Gli eredi possono disconoscere la procura a vendere originariamente sottoscritta dal de cuius

E' illegittima la vendita di immobili eseguita dal mandatario in forza di procura generale non espressamente comprensiva del potere di alienazione.

Il disconoscimento di scrittura privata può essere operato anche dagli eredi del sottoscrittore, può interessare l'atto sia interamente sia parzialmente e non richiede formule sacramentali. La procura generale legittima il mandatario a compiere soltanto gli atti strettamente connessi all'oggetto del mandato, unitamente a quegli atti diversi che siano espressamente e precisamente indicati, con esclusione di quelli di straordinaria amministrazione. Il caso. Alcuni eredi convenivano in giudizio un uomo, chiedendo che fosse trasferita in loro favore la proprietà di alcuni immobili che il convenuto deteneva affermando di averli acquistati da un terzo che, a suo tempo, li aveva venduti e ceduti - in suo favore - in qualità di procuratore del de cuius . Inoltre, gli eredi chiedevano che fosse dichiarata la nullità della scrittura privata procura che, a detta del convenuto, avrebbe legittimato il venditore” a cedere i cespiti oggetto di contesa, in nome e per conto del de cuius . Il giudice di prime cure pronunciava sentenza in favore degli attori in appello, la sentenza veniva riformata in favore del convenuto la S.C., invece, cassava la pronuncia della Corte d'appello e rimetteva la decisione ad altra corte territoriale. Il secondo giudice d'appello, confermava la sentenza di primo grado e attribuiva la proprietà degli immobili agli attori. Il convenuto proponeva nuovo ricorso per cassazione. La procura originariamente conferita dal de cuius all’attuale ricorrente costituisce oggetto principale della contesa. Nelle varie fasi processuali, solo il primo giudice di appello aveva ritenuto la procura correttamente formata quindi idonea a trasferire la proprietà dei cespiti in capo al ricorrente per cassazione. La S.C., confermando quanto già affermato in prima istanza, chiarisce che detto atto deve intendersi disconosciuto da parte degli attori, infatti, per disconoscere una scrittura privata non è necessario adoperare una formula sacramentale essendo sufficiente contestare estesamente o nella sola parte afferente la sottoscrizione l'autenticità della scrittura. Sotto questo profilo, la condotta processuale degli attori porta con se il disconoscimento della sopra citata scrittura privata, dunque la doglianza non è fondata. In senso conforme, si richiama in estratto la S.C. n. 9543/2002 - il disconoscimento di scrittura privata, pur non richiedendo l'uso di formule sacramentali, postula che la parte contro la quale la scrittura è prodotta in giudizio impugni chiaramente l'autenticità della stessa, nella sua interezza o limitatamente alla sottoscrizione, contestando formalmente tale autenticità, ove egli sia l'autore apparente del documento prodotto, ovvero, nel caso di erede o avente causa dall'apparente sottoscrittore, dichiarando di non riconoscere la scrittura o la sottoscrizione di quest'ultimo l'idoneità delle espressioni utilizzate dalla parte a configurare un valido disconoscimento costituisce giudizio di fatto ed è incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivata . Indeterminatezza della procura generale. Dagli atti di causa risulta accertato che nella procura rilasciata dal de cuius in favore del venditore” non erano individuati con certezza e precisione i beni in riferimento ai quali venivano conferiti i poteri rappresentativi. Ciò, senza dubbio, comportava l'indeterminatezza dell'oggetto ma non la nullità della procura. La S.C. ha regolato la questione richiamando ed applicando la disciplina dettata dal codice civile per la procura generale, a tenore della quale, il mandato comprende non solo gli atti per i quali è stato conferito ma anche quelli necessari al loro compimento inoltre, il mandato generale comprende gli atti di ordinaria amministrazione oltre a quelli eccedenti che siano espressamente indicati. Per espressa indicazione , non si intende una indicazione specifica e dettagliata dei poteri trasferiti in favore del rappresentante, bensì, si intende che al mandatario è attribuito il compimento di tutti quegli atti che sono strettamente connessi al mandato conferito e la cui attuazione non costituisce illecita dilatazione dell'oggetto contrattuale. Semplificando, chi riceve mandato di gestire determinati immobili può compiere atti di amministrazione ma, ad esempio, deve escludersi il potere di cedere e vendere i beni a titolo oneroso. Tra gli atti necessari al compimento del mandato che, ai sensi dell'art. 1708 c.c., sono ricompresi nel suo ambito, vanno considerati quelli che si riconnettono all'attività espressamente consentita e ne costituiscono l'ulteriore svolgimento naturale, e non anche quelli che non si pongano come necessari e consequenziale per l'adempimento del mandato, costituendone invece un ulteriore sviluppo, attraverso una dilatazione dell'oggetto Cass. n. 5932/1999 . La S.C. ha rilevato che, con la procura oggetto di contesa, il de cuius aveva conferito al venditore” la gestione dei suoi interessi economici in Italia detta formulazione, appare utile e sufficiente a qualificare il predetto atto come procura generale e, come tale, non sufficiente a conferire in favore di quest’ultimo il potere di alienare i beni di proprietà del mandante. In definitiva, la Cassazione, rilevato che il venditore” aveva venduto al ricorrente immobili del de cuius , in ragione di procura generale non comprensiva del potere straordinario di alienazione, ha pronunciato definitiva sentenza disponendo il trasferimento dei cespiti contesi in favore degli attori.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 8 marzo – 19 aprile 2012, n. 6138 Presidente Oddo – Relatore Nuzzo Svolgimento del processo Con citazione del 18.12.97 C.M.G. , C.A. nonché, nella qualità di eredi di C.G. , P.H.T. , Ce.Al. , C.O. , C.I. convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Chiavari, B R. chiedendo che a fosse dichiarata la proprietà in capo ad essi attori degli immobili in omissis , essendo essi eredi della defunta B.A. , a sua volta unica erede di B.D.N. , deceduto in omissis il e proprietario di detti beni b fosse dichiarata nulla la scrittura privata 1.11.75 in virtù della quale il R. affermava di avere acquistato i suddetti beni da Co.Gi. , procuratore del B. in forza di procura 25,7.75, prodotta in giudizio dagli attori. Il R. , costituitosi, in via riconvenzionale, chiedeva che, accertata la validità della scrittura di vendita 1.11.75, fosse emessa sentenza costitutiva, ex art. 2932 c.c., di trasferimento, in proprio favore, di detti immobili, offrendo in pagamento il residuo prezzo. Con sentenza 15.7.1999 il Tribunale di Chiavari, ritenuta invalida, per indeterminatezza dell'oggetto, la procura 25.7.75, accoglieva la domanda degli attori dichiarandoli proprietari dei beni del de cuius Tale sentenza, appellata dal R. , veniva riformata dalla Corte di Appello di Genova che, ritenuta la validità sia di detta procura che della vendita, con sentenza 10.8.02, dichiarava il R. proprietario degli immobili oggetto di causa e condannava gli appellati al pagamento delle spese di entrambi i gradi del giudizio. Contro la sentenza i soccombenti proponevano ricorso per cassazione cui resisteva il R. . La Corte di Cassazione, con decisione n. 11391/2006, accogliendo i primi due motivi di ricorso e dichiarato assorbito il terzo, cassava la sentenza di appello rinviando ad altra sezione della Corte di appello di Genova anche per le spese del giudizio di cassazione. La Corte di legittimità rilevava che il giudice di appello, con la sentenza annullataci era limitato ad affermare apoditticamente che la procura proveniva sicuramente dal B. , omettendo di esaminare la questione relativa alla idoneità della scrittura privata, in quanto non autenticata, a provare il conferimento al C. di un valido mandato a vendere i beni del B. . Riassunto il giudizio innanzi alla Corte territoriale, con sentenza depositata il 21.1.2010, la Corte d'Appello di Genova, decidendo in sede di rinvio, accoglieva la domanda di C.M.G. ed altri, confermando la sentenza di primo grado e dichiarando gli attori proprietari, per quote indivise, degli immobili in questione, siti in condannava il R. al pagamento delle spese processuali relative al giudizio di appello concluso con la sentenza cassata, al giudizio di cassazione ed al giudizio di rinvio. Rilevavano i giudici di rinvio l'incertezza in relazione ai beni per i quali venivano conferiti al C. i poteri, quindi, la indeterminabilità dell'oggetto, che inficia la validità della procura sia generale, sia, evidentemente speciale, ove si potesse prospettare tale natura alla indeterminabilità dell'oggetto ben aderisce la stessa indicazione contenuta nella scrittura Stando la procura generale a suo nome in Tramite che ulteriormente chiarisce la posizione del C. , di soggetto incaricato in una fase prodromica ed in vista di una successiva compiuta formalizzazione dei poteri rappresentativi . Per la cassazione di tale sentenza il R. propone ricorso affidato a tre motivi illustrati da successiva memoria. Resistono con controricorso C.M.G. , C.A. e, nella qualità di eredi di C.G. , P.H.T. , Ce.Al. , C.O. , C.I. . Motivi della decisione Il ricorrente deduce l violazione e falsa applicazione dell'art. 1324 - 1362 co. 1 e 2 – 1363 - 1365 e 1369 c.c., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all'art. 360 nn. 4 e 3 c.p.c. omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c. il giudice di rinvio, incorrendo nel vizio di ultrapetizione, aveva affermato, contraddittoriamente, che la qualificazione della scrittura 25.7.75, come procura generale , facesse parte del thema decidendum, non considerando che né parte attrice né il R. , nel giudizio di primo grado, avevano contestato detta qualifica, riguardando il punto controverso fra le parti la validità della procura stessa per difetto della forma prescritta 2 omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c. violazione e falsa applicazione dell'art. 1324 c.c., dell'art. 1362, comma 1 e 2 c.c. artt. 1363, 1365, 1367 e 1369 c.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. la sentenza rescindente aveva demandato al giudice di rinvio di decidere se la scrittura 25.7.75 integrasse una procura generale ovvero una procura speciale , sancendo incontestabilmente che tale scrittura costituisse una procura la Corte di rinvio aveva,invece, messo in dubbio tale qualificazione ed, incorrendo nel vizio di omessa motivazione, si era limitata ad escludere, con motivazione apparente, la qualificazione della scrittura come procura generale sulla base del collegamento che la S.C. ha messo in evidenza tra la previsione di una successiva procura generale ed il riferimento agli interessi economici in Italia in particolare, il giudice di rinvio aveva considerato il C. un soggetto incaricato di una fase prodromica ed in vista di una successiva compiuta formalizzazione dei poteri rappresentativi , omettendo di ricorrere al criterio interpretativo letterale e poi a quello di cui all'art. 1367 c.c. secondo cui nel dubbio il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno , ritenendo, immotivatamente, che la indeterminabilità dell'oggetto inficiava la validità sia della procura generale che eventualmente, speciale, ove si potesse prospettare tale natura 3 in via subordinata a detti motivi, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1398 e 1367 c.c. degli artt. 115 e 116 c.p.c. omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia, non a-vendo il giudice di rinvio considerato la ricorrenza, nel caso in esame, sulla base delle prove documentali, di un'ipotesi di rappresentanza senza potere, per la quale gli effetti del negozio stipulato non possono non ricadere sol soggetto apparentemente rappresentato 4 violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., ed, inoltre, degli artt. 214 e 215 c.p.c., avendo il giudice di rinvio aveva violato le norme generali in materia di riconoscimento/disconoscimento di scrittura privata sarebbe spettato al convenuto R. disconoscere la procura, scrittura a firma B.D. prodotta dagli attori C. , dovendosi ritenere che gli stessi, con la produzione della procura, avessero abdicato alla facoltà disconoscerla peraltro,l'accertamento della data certa della procura, ex art. 2704 c.c., valeva nei confronti dei terzi ma non, come nel caso in esame, nei confronti delle parti e/o dei loro eredi. Il ricorso è infondato. La prima censura è infondata, posto che la S.C., con la sentenza n. 11391/2006, ha cassato la sentenza di appello 10.8.2002, non avendo la stessa indicato alcuna effettiva ragione a sostegno del convincimento che la procura proveniva sicuramente dal B. ed il giudice di rinvio ha correttamente affermato che la sentenza della cassazione rendeva inammissibili od irrilevanti le deduzioni fatte valere dal convenuto sul mancato disconoscimento della sottoscrizione della procura e che la deduzione, da parte degli attori, in ordine all'incertezza conseguente alla mancata autenticazione della procura, soddisfaceva le condizioni dell'art. 214, 2 co. c.p.c. pg. 7 sent. imp. . Tale motivazione è aderente alla giurisprudenza della S.C. che, in materia di disconoscimento di scrittura privata, ha affermato che non si richiedono formule sacramentali, essendo sufficiente che venga contestata l'autenticità della scrittura nella sua interezza o limitatamente alla sottoscrizione Cass. n. 9543/2002 . La seconda doglianza è pure infondata in quanto attiene ad un apprezzamento insindacabile relativo agli argomenti evidenziati dalla Corte di cassazione e, quanto alla ritenuta indeterminatezza dell'oggetto della procura, attinge a valutazioni di merito la sentenza ha affermato che l'incertezza in relazione ai beni per i quali venivano conferiti i poteri rappresentativi comportava una inde-terminabilità dell'oggetto che inficiava la validità sia di una procura generale che di una procura speciale in realtà, applicando l'art. 1708 c.c., la procura generale non è nulla per indeterminabilità dell'oggetto, ma implica che la stessa non si estende agli atti che eccedono l'ordinaria amministrazione non espressamente indicati Cfr. Cass. n. 461/1964 . L'art. 1708 cpv. c.c. dispone che Il mandato generale non comprende gli atti che eccedono l'ordinaria amministrazione, se non sono indicati espressamente , intendendo con il termine espressamente non già che occorre una indicazione speciale degli atti compresi nel mandato, ma che è sufficiente che sia espressamente attribuita al mandatario la potestà di compiere gli atti del mandato designati nella loro natura, non compresi nei limiti di un'ordinaria amministrazione, per cui basta la menzione, nel mandato generale, del tipo di negozio che il mandatario è autorizzato a concludere, senza necessità di ulteriore specificazione V. Cass. n. 1011/61 n. 64/461 n. 2800/50 . Quanto al motivo sub 3 è sufficiente osservare che trattasi di questione nuova, non prospettata in appello e, come tale, inammissibile. In relazione alla doglianza sub 4 valgono le ragioni per le quali è stata rilevata l'infondatezza del motivo sub 1 . Per le considerazioni svolte il ricorso va rigettato. Consegue la condanna del ricorrente al pagamento, in favore dei resistenti, delle spese processuali liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in complessivi Euro 5.200,00 di cui Euro 200,00 per spese oltre accessori di legge.