Matrimonio riparatore, non d’amore: coniugi consapevoli. Legittima la nullità

Confermato il riconoscimento della pronuncia ecclesiastica. Fondamentale la riserva mentale espressa dall’uomo, che risulta conoscibile e conosciuta anche dalla donna, viste le fondamenta del rapporto e la breve e burrascosa convivenza matrimoniale.

Matrimonio ‘riparatore’? Nozze frettolose per il concepimento, non voluto, di un figlio? Anche questo elemento può essere considerato – chiarisce la Cassazione, con sentenza numero 5175, Prima sezione Civile, depositata oggi – come testimonianza concreta della consapevolezza, da parte dei coniugi, della riserva mentale che mina il rapporto dalle fondamenta. Nullo? A scatenare la bagarre giudiziaria tra moglie e marito, già separati ufficialmente, è la pronunzia del Tribunale ecclesiastico, che dichiara la nullità del matrimonio a causa dell’esclusione dell’indissolubilità del vincolo da parte dell’uomo, pronunzia che viene recepita e resa esecutiva dalla Corte d’Appello. Su quest’ultimo, delicato passaggio si concentrano le ire della donna Rivalutare. Nel contesto della Cassazione, con ricorso ad hoc , difatti, viene richiesto un riesame completo della vicenda. Ad avviso della donna, difatti, non sono state valutate con attenzione prove rilevanti e, allo stesso tempo, è stata fornita una interpretazione erronea a elementi decisivi, cosa che, invece, avrebbe potuto mettere in discussione la consapevolezza, da parte sua, della negazione, da parte dell’uomo, dell’indissolubilità del vincolo matrimoniale. A finire nel mirino, ovviamente, la pronuncia della Corte d’Appello. Che, secondo la ricorrente, avrebbe dovuto valutare diversamente il materiale probatorio a disposizione, quello, cioè, che ha portato alla sentenza del Tribunale ecclesiastico. Riparazione. Legittima la richiesta della donna? Per rispondere a questa domanda, i giudici ricordano che si è vincolati sì ai fatti accertati nella pronuncia ecclesiastica, ma, allo stesso tempo, è possibile, per il giudice italiano, provvedere ad un’autonoma e diversa valutazione del medesimo materiale probatorio, secondo le regole del processo civile . Però, proprio assecondando questa visione, dalla vicenda emergono elementi che confermano la chiara contezza della negazione dell’indissolubilità matrimoniale da parte dell’uomo l’elenco comprende breve durata della convivenza matrimoniale , abbandono del tetto coniugale da parte della donna, incomprensioni e contrasti continui, dovuti a differenze caratteriali e di educazione ed a carenza di affetto sponsale , assenza di tentativo serio di conciliazione da parte di uomo e donna. Tutto ciò, secondo i giudici, testimonia che la scelta matrimoniale fosse stata determinata dall’intento di riparare all’errore commesso il concepimento del figlio e non dall’intento di vivere insieme per tutta la vita , e che anche la donna ne fosse pienamente cosciente. Ciò comporta, ovviamente, noblesse oblige , la consapevolezza della riserva mentale dell’uomo, e quindi il legittimo riconoscimento, in Appello, della nullità del vincolo.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 5 – 30 marzo 2012, n. 5175 Presidente Vitrone – Relatore Didone Ritenuto in fatto e in diritto 1. Con la sentenza, impugnata la Corte di appello di Napoli ha dichiarato l’esecutività, ai sensi dell’art. 8 n. 2 della legge 121/35, della sentenza del Tribunale Ecclesiastico Regionale Campano del 12 marzo 2008, ratificata dal Tribunale di Appello del Vicariato di Roma in data 22 ottobre 2003 e resa esecutiva con decreto in data 19 febbraio 2009 del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, con la quale era stata dichiarata la nullità del matrimonio contratto da F.C. con M.A., a causa dell’esclusione dell’indissolubilità del matrimonio medesimo da parte dell’attore, ai sensi del canone 1101 parag. 2 CJC. 2. Contro la decisione della corte di merito la M. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Resiste con controricorso l’intimato, il quale ha - tra l’altro - dedotto la non integrità del contraddittorio. 3. Il ricorso risulta ritualmente notificato al P.M. presso la Corte di appello. 3.1. Con il primo motivo parte ricorrente denuncia ‘‘nullità della sentenza per difetto della sua sottoscrizione, ex art. 132 c.p.c. - art. 119 Disp. Att. C.p.c.’’. 3.1.1. Il motivo è manifestamente infondato perché la sentenza risulta regolarmente sottoscritta dall’estensore e dal presidente mentre nessun rilievo può essere attribuito all’incompleta indicazione della data di svolgimento della camera di consiglio una volta che il provvedimento risulta ritualmente depositato in cancelleria con l’indicazione del deposito in data 15 settembre 2010. 3.2. Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia ‘‘violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per difetto di valutazione delle prove’’ e con il terzo motivo denuncia ‘‘erronea, incongruente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia - art 360, 5 c.p.c.’’. 3.2.1. Le censure sono inammissibili perché la corte del merito si è correttamente attenuta ai principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui ‘‘in sede di delibazione della sentenza di nullità matrimoniale emessa dal giudice ecclesiastico per esclusione del vincolo dell’indissolubilità ‘‘ex parte viri’’, il giudice italiano è vincolato ai fatti accertati in quella pronuncia, non essendogli, concesso né un riesame del merito né il rinnovo dell’istruttoria con acquisizione di nuovi materiali probatori tuttavia, essendo diversa la natura dei due giudizi - quello ecclesiastico tese ad accertare la ‘‘voluntas simulandi’’ di un coniuge e quello italiano incentrato sulla necessità di verificare il profilo dì conoscenza o conoscibilità di tale riserva unilaterale - al giudice italiano non è precluso di provvedere ad un’autonoma e diversa valutazione del medesimo materiale probatorio secondo le regole del processo civile, eventualmente disattendendo gli obiettivi elementi di conoscenza documentati negli atti del giudizio ecclesiastico’’ Sez. 1, Sentenza n. 2467 del 1 febbraio 2008}. Con adeguata e logica motivazione - per ciò stesso incensurabile in questa sede - la corte di merito ha accertato - tra l’altro - che ‘‘la durata breve di appena dieci mesi della convivenza matrimoniale tra le parti, culminata nell’abbandono del tetto coniugale da parte della convenuta e caratterizzata da incomprensioni e contrasti continui, verosimilmente dovuti a differenze caratteriali e di educazione ed a carenza di affetto sponsale, tali da renderne intollerabile la prosecuzione, come accertato nel giudizio di separazione tra i coniugi, conclusosi con la sentenza del Tribunale di Napoli in data 14 luglio 2009, in assenza di alcun tentativo serio di conciliazione da parte dei medesimi ed, in particolare, della M., nel mentre conferma il fatto che la scelta matrimoniale fosse stata determinata dall’intento di riparare all’errore commesso il concepimento del figlio , anche da parte della convenuta e non, invece, dall’intento della medesima di vivere con il C. per tutta la vita, costituisce un ulteriore dato, che fa presumere la consapevolezza, da parte sua, della riserva mentale di quest’ultimo’’. Il ricorso, dunque, deve essere rigettato. Le spese del giudizio di legittimità - liquidate in dispositivo - seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi euro 2.700,00 di cui euro 200,00 per esborsi oltre le spese generali e accessori come per legge. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti a norma dell’art. 52 d.lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.