Madre inaffidabile, figlio abbandonato a sé stesso: legittima l’adozione perché… il lupo perde il pelo ma non il vizio

Il diritto a vivere nella propria famiglia di origine incontra un limite nello stesso interesse del minore, se si accerta la ricorrenza di una situazione di abbandono che legittimi la dichiarazione di adottabilità qualora, a prescindere dagli intendimenti dei genitori, la vita da loro offerta al figlio sia inadeguata al suo normale sviluppo psico-fisico, cosicché la rescissione del legame familiare è l’unico strumento che possa evitargli un più grave pregiudizio ed assicurargli assistenza e stabilità affettiva.

È quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 5095 del 5 marzo 2014. Madre inquieta e instabile. Il Tribunale per i Minorenni di Brescia dichiarava lo stato di adottabilità di un minore. La madre di quest’ultimo proponeva appello, chiedendo la riforma della decisione sulla base del rapporto affettivo che la legava al figlio e deducendo che le condizioni di indigenza, superate peraltro dall’attività lavorativa a tempo indeterminato da lei di recente intrapresa, non erano sufficienti per l’affermazione dello stato di abbandono del minore. La Corte d’appello di Brescia confermava la sentenza di primo grado, ponendo in evidenza che la donna, indipendentemente dalle sue capacità economiche, aveva dimostrato di essere priva di adeguate capacità genitoriali, a causa della propria instabilità sul piano lavorativo ed esistenziale e del suo atteggiamento irresponsabile verso la prole. Inoltre, la relazione peritale, aveva posto in evidenza in rapporto ambivalente tra madre e figlio e una esigenza di sicurezza e di stabilità di quest’ultimo che la prima non era in grado di soddisfare. La donna ricorre per cassazione, lamentando la mancata considerazione della sua assunzione a tempo indeterminato che le avrebbe consentito stabilità non solo lavorativa ma anche reddituale e abitativa tale da consigliare, quanto meno, l’affidamento etero-familiare, onde consentirle di usufruire di un ulteriore periodo di prova per dimostrare di poter svolgere adeguatamente la funzione genitoriale materna, anche tenendo conto dell’irreparabile danno, per il minore, in caso di definitivo distacco dalla madre. Stato di adottabilità come extrema ratio”. La Corte di Cassazione respinge il ricorso occorre premettere che nel giudizio inerente lo stato di abbandono assume carattere assolutamente prioritario l’interesse del minore in relazione all’esigenza di assicurargli quel minimo di cure materiali, calore affettivo, aiuto psicologico indispensabile per lo sviluppo e la formazione della sua personalità. Ne consegue che il diritto a vivere nella propria famiglia di origine incontra un limite nello stesso interesse del minore, se si accerta la ricorrenza di una situazione di abbandono che legittimi la dichiarazione di adottabilità qualora, a prescindere dagli intendimenti dei genitori, la vita da loro offerta al figlio sia inadeguata al suo normale sviluppo psico-fisico, cosicché la rescissione del legame familiare è l’unico strumento che possa evitargli un più grave pregiudizio ed assicurargli assistenza e stabilità affettiva. Il minore, pertanto, deve rimanere nella propria famiglia e lo stato di adottabilità deve porsi come extrema ratio , quando ogni altro rimedio appare inadeguato. Irrilevante la volontà genitoriale se priva di prospettive concrete di miglioramento. Per questi motivi, è irrilevante la volontà dei genitori e degli altri stretti congiunti se priva di prospettive volte al superamento dello stato di abbandono. Comportamento materno irresponsabile. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha sì considerato il fatto che la madre avesse trovato lavoro a tempo indeterminato ma non ha potuto fare a meno di rilevare anche la sua precedente instabilità emotiva e lavorativa che avevano reso obbligata la conclusione nel senso dello stato di abbandono e sulla sua scarsa capacità genitoriale che, d’altra parte, deve essere acquistata o recuperata in tempi compatibili con l’esigenza del minore a uno stabile contesto familiare. Il ricorso, pertanto, deve essere respinto.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 4 luglio 2013 – 5 marzo 2014, n. 5095 Presidente Carnevale – Relatore Campanile Svolgimento del processo 1 - Con sentenza depositata in data 4 aprile 2012 il Tribunale per i Minorenni di Brescia dichiarava lo stato di adottabilità del minore S.A. , nato a Paterno il 20 aprile 2002. Avverso tale decisione proponeva appello la madre B.M.R. , chiedendone la riforma sulla base del rapporto affettivo che legava il minore alla madre e deducendo che le mere condizioni di indigenza, per altro superate dall'attività lavorativa a tempo indeterminato da lei di recente intrapresa, non erano sufficienti per l'affermazione dello stato di abbandono del minore. 1.1 - La Corte di appello di Brescia, con la decisione indicata in epigrafe, confermava la sentenza di primo grado, ponendo in evidenza, previa ricostruzione delle vicissitudini della B. , come costei, indipendentemente dalle capacità economiche, avesse dimostrato di essere priva di adeguata capacità genitoriale, sia a causa della propria instabilità non solo sul piano lavorativo, ma anche esistenziale ed a tal fine si rilevava, fra l'altro, che la stessa, dopo aver reperito in Chieti un'attività lavorativa che le avrebbe consentito di portare con sé il minore, si era resa irreperibile, senza aver alcun contatto con il figlio , sia a causa della dimostrata incapacità di assumere un atteggiamento responsabile verso la propria prole. 1.2 - Sotto altro profilo si rilevava che sulle dedotte esigenze affettive del minore - per altro contraddette dalla relazione peritale, che aveva posto in evidenza un rapporto ambivalente fra madre e figlio - doveva far premio quell'esigenza di sicurezza e stabilità che l'appellante, neanche in prospettiva, non era in grado di assicurare. 1.3 - Avverso tale decisione propone ricorso la B. , deducendo tre motivi, cui resistono con controricorso la curatrice speciale e la tutrice del minore. Motivi della decisione 2. - Con il primo motivo si deduce omesso esame di un fatto nuovo decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., per non essersi considerata la circostanza, verificatasi nelle more del giudizio di appello e dedotta con l'atto introduttivo dello stesso, relativa all'assunzione da parte della B. di un'attività lavorativa a tempo indeterminato. 2.1 - Con il secondo mezzo si denuncia violazione della L. n. 184 del 1983, artt. 1 e 8, per aver la corte territoriale confermato la statuizione inerente allo stato di abbandono materiale del minore, senza considerare la circostanza relativa al conseguimento, da parte della madre, di una stabile condizione lavorativa, reddituale ed abitativa, tale da consigliare, quanto meno, la prosecuzione dell'affidamento etero familiare. 2.2 - Con il terzo motivo, deducendosi violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 10 della L. n. 184 del 1983, si sostiene che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente disatteso la domanda subordinata della B. relativa alla prosecuzione dell'affidamento etero familiare, onde consentirle di usufruire di un ulteriore periodo di prova per dimostrare di poter svolgere in maniera adeguata la funzione genitoriale materna. Sotto altro profilo si afferma la sussistenza di un grave ed irreperibile danno per il minore, in caso di definitivo distacco dalla madre, alla luce dell'intenso legame affettivo, non disconosciuto, ancorché ritenuto ambivalente, dalla stessa corte di appello. 3 - I motivi sopra esposti, da esaminarsi congiuntamente per la loro intima connessione, sono infondati. 3.1 - Vale bene premettere che nel giudizio inerente alla verifica circa la sussistenza o meno dello stato di abbandono assume carattere assolutamente prioritario l'interesse del minore, in relazione alla esigenza di assicurargli quel minimo di cure materiali, calore affettivo, aiuto psicologico indispensabile per lo sviluppo e la formazione della sua personalità. La legge n. 184 del 1983, all'art. 1 afferma, infatti, il diritto del minore a vivere e crescere nella propria famiglia, ma solo fino a quando ciò non comporti un'incidenza grave ed irreversibile sul suo sviluppo psicofisico, e l'art. 8 della stessa legge definisce la situazione di abbandono come mancanza di assistenza materiale e morale. In altri termini, il diritto a vivere nella propria famiglia di origine incontra un limite, nello stesso interesse del minore, se si accerta la ricorrenza di una situazione di abbandono che legittimi la dichiarazione di adottabilità qualora, a prescindere dagli intendimenti dei genitori, la vita da loro offerta al figlio sia inadeguata al suo normale sviluppo psico - fisico, cosicché la rescissione del legame familiare è l'unico strumento che possa evitargli un più grave pregiudizio ed assicurargli assistenza e stabilità affettiva. Deve quindi ribadirsi il principio secondo cui il minore ha diritto di rimanere nella propria famiglia di origine, con conseguente ricorso allo stato di adottabilità come soluzione estrema, quando ogni altro rimedio appare ormai inadeguato. In tale quadro, e la questione costituisce uno degli aspetti fondanti del ricorso in esame, deve ribadirsi l'irrilevanza delle mere espressioni di volontà da parte dei genitori, o degli altri stretti congiunti, ove prive di qualsiasi concreta prospettiva e quindi non idonee al superamento dello stato di abbandono Cass. 17 luglio 2008 n. 16795 . L'apprezzamento, poi, della sussistenza in concreto della situazione sopra descritta si sostanzia in una valutazione rimessa al giudice del merito, mentre la prospettazione di un riesame del materiale probatorio acquisito nel processo, secondo giurisprudenza ampiamente consolidata v., per tutte, Cass., sent. n. 18288 del 2011, n. 17915 del 2010, n. 18288 del 2011 , è esclusa in sede di legittimità, qualora la motivazione non presenti vizi di carattere logico e giuridico. 3.2 - La Corte di appello di Brescia non si è sottratta al delicato compito di valutare, nell'ottica dell'interesse della minore S.A. , le risultanze processuali già acquisite nel corso del giudizio di primo grado e quelle dedotte in sede di gravame, con motivazione esente da censure sotto il profilo logico-giuridico. Nella sentenza impugnata, invero, si da atto della deduzione inerente alla frequentazione, da parte della B. , di un corso di operatore assistenziale e di aver reperito un lavoro a tempo indeterminato presso l'Associazione Asilo Notturno omissis , ritenendosi, tuttavia, che altri lavori la predetta ha trovato ed ha lasciato e mai ha dimostrato di avere un atteggiamento responsabile nei confronti dei molti figli avuti nel corso dei vari rapporti con uomini diversi . Ove si consideri che - correttamente, trattandosi di decisione pubblicata nella vigenza del nuovo testo dell'art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., come introdotto dall'art. 54, comma 1, lett., b del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 - la ricorrente ha denunciato l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, è agevole constatare l'insussistenza del vizio denunciato, per aver la corte territoriale, esprimendo un giudizio di irrilevanza della nuova attività intrapresa dalla B. e, in generale, dei suoi propositi, alla luce delle prove negative già date in presenza di analoghe situazioni, espressamente ed adeguatamente valutato la circostanza in esame, esprimendo al riguardo una considerazione di merito insindacabile in questa sede. 3.3 - All'infondatezza del primo motivo, inerente al profilo motivazionale, fa riscontro quella della seconda censura, in quanto la valutazione della permanenza e dell'attualità, al momento della decisione, dello stato di abbandono, è implicita nel giudizio negativo formulato, anche in prospettiva, sulla capacità genitoriale della predetta Il suo modo di vivere, i tanti lavori e luoghi lasciati dimostrano che la sua struttura di personalità le impedisce di svolgere il ruolo genitoriale, non essendo capace di stabilire condizioni di vita serene ed idonee alla vita di un minore che ha bisogno di mettere radici stabili in un ambiente sicuro . Richiamate le superiori considerazioni circa l'irrilevanza delle manifestazioni di volontà da parte dei genitori che non trovino riscontro, nell'ottica del primario interesse del minore, nella realtà effettiva e in giudizio probabilistico formulato dal giudice del merito, deve altresì rilevarsi che questa Corte ha più volte affermato che l'acquisto o il recupero della capacità genitoriale debbono in prospettiva inquadrarsi in una prognosi che preveda tempi compatibili con l'esigenza del minore di uno stabile contesto familiare Cass., 14 giugno 2012, n. 9769 Cass. 26 gennaio 2011, n. 1839 . Sotto questo profilo deve constatarsi che la corte territoriale, fondando il proprio giudizio anche sulle risultanze peritali deponenti nel senso della inadeguatezza della capacità di accudimento e della capacità comunicativa, della totale assenza della funzione normativa, dell'incomprensione dei bisogni del figlio e dell'incapacità, per la bassa autostima, di mettere in campo le sue risorse , oltre che delle esperienze negative già vissute dalla B. , ha affermato che la sua inidoneità genitoriale non possa mutare in tempi ragionevoli, rapportati alla vita del minore, il quale è stato per troppo tempo deprivato di una famiglia e tale inidoneità possa, pertanto, ritenersi irreversibile . 3.4 - Nel quadro delineato in maniera così incisiva dalla corte territoriale non possono trovare spazio né l'invocata prosecuzione dell'affidamento etero - familiare cfr. Cass., 4 maggio 2010, n. 10706 , né le istanze affettive, con particolare riferimento al legame, ancorché ritenuto ambivalente in sede peritale, fra il minore e la madre. Sulla prospettazione della ricorrente circa la superabilità di tale relazione ambivalente, attribuita a un meccanismo difensivo attivato dal figlio, deve invero far premio la primazia dell'interesse di costui ad ottenere, nell'ambiente più idoneo, un sano sviluppo sul piano psico - fisico, interesse che trascende e nei casi estremi comporta la recisione dei legami biologici, nonché il superamento delle relazioni affettive che non siano compatibili con un armonioso sviluppo psico-fisico del minore stesso Cass., 8 maggio 2013, n. 10721 Cass., 26 gennaio 2011, n. 1837 . 4 - La natura della vicenda e la particolare delicatezza del procedimento di sussunzione della fattispecie concreta consigliano l'integrale compensazione delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Compensa interamente fra le parti le spese processuali relative al presente giudizio di legittimità. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati in sentenza.