Adottabilità sì come extrema ratio, ma necessaria se è ancora di salvezza per i minori

Viene meno il diritto del minore a vivere e a crescere nella propria famiglia di origine, quando il Giudice di merito accerti, con motivazione adeguata e logica, lo stato di abbandono, sulla base di un materiale probatorio ampio, che abbia rilevato le gravi carenza dell’ambiente familiare.

E’ quanto emerge dalla sentenza n. 17725 della Corte di Cassazione, depositata l’8 agosto 2014. Il caso. il Tribunale per i Minorenni dichiarava lo stato di adottabilità di tre sorelle. La Corte d’appello confermava la pronuncia. Avverso tale sentenza proponevano ricorso per cassazioni i genitori delle minori,lamentando la violazione della legge n. 184/1983 Diritto del minore ad una famiglia . Accertamento stato di abbandono. La Cassazione, nel decidere il caso in esame, ha ripercorso le valutazioni del Giudice di merito e ha riconosciuto la corretta applicazione della normativa soprarichiamata. Infatti – precisa la Suprema Corte – il giudice a quo aveva accertato la situazione di abbandono del caso in esame, ossia la mancanza di assistenza materiale e morale, grave ed irreversibile , come indicato nell’art. 1 L. n. 184/1983. Tale accertamento era stato compiuto tenendo conto delle relazioni dei servizi sociali, della Polizia, del dirigente scolastico, oltreché delle dichiarazioni delle minorenni interessate. Il materiale probatorio difatti faceva emergere le gravi carenze dell’ambiente familiare in cui vivevano le minori, particolarmente trascurate, con scarsa attenzione all’igiene personale e alla salute. Inoltre, le stesse erano costrette ad assistere a scene di violenza verso la madre. Effetti positivi dell’allontanamento dalla famiglia. Il Giudice a quo aveva, inoltre, rilevato miglioramenti delle condizioni delle minori dopo l’allontanamento del nucleo familiare e l’inserimento in casa famiglia. Sulla Base di tale ragionamenti, la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 5 giugno – 8 agosto 2014, n. 17725 Presidente Vitrone – Relatore Dogliotti Svolgimento del processo Con sentenza in data 29/01/2013, il Tribunale per i Minorenni di Roma dichiarava lo stato di adottabilità delle minori F.A. , DI.GI.In. e D. . Avverso tale sentenza ricorrevano in appello i genitori delle minori, D.G.I. e F.D. A. era stata riconosciuta dalla sola madre . Si costituiva in giudizio il curatore speciale delle minori, che chiedeva il rigetto del gravame. La Corte di Appello di Roma, con sentenza in data 15 luglio 2013, rigettava l'appello. Ricorrono per cassazione i genitori delle minori. Resiste con controricorso il curatore delle minori, che pure deposita memoria per l'udienza. Motivi della decisione Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano violazione degli artt. 1, 8 e 15 L. 184 del 1983, relativamente alla situazione di abbandono. Con il secondo, vizio di motivazione circa la psicopatologia della madre e la posizione dei parenti entro il quarto grado. Con il terzo, violazione dell'art. 8 L. 184 del 1983, nella parte in cui la Corte ha ritenuto ingiustificato il rifiuto dei ricorrenti circa le misure di sostegno offerte dai Servizi Sociali. Con il quarto, violazione del predetto art. 8, circa la disgregazione del nucleo familiare. Con il quinto, violazione dell'art. 15 L. 184 del 1993, in ordine all'accertamento dello stato di abbandono, fondato soprattutto sulle dichiarazioni accusatorie della figlia A. . Il ricorso non appare inammissibile pur non essendo talora specificamente delimitati i singoli motivi, le censure sono svolte con chiarezza ed indicano palesemente le parti della sentenza, cui intendono far riferimento. Non si ravvisano violazioni di legge. L'art. 1 L. 184 del 1983 precisa bensì che è diritto del minore vivere e crescere nella propria famiglia di origine ma ciò fino a che non sussista situazione di abbandono, la quale, ai sensi dell'art. 8 stessa Legge, consiste nella mancanza di assistenza materiale e morale, grave ed irreversibile. Ma questo è quanto appunto accertato dal giudice a quo, con motivazione adeguata e non illogica, sulla base di relazioni dei servizi sociali, della Polizia, del Dirigente Scolastico e del OMISSIS nel tempo che ha accolto i minori. Non è vero che la valutazione dei giudici di merito, circa l'abbandono, si sia basata soltanto sulle dichiarazioni rese dalla minore A. , ma essa si fonda su un ampio materiale probatorio, che ha rivelato le gravi carenze dell'ambiente familiare in cui vivevano le minori, particolarmente trascurate, con scarsa attenzione all'igiene personale e alla salute, e che assistevano a scene di violenza verso la madre, tutti elementi che avevano inciso gravemente sul ritardo dello sviluppo, soprattutto delle due bambine più piccole. Precisa il giudice a quo che la condizione delle tre minori è migliorata dopo l'allontanamento dal nucleo familiare e l'inserimento in casa famiglia. Diversamente da quanto affermato dai genitori, la situazione degli stessi e la loro relazione con le figlie sono state oggetto di lunghe e approfondite analisi e a fronte degli interventi posti in essere a loro favore, essi non hanno dimostrare di essere in grado di superare le loro gravi difficoltà nella gestione del rapporto con le figlie. La Corte di appello richiama ampia istruttoria svolta dal giudice di primo grado, contrastando così l'affermazione degli odierni ricorrenti per cui ogni attività si sarebbe svolta in una precedente procedura di limitazione o decadenza della potestà. Ritiene altresì la Corte di Merito che non sia praticabile il collocamento delle minori presso i nonni che esprimono un sostanziale disinteresse per le piccole In. e D. e di affetto solo per A. , con una grave conflittualità tra la nonna e la madre delle bambine e una scarsa consapevolezza dei loro bisogni emotivi ed affettivi. Va pertanto rigettato il ricorso. La natura della causa e la posizione delle parti richiedono la compensazione delle spese. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso dichiara compensate le spese del presente giudizio di legittimità tra le parti. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 d.lgs. 196/03, in quanto imposto dalla legge. Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica l'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002.