Negata la proroga del termine assegnato all’erede: via libera al ricorso straordinario per cassazione

E’ ammissibile il ricorso ex art. 111 Cost. avverso il provvedimento di rigetto del reclamo contro il diniego della proroga del termine assegnato all’erede per liquidare le attività ereditarie e formare lo stato di graduazione, ex art. 500 c.c

Nel caso in oggetto viene impugnato, ex art. 111 Costituzione, un provvedimento di rigetto del reclamo avverso il diniego di proroga del termine assegnato all’erede per liquidare le attività ereditarie e formare lo stato di gradazione ex art. 500 c.c La Suprema Corte dichiara inammissibili e rigetta i diversi motivi di ricorso, tuttavia, sia pure in via preliminare, afferma l’ammissibilità del ricorso straordinario per Cassazione ex art. 111 Cost., nel caso di specie. Al fine di chiarire meglio la portata di quest’ultima affermazione della Cassazione, è d’uopo una breve disamina di alcune precedenti pronunce. Tutto sul ricorso straordinario per cassazione. Prima di guardare alla giurisprudenza in materia, giova rammentare che, come noto, il ricorso straordinario alla Cassazione, ex art. 111 Cost., è consentito, avverso i provvedimenti giurisdizionali non aventi la forma di sentenza, come ad esempio, le ordinanze o i decreti, solo quando abbiano carattere decisorio, e cioè siano in grado di incidere con efficacia di giudicato su situazioni soggettive di diritto sostanziale, e non siano altrimenti impugnabili o revocabili v., per tutte, Cassazione civile, sez. un., 23 gennaio 2004, n. 1245 . In questo senso la giurisprudenza ha chiarito che devono essere valorizzati gli indici, ricavati dalla disciplina dei singoli tipi di provvedimenti, rivelatori della volontà del legislatore di configurare quei provvedimenti stessi quali sostanziali sentenze ancorché non ne abbiano la forma Cass., sez. unite, 23 ottobre 1986, n. 6220 . Inoltre si è precisato come non sia sufficiente l’incidenza del provvedimento su diritti soggettivi o status dato che resta da verificare se il pregiudizio di tali situazioni giuridiche abbia o meno i caratteri della definitività e irrimediabilità propri del giudicato , ma sia utile, verificare se siano assicurati il diritto di azione e di difesa ed il contraddittorio fra le parti. La loro negazione può essere valutata in un duplice senso o come sospetto di incostituzionalità di una disciplina che - pur conducendo al giudicato e quindi al pregiudizio definitivo ed irreparabile delle posizioni soggettive delle parti - non salvaguarda quelle garanzie o come presa d'atto di una scelta legislativa che esclude il giudicato e quindi il pregiudizio irreparabile prevedendo il rimedio alternativo della modificabilità e revocabilità e, dall'altro lato, esclude l'incostituzionalità con l'ulteriore puntualizzazione che l’opzione del legislatore deve essere controllabile sulla scorta di dati obbiettivi, che comprendono sia la certezza della volontà della legge in tal senso, sia la giustificazione di essa in correlazione con la più adeguata tutela degli interessi coinvolti queste le parole della Cass., sez. unite, 23 ottobre 1986, n. 6220 . I precedenti anno 2010 . La Cassazione, sez. II, con sentenza n. 2721 dell’ 8 febbraio 2010, in tema di accettazione di eredità con beneficio di inventario, aveva affermato che il decreto con il quale il tribunale rigetta l'istanza di proroga del termine per la redazione dell'inventario non è impugnabile con ricorso per cassazione a norma dell'art. 111 Cost., in quanto, pur riguardando posizioni di diritto soggettivo, esso chiude un procedimento di tipo non contenzioso, privo di un vero e proprio contraddittorio, e non statuisce in via decisoria e definitiva su dette posizioni, stante la sua revocabilità e modificabilità alla stregua dell'art. 742 c.p.c. cfr. Cassazione, sez. II, 8 maggio 1979, n. 2617, ove è stato ritenuto ammissibile il ricorso per cassazione proposto dagli ulteriori chiamati all'eredità contro il decreto del tribunale pronunziato ai sensi dell'art. 739 c.p.c., in sede di reclamo avverso alcuni provvedimenti del pretore con i quali, in tema di accettazione della eredità con il beneficio dell'inventario, avevano concesso più proroghe per la redazione dell'inventario, in contrasto con l'art. 485 c.c. che prevede la proroga per una volta sola . La Cassazione, con la sentenza 13711/2012, decide apertamente di non seguire questo precedente e di allinearsi con Cass., sez. un., 26 gennaio 2005, n. 1521. . e anno 2005. La questione, sottoposta all'esame delle sezioni unite nel 2005, riguardava l'ammissibilità o meno del ricorso ex art. 111 Cost. avverso il provvedimento con il quale il tribunale, pronunciando in sede di reclamo ex art. 749 c.p.c., disponeva la revoca della proroga del termine assegnato dal medesimo tribunale in composizione monocratica ex art. 500 c.c., agli eredi accettanti con beneficio di inventario per liquidare le attività ereditarie e formare lo stato di graduazione. Nel caso di accettazione dell'eredità con beneficio di inventario art. 484 ss. c.c. , l'art. 500 c.c. dispone che l'autorità giudiziaria, su istanza di alcuno dei creditori e dei legatari, può assegnare un termine all'erede per liquidare le attività ereditarie e per formare lo stato di graduazione. A sua volta l'art. 505, al comma 1, c.c., stabilisce che l'erede che non compie la liquidazione o lo stato di graduazione nel termine stabilito dall'art. 500 c.c. decade dal beneficio di inventario, e dispone, nel comma 4, che la decadenza può essere fatta valere solo dai creditori del defunto e dai legatari. La Suprema Corte afferma che provvedimento emesso in sede di reclamo, con il quale veniva revocata la proroga del termine assegnato all'erede accettante con beneficio di inventario, appare idoneo ad incidere su posizioni sostanziali di diritto soggettivo dell'erede, in contrapposizione a creditori del defunto e legatari. Infatti per effetto del provvedimento di revoca della proroga del termine, l'erede decade dal beneficio di inventario e si trova quindi a rispondere dei debiti nei confronti dei creditori del defunto e dai legatari con il proprio patrimonio vedi in generale, Grosso e Burdese, Le successioni. Parte generale , in Tratt. Vassalli , Torino 1977, 448-449 . L'effetto prodotto dal provvedimento non è rimovibile con ordinari rimedi processuali, giacché, una volta affermata la non prorogabilità del termine, con conseguente revoca della proroga illegittimamente concessa, non si rinvengono altri strumenti per consentire all'erede di mantenere la sua posizione soggettiva. Alla luce di quanto detto, la Corte Suprema, a sezioni unite, aveva ritenuto ammissibile il ricorso ex art. 111 Cost. Cfr., Cassazione civile sez. II, 5 giugno 1987, n. 4897, secondo cui l'ordinanza con cui il tribunale si pronuncia ex art. art. 749, comma 3, c.p.c., sul reclamo avverso il decreto pretorile di fissazione di un termine al chiamato per l'accettazione ha carattere decisorio e definitivo, ed è pertanto impugnabile con il ricorso per cassazione a termini dell'art. 111 cost. per rilievi di segno contrario, vedi Cassazione civile sez. II, 3 novembre 1988, n. 5958 . Anno 2012 il revirement della Cassazione . La Suprema Corte con la sentenza n. 13711 del 2012, ritiene ammissibile il ricorso ex art. 111 Cost. avverso il provvedimento di diniego della proroga del termine assegnato all’erede per liquidare le attività ereditarie e per formare lo stato di graduazione ex art. 500 c.c. per il quale, aggiunge la Corte, non esiste un diritto soggettivo alla proroga del termine . La ratio del revirement della Corte va individuato, dunque, nell’effetto riflesso della mancata proroga, ovvero la decadenza dal beneficio di inventario, conseguente al mancato compimento, nel termine stabilito, alle operazioni di liquidazione, con tutte le conseguenze sulle posizioni sostanziali di diritto soggettivo dell'erede già ricordate in generale sull’impugnabilità dei provvedimenti in materia successoria emessi dal Tribunale in composizione collegiale in sede di reclamo, vedi Cass. 21 novembre 2006, n. 24668 Cass. 9 maggio 2007, n. 10643 Cass. 10 marzo 2005, n. 5274 .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 1° marzo – 31 luglio 2012, n. 13711 Presidente Triola – Relatore D’Ascola Svolgimento del processo Con ricorsi ex art. 111 Cost. di identico tenore, notificati l'11 marzo e il 10 maggio 2010, P.G. e Gi. impugnano il provvedimento collegiale reso l'11 gennaio 2010 dal tribunale di Parma. Trattasi del rigetto del reclamo avverso il diniego di proroga di termine di cui all'art. 500 c.comma che recita L'autorità giudiziaria, su istanza di alcuno dei creditori o legatari, può assegnare un termine all'erede per liquidare le attività ereditarie e per formare lo stato di graduazione , relativo all'eredità dei coniugi P. , deceduti nel 2005. L'eredità veniva accettata con beneficio di inventario da P.G. , seguito poi dalle 4 sorelle coeredi, ma di esse l'odierna controricorrente M.F. depositava atto di rinuncia al beneficio controricorso pag. 4 , come le sorelle A. ed E. . Il tribunale ha delimitato la materia della decisione allo stabilire se ricorrevano le condizioni poste dall'art. 500 per la concedibilità o meno della chiesta proroga, oltre quella già in precedenza concessa. Ha rilevato che a far tempo da metà giugno 2009 il notaio procedente avrebbe potuto dar corso alla procedura di liquidazione parziale vendita di una mansarda per pagare i debiti censiti che era stata autorizzata, provvedendo alla pubblicazione del bando di gara, onde chiudere le operazioni entro il limite dei primi di ottobre che l'adempimento era stato espletato solo il 7 settembre 2009 che nelle more G P. aveva presentato istanza ex art. 493 per autorizzazione a vendere altro immobile, restando ininfluente il periodo estivo, senza provare che la vendita del primo cespite fosse insufficiente che la causa del ritardo era in parte imputabile al ricorrente, giacché risalente alla presentazione della infondata istanza ex art. 493. Il tribunale ha poi affermato che la sopravvenuta donazione della quota da parte di F P. al proprio figlio era atto valido, non essendo precluso dall’accettazione con beneficio di inventario, poiché l'ordinamento ne faceva seguire, per l'autore, solo la decadenza dal beneficio, cosa già avvenuta nella specie a seguito di spontanea rinuncia. Infine, visto il rigetto dell'istanza di proroga, ha condannato i reclamanti alla refusione delle spese in favore delle resistenti. I ricorsi per cassazione proposti da P.G. e Gi. constano di cinque motivi. Solo F P. ha resistito con controricorso. Parte ricorrente ha depositato memoria. Motivi della decisione 2 Preliminarmente va ritenuta la ammissibilità del ricorso ex art. 111 Cost. avverso il provvedimento di diniego della proroga del termine assegnato ex art. 500 e. e, dovendosi dar corso all'orientamento definitivamente affermatosi con Cass. S.U. n. 1521/05, relativo all'impugnazione del rigetto pronunciato in sede di reclamo sul provvedimento di revoca della proroga. L'ipotesi odierna è assimilabile, poiché effetto riflesso della mancata proroga è la decadenza dal beneficio di inventario conseguente al mancato compimento, nel termine stabilito, delle operazioni di liquidazione. Tali riflessi di portata decisoria inducono a dissentire da quanto ritenuto da Cass. 2721/10. 3 Il primo motivo denuncia violazione di legge per inesistenza di motivazione nonché violazione degli artt. 112 e 739 cpc e dell'art. 2909 c.c La censura, asfitticamente articolata, si riferisce a due decreti collegiali del 2008 ritenuti inattuabili dall'ordinanza impugnata con il reclamo. La doglianza è inammissibile, perché non espone comprensibilmente né il contenuto dei decreti cui si riferisce, né la loro incidenza sul provvedimento impugnato, impedendo di comprendere in cosa consista l'extrapetizione lamentata e come fosse possibile che in materia lo ha rilevato il controricorso di volontaria giurisdizione e di procedimento per la liquidazione dell'attivo ereditario si possa configurare il formarsi di un giudicato, trattandosi di provvedimenti condizionati dallo stato degli atti. Le carenze del motivo non possono essere integrate dalle deduzioni contenute nella memoria ex art. 378 c.p.c., che ha funzione meramente illustrativa. 4 Il secondo motivo espone violazione di legge per inesistenza di motivazione - violazione dell'art. 500 cc, 2 Cost. e 1366, 1175, 1374, 1375 ccomma e 1324 c.c., 833 c.comma e ancora dell'art. 742 c.c Il motivo lamenta che il tribunale avrebbe reso lecito l'atto di donazione di F. al figlio, che era atto emulativo. Aggiunge che il decreto ex art. 493 c.comma non era soltanto autorizzativo ma obbligava gli altri coeredi a tenere disposizione la loro quota per la liquidazione, che sarebbe un diritto del coerede che vuole avvalersene. Secondo il ricorso, a seguito di siffatto decreto il bene ereditario entra in una sorta di trust con finalità determinata. Ne desume che la proroga era dovuta, attesa la ratio della dell'art. 500 c.c Inoltre seppure La donazione vanificava la vendita integrale, i ricorrenti avevano chiesto la vendita dei 4/5 della mansarda per i quali era pervenuta un'offerta per l'acquisto e il notaio era disponibile. Anche questo motivo è inammissibile. Esso infatti non coglie la ratio della decisione impugnata la proroga del termine è stata negata per imputabilità della causa del ritardo alla parte istante. Su questo punto decisivo, sufficiente a reggere la decisione, la censura nulla adduce, risultando quindi inammissibile. 5 Il terzo motivo, che denuncia violazione di legge per inesistenza di motivazione su punti decisivi e violazione degli artt. 739 c.comma e 327 cpc, è del pari inammissibile e comunque infondato. Il ricorrente si duole che il tribunale abbia tratto argomento per il rigetto della proroga dal rigetto della istanza ex art. 493 per la vendita cumulativa o alternativa di una porzione della mansarda, come se fosse già un provvedimento definitivo. Sostiene che il decreto di rigetto era ancora impugnabile e che quindi il tribunale si sarebbe sostituito alla Corte di appello, che avrebbe dovuto giudicare sul reclamo avverso il predetto decreto. Anche in questo caso la censura non affronta la ratio decidendi , ed anzi stravolge il senso della motivazione resa dal tribunale di Parma. Nel provvedimento impugnato, il decreto di rigetto della nuova istanza ex art. 493 volta ad ottenere la autorizzazione alla vendita in via esclusiva era stato indicato come concausa del ritardo nello svolgimento della procedura, ritardo che era quindi addebitabile alla parte istante, la quale aveva accettato il rischio della scadenza del termine, complicando il procedimento con una istanza rivelatasi, peraltro, infondata. Quest'ultima considerazione, posta tra parentesi dal Collegio, non è certo alla base della decisione, che è retta dalla considerazione della imputabilità ad inerzie precedenti - e comunque, si ripete, anche alle scelte del ricorrente - del superamento del termine. È dunque superflua ogni lagnanza attinente alla fondatezza o meno dell'istanza ex art. 493, che rileva solo in quanto motivo ulteriore del ritardo, indipendentemente dalla definitività della decisione sulla sua fondatezza. Giova aggiungere peraltro che non sussistendo un diritto soggettivo alla proroga, del termine di cui all'art. 500 c.c., la congruità della motivazione di rigetto dell'istanza, una volta maturata la scadenza del termine stesso, era assicurata ampiamente dalla ricostruzione della vicenda esposta dal Collegio. 6 Il quarto motivo denuncia violazione di legge per mancata motivazione e violazione dell'art. 500 c.c Il ricorrente sostiene che legittimati attivi a chiedere l'assegnazione del termine per la liquidazione delle attività ereditarie sono i creditori e i legatari. E simmetricamente nel diniego di proroga . Espone che nel reclamo aveva eccepito il difetto di legittimazione di A. e F. , le quali, non diversamente dalla sorella E. non sarebbero titolari di crediti. La opposizione delle sorelle costituirebbe quindi atto emulativo. Anche questa censura non può essere accolta. Secondo il ricorrente la legittimazione delle sorelle sarebbe stato elemento essenziale per la decisione che incide su uno dei punti fondanti del reclamo . L’affermazione è ancora una volta non in linea con la ratio del provvedimento impugnato, sulla quale non incide è peraltro infondata. Occorre osservare che se è vero che accordando o negando il termine di cui all'art. 500 c.comma e la sua eventuale proroga si discute della sorte del beneficio di inventario - come è stato rilevato sub 2 - ne discende necessariamente che gli eredi beneficiari sono parte dell'eventuale giudizio in materia. Se cosi non fosse, l'odierno ricorso sarebbe inammissibile, venendo meno la stessa legittimazione dell'istante, che trova identico fondamento. 7 Va esaminato l'ultimo motivo di ricorso, relativo ad asserita violazione degli artt. 91 e 94 c.p.c Il ricorrente contesta la propria condanna alle spese e invoca l'art. 94 c.p.c., in forza del quale Gli eredi beneficiati, i tutori, i curatori e in generale coloro che rappresentano o assistono la parte in giudizio p.comma 75 ss. possono essere condannati personalmente, per motivi gravi che il giudice deve specificare nella sentenza, alle spese dell'intero processo o di singoli atti, anche in solido con la parte rappresentata o assistita . Denuncia la mancata individuazione dei gravi motivi. La censura è priva di ogni fondamento. Il limite di cui all'art. 94 cod. procomma civ. concerne infatti solo i giudizi promossi con riferimento a rapporti già facenti capo al de cuius Cass. 1712/81 e non riguarda i procedimenti promossi dall'erede beneficiato nel proprio interesse e per propria iniziativa, come nel caso di specie. 8 Va infine respinta l'istanza di cancellazione ex art. 89 c.p.comma svolta in memoria da G P. . Le espressioni denunciate non hanno portata offensiva, poiché alludere a possibili abusi da parte dell'erede beneficiato , a causa del richiesto prolungamento della gestione ereditaria da lui esercitata, non costituisce espressione dettata da un passionale e scomposto intento dispregiativo, essendo ben possibile che nell'esercizio del diritto di difesa il giudizio sulla reciproca condotta possa investire anche il profilo della opportunità e i fini egoistici della controparte. Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo in favore di M.F P. è a carico di G P. , per resistere al ricorso del quale la suddetta si è costituita in giudizio. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibili i primi tre motivi di ricorso. Rigetta il quarto e quinto. Condanna parte ricorrente G P. alla refusione in favore della controricorrente delle spese di lite liquidate in Euro 2.000 per onorari, 200 per esborsi, oltre accessori di legge.