Lui imprenditore, lei madre e lavoratrice: ‘via libera’ all’assegno divorzile

Evidente il divario economico tra i due ex coniugi. Nessun dubbio sulla ‘posizione di forza’ dell’uomo, obbligato, perciò, a provvedere all’assegno divorzile a favore dell’ex moglie. Decisiva la valutazione del limitato reddito da lavoro di lei, che, durante il matrimonio, si è dedicata soprattutto all’allevamento dei figli, reso più complesso dall’handicap che affligge il primogenito.

Lui imprenditore, lei lavoratrice dipendente. Evidente lo squilibrio delle rispettive forze economiche. Ciò legittima, a margine del divorzio, la decisione dei giudici di riconoscere a favore della donna un assegno divorzile. Rilevante anche la valutazione del contributo da lei dato, in qualità di moglie, all’allevamento dei figli, reso più complesso e più delicato dall’handicap che affliggeva il primogenito Cassazione, ordinanza n. 19382, sez. VI Civile, depositata oggi . Divario. Adieu definitivo per la coppia. Ufficiale il divorzio, ‘certificato’ dalla pronunzia della Corte d’Appello, laddove, confermando quanto deciso in Tribunale, viene affidato il figlio minore al padre, con contributo, a carico della madre, di 200 euro mensili e posto a carico del marito assegno divorzile, determinato in 250 euro, in favore della moglie oltre a un contributo di mantenimento all’altro figlio, maggiorenne ma non autosufficiente economicamente, convivente con la madre, in misura di 500 euro mensili . Ma è proprio l’ assegno divorzile il pomo della discordia su questo punto, difatti, l’uomo contesta la decisione dei giudici. Tutto inutile, però. Anche in Cassazione viene confermato il quantum dell’ assegno divorzile a favore della donna. Decisiva la valutazione della condizione economica dei due ex coniugi lui è titolare di una azienda floro-vivaistica , lei è titolare di un reddito da lavoro di 13.614 euro annui . Evidente il notevolissimo divario , evidente la ‘posizione di forza’ dell’uomo. Senza dimenticare, poi, aggiungono i giudici del ‘Palazzaccio’, il personale contributo dato dalla moglie all’allevamento dei figli, e, in particolare, l’accudimento del primogenito, portatore di un handicap senso-motorio che ancor oggi ne limita la possibilità di autonomia .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 14 maggio – 15 settembre 2014, n. 19382 Presidente Di Palma – Relatore Dogliotti In un procedimento di divorzio tra C. Luigi e R. S., la Corte d'Appello di Venezia, con sentenza del 23/05/2012 confermava la sentenza del Tribunale di Treviso, del 22/03/2011 che aveva affidato il figlio minore al padre, con contributo a carico della madre di €. 200,00 mensili, posto a carico del marito assegno divorzile, determinato in €. 250,00, in favore della moglie, e un contributo di mantenimento all'altro figlio, maggiorenne ma non autosufficiente economicamente, convivente con la madre, in misura di €. 500,00 mensili. Ricorre per cassazione il marito, che pure deposita memoria difensiva. Resiste con controricorso la moglie. Non si ravvisano violazioni di legge. Per giurisprudenza ampiamente consolidata, l'assegno per il coniuge deve tendere al mantenimento del tenore di vita da questo goduto durante la convivenza matrimoniale, e tuttavia indice di tale tenore di vita può essere l'attuale disparità di posizioni economiche tra i coniugi Cass. n. 2156 del 2010 . Esamina il giudice a quo la condizione economica delle parti evidenzia, da un lato, a favore del marito - la disponibilità esclusiva di una azienda floro-vivaistica, costituita da dieci serre, per una superficie coperta di 2200 mq. e dal negozio espositivo e di rivendita, come dalle risultanze della CTU, dall'altro, un reddito da lavoro della moglie di euro 13.614,00 annui nel 2010 nonché la disponibilità di un piccolo appartamento di proprietà sussiste dunque un divario notevolissimo. La sentenza considera altresì il personale contributo dato dalla moglie all'allevamento dei figli, e in particolare l'accudimento del primogenito, portatore di un handicap senso-motorio che ancor oggi ne limita la possibilità di autonomia come da consulenza espletata . Le affermazioni del ricorrente circa la reiezione della domanda di invalidità del figlio maggiorenne appaiono del tutto apodittiche, così come la circostanza che egli goda attualmente di una borsa di studio. Quanto alla decorrenza dell'assegno per il figlio dalla domanda, è lo stesso ricorrente ad ammettere che il carattere alimentare o di mantenimento dell'assegno, comporta la retroattività al momento della domanda, ai sensi dell'art. 445 c.c Tuttavia, contemperando le diverse esigenze, il giudice a quo ha limitato la determinazione di tale assegno a far data dall'anno successivo a quello della proposizione della relativa domanda, proposta in data 3/7/2009. Va precisato che la memoria del ricorrente nulla aggiunge rispetto alle argomentazioni e valutazioni contenute nel ricorso. Il relatore aveva ritenuto non l'inammissibilità, ma la manifesta infondatezza del ricorso, valutazione che questo collegio fa propria, sulla base di quanto sopra osservato. Il ricorrente lamenta l'esistenza di una convivenza more uxorio della moglie, ma nulla dice su come, quando e se la questione sia stata previamente dedotta in giudizio. Va pertanto rigettato il ricorso. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle pese del presente giudizio di legittimità, che liquida in €. 2.500,00 per compensi, €. 100,00 per esborsi, oltre spese forfettaria al 15% e accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere generalità ed atti identificativi, a norma dell'art. 52 D.lgs. 196/03, in quanto imposto dalla legge.