Il convivente more uxorio non è un ospite e non può essere estromesso dall’immobile familiare dal compagno proprietario

Merita rilievo l’ordinanza pronunciata dalla Quarta Sezione del Tribunale di Milano in accoglimento della domanda possessoria presentata dalla ricorrente, in nome proprio e della figlia minore, estromesse entrambe dall’immobile familiare dal compagno, nonché padre della bambina.

Il fatto. Rientrata dalle vacanze estive con la figlia minore presso la casa familiare, di proprietà esclusiva del compagno convivente, la ricorrente veniva dal medesimo allontanata, con violenza di modi e di linguaggio, nonché privata dell’unico mazzo di chiavi a lei disposizione. A seguito di ciò, la convivente adiva il Tribunale di Milano chiedendo la reintegrazione di sè medesima e della figlia minore nella detenzione dell’appartamento da cui erano state estromesse, adibito, dapprima a casa della coppia e, successivamente alla nascita della figlia, a casa familiare. Il resistente non si costitutiva in giudizio e ne veniva dichiarata la contumacia. La convivenza di fatto quale detenzione qualificata. Ai sensi dell’art. 1168 c.c., chi sia stato violentemente od occultamente spogliato del possesso può, entro un anno dal sofferto spoglio, chiedere contro l’autore di esso la reintegrazione nel possesso medesimo. Oltre al possessore, legittimato attivo per proporre l’azione di reintegrazione è il detentore qualificato che detiene la cosa in base ad un titolo e non meramente per ragioni di servizio od ospitalità. Nel caso in commento, il giudice di merito afferma che la convivenza more uxorio , compresa tra le formazioni sociali costituzionalmente tutelate all’art. 2 Cost. e che dà vita ad un autentico consorzio familiare, determina un potere di fatto sulla casa di abitazione basato su un interesse proprio ben diverso da quello derivante da ragioni di ospitalità, tale da assumere i connotati tipici di una detenzione qualificata, che ha titolo in un negozio giuridico di tipo familiare. Richiamato integralmente l’orientamento della Suprema Corte che, in un caso del tutto analogo, ha definito il convivente more uxorio un detentore qualificato, legittimato attivo a proporre l’azione di cui agli artt. 1168 c.c. e 703 c.p.c. Cass. n. 7214/2013 . Il convivente non è un ospite A conferma della stabile convivenza attuata nell’immobile conteso e durata per oltre 10 anni nonché dello svolgimento presso tale abitazione della vita familiare, la ricorrente produceva in giudizio fotografie che ritraevano lei e la figlia nei diversi momenti della loro quotidianità, documentazione mai contestata dal ricorrente, rimasto contumace. Secondo il giudice di merito, la ricorrente ha pienamente provato la propria qualità di detentore qualificato del bene immobile in base al titolo giuridico costituito dalla convivenza more uxorio , stabile e duratura. Sussiste lo spoglio violento. Il comportamento tenuto dal convivente che, con violenza, ha estromesso la compagna e la figlia minore dall’immobile familiare, costituisce spoglio violento, inteso come privazione apprezzabile del potere di fatto sulla cosa. La privazione dell’unico mazzo di chiavi in possesso della ricorrente ha impedito, di fatto, alla stessa di esercitare la detenzione del bene. Divieto di autotutela. Il convivente non proprietario non può essere allontanato improvvisamente dall’abitazione, avendo, invece, diritto a vedersi attribuito un congruo termine al fine di reperire un’altra sistemazione abitativa. Sullo stesso punto, la Suprema Corte aveva ritenuto che l’assenza di un giudice della dissoluzione del menage non consente al convivente proprietario di ricorrere alle vie di fatto per estromettere l’altro dall’abitazione, perché il canone della buona fede e correttezza impone al legittimo titolare che, cessata l’ affectio , intenda recuperare l’esclusiva disponibilità dell’immobile, di avvisare il partner e di concedergli un termine congruo per reperire altra sistemazione . Le azioni a tutela del possesso, infatti, hanno la finalità di impedire che le persone ricorrano all’autotutela.

Tribunale di Milano, sez. IV Civile, ordinanza 18 febbraio 2014 Giudice Canu Il Giudice, a scioglimento della riserva assunta il cui al verbale che precede, richiamando lo svolgimento dei fatti come esposto diffusamente dalle parti, così provvede. La ricorrente ha dedotto che fra le parti sussiste un rapporto di stabile convivenza more uxorio, iniziato nell'anno 2003. La ricorrente ha, quindi, convissuto con stabilmente e continuativamente nell'immobile di a Milano, di proprietà del resistente. Nel mese di dicembre 2010 è nata la figlia della coppia , riconosciuta da entrambi i genitori. Il 28 agosto 2013, al rientro dalle vacanze, secondo la ricorrente, il rapporto affettivo si è interrotto, atteso che il resistente con violenza di modi e di linguaggio, allontanava dall'appartamento la compagna con in braccio e il di lei fratello, strappando dalle mani della Sig.ra l'unico mazzo di chiavi a lei a disposizione . Rimaste senza esito le doglianze immediate della ricorrente, la stessa ha presentato il ricorso de quo, sull'assunto di essere stata violentemente spogliata del possesso dell'abitazione di via qualificando la sua relazione col bene come possesso o detenzione qualificata in forza dello stabile rapporto di convivenza. Il resistente, nonostante la regolarità della notifica del ricorso, non si è costituito. L'esperita istruttoria con l'escussione dell’informatore fratello dalla ricorrente, unitamente alle allegazioni documentali, portano a ritenere fondata la domanda di tutela possessoria. A tale proposito, si rileva che l’informatore ha confermato tutte le circostanze di fatto riferite nel ricorso, confermando che dopo la nascita della bambina il è proseguita la convivenza fino all’estate scorsa quando al ritorno dalle vacanze il convenuto ha strappato di mano le chiavi a mia sorella intimandole di andarsene . Il resistente, poi, rimanendo contumace, non ha svolto contestazioni sulle circostanze di fatto dedotte dalla ricorrente e non ha disconosciuto la documentazione prodotta. In particolare, non ha contestato che le fotografie prodotte, che ritraggono la figlia della coppia , siano state scattate nell'abitazione di Queste sono tese a dimostrare che la vita della piccola si svolgesse in detta abitazione, ritraendo la stessa nel suo lettino, con la madre e con i suoi giochi. Le stesse ritraggono la piccola in tempi differenti. Senza entrare nel merito della proprietà del bene da parte del resistente, deve ritenersi che la convivenza more uxorio determini un potere di fatto sulla casa di abitazione basato su un interesse proprio ben diverso da quello derivante da ragioni di ospitalità. Nel caso in esame, deve escludersi che la ricorrente abbia vissuto nell'immobile de quo per ragioni di mera ospitalità, attesa la stabilità della convivenza e la sua durata e atteso il fatto che le parti sono genitori di una figlia, svolgendosi prevalentemente nell'immobile la vita della famiglia di fatto. Il comportamento tenuto dal resistente ha integrato uno spoglio violento per le modalità con cui è avvenuto, descritte in ricorso e confermate in udienza, inteso come privazione apprezzabile del potere di fatto sulla cosa, in quanto la privazione delle chiavi della porta di abitazione del bene effettuata ai danni della ricorrente ha impedito, ed impedisce tuttora alla stessa di esercitare la detenzione del bene. Si osserva che la convivenza more uxorio , quale formazione sociale che dà vita ad un autentico consorzio familiare, determina, sulla casa di abitazione ove si svolge e si attua il programma di vita in comune, un potere di fatto basato su di un interesse proprio del convivente ben diverso da quello derivante da ragioni di mera ospitalità, tale da assumere i connotati tipici di una detenzione qualificata, che ha titolo in un negozio giuridico di tipo familiare. Ne consegue che l'estromissione violenta o clandestina dall'unità abitativa, compiuta dal convivente proprietario in danno del convivente non proprietario, legittima quest'ultimo alla tutela possessoria, consentendogli di esperire l'azione di spoglio Cass. civ. Sez. 2, Sentenza n. 7214 del 21/03/2013 . Ne consegue che il convivente non proprietario non può essere allontanato improvvisamente dall'abitazione, ma ha diritto di vedersi attribuito un congruo termine al fine di trovare un'altra sistemazione abitativa, non essendo consentito comunque neanche al proprietario del bene il ricorso a forme di autotutela, quale l'estromissione violenta del convivente dall'abitazione. Si osserva, infatti, che la azioni a tutela del possesso sono finalizzate proprio ad impedire che le persone, pur potendo ricorrere al giudice per l'affermazione di un proprio diritto, ricorrano all'autotutela. Il ricorso merita, quindi, accoglimento, con la conseguenza che va ordinata la reintegrazione nella detenzione dell'appartamento sito in Stante la potenziale definitività del provvedimento, essendo la fase del cd. merito possessorio solo eventuale in base alla nuova formulazione dell'art. 703 cpc, si procede alla decisione sulle spese di lite come da dispositivo P.Q.M. Visti gli artt. 1168 c.c. e 703 cpc, 1. Ordina, in accoglimento del ricorso, a l'immediata reintegrazione di e di sua figlia nella detenzione dell'appartamento sito in , mediante consegna alla ricorrente delle chiavi dell'immobile suindicato 2. condanna alla rifusione in favore di delle spese di lite, che liquida in euro per spese e euro per compensi, oltre accessori di legge.