“Questo matrimonio non s’aveva da fare”, ma fino alla dichiarazione di nullità, Renzo continua a pagare l’assegno a Lucia

Tra il giudizio relativo alla delibazione della sentenza ecclesiastica, che aveva dichiarato la nullità del matrimonio concordatario tra le parti, e quello riguardante la separazione personale tra i coniugi relativo agli effetti civili , non sussiste alcun rapporto di pregiudizialità. Il secondo procedimento non deve, quindi, essere necessariamente sospeso, a causa della pendenza del primo ed in attesa di una sua definizione, poiché si tratta di processi autonomi, aventi finalità e presupposti diversi.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza n. 6754, depositata il 21 marzo 2014. Il caso. La Corte d’appello di Roma confermava la sentenza, con cui veniva pronunciata la separazione personale di due coniugi e veniva determinato l’assegno dovuto dal marito. I giudici di merito rigettavano la richiesta dell’uomo di sospendere il processo, in attesa della delibazione della sentenza ecclesiastica, che aveva dichiarato la nullità del matrimonio concordatario tra le parti, affermando che non sussistesse tra le cause un rapporto di pregiudizialità , atteso che il matrimonio, ancorché impugnato, continuava a produrre i suoi effetti, in pendenza del giudizio di nullità. C’è un altro processo in corso. Il marito ricorreva in Cassazione, contestando alla Corte d’appello, dinnanzi a cui pendeva, oltre al giudizio d’appello, anche quello di delibazione della sentenza ecclesiastica, di aver erroneamente rigettato la richiesta di sospensione del primo giudizio. Infatti, la sospensione, da una parte, non avrebbe comunque sospeso le obbligazioni economiche derivanti dalla sentenza di separazione e, dall’altra, avrebbe evitato una contraddizione tra la sentenza delibativa di nullità, cui conseguiva l’ablazione di ogni obbligazione economica, e quella impugnata, pubblicata successivamente, che aveva confermato l’assegno di mantenimento. Per questo motivo, contestava, con altro motivo di ricorso, la stessa contraddizione creatasi. I due procedimenti sono autonomi. Secondo la Corte di Cassazione, i giudici di merito avrebbero applicato correttamente il principio, secondo cui tra il giudizio relativo alla nullità del matrimonio riguardante la nullità della relativa trascrizione e quello riguardante la separazione personale tra i coniugi relativo agli effetti civili , non sussiste alcun rapporto di pregiudizialità. Il secondo procedimento non deve, quindi, essere necessariamente sospeso, a causa della pendenza del primo ed in attesa di una sua definizione, poiché si tratta di procedimenti autonomi, aventi finalità e presupposti diversi. Rimangono ancora coniugi. Di conseguenza, i coniugi, anche in pendenza del giudizio di nullità, continuano ad essere trattati come tali dalla legge ed il matrimonio, anche se impugnato, continua a produrre i suoi effetti. Questo principio spiega i suoi effetti fino al passaggio in giudicato della sentenza di delibazione. Solo in quel momento, la declaratoria di nullità acquista efficacia nell’ordinamento nazionale e vengono meno gli obblighi economici a carico dei coniugi, in virtù di un matrimonio che, nel frattempo, continua a produrre i suoi effetti. Perciò, la pendenza del giudizio di delibazione non è relativo ad una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa, e, prima del passaggio in giudicato della sentenza di delibazione della sentenza ecclesiastica, che ha dichiarato la nullità del matrimonio, non ci sono possibilità di contraddizione tra le due sentenze. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 26 febbraio – 21 marzo 2014, n. 6754 Presidente Luccioli – Relatore Di Amato Svolgimento del processo Con sentenza del 10 marzo 2010 la Corte di appello di Roma confermava la sentenza in data 20 luglio 2005 con la quale il Tribunale della stessa città, pronunziando la separazione personale dei coniugi D.E. e P.A. , aveva determinato in Euro 800,00, a decorrere dall'aprile del 2005, l'assegno dovuto dal primo alla seconda. In particolare, e per quanto ancora interessa, la Corte di appello rigettava la richiesta del D. di sospendere il processo, in attesa della delibazione della sentenza ecclesiastica che aveva dichiarato la nullità del matrimonio concordatario tra le parti, affermando che non sussisteva tra le cause un rapporto di pregiudizialità, atteso che il matrimonio, ancorché impugnato, continua a produrre i suoi effetti in pendenza del giudizio di nullità. D.E. propone ricorso per cassazione, deducendo tre motivi. P.A. non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione dell'art. 295 c.p.c., lamentando che la Corte territoriale, innanzi alla quale pendeva oltre al giudizio di appello anche quello di delibazione della sentenza ecclesiastica, erroneamente aveva rigettato la richiesta di sospensione del primo giudizio, considerato che la sospensione, da un lato, non avrebbe sospeso le obbligazioni economiche derivanti dalla sentenza di separazione impugnata e, dall'altro, avrebbe consentito di evitare una contraddizione tra la sentenza delibativa della nullità del matrimonio pronunciata dal Tribunale ecclesiastico, cui conseguiva l'ablazione di ogni obbligazione maritale di ordine economico, e la sentenza impugnata, pubblicata successivamente, che aveva confermato l'assegno di mantenimento a carico del marito. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 143 ss. c.c., lamentando che erroneamente la sentenza impugnata, nel motivare il rigetto della richiesta di sospensione, aveva affermato che la sentenza delibativa della sentenza ecclesiastica non avrebbe esaurito i rapporti economici tra le parti, essendo necessario un ulteriore procedimento per l'accertamento del venir meno, per effetto di tale declaratoria, degli obblighi di contenuto economico derivanti dalla sentenza di separazione”, contraddicendo così il principio secondo cui la declaratoria di nullità del matrimonio ha una efficacia ablativa ex se dei conseguenti obblighi economici. Con il terzo motivo si deduce la contraddittorietà tra la sentenza impugnata, confermativa della misura dell'assegno di mantenimento, e la sentenza delibativa del provvedimento ecclesiastico. Il primo ed il terzo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono infondati. La Corte di appello, rigettando la richiesta di sospensione del processo, ha esattamente applicato alla pendenza del giudizio di delibazione il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui tra il giudizio relativo alla nullità del matrimonio civile o concordatario ovvero concernente la nullità della relativa trascrizione , e quello riguardante la separazione personale tra i coniugi ovvero avente ad oggetto lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio non sussiste alcun rapporto di pregiudizialità, tale che il secondo debba essere necessariamente sospeso a causa della pendenza del primo ed in attesa della sua definizione, atteso che trattasi di procedimenti autonomi, aventi finalità e presupposti diversi e che, anche in pendenza del giudizio di nullità, i coniugi continuano ad essere trattati dalla legge come tali, seguitando il matrimonio, ancorché impugnato, a produrre i suoi effetti” e plurimis Cass. s.u. 4 ottobre 1974, n. 2602 Cass. 9 giugno 2000, n. 7865 Cass. 19 settembre 2001, n. 11751 Cass. 10 dicembre 2010, n. 24990 . Invero, tale principio spiega i suoi effetti sino al passaggio in giudicato della sentenza di delibazione solo in tale momento, infatti, la declaratoria di nullità acquista efficacia nell'ordinamento nazionale Cass. 12 gennaio 1981, n. 259 e vengono meno gli obblighi economici a carico dei coniugi in virtù di un matrimonio che sino a quel momento continua a produrre i suoi effetti art. 128, primo comma, e. e, in tema di matrimonio putativo, la cui disciplina è richiamata dall'art. 18 della legge n. 847 del 1929 . Ne consegue che la pendenza del giudizio di delibazione non è relativa, ad una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa” art. 295 c.p.c. e che, prima del passaggio in giudicato della sentenza di delibazione della sentenza ecclesiastica che ha dichiarato la nullità del matrimonio, non sussiste alcuna possibilità di contraddizione tra detta sentenza e quella che determina l'assegno di mantenimento in sede di separazione. Il secondo motivo è inammissibile in quanto non attiene al decisum e rappresenta un mero obiter dictum l'affermazione della sentenza impugnata circa la necessità di altro giudizio per accertare, a seguito della delibazione della sentenza ecclesiastica, il venire meno degli obblighi di contenuto economico derivanti dalla sentenza di separazione. Nulla sulle spese. P.Q.M. rigetta il ricorso dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, ai sensi dell'art. 52 d.lgs. 196/03.