Figlia negli States con un lavoro sicuro, ma sono i giudici a decidere quando stracciare l’assegno

In caso di sopravvenuta autosufficienza economica della figlia, l’assegno di mantenimento a carico del padre viene escluso a partire dalla data di decisione, non dalla domanda.

Lo afferma la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 15500, depositata l’8 luglio 2014. Il caso. Il tribunale di Roma determinava in 5.000 € l’assegno a carico del marito per moglie e figli. La Corte d’appello di Roma riformava la sentenza, escludendo l’assegno di 700 € per la figlia e determinando quello per la moglie e l’altro figlio in 4.300 €. L’uomo ricorreva in Cassazione, ma la Corte di legittimità non rilevava alcun errore nella sentenza di merito. Invero, la Corte d’appello aveva escluso l’assegno per la figlia maggiorenne, residente negli Stati Uniti e con un reddito da lavoro stabile, richiamando l’attualità della situazione, nel senso che il padre non aveva provato una decorrenza anteriore dell’autosufficienza economica della figlia. Data di presentazione della documentazione. Infatti, solo nel corso del giudizio d’appello era stata prodotta la documentazione che provava il definitivo trasferimento all’estero della figlia, perciò sussisteva la legittimazione della madre convivente a percepire l’assegno anche per la figlia fino al trasferimento di quest’ultima. Era, quindi, corretto il ragionamento dei giudici d’appello, che avevano escluso l’assegno dalla data di decisione e non dalla domanda. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 23 aprile – 8 luglio 2014, n. 15500 Presidente Di Palma – Relatore Dogliotti In un procedimento di divorzio tra B.R.B. e C.L.B., il Tribunale di Roma, con sentenza in data 18/10/2007, determinata in €. 5.000,00 l'assegno a carico del marito per moglie e figli. La Corte d'Appello di Roma, con sentenza in data 8/6/2011, in riforma, escludeva assegno di €. 700,00 per la figlia, e determinava quello per la moglie e l'altro figlio in €. 4.300,00. Ricorre per cassazione il marito. Resiste con controricorso la moglie. Il ricorrente ha depositato memoria difensiva. Non si ravvisa violazione alcuna di legge. Il ricorrente propone per gran parte profili e valutazioni di fatto, insuscettibili di controllo in questa sede. La sentenza impugnata presenta una motivazione congrua e non illogica. La Corte di Appello esclude l'assegno per la figlia maggiorenne, ormai residente negli Stati Uniti e con un reddito da lavoro stabile. Il giudice a quo richiama l’ attualità della situazione, con ciò significando che il padre non ha provato una decorrenza, eventualmente anteriore, dell'autosufficienza economica della figlia. Lo stesso ricorrente afferma che la figlia aveva mantenuto la residenza in Roma, benché studiasse negli Stati Uniti e, solo nel corso del giudizio di appello, egli aveva prodotto documentazione circa il definitivo trasferimento all'estero della figlia. Sussisteva dunque la legittimazione della madre convivente, fino al trasferimento della figlia, a percepire l'assegno per questa. Bene ha fatto dunque la Corte di Appello ad escludere l'assegno dalla data della decisione, e non dalla domanda. Del resto, correttamente, la sentenza si riferisce pure alla natura alimentare dell'obbligo e all'impossibilità di ripetizione di quanto corrisposto, secondo giurisprudenza consolidata per tutte, Cass. N. 6864/09 , che questo Collegio condivide, non avendo pregio le argomentazioni, del resto molto scarne, contenute nella memoria difensiva, e volte ad un superamento di tale orientamento. Riguardo all'altro figlio, la sentenza impugnata, ancora una volta con motivazione adeguata e non illogica, precisa che egli si è laureato in architettura, ma non ha raggiunto l'autonomia economica risulta aver prestato attività lavorativa temporanea part-time per cifre irrisorie . Nessuna prova ha fornito il ricorrente di una colpa del figlio, per aver trovato un lavoro del tutto limitato e scarsamente remunerativo. Va pertanto rigettato il ricorso. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in €. 4.000,00 per compensi €. 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere generalità ed atti identificativi, a norma dell'art. 52 D.lgs. 196/03, in quanto imposto dalla legge.