L’ex-moglie si risposa, ma per riavere la casa l’uomo deve guardare ai figli

In tema di assegnazione della casa familiare, l’art. 155- quater c.c. tutela l’interesse prioritario della prole a permanere nell’ habitat domestico, postulando, oltre alla permanenza del legame ambientale, la ricorrenza del rapporto di filiazione legittima o naturale cui accede la responsabilità genitoriale, mentre non si pone anche a presidio dei rapporti affettivi ed economici che non involgano, in veste di genitori, entrambi i componenti del nucleo che coabitano la casa familiare.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 16171, depositata il 15 luglio 2014. Il caso. Il tribunale di Roma assegnava la casa familiare alla madre affidataria di due minori, che figurava come nuda proprietaria dell’immobile, mentre il marito convenuto risultava usufruttuario. L’uomo impugnava la sentenza, richiamando l’art. 155- quater c.c., applicabile al tempo, in tema di revoca del diritto al godimento della casa familiare da parte dell’assegnatario che avesse instaurato un rapporto di convivenza more uxorio e deducendo che l’ex moglie si era, nel frattempo, sposata con un altro uomo. Prima di tutto viene il minore. La Corte d’appello respingeva il gravame, basandosi sulla sentenza n. 308/2008 della Corte Costituzionale, secondo cui l’art. 155- quater c.c., nella parte in cui prevedeva la revoca del diritto al godimento della casa familiare in caso di convivenza more uxorio o di nuovo matrimonio dell’assegnatario, doveva essere comunque interpretato coerentemente con il principio di tutela dell’interesse della prole a vivere nell’originario habitat . Perciò, il mutamento della condizione di vita del genitore assegnatario causato da una nuova convivenza o da un matrimonio non influiva di per sé sull’interesse della prole a mantenere il legame con la casa familiare. Soltanto se fosse stato dimostrato che la presenza del nuovo convivente risultava nociva o diseducativa per i figli si sarebbe potuto avere un effetto tale da condizionare il provvedimento di attribuzione dell’immobile. L’uomo ricorreva in Cassazione, lamentando l’errata applicazione della sentenza della Corte Costituzionale, posto che questa, a suo giudizio, sarebbe stata in conflitto con chiare norme di legge. Nessuna revoca automatica. Tuttavia, per la Corte di Cassazione, i giudici di merito correttamente avevano recepito l’interpretazione dell’art. 155- quater c.c. espressa dalla Consulta, l’unica compatibile con i parametri costituzionali, che impongono di dare rilievo prioritario e preminente all’interesse dei figli minori. Da ciò deriva l’impossibilità di un’automatica revoca dell’assegnazione della casa ove l’assegnatario conviva di fatto o per sopravvenuto matrimonio. Inoltre, la Corte di Cassazione, rigettando il ricorso, ricordava che, in tema di assegnazione della casa familiare, l’art. 155- quater c.c. tutela l’interesse prioritario della prole a permanere nell’ habitat domestico, postulando, oltre alla permanenza del legame ambientale, la ricorrenza del rapporto di filiazione legittima o naturale cui accede la responsabilità genitoriale, mentre non si pone anche a presidio dei rapporti affettivi ed economici che non involgano, in veste di genitori, entrambi i componenti del nucleo che coabitano la casa familiare.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 20 marzo – 15 luglio 2014, n. 16171 Presidente Forte – Relatore Giancola Svolgimento del processo Con sentenza n. 24385/06 il Tribunale di Roma, in accoglimento della domanda avanzata da C.I. , madre affidataria dei figli minorenni M. ed A. , nati dalla conclusa relazione sentimentale da lei intrattenuta con N.A. , le assegnava la casa familiare sita in omissis , della quale la stessa era nuda proprietaria ed il convenuto N. usufruttuario. Il Tribunale, che nel corso del giudizio aveva in via d'urgenza già assegnato il predetto immobile alla C. , aveva fondato la sua pronuncia sul rilievo sia che la stessa non aveva disponibilità di altri alloggi nelle vicinanze dell'appartamento di omissis il quale costituiva un importante punto di riferimento per M. ed A. e sia che la dedotta sua convivenza con un altro uomo nel suddetto immobile non era risultata provata. Il N. impugnava la sentenza di primo grado, richiamando la disposizione dell'art. 155 quater c.comma in tema di revoca del diritto al godimento della casa familiare da parte dell'assegnatario che avesse instaurato un rapporto di convivenza more uxorio e deducendo che la relazione della C. con altro uomo era ormai sfociata nel matrimonio con lo stesso, da lei celebrato il 31 dicembre 2006 instava pertanto per l'assegnazione a sé dell'immobile. Con sentenza del 2-29-07-2009 la Corte di appello di Roma, nel contraddittorio delle parti, respingeva il gravame del N. , compensando le spese del giudizio. La Corte territoriale osservava e riteneva che l'appello del N. non potesse trovare accoglimento in quanto - sulla scorta di quanto affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 308 del 29.07.2008 - che pure aveva riconfermato la costituzionalità della disposizione di cui al comma 1 dell'art. 155 quater c.comma nella parte in cui prevedeva che il diritto al godimento della casa familiare venisse meno nel caso di convivenza more uxorio o nuovo matrimonio da parte dell'assegnatario - come non potesse prescindersi da un'interpretazione di tale normativa coerente con il principio di tutela dell'interesse della prole a continuare a vivere nell'originario habitat - il diritto all'assegnazione della casa familiare non poteva pertanto venir meno per il solo verificarsi di eventi quali l'instaurazione di una convivenza di fatto del genitore assegnatario, ovvero il suo nuovo matrimonio, posto che tali eventi - pur se astrattamente idonei a comportare la decadenza dal predetto diritto -andavano rapportati all'interesse del figlio a permanere nell'immobile con quel genitore, che costituiva il parametro fondamentale di valutazione in materia - il mutamento nella condizione di vita del genitore assegnatario, che una nuova convivenza o un matrimonio comportavano, non influiva di per sé sull'interesse della prole a mantenere il legame con la casa familiare ne conseguiva che solo nel caso in cui fosse stato specificamente dimostrato che la presenza del nuovo convivente risultasse nociva o diseducativa per il figlio vi si poteva attribuire un effetto tale da condizionare il provvedimento di attribuzione dell'immobile - le statuizioni dettate dal Tribunale di Roma in tema di assegnazione dell'immobile di Via omissis alla C. dovevano essere confermate. Invero, pur dovendosi rilevare che talune delle valutazioni poste dal primo giudice a sostegno di tale decisione -e segnatamente la mancanza di prove in ordine all'asserita convivenza della donna con un altro uomo avuto riguardo al fatto che la convivenza della C. con il B. non solo non era mai stata contestata dalla donna ma oramai era pacificamente sfociata in un matrimonio , come pure l'indisponibilità da parte di questa di altro alloggio nelle vicinanze di detto immobile, dove i minori avrebbero potuto trasferirsi senza modificare le loro abitudini di vita - apparivano prive di pregio o di rilievo la considerazione dell'importante punto di riferimento rappresentato dall'abitazione di via per i figli della coppia risultava di per sé idonea - alla luce di quanto precedeva - a suffragare l'individuazione della madre affidataria come assegnataria dell'immobile de quo . Avverso questa sentenza il N. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo e notificato il 16.07.2010 alla C. , che ha resistito con controricorso. Motivi della decisione A sostegno del ricorso il N. denunzia Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.comma 1 comma n. 3 , rilevando l’erronea applicazione della pronunzia della Corte Costituzionale sentenza n. 308 del 2008 posto che questa sarebbe in conflitto con chiare ed inequivoche norme di legge . Il motivo non ha pregio. I giudici d'appello hanno vagliato, con argomentata ed esaustiva valutazione di merito, la persistente corrispondenza dell'assegnazione della casa di via Latina alla C. , nonostante che in questo immobile lei convivesse con altro uomo, poi divenuto suo marito. Hanno, infatti, confermato la persistenza dell'interesse dei due figli minorenni delle parti a mantenere la convivenza nell'habitat domestico con la madre affidataria e ciò anche verificando se la presenza nell'alloggio della nuova persona fosse pregiudizievole per i minori, al riguardo osservando che non era specificamente emerso che per loro fosse nociva o diseducativa. Nel condurre questa valutazione e nel pervenire per suo tramite all'impugnata decisione i giudici di merito hanno ineccepibilmente inteso ed applicato il dettato normativo, espressamente ed irreprensibilmente anche recependo l'esegesi dell'art. 155 quater, primo comma, c.comma che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 308 del 2008, ha affermato essere l'unica compatibile con i parametri costituzionali, che impongono di dare rilievo prioritario e preminente all'interesse dei figli minori e, pertanto, precludono di ravvisare nella norma un'ipotesi di revoca automatica dell'assegnazione della casa ove l'assegnatario vi conviva di fatto o per sopravvenuto matrimonio con persona diversa dal genitore dei minori, da essa allontanato. L'impugnata pronuncia si rivela pure aderente al principio di diritto già affermato in questa sede di legittimità cfr Cass. n. 18863 del 2011 in tema cfr anche Cass. ord. n. 15753 del 2013 , secondo cui in tema di assegnazione della casa familiare, l'art. 155-quater cod. civ., applicabile anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati, tutela l'interesse prioritario della prole a permanere nell' habitat domestico, postulando, oltre alla permanenza del legame ambientale, la ricorrenza del rapporto di filiazione legittima o naturale cui accede la responsabilità genitoriale, mentre non si pone anche a presidio dei rapporti affettivi ed economici che non involgano, in veste di genitori, entrambi i componenti del nucleo che coabitano la casa familiare ”, principio che in ogni caso non avrebbe legittimato in relazione all'esperito procedimento in materia di famiglia, l'accoglimento della domanda del N. , non convivente con i figli, di assegnazione a sé dell'alloggio assegnato alla C. . Conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con condanna del N. , soccombente, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il N. al pagamento, in favore della C. , delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 3.000,00 per compenso ed in Euro 200,00 per esborsi, oltre agli accessori come per legge. Ai sensi dell'art. 52, comma 5, del D.Lgs. n. 196 del 2003, in caso di diffusione della presente sentenza si devono omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.