Ricongiungimento familiare: vale con moglie e figli, meno coi genitori...

Respinta, in maniera definitiva, la richiesta avanzata dal padre di un immigrato regolare in Italia. Il diritto all’unità della famiglia è sì inviolabile, ma va limitato solo alla ipotesi della necessità di riabbracciare coniuge e prole. Se si parla di figli che vogliono riabbracciare i genitori, allora non si parla più di diritto inviolabile costituzionalmente garantito

Diritto alla famiglia? Assolutamente inviolabile. Ma quando esso deve essere applicato alla ipotesi di ricongiungimento in Italia, avanzata da un immigrato, allora l’ottica va ristretta, e limitata soprattutto all’abbraccio, fisico e metaforico, dello straniero col coniuge e coi figli minori Cassazione, ordinanza n. 16403, Sezione Sesta Civile, depositata oggi . Porte chiuse. A chiedere di poter sbarcare in Italia, ‘appoggiandosi’ al figlio immigrato regolare, è un anziano cittadino dello Sri Lanka, ma, nonostante il richiamo alla materia del ricongiungimento familiare, la domanda viene respinta. Linea netta, quella tenuta dall’Italia nessun ‘visto’ è concedibile all’uomo. Linea certificata, infine, dai giudici della Corte d’Appello, che hanno accolto le osservazioni del Ministero degli Esteri, dichiarando legittimo il provvedimento di diniego del ‘visto’ emesso dall’Ambasciata . A proseguire nella battaglia giudiziaria, poi, è il figlio – immigrato regolare, come detto – che, proponendo ricorso in Cassazione, contesta le valutazioni compiute in Appello e richiama il valore della famiglia da ricomporre, valore negato, a suo dire, in questa vicenda. C’è famiglia e famiglia Però tale ragionamento deve essere ricalibrato, secondo i giudici di terzo grado, tenendo presente che il riferimento principale è la famiglia nucleare . Di conseguenza, la prospettiva del ricongiungimento va applicata allo straniero che vuole riabbracciare coniuge e figli minori , ma essa non può ricomprendere tutte le ipotesi di ricongiungimento di figli maggiorenni e genitori , perché nel rapporto tra figli maggiorenni, ormai allontanatisi dal nucleo di origine, e genitori, l’unità familiare perde la caratteristica di diritto inviolabile costituzionalmente garantito . Rispetto a quest’ultima ipotesi, ossia figli maggiorenni e genitori, è ampia la discrezionalità legislativa , anche ragionando in termini di solidarietà familiare , che, chiariscono i giudici rigettando il ricorso, non implica necessariamente il concetto di convivenza .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, sentenza 18 aprile – 26 settembre 2012, n. 16403 Presidente Salmè – Relatore Bisogni Fatto e diritto Rilevato che 1. S.K. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Genova che, in accoglimento dell’impugnazione del Ministero degli Affari Esteri, ha dichiarato legittimo, il provvedimento di diniego del visto emesso dall’ambasciata italiana a Colombo Sri Lanka su richiesta del padre del ricorrente in sede di ricongiungimento familiare. Il ricorrente deduce a violazione e falsa applicazione dell’art. 29 comma 7 del d.lgs. n. 286/98 nonché dell’art. 6 numeri 1, 2 e 4 del D.P.R. n. 394/1999 b violazione e falsa applicazione della direttiva 2003/86/CE in relazione ai principi del diritto internazionale ed europeo nonché agli artt. 3, 11, 29, 76 e 117 comma 1 della Costituzione c violazione e falsa applicazione della circolare esplicativa n. prot. 4660 emessa dal Ministero dell’Interno in data 28 ottobre 2008 2. Il Ministero degli Affari Esteri si difende con controricorso Ritenuto che 1. il ricorso sia manifestamente infondato per le ragioni espresse nel controricorso dal Ministero in quanto la giurisprudenza di questa Corte cfr. da ultimo Cass. civ. n. 7219/2011 ha chiarito che, in tema di disciplina dell’immigrazione, il rilascio del visto di ingresso allo straniero, richiedente il ricongiungimento familiare, si configura come l’atto conclusivo di un procedimento amministrativo a formazione complessa, il quale coinvolge sia le determinazioni espresse dalla Questura, sia le valutazioni dell’Autorità consolare, di guisa che, dovendo gli atti e i provvedimenti amministrativi essere formati nel rispetto della normativa vigente al momento della loro emanazione, il sopravvenire di una nuova legge durante lo svolgimento del procedimento comporta l’applicazione del principio tempus regit actum”, nel senso che ciascuna delle fasi va sottoposta alla disciplina della legge vigente nel tempo in cui viene compiuta. Pertanto, lo ius superveniens”, costituito dall’art. 23 della legge 30 luglio 2002, n. 189, che ha modificato la lettera e dell’art. 29 d.lgs. n. 286 del 1998, aggiungendo alla frase genitori a carico” la proposizione qualora non abbiano altri figli nel Paese di origine o di provenienza ovvero genitori ultrsessantacinquenni qualora gli altri figli siano impossibilitati al loro sostentamento per documentati gravi motivi di salute”, deve essere applicato qualunque sia la fase del procedimento, e quindi anche dopo il rilascio del nulla osta e sino alla concessione del visto di ingresso 2. è inoltre infondata la questione gli costituzionalità, alla luce della giurisprudenza della Corte Costituzionale cfr. C. Cost. n. 224/2005 . In riferimento agli artt. 2, 3, 29 e 10 Cost , dell’art. 29, comma 1, lettera c , del d. lgs. 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dall’art. 23 della legge 30 luglio 2002, n. 189, - il quale consente allo straniero di chiedere il ricongiungimento per i genitori a carico, qualora non abbiano altri figli nel Paese di origine o di provenienza, ovvero per i genitori ultrasessantacinquenni, qualora gli altri figli siano impossibilitati al loro sostentamento per documentati gravi motivi di salute - l’inviolabilità del diritto all’unità familiare è certamente invocabile e deve ricevere la più ampia tutela con riferimento alla famiglia nucleare, eventualmente in formazione, e, quindi, in relazione al ricongiungimento dello straniero con il coniuge e con i figli minori ma il principio contenuto nell’art. 29 Cost. non ha una estensione così ampia da ricomprendere tutte le ipotesi di ricongiungimento di figli maggiorenni e genitori, in quanto nel rapporto tra figli maggiorenni, ormai allontanatisi dal nucleo di origine, e genitori l’unità familiare perde la caratteristica di diritto inviolabile costituzionalmente garantito, aprendosi contestualmente margini che consentono al legislatore di bilanciare l’interesse all’affetto” con altri interessi di rilievo. 3. Secondo tale giurisprudenza le disposizioni dettate dal decreto legislativo n. 2136 del 1998 tutelano il diritto dello straniero, regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato, a mantenere l’unità del suo nucleo familiare, prevedendo la possibilità del ricongiungimento familiare che, nella sussistenza delle condizioni regolate dall’art. 29, può essere chiesto in particolare per il coniuge e per i figli minori a carico, il legislatore può legittimamente porre dei limiti all’accesso degli stranieri nel territorio nazionale, effettuando un corretto bilanciamento dei valori in gioco , poiché sussiste in materia un’ampia discrezionalità legislativa limitata solo dal vincolo che le scelte non risultino manifestamente irragionevoli, il che non è dato ravvisare nella scelta del legislatore del 2002 di limitare il ricongiungimento alle ipotesi in cui vi sia una effettiva e grave situazione di bisogno di quei familiari che non possono in alcun modo soddisfare autonomamente le proprie esigenze primarie di vita, non avendo nemmeno altri figli nel paese di origine in grado di sostentarli. Ciò vale anche per le ragioni di solidarietà familiare, essendo, anzi, in tal caso, ancora più a ampio l’ambito di detta discrezionalità, in quanto il concetto di solidarietà non implica necessariamente quello di convivenza, potendosi ben adempiere il relativo obbligo mediante modalità diverse dalla convivenza. 4. sussistono i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio, in relazione all’esistenza di una giurisprudenza consolidata in materia, la cui applicazione dovrebbe portare anche in questo caso alla dichiarazione di inammissibilità o al rigetto del ricorso. Ritenuto che 1. La relazione appare pienamente condivisibile e pertanto il ricorso va respinto con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione che liquida in euro 1.000 oltre spese prenotate a debito.