Pensione destinata a spese mediche, uomo con minori capacità economiche: resta l’assegno di mantenimento per la moglie

Confermato il quantum stabilito nei giudizi di merito 800 euro mensili. Respinte, definitivamente, le obiezioni dell’uomo, che aveva puntato sulla propria precaria situazione economica, caratterizzata da una pensione già impegnata in parte per spese mediche e assistenza privata, e sulla situazione economica florida della moglie, poco propensa, peraltro, ad affrontare il mondo del lavoro.

Pensione già ‘impegnata’ per una parte, quella destinata a spese mediche e assistenza privata. Ciò alla luce delle condizioni fisiche dell’uomo. Ma questo elemento non può, comunque, mettere in discussione l’obbligo, stabilito in Tribunale, di versare un corposo assegno di mantenimento alla moglie da cui oramai si è separato ufficialmente Cass., ord. n. 7886/2014, Sezione Sesta Civile, depositata oggi . Assegno. Ognuno prenda la propria strada A ‘certificare’ la rottura definitiva della coppia è il Tribunale, che ufficializza la separazione , respinge le reciproche domande di addebito e, a chiusura, pone a carico dell’uomo l’obbligo di versare un assegno mensile di 800 euro alla moglie. Tale decisione viene confermata anche in Corte d’Appello, nonostante l’uomo continui a portare avanti la tesi della responsabilità della donna nella crisi coniugale, determinata dal suo interesse per il marito, dal suo continuo allontanamento dalla residenza familiare e dalla sua relazione extraconiugale , e, allo stesso tempo, sostenga la carenza dei presupposti per l’imposizione dell’assegno di mantenimento . Su quest’ultimo tasto, comunque, l’uomo batte nuovamente in Cassazione, evidenziando la propria precaria condizione economica. Più in dettaglio, l’uomo spiega che un terzo della sua pensione è destinata a spese mediche e di assistenza privata , mentre la moglie ha rinunciato a lavorare e non ha mai dimostrato di aver ricercato un lavoro , anche perché, evidenzia l’uomo, ella non solo non deve fare fronte a canoni di locazione, in quanto convive con la sorella benestante, ma anzi percepisce un canone di locazione relativo alla villa di cui è comproprietaria, ed è in possesso di titoli mobiliari . Anche di fronte ai giudici del ‘Palazzaccio’, però, l’obiezione mossa dall’uomo non viene ritenuta accoglibile corretta, alla luce del materiale probatorio , la visione della Corte d’Appello. Ciò conduce alla conferma dell’ assegno di mantenimento , nella misura di 800 euro mensili, a favore della donna.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, sentenza 17 dicembre 2013 – 3 aprile 2014, n. 7886 Presidente Macioce – Relatore Bisogni Osserva 1. Il Tribunale di Pesaro con sentenza n. 641 del 28 dicembre 2010 - successiva a quella non definitiva del 14 ottobre 2008, dichiarativa della separazione dei coniugi G. e F. - ha respinto le reciproche domande di addebito e posto a carico del G. un assegno mensile di 800 euro, compensando per metà le spese processuali e ponendo la quota residua a carico di G.G. 2. Ha proposto appello il G. affermando che il Tribunale aveva fornito una carente e contraddittoria motivazione, oltre che una errata valutazione delle prove raccolte, sui punti decisivi a della responsabilità della Fattori nella crisi coniugale, determinata dal suo disinteresse per il marito, dal suo continuo allontanamento dalla residenza familiare e dalla sua relazione extra-coniugale, b della carenza dei presupposti per l'imposizione dell'assegno di mantenimento a carico del G. 3. La Corte di appello di Ancona ha respinto l'impugnazione. 4. Propone ricorso per cassazione G.G. affidandosi a quattro motivi di impugnazione. 5. Con il primo motivo di ricorso il Gai deduce vizi della motivazione consistiti nella superficiale o omessa valutazione del materiale probatorio da cui emergerebbe inequivocamente a il disinteresse della Fattori per il marito manifestatosi pienamente dal momento in cui le sue condizioni di salute si aggravarono, b l'atteggiamento irridente per le sue difficoltà nell'intrattenere rapporti sessuali, c l'inizio di una relazione con un altro uomo. 6. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta di non aver potuto rispondere al capitolo 11 dell'interrogatorio formale avente per oggetto la relazione extra-coniugale della F. 7. Con il terzo motivo il ricorrente contesta la ritenuta sussistenza delle condizioni per l'imposizione di un assegno di mantenimento e rileva che più di un terzo della sua pensione è destinata a spese mediche e di assistenza privata, che la F. ha rinunciato a lavorare e non ha mai dimostrato di aver ricercato un lavoro, che la stessa non solo non deve fare fronte a canoni di locazione, in quanto convive con la sorella benestante, ma anzi percepisce un canone di locazione relativo alla villa di cui è comproprietaria ed è in possesso di titoli mobiliari. 8. Con il quarto motivo il ricorrente contesta la decisione di primo grado relativa alle spese processuali in quanto non ha tenuto conto della reciproca soccombenza. 9. Si difende con controricorso D.F. Ritenuto che 10. Il ricorso è in parte inammissibile e in parte infondato. 11. Il primo motivo prospetta la ricostruzione della crisi coniugale secondo il punto di vista del ricorrente senza riportare oggettivamente l'esito della prove raccolte in istruttoria al fine di dimostrare in cosa sarebbe consistito il dedotto vizio motivazionale. Peraltro va anche rilevato che la Corte di appello ha compiuto una scrupolosa analisi del materiale probatorio per illustrare le ragioni che hanno giustificato la sua decisione di rigettare l'appello ritenendo non provata la violazione dei doveri coniugali lamentata dal G. 12. Il secondo motivo è palesemente infondato dato che correttamente il giudice di primo grado ha ritenuto inammissibile il capitolo della prova per interpello vertente su fatti sfavorevoli alla posizione processuale non dell'interrogando ma della controparte. 13. Quanto al terzo motivo valgono le stesse considerazioni svolte per il primo motivo. Anche su questo punto della decisione la motivazione della Corte di appello appare congrua sia quanto all'analisi del materiale probatorio sia quanto alla illustrazione delle ragioni che hanno portato alla quantificazione dell'assegno nella misura sopra indicata con riferimento alla giurisprudenza di legittimità in tema di accertamento del diritto al mantenimento e di liquidazione dell'assegno. 14. Infine il quarto motivo è anch'esso palesemente infondato perché la motivazione del giudice di primo grado è chiarissima nell'affermare che la condanna parziale alle spese emessa in primo grado si giustifica con il totale rigetto delle conclusioni dell'odierno ricorrente mentre la domanda di riconoscimento del diritto all'assegno di mantenimento proposta dalla F. è stata accolta dal Tribunale. La Corte condivide pienamente tale relazione e pertanto ritiene che il ricorso del Gai vada respinto con condanna al pagamento delle spese del presente giudizio. Non sussistono i presupposti,ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002, per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo del contributo dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in 2.200 euro di cui 200 per esborsi in favore della controricorrente. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.