avuto per X. I servizi concludono quindi a per la prosecuzione degli incontri padre/figlio con conservazione della modalità protetta b per l’inizio di un percorso psicologico in favore dello Iuhas al fine di consentire allo stesso di rielaborare il proprio vissuto di genitore in relazione ai maltrattamenti ed ai relativi danni che gli stessi hanno cagionato ad X c per un sostegno psicopedagogico della madre teso a supportarlo nell’esercizio delle funzioni genitoriali soprattutto allo scopo di evitare di trasmettere al figlio il proprio rancore nei confronti del marito e per promuovere l’autonomia del bambino. Appare evidente dalla relazione dei servizi in atti che gli incontri padre-figlio non comportano alcun pregiudizio per X. Ne discende che gli stessi devono proseguire sia pure nella modalità protetta modalità che, tra l’altro, appare –allo stato opportuna anche in considerazione della tenera età del minore e del lungo periodo di mancata frequentazione tra il bambino ed il padre . A riguardo non può nascondersi che la distanza tra il luogo di residenza dello II e il luogo ove vive X e, più ancora, l’attività lavorativa camionista del ricorrente non agevolano una frequentazione costante le difficoltà sono ulteriormente accentuate dalla necessità che gli incontri avvengano con modalità protetta. Tali circostanze non possono tuttavia determinare pregiudizio alla relazione padre-figlio. Anche con riferimento al caso concreto occorre, così come ripetutamente ribadito dalla Corte di Strasburgo tra le altre, Corte europea dei diritti dell’uomo, 17.12.2013, Santilli c. Italia , assicurare in modo effettivo il diritto di visita mediante l’adozione immediata di misure flessibili ed adeguate in concreto. In proposito va favorevolmente valutata la disponibilità manifestata dai Servizi sociali della Comunità montana ,,, che, nel rispondere alla sollecitazione avanzata da questo Tribunale con provvedimento del 15.7.2014, hanno tempestivamente si veda la nota dei servizi in data 18.7.2014 reperito –sino al mese di settembre 2014 uno spazio alternativo rispetto a quello non utilizzabile il sabato e la domenica ordinariamente adoperato per gli incontri con modalità protetta. Anche l’educatrice che segue X ha espresso la disponibilità a svolgere, a settimane alternate, la propria attività lavorativa il sabato contrariamente a quanto previsto dall’ordinario orario settimanale così contribuendo ad assicurare una continuità di figure di riferimento per il minore. Deve pertanto disporsi che il ricorrente incontri, con modalità protetta, il figlio, a fine settimana alternati, il sabato dalle ore 11 00 alle ore 15 00. Gli incontri –salva diversa indicazione da parte dei servizi sociali competenti avverranno almeno sino al settembre 2014 presso la sede dell’Asilo nido ” di . I Servizi sociali della Comunità montana provvederanno a determinare il calendario di incontri, con modalità protetta, padre-figlio anche per il periodo successivo al settembre 2014, adottando –così come risulta già dalla nota in data 18.7.2014 tutti gli accorgimenti possibili per assicurare la frequentazione del ricorrente e di X almeno a settimane alternate nella giornata del sabato oltre che, ove vi sia la disponibilità del padre, un pomeriggio a settimana . Al fine di consentire a questo Tribunale di verificare l’evoluzione dei rapporti padre-figlio e di provvedere all’eventuale modifica del presente provvedimento, i servizi sociali competenti provvederanno ad inviare a partire dalla comunicazione del presente atto relazione trimestrale a questo Ufficio in ordine alle visite tra lo Iuhas ed il minore. Appare inoltre opportuno che i genitori intraprendano, presso i Servizi sociali territorialmente competenti, i percorsi sopra indicati sub lettere b e c . 4. Nessuna statuizione viene in questa sede adottata con riferimento alle domande proposte ai sensi dell’art. 709ter, co. 2, nn. 1 – 4, c.p.c. tenuto presente che lo stesso Iuhas ha chiesto differirsi tale pronuncia al fine di verificare la cessazione da parte della resistente, anche a fronte del presente provvedimento, delle condotte pregiudizievoli alla ripresa dei rapporti padre-figlio. La pronuncia sulle spese deve essere differita alla definizione del procedimento principale P.Q.M. 1 dispone che II incontri, con modalità protetta, il figlio X almeno una volta a settimane alterne secondo il calendario che sarà predisposto dai Servizi sociali della Comunità montana i quali provvederanno a relazionare questo Ufficio sui rapporti tra X e ciascuno dei genitori con cadenza trimestrale dalla comunicazione del presente provvedimento 2 dispone la presa in carico da parte dei Servizi sociali competenti per il Comune di di II affinchè lo stesso rielabori il proprio vissuto di genitore in relazione ai maltrattamenti ed ai relativi danni che gli stessi hanno cagionato al figlio X 3 dispone la presa in carico da parte dei Servizi sociali della Comunità di I affinchè alla stessa sia assicurato un sostegno psicopedagogico teso a supportare la madre nell’esercizio delle funzioni genitoriali 4 manda la cancelleria di comunicare il presente provvedimento al Ministero della Giustizia – Dipartimento per la Giustizia minorile per l’adozione delle iniziative ritenute opportune ai sensi degli artt. 54 e 55 regolamento CE 2201/03.