Fuori dal tunnel della droga, e col sostegno dei familiari: l’uomo può riavere suo figlio

Persa definitivamente la figura materna, il minore può, comunque, avere come punto di riferimento il padre. Quest’ultimo ha compiuto dei passi avanti, superando la condizione di tossicodipendenza e salvando il proprio lavoro. Possibile, con l’aiuto dei congiunti, mettere in atto un progetto di vita positivo per il bambino.

Tossicodipendente per anni, poi ‘rifugiatosi’ nel metadone, e infine capace, per fortuna, di smettere definitivamente con la droga. E, allo stesso tempo, egli è riuscito anche a conservare il proprio lavoro. Chiarissimi i passi avanti compiuti dall’uomo, che, ora, con l’appoggio dei propri familiari, può concretamente pensare al recupero del rapporto col proprio figlio. Da azzerare, quindi, il provvedimento di adottabilità del minore, ancora in affidamento familiare, ma destinato a ritornare col padre. Cassazione, sentenza n. 14445, sez. I Civile, depositata oggi . Uomo e padre. Quadro familiare davvero desolante, e a risentirne è, ovviamente, il figlio i due genitori, difatti, sono entrambi impegnati in un percorso di cura e di recupero per superare la propria tossicodipendenza , logico dedurne le loro difficoltà nel sostenere il ruolo genitoriale . Per questo motivo, il Tribunale per i minorenni dichiara l’ adottabilità del bambino, disponendo, allo stesso tempo, l’interruzione dei rapporti con i genitori e l’affidamento a famiglia avente i requisiti per l’adozione . Di avviso opposto, seppur solo relativamente alla figura paterna, sono, invece, i giudici della Corte d’appello, che confermano solo la decadenza della donna dalla potestà genitoriale , azzerando, però, l’ adottabilità del minore. Nuova l’ottica da adottare, finalizzata, in sostanza, a favorire il graduale reinserimento e il rientro del minore presso il padre . Come si spiega questo cambio, parziale, di rotta? Semplicemente coi passi avanti compiuti dall’uomo, che ha deciso di rafforzarsi come individuo, mantenendo il lavoro per poter garantire al figlio una figura paterna adeguata e che ha avuto la forza, pur ‘rompendo’ definitivamente con la compagna, di preservare la figura materna nella psiche del figlio. E a sostegno di questi elementi anche la constatazione della potenziale adeguatezza dell’uomo ad assumere una piena genitorialità , puntando a ricostruire pienamente il legame con il figlio e a rispettare le sue esigenze . Complessivamente, quindi, il progetto di vita dell’uomo, da condividere con il figlio , è considerato realistico , anche tenendo presente la sua occupazione lavorativa e l’ appoggio familiare su cui egli può contare, sia sotto il profilo materiale che affettivo . Progetto di vita. Ebbene, le valutazioni compiute dai giudici della Corte d’appello, e contestate duramente dalla curatrice speciale del minore, vengono condivise e confermate dai giudici del ‘Palazzaccio’. Legittima, quindi, la scelta di ritenere ancora plausibile che l’uomo si ponga come riferimento paterno per il figlio. Decisiva è la ‘prova provata’ – emersa in secondo grado – della capacità dell’uomo di assolvere alla sua funzione genitoriale, anche se sostenuta dall’aiuto che i suoi congiunti hanno dichiarato di voler apportare . In sostanza, pare acclarato il miglioramento delle condizioni personali dell’uomo e della sua chiara volontà di assumere in pieno il suo ruolo genitoriale , anche tenendo presente la capacità di disintossicarsi e di tenersi stretto il lavoro. Condivisibile, quindi, per i giudici, il ‘peso specifico’ riconosciuto al progetto di vita messo in piedi, in concreto, dall’uomo, e finalizzato, secondo i giudici, alla ricostruzione di una rete sociale e relazionale compatibile con i bisogni del bambino .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 6 febbraio – 25 giugno 2014, numero 14445 Presidente Luccioli – Relatore Bisogni Rilevato che 1. Il Tribunale per i minorenni di Torino ha dichiarato, con sentenza numero 2/2012, l'adottabilità di D. G., nato il 27 luglio 2009 da D.G. e G.V., disponendo l'interruzione dei rapporti con i genitori e l'affidamento a famiglia avente i requisiti per l'adozione. Alla base della decisione del Tribunale le relazioni di comunità, servizi sociali e SERT, attestanti le difficoltà dei genitori - entrambi impegnati in un percorso di cura e di recupero per superare la propria tossicodipendenza - nel sostenere il ruolo genitoriale. 2. Ha proposto impugnazione E.G. lamentando la mancata convocazione dei suoi parenti sino al quarto grado, al fine di verificare le potenzialità di accudimento e cura in favore del figlio D., e contestando l'equiparazione compiuta dal Tribunale della sua situazione personale e del suo percorso di recupero con quelli della madre G.V. Anche quest'ultima ha impugnato la decisione del Tribunale per i minorenni lamentando la mancata convocazione dei suoi parenti e contestando la scarsa o nulla considerazione della sua disponibilità a un percorso terapeutico e di recupero che era comprovato dalla sua permanenza in comunità insieme al figlio per due anni. 3. La Corte di appello di Torino ha accolto l'impugnazione del G. e ha respinto quella della V. Ha pertanto revocato la dichiarazione di adottabilità di D.G., ha confermato la pronuncia di decadenza della V. dalla potestà genitoriale e la sistemazione temporanea del minore in affidamento familiare presso il nucleo che attualmente lo accoglie. Ha disposto le misure necessarie a favorire il graduale reinserimento e il rientro del minore presso il padre. 4. La sentenza impugnata, nella sua motivazione, riporta ampiamente le valutazioni dei consulenti tecnici, dei sanitari che hanno curato E.G. e degli educatori che hanno seguito in questi anni il rapporto di E.G. con il figlio. In particolare la Corte di appello riferisce che dai colloqui e dalla testimonianza dei curanti emerge come E.G. abbia deciso di rafforzarsi come individuo mantenendo il lavoro per poter garantire al figlio una figura paterna adeguata e socialmente inserita e che egli si è messo in gioco per tutelare il futuro del bambino. Ha concluso la sua storia sentimentale con G.V., consapevole dei limiti propri e della compagna e, in particolare, della impossibilità per quest'ultima di costituire una garanzia per la crescita di D. a causa della sua storia personale e della cronicità della sua dipendenza dagli stupefacenti. Tuttavia E.G., rileva la Corte di appello, è stato in grado di preservare la figura materna, nella psiche di D., senza vissuti di rabbia o di svalutazione e con la consapevolezza di dover proteggere il bambino dagli aspetti di inaffidabilità della V. La Corte di appello ha quindi riferito che dai resoconti degli educatori che hanno osservato gli incontri in luoghi neutri tra il piccolo D. e il padre non sono emersi elementi che facciano ritenere una sua inadeguatezza ad assumere una piena genitorialità, essendosi anzi E.G. dimostrato attento, paziente, empatico, affettuoso e capace di dare delle regole e di rispettarle. Il progetto di vita da condividere con il figlio è stato valutato realistico in relazione all'occupazione lavorativa del G., all'appoggio familiare su cui può contare, sia sotto il profilo materiale che affettivo, alla ricostruzione di una rete sociale e relazionale compatibile con i bisogni del bambino. La Corte di appello ha poi dato atto delle coincidenti valutazioni positive espresse dagli operatori della Comunità presso cui è stato accolto il piccolo D., che attestano una forte motivazione del padre a ricostruire pienamente il legame con il figlio e a rispettare le sue esigenze, cui corrisponde un chiaro riconoscimento da parte di D. della figura paterna e il desiderio di vivere pienamente la relazione con il genitore. 5. Ricorre per cassazione A.M.Z. 6. Si difende con controricorso e deposita memoria difensiva E.G. Ritenuto che 7. Il ricorso della curatrice speciale deve considerarsi inammissibile in quanto si basa su tre motivi che, seppure lamentano la violazione di norme di diritto, in realtà,, contestano la decisione della Corte di appello per le valutazioni di merito e specificamente per la valutazione positiva della capacità genitoriale di E.G. I dedotti vizi motivazionali non presentano un effettivo collegamento con le affermazioni portate dalla Corte di appello a sostegno della propria decisione e sono quindi inammissibili in base al disposto del nuovo testo dell'art. 360 numero 5 c.p.c. Infine il quarto motivo consiste nella inammissibile proposizione di una questione di competenza che si rivela in ogni caso inesistente per le ragioni in seguito esposte. 8. Con il primo motivo di ricorso sì deduce la violazione degli artt. 1, 8 e 12 della legge sull'adozione in relazione ai nnumero 3 e 5 dell'art. 360 c.p.c. omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti . Secondo la ricorrente la Corte torinese ha errato nel ritenere insussistente lo stato di abbandono del minore solo perché il padre, assuntore di sostanze stupefacenti, ha sempre conservato il suo lavoro, cessando nel 2011 anche l'assunzione del metadone, e ha errato nel ritenere che egli abbia acquisito quelle capacità genitoriali idonee ad offrire al figlio quel minimo necessario per assicurargli una sana, serena e corretta crescita psico-fisica. La ricorrente esprime sostanzialmente un punto di vista contrario alla Corte di appello quanto alla valutazione delle prove, ma non contesta l'applicazione dei principi normativi e giurisprudenziali richiamati nella sentenza impugnata. 9. L'impugnazione ex art. 360 numero 5 c.p.c. si rivela invece inammissibile, alla luce del nuovo testo, qui applicabile, della norma cfr. Cass. civ. Sezioni unite numero 8053 del 7 aprile 2014 secondo cui l'art. 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ., riformulato dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, numero 83, conv. in legge 7 agosto 2012, numero 134, introduce nell'ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia. Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, numero 6, e 369, secondo comma, numero 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il fatto storico , il cui esame sia stato omesso, il dato , testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività , fermo restando che l'omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie . La censura mossa da parte della ricorrente è infatti del tutto indeterminata e astratta perché non sono stati evidenziati elementi di prova, ignorati dalla Corte di appello, tali da attestare l'incapacità del G. di assolvere alla sua funzione genitoriale, anche se sostenuta dall'aiuto che i suoi congiunti hanno dichiarato di voler apportare. L'impugnazione si risolve pertanto nell'apodittica affermazione per cui non è affatto emerso che il padre abbia raggiunto un livello minimo di capacità genitoriale e nell'affermazione secondo cui la sentenza impugnata ha presupposto la capacità di E.G. di essere un buon padre per il solo fatto che egli può ormai considerarsi astinente dalle tossicodipendenze da cui è stato interessato sino al 2009. Affermazioni che risultano completamente smentite dalla lettura della motivazione cui si è fatto cenno in precedenza. 10. Con il secondo motivo di ricorso si afferma che la Corte di appello ha violato gli artt. 1, 8 e 12 della legge sull'adozione in relazione ai nnumero 3 e 5 dell'art. 360 c.p.c. nel ritenere che il minore non si trovi in stato di abbandono perché il padre può contare sull'appoggio di un parente che, pur non avendo mai avuto rapporti significativi con il minore e che anzi ha escluso di potersi occupare di lui, ha dato la sua disponibilità a supportare il genitore. 11. Il motivo non coglie la ratio della decisione impugnata che si è basata, come si evince dalla motivazione, sul riscontro del netto miglioramento delle condizioni personali di E.G. e della sua chiara volontà di assumere in pieno il suo ruolo genitoriale. La Corte ha anche rilevato che il G. è supportato anche dalla sua famiglia di origine che inizialmente non era stata disponibile, se non a un aiuto marginale, ma per la necessità di assistere il padre, ammalatosi gravemente nel settembre del 2009 e deceduto nel luglio del 2011. E' da escludere quindi che la Corte di appello abbia violato le disposizioni indicate o abbia fornito una motivazione censurabile ai sensi dell'art. 360 numero 5 c.p.c. 12. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta che non è possibile dall'esame della motivazione risalire alla ratio decidendi che ha portato la Corte di appello a ritenere sussistenti i presupposti fondamentali della capacità genitoriale e afferma che ciò si traduce in mancanza di motivazione e dunque in motivo di cassazione, ai sensi degli artt. 116 c.p.c. e 18-12 L. 184/1983 in relazione ai nnumero 3 e 5 dell'art. 360 c.p.c. vertendo su fatti e circostanze decisive per il giudizio. 13. Il motivo non merita un ulteriore esame consistendo nella mera riproposizione delle stesse affermazioni apodittiche e slegate dal riscontro del contenuto reale della motivazione che contraddistinguono i precedenti motivi. 14. Infine con il quarto motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e l'errata applicazione degli artt. 2, 4 e 5 della legge numero 184/1983 e dell'art. 3 della Convenzione O.N.U. in relazione all'art. 360 numero 3 c.p.c. in quanto la Corte di appello, anziché limitarsi a revocare la dichiarazione dello stato di adottabilità, ai sensi dell'art. 16 della legge sulle adozioni, ha confermato la sistemazione, ancorché in via temporanea, di D. in affidamento familiare presso il nucleo che attualmente l'accoglie, provvedimento che non avrebbe potuto essere adottato dalla Corte di appello in sede di gravame in quanto riservato alla competenza funzionale del Tribunale per i minorenni. 15. A tale proposito va rilevato che i provvedimenti di affidamento adottati nel corso del giudizio sullo stato di adottabilità non sono ricorribili per cassazione in quanto non hanno contenuto decisorio e sono finalizzati non a dirimere contrasti in ordine a diritti soggettivi, ma a perseguire l'interesse del minore e in relazione a tale funzione sono sempre modificabili cfr. Cass. civ. sezione i numero 3767 del 15 marzo 2002, numero 14380 dell'8 ottobre 2002, numero 16987 del 1 agosto 2007, numero 11756 del 14 maggio 2010, numero 7609 del 4 aprile 2011 . Il motivo solleva, pertanto, una questione di incompetenza inammissibile. 16. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente alle spese del giudizio di cassazione. 17. Non sussiste a carico della ricorrente l'obbligo, previsto dall'art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, numero 228, per il caso di integrale rigetto dell'impugnazione, di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, trattandosi di controversia esente dal versamento del contributo. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in 2.200 euro di cui 200 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge. Dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 del d.lgs. numero 196/2003. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. numero 115 del 2002, dà atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato.