Si inguaia da solo: niente revisione dell’assegno per l’ex marito

L’ex-marito non può chiedere una revisione dell’importo a favore della moglie, se le circostanze sopravvenute consistono in un’esposizione debitoria, nata da un acquisto immobiliare e da un atto di accertamento di evasione fiscale, che ha comportato l’esborso di una somma di danaro.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 14143, depositata il 20 giugno 2014. Il caso. In un procedimento di notifica delle condizioni di divorzio, la Corte d’appello di Perugia confermava l’importo dell’assegno a favore della moglie. Il marito ricorreva in Cassazione, deducendo che, in sede di revisione, il giudice non possa procedere ad una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti e dell’entità dell’assegno, ma deve limitarsi a verificare se ed in che misura le circostanze sopravvenute abbiano alterato l’equilibrio così raggiunto ed eventualmente ad adeguare l’importo alla nuova situazione patrimoniale. Analisi delle circostanze sopravvenute. La Corte di Cassazione riteneva che la deduzione del ricorrente fosse corretta, ma, allo stesso tempo, approvava la decisione della Corte territoriale. Infatti, secondo i giudici di merito, non vi erano stati fatti nuovi, idonei a giustificare una revisione del regime, avendo motivato adeguatamente sulla posizione economica di entrambe le parti. Nel caso di specie, l’esposizione debitoria dedotta dal marito era nata da un cospicuo investimento di capitali, consistente in un acquisto immobiliare, e da un atto di accertamento di evasione fiscale, che ha comportato l’esborso di una somma superiore ai 5.000 euro. Perciò, il ricorrente non poteva eludere il suo obbligo di mantenimento della moglie, creando un’esposizione debitoria. Inoltre, l’accertamento di un’evasione fiscale rendeva incerto l’ammontare dei suoi redditi, evidentemente superiori a quanto dichiarato. Per questi motivi, la Corte di Cassazione respingeva il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 26 marzo – 20 giugno 2014, n. 14143 Presidente Di Palma – Relatore Dogliotti In un procedimento di modifica delle condizioni di divorzio tra F.F. e R.D., la Corte d'Appello di Perugia, con decreto in data 1/12/2011, rigettava il reclamo avverso il provvedimento del Tribunale di Terni, confermando in €. 316,00 l'importo dell'assegno in favore della moglie. Ricorre per cassazione il marito. Resiste con controricorso la moglie. Il marito deposita memoria difensiva. Non si ravvisano violazioni di legge. Per giurisprudenza ampiamente consolidata, l'assegno per il coniuge deve tendere al mantenimento del tenore di vita da questo goduto durante la convivenza matrimoniale, e tuttavia indice di tale tenore di vita può essere l'attuale disparità di posizioni economiche tra i coniugi Cass. N. 2156 del 2010 . In sostanza, il ricorrente propone profili e situazioni di fatto, insuscettibili di controllo in questa sede, a fronte di un provvedimento caratterizzato da motivazione adeguata e non illogica. Si può consentire con quanto afferma il ricorrente, pure richiamando la giurisprudenza di questa Corte, per cui in sede di revisione il giudice non può procedere ad una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti e dell'entità dell'assegno, ma deve limitarsi a verificare se e in che misura le circostanze sopravvenute abbiano alterato l'equilibrio così raggiunto, e ad adeguare l'importo alla nuova situazione patrimoniale tra le altre, Cass. n. 10133 del 2007 . Ma è proprio ciò che ha fatto il giudice a quo, con motivazione adeguata e non illogica. Afferma infatti la Corte di merito che non vi sono stati fatti nuovi, idonei a giustificare una revisione del regime. Valuta la sentenza la posizione economica di entrambe le parti, come è sua facoltà, secondo presunzioni, e motivando particolarmente al riguardo. Quanto al marito, il giudice a quo precisa che la dedotta esposizione debitoria nasce in realtà da un cospicuo investimento di capitali e cioè un acquisto immobiliare avente ad oggetto una abitazione a due livelli, nonché da una atto di accertamento di evasione fiscale che ha comportato l'esborso di circa euro 5.560,00. Correttamente il provvedimento impugnato precisa che il marito non può eludere il suo obbligo di mantenimento della moglie, creando una esposizione debitoria, e che l'accertamento di una evasione fiscale rende incerto l'ammontare dei suoi attuali redditi, comunque evidentemente superiore a quanto dichiarato. Afferma il ricorrente c e la essa moglie ad ammettere di svolgere qualche saltuario lavoro di sartoria. Ma è il medesimo provvedimento impugnato ad ammettere l'esistenza di qualche saltuario lavoro della moglie, escludendo soltanto che l'aiuto del figlio esima il marito dal suo obbligo. Del resto la portata limitata dell'assegno costituisce un mero contributo, non essendo tale da soddisfare tutte le esigenze della moglie. Quanto alla lamentata mancata richiesta di informazioni alla Polizia Tributaria, il ricorso non è autosufficiente perché non si precisa se, quando e come tale richiesta sia stata effettuata e quali fossero i contenuti di essa. Va ribadita tale valutazione, nonostante le indicazioni della memoria difensiva che non possono fornire elementi e profili aggiuntivi rispetto a quanto espresso il ricorso. Va conclusivamente rigettato il ricorso. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso, e condanna il ricorrente alle spese processuali che liquida in €. 1.000,00 per compensi ed €. 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere generalità ed atti identificativi, a orma dell'art. 52 D.lgs. 196/03, in quanto imposto dalla legge.