Lo sviluppo psico-fisico del minore è più importante del diritto del padre al riconoscimento

Il diritto del padre al riconoscimento del figlio naturale cede di fronte alla probabile compromissione dello sviluppo psico-fisico del minore.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 27729 dell’11 dicembre 2013. Il caso. A seguito del mancato assenso della madre al riconoscimento da parte del padre, questi aveva adito il Tribunale per i minorenni al fine di ottenere giudizialmente il riconoscimento della paternità, come previsto dall'art. 269 c.c Il Tribunale, acquisita la relazione degli assistenti sociali, aveva rigettato la domanda motivando con il carattere violento e aggressivo del ricorrente nonché dello stile di vita sia pregressa che attuale. Proposto gravame, anche la sezione specializzata per i minorenni della Corte d'appello aveva confermato la decisione di rigetto, considerando che il diritto tutelato dalla costituzione al riconoscimento del figlio naturale da parte del padre può essere sacrificato in presenza di motivi gravi ed irreversibili tali da far ritenere come probabile una forte compromissione dello sviluppo pisco-fisico del minore, e che nel caso di specie tale compromissione si palesava, per l'appunto, come altamente probabile. Faceva riferimento, la Corte d'appello, sia al vissuto dell'uomo cresciuto in un contesto caratterizzato da violenti litigi fra i genitori e dall'abuso del di lui padre di sostanze alcooliche sia ai precedenti dello stesso tra cui una detenzione di otto anni per aver provocato la morte di un coetaneo durante una lite sia al fatto che avesse volontariamente omesso di continuare il percorso di supporto terapeutico. La vicenda giunge quindi all'attenzione della Prima Sezione della Cassazione, che la decide nella sentenza n. 27729/13. Le gravi carenze come possibile genitore e il rischio di compromissione dello sviluppo psico-fisico del minore più importanti del diritto al riconoscimento del figlio naturale. Così come la Corte d'appello anche la Prima Sezione rigetta il ricorso del padre biologico. Se è vero che il padre ha un diritto costituzionalmente garantito al riconoscimento del figlio naturale, è altrettanto vero che questo diritto non è assoluto ma è controbilanciato dal diritto del minore a non vedere compromesso il proprio sviluppo psico-fisico, e anzi è quest'ultimo diritto che, in caso di contrasto, deve essere ritenuto più importante. La Cassazione ritiene dunque corretto e adeguatamente motivato il giudizio della Corte territoriale di inidoneità genitoriale e di conseguente pericolo rilevante probabilità ”, secondo le parole della Cassazione di compromissione dello sviluppo psico-fisico del minore. A fronte di ciò diventa quindi secondario e irrilevante l'interesse manifestato dall'uomo alla instaurazione di una relazione con la figlia e persino l'idoneità o meno del riconoscimento della minore da parte del padre a compromettere il rapporto del figlio con la madre.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 10 giugno - 11 dicembre 2013, n. 27729 Presidente Luccioli – Relatore San Giorgio Svolgimento del processo 1. - Con ricorso depositato il 6 dicembre 2010 M.D. , premesso di avere intrattenuto nel 2006 una relazione sentimentale con Mo.Gr. , interrottasi bruscamente nel mese di dicembre di quell’anno a causa di un episodio di violenza perpetrato ai suoi danni dalla donna, all’epoca in stato di gravidanza, e che il OMISSIS aveva dato alla luce la loro figlia M. , che egli non aveva potuto riconoscere a causa del mancato assenso della madre, alla quale era stata peraltro sospesa la potestà genitoriale, chiese al Tribunale per i Minorenni una sentenza che tenesse luogo del mancato consenso della Mo. . Costei si oppose alla richiesta, ponendo in evidenza le minacce verbali e fisiche cui era stata sottoposta dall’uomo - che la avevano costretta a reagire, anche per difendere l’incolumità della nascitura, subendo perciò un procedimento penale - proseguite anche dopo la nascita della bambina, tali da costituire grave rischio per il benessere e l’equilibrio psicofisico della piccola, e chiese pertanto il rigetto della domanda. Acquisita la relazione del Servizio sociale, intervenuta in giudizio la tutrice della bambina, che, in considerazione dei dati emersi dalla relazione e del carattere violento ed aggressivo del ricorrente, nonché della sua vita pregressa ed attuale, si oppose alla richiesta dello stesso, il Tribunale per i minorenni di Trento rigettò la domanda. 2. - Il M. propose gravame, che fu rigettato dalla Corte d’appello di Trento, sez. specializzata per i minorenni, con sentenza depositata il 3 aprile 2012. Il giudice di secondo grado, premesso che il genitore vanta un diritto costituzionalmente garantito al riconoscimento del proprio figlio naturale, che può essere sacrificato solo in presenza di motivi gravi ed irreversibili, tali da far ritenere la probabilità di una forte compromissione dello sviluppo psico-fisico del minore, ritenne nella specie sussistenti i presupposti perché dal riconoscimento potesse derivare per Martina il pericolo di tale compromissione. Ciò in base al vissuto dell’uomo ed alla sua personalità, tenuto conto che egli era cresciuto in un contesto difficile, caratterizzato da violenti litigi fra i genitori e dall’abuso da parte del padre di sostanze alcooliche, e che il facile ricorso alla violenza aveva sempre caratterizzato la vita del M. , segnata anche dallo stato di detenzione per otto anni a seguito della commissione di un crimine consistito nell’aver provocato la morte di un coetaneo nel corso di una lite. Ed anche la relazione con la Mo. era stata altamente conflittuale per la incapacità dell’uomo di controllarsi, anche in conseguenza dell’abuso di alcool, così come il rapporto con gli zii materni della piccola, che egli aveva minacciato. Né il M. si era mai impegnato nella ricerca di una stabile occupazione e di una dignitosa abitazione. Inoltre egli aveva volontariamente omesso di continuare ad avvalersi del supporto terapeutico messo a sua disposizione. 3. - Per la cassazione di tale sentenza ricorre il M. sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso la Mo. . Motivi della decisione 1. - Deve preliminarmente darsi atto dell’ossequio prestato, nel giudizio di appello, all’art. 250 cod. civ. nella interpretazione che di esso è stata offerta dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 83 del 2011 - che ne ha per tale via confermato la conformità a Costituzione - alla stregua della quale, essendo implicati nel procedimento de quo rilevanti diritti ed interessi del minore, ed in primo luogo quello all’accertamento del rapporto genitoriale con tutte le implicazioni connesse, questi, anche se di età inferiore a sedici anni, costituisce un centro autonomo di imputazione giuridica sicché, in caso di opposizione dell’altro genitore al riconoscimento, egli gode di piena tutela dei suoi diritti ed interessi. Ne deriva che al detto minore va riconosciuta la qualità di parte nel giudizio di opposizione di cui all’art. 250 cod. civ E, se di regola la sua rappresentanza sostanziale e processuale è affidata al genitore che ha effettuato il riconoscimento artt. 311-bis e 320 cod. civ. , qualora si prospettino situazioni di conflitto di interessi, anche in via potenziale, la tutela della sua posizione può essere in concreto attuata soltanto se sia autonomamente rappresentato e difeso in giudizio. Nella specie, risulta che la minore sia stata rappresentata e difesa nel giudizio innanzi alla Corte d’appello di Trento dal tutore. 2. - Con il primo motivo di ricorso si deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione alla pretesa sussistenza di gravi motivi ostativi all’autorizzazione in capo al ricorrente al riconoscimento della figlia minore fondati sulla relazione del Servizio sociale nonché violazione e falsa applicazione di norme di diritto, nello specifico dell’art. 250, comma 4, c.c.” . Avrebbe errato la Corte di merito nel ritenere la sussistenza, nella specie, di motivi così gravi da doversi sacrificare il diritto al riconoscimento previsto dalla evocata disposizione codicistica, fondando il proprio convincimento sulla sola valutazione del pregresso percorso di vita del M. , come riportato nella relazione del Servizio sociale, dal quale sarebbe stata desunta, con una non corretta lettura della stessa, la sua aggressività ed incapacità genitoriale, senza alcuna considerazione dello sforzo dell’attuale ricorrente, coronato infine da successo, di costruirsi, pur a seguito di detto percorso, irto di difficoltà a causa dell’ambiente familiare in cui aveva trascorso i primi anni della sua esistenza, una vita normale e serena. Né sarebbe stata acquisita alcuna prova di comportamenti aggressivi o violenti del M. - nei confronti del quale non era stata peraltro disposta perizia al fine di delinearne la personalità - né ai danni della M. né della piccola M. . 3. - La censura è immeritevole di accoglimento. La Corte di merito ha lumeggiato la personalità dell’attuale ricorrente ripercorrendone, con dovizia di particolari e con scrupoloso esame dei dettagli, emersi dagli atti del giudizio, le tappe più significative del percorso di vita, e ricavandone un quadro dal quale ha motivatamente tratto il convincimento delle sue gravi carenze come figura genitoriale e della compromissione dello sviluppo psico-fisico della minore che il suo riconoscimento da parte dello stesso comporterebbe. A fronte di tale iter motivazionale, corretto ed esaustivo da un punto di vista logico ed immune da vizi giuridici, prive di rilievo nella presente sede risultano le contestazioni del ricorrente, fondate essenzialmente sulla rivisitazione dei dolorosi episodi della sua vita già ampiamente esaminati dai giudici di merito, ed interpretati secondo una diversa chiave di lettura. 4. - Dall’esame delle argomentazioni della Corte territoriale emerge altresì la infondatezza del secondo motivo, con il quale si lamenta omessa, insufficiente ed errata motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione alle mutate esigenze di vita del ricorrente” . Secondo il ricorrente, il giudice di secondo grado avrebbe omesso ogni valutazione del cambiamento intervenuto nella sua vita successivamente alla proposizione del ricorso, attraverso il reperimento di un’attività lavorativa e di una sistemazione alloggiativa decorosa circostanze, codeste, risultanti dalla documentazione in atti e dalla stessa relazione del Servizio sociale. In realtà, a fronte degli evidenziati elementi di convincimento puntualmente ed esaustivamente esaminati dal giudice di secondo grado, inconferenti e comunque non decisivi appaiono gli argomenti addotti nel ricorso, che nulla tolgono al giudizio di inidoneità genitoriale del M. e di pericolo di compromissione dello sviluppo psico-fisico della minore in caso di riconoscimento della stessa da parte del padre giudizio ragionevolmente e motivatamente formulato dalla Corte di merito nell’esercizio del suo potere discrezionale di valutazione. Tanto più che la sottolineatura, in effetti contenuta nella sentenza censurata, della mancanza di impegno del M. nella ricerca di una occupazione e di una abitazione dignitosa è dichiaratamente operata dalla Corte solo ad colorandum ”. 5. - Con il terzo motivo si denuncia omessa salutazione del III motivo di appello in ordine alla pretesa compromissione degli assetti di vita della minore con rischi di compromissione degli incontri con la madre” . Il ricorrente si era doluto della sentenza di prime cure nella parte in cui essa assumeva che il riconoscimento della piccola M. da parte del padre avrebbe comportato una rottura degli assetti di vita della bimba, in affidamento a terzi, sia pure temporaneamente e ciò pur avendo il M. ripetutamente palesato l’interesse alla instaurazione di una relazione con la figlia, rendendosi anche disponibile a seguire il percorso che il Tribunale avesse disposto. E comunque la Corte di merito non si sarebbe pronunciata sulla circostanza che il riconoscimento di M. prescindeva dalla regolamentazione del suo affidamento. Infine, il giudice di secondo grado avrebbe omesso ogni valutazione in ordine alle censure mosse dal M. all’affermazione del Tribunale secondo la quale il riconoscimento della minore avrebbe compromesso il rapporto della bimba con la madre. 6. - Anche tale censura risulta priva di fondamento. In effetti, il giudizio della Corte di merito - adeguatamente ed esaurientemente, per quanto fin qui esposto, formulato - circa la irreversibile immaturità dell’uomo, e, soprattutto, circa la sua indole violenta ed aggressiva, manifestatasi anche nei rapporti con i parenti materni della bimba, così come nel periodo di accoglienza in una struttura assistenziale, risulta sufficiente di per sé a dar conto del convincimento maturato dal giudice del merito circa la rilevante probabilità di compromissione dello sviluppo psico-fisico di M. in caso di riconoscimento della stessa da parte del padre e ciò a prescindere dall’interesse manifestato dall’uomo alla instaurazione di una relazione con la figlia, o dalla idoneità o meno del riconoscimento della minore da parte del padre a compromettere il rapporto della bimba con la madre. 7. - Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Nella particolare natura della controversia e degli interessi coinvolti le ragioni della compensazione delle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio.