Tace al coniuge la propria impotenza: la sentenza del giudice di rinvio si fonda sulle rationes decidendi

In tema di separazione, l’addebito va stabilito a carico del coniuge che ha taciuto, con prova anche mediante testimonianze de relato , l’ impotentia generandi . Non solo. Il ricorso per cassazione va respinto quando vengono proposti temi irrilevanti e non vengono affrontate o non impugnate tutte le rationes decidendi del giudice del merito peraltro, l’inammissibilità della censura di una ratio determina l’inammissibilità delle censure inerenti le restanti rationes , potendo la sentenza impugnata in sede di legittimità reggersi su quella/e non demolita/e dal ricorso.

Il caso. Una signora chiedeva ed otteneva, in primo grado qui venivano ammessi ma non escussi i testi del marito , l’addebito della separazione, con diritto di mantenimento, all’altro coniuge per averle taciuto l’impotenza di generare ed averle rivelato tale circostanza soltanto un anno e mezzo dopo il matrimonio. Quest’ultimo replicava che lei fosse, invece, già a conoscenza di tale situazione, in quanto i due si erano frequentati per circa un anno prima delle nozze, e di essere stato tradito dalla stessa così, chiedeva ed otteneva, in secondo grado qui non rispondeva all’interrogatorio formale e proponeva l’escussione dei propri testi ma, dopo l’ordinanza della Corte di non ammissione, non la riproponeva nelle conclusioni finali , l’addebito a carico della moglie, decisione poi riformata in Cassazione qui non proponeva l’escussione dei propri testi e confermata dalla Corte d’appello quale giudice di rinvio che ammetteva l’escussione, quali testimoni, di vari amici di famiglia ma non di tutti i testi proposti dal marito ed affermava la sufficienza del materiale probatorio già acquisito. Il caso, già esaminato dalla Corte di Appello di Firenze, verte in tema di separazione con addebito, procedimento in cassazione, impugnazione della sentenza di merito e di rinvio, motivi di annullamento. Nella fattispecie, bisogna stabilire se, alla luce dell’ordinamento civilistico, siano configurabili motivi di riforma del provvedimento giurisdizionale emesso in fase di merito di rinvio necessita, dunque, valutare ed accertare se siano ravvisabili, anche in termini procedurali, errori e/o omissioni nelle valutazioni e/o nel ragionamento del giudice non di legittimità e nell’impostazione logico-strutturale del ricorso della parte processuale. In primis , va detto che, sul piano sostanziale, è necessario indagare sui fatti-causa della dissoluzione del legame coniugale e della rispettiva decisività. Quindi, va ricordato, sotto il profilo formale, che le sentenze possono essere impugnate in Cassazione, tra l’altro, per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, per nullità della sentenza o del procedimento, per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Segnatamente, tale ultimo motivo si configura soltanto quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione. E’ da precisare che non rileva giuridicamente, quale vizio, la difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove fornito dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte spetta, infatti, esclusivamente al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento ed, a tale fine, valutare i fatti e le prove e controllarne l’attendibilità, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione ed attribuire prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova. Profili comparativi tra fase di legittimità e di merito poteri e valutazioni dei giudici. In sede di legittimità, non sussiste il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa bensì soltanto quello di controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione compiuti dal giudice del merito. In altri termini, l’annullamento della sentenza di merito, sotto il profilo del vizio di motivazione, è possibile soltanto quando il ragionamento svolto dal giudice si rilevi incompleto, incoerente ed illogico. Ergo , il ricorrente non può limitarsi, onde ottenere la cassazione del provvedimento di merito, a sollecitare una diversa lettura delle risultanze di causa, invece preclusa in sede di legittimità. E’ da notare che il giudice del rinvio è tenuto ad uniformarsi al principio di diritto stabilito dalla Cassazione e, comunque, a quanto statuito dalla medesima Corte ovvero decide la causa nel merito qualora non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto. Nel giudizio di rinvio, altresì, le parti non possono prendere conclusioni diverse da quelle prese nel giudizio nel quale fu pronunciata la sentenza cassata, salvo che la necessità delle nuove conclusioni sorga dal provvedimento di legittimità. La ratio decidendi gli oneri del ricorrente. Nel caso in esame, il giudice del rinvio ha indubbiamente deciso per l’anteriorità della frattura dei coniugi all’adulterio la Corte non si è sottratta al dovere di motivare sulla causa della rottura, alla luce del comportamento di entrambi i coniugi, anzi ha chiaramente e motivatamente escluso l’addebitabilità della separazione alla moglie. Sul punto, va sottolineato che, qualora una sentenza o un capo di questa si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, onde giungere all’annullamento della medesima sentenza, che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura ed, altresì, che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure. Per cui, laddove anche una sola delle dette ragioni non formi oggetto di censura ovvero sia respinta la censura relativa anche ad una sola delle dette ragioni, il motivo dì impugnazione deve essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni così, essendo divenuta definitiva l'autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe essere prodotto, in alcun caso, l'annullamento della sentenza che rimarrebbe, pertanto, ferma sulla base della ratio ritenuta corretta. Le censure contenute nell’impugnazione proposta in sede di legittimità non possono tradursi in mere critiche nel merito bensì devono riguardare tutte le rationes decidendi. La sentenza di merito e di rinvio non può essere cassata quando, stante l’inammissibilità di una censura, può reggersi sulla ratio non smantellata dal ricorso. In ambito di separazione personale, la colpa della fine del rapporto coniugale ben può essere individuata anche mediante testimonianze de relato e va addebitata al coniuge che ha taciuto la propria sterilità. In fase processuale di merito, è legittimo valutare le deposizioni testimoniali dei congiunti madre e sorella di una parte processuale quali supposizioni basate sull’affetto ed inidonee a superare le certezze offerte dai testi di controparte, indifferenti alla questione controversa. In fase probatoria, il giudice di merito può chiudere l’istruttoria quando ritenga raggiunta la prova ovvero quando ravvisi superflua, per i risultati già raggiunti, la ulteriore assunzione di mezzi ergo , può non ammettere l’escussione di alcuni testi proposti da una parte processuale. Ai fini della valutazione sull’ eventuale impugnabilità della decisione, è da ritenere, altresì, legittima la sentenza del giudice di rinvio quando il medesimo non si è sottratto al dovere di esprimere un proprio giudizio autonomo dalle valutazioni, pur sottolineate, dei precedenti giudici. In sede di legittimità, in cui va impugnata la sentenza di rinvio, il giudice non può esprimersi nel merito le censure esposte nel ricorso non possono, quindi, ridursi o tradursi, a pena d’inammissibilità, in pure e semplici critiche di merito alla valutazione contenuta nel provvedimento giurisdizionale di merito , in quanto ciò, in termini di competenza, è riservato, secundum legem , al giudice di rinvio. Gli argomenti essenziali addotti dal giudice per giustificare la decisione del caso a lui sottoposto, quali rationes decidendi , producono, tutti, efficacia giuridica vincolante pertanto, la sentenza non può essere annullata in sede di legittimità nel caso in cui possa fondarsi e restare, logicamente, valida sulla base della ratio non impugnata o non demolita nell’atto d’impugnazione.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 13 gennaio – 1° marzo 2012, n. 3230 Presidente Vitrone – Relatore De Chiara Svolgimento del processo Con ricorso del 6 agosto 1997 la sig.ra C F. propose davanti al Tribunale di Firenze domanda di separazione dal coniuge, Dott. D.N G.Z. , con addebito a quest'ultimo per averle, tra l'altro, taciuto la propria impotentia generandi. Il convenuto si costituì e chiese che la separazione fosse invece addebitata alla moglie, che lo aveva tradito con un altro uomo. Il Tribunale accolse la domanda della sig.ra F. e pronunciò la separazione con addebito al marito, che condannò al pagamento di un assegno di L. 900,00 mensili. Sul gravame del soccombente la Corte d'appello di Firenze ribaltò la decisione di primo grado, addebitando la separazione alla moglie a causa del suo pacifico adulterio e dell'incertezza, di contro, se il marito le avesse effettivamente taciuto la propria incapacità di procreare. La Corte di cassazione, su ricorso della sig.ra F. , cassò la sentenza di appello perché, ai fini della prova che solo dopo un anno e mezzo dal matrimonio il marito aveva informato la moglie della propria impotentia generarteli, non aveva dato peso alla mancata risposta del primo all'interrogatorio formale, nonché ad alcune testimonianze in quanto testimonianze de relato, e perché aveva, di converso, valorizzato eccessivamente l'adulterio della moglie in sé considerato, senza indagarne la decisività ai fini della dissoluzione del legame fra i coniugi. La stessa Corte di Firenze, quale giudice di rinvio, ha quindi nuovamente ribaltato il verdetto, rigettando l'appello e dunque confermando la decisione di primo grado con l'addebito della separazione al marito e la liquidazione dell'assegno in favore della moglie nell'importo sopra indicatoli Dott. G.Z. ha proposto ricorso per cassazione con sei motivi di censura. La sig.ra F. ha resistito con controricorso contenente anche ricorso incidentale condizionato per un solo motivo. Motivi della decisione 1. - Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione degli artt. 384, 394 e 345 c.p.c., nonché vizio di motivazione. Viene censurata la mancata assunzione di due testi di prova contraria - i sigg.ri Lu Zu. e Ma Za. - sulla circostanza che il marito avesse taciuto alla moglie la propria incapacità di procreare testi ammessi ma poi non escussi dal Tribunale e quindi riproposti dall'appellante. La Corte di rinvio non ne ha, a sua volta, ammesso l'assunzione ritenendo per quanto qui rileva a che ciò esulasse dal mandato conferitole con la sentenza rescindente b che spetta al giudice, ai sensi dell'art. 209 c.p.c., valutare la necessità e opportunità di sentire i testi indicati dalle parti, e nella specie essa riteneva che il materiale probatorio già acquisito fosse più che sufficiente, essendo state sul punto sentite la madre e la sorella dell'appellante c che la richiesta di sentire quei due testi formulata nel giudizio di rinvio fosse inammissibile per non essere stata in precedenza riproposta nelle conclusioni finali in grado di appello dopo che la Corte aveva deciso, con ordinanza, di non ammettere la loro testimonianza d che la medesima richiesta non era stata neppure riproposta dal G.Z. con ricorso incidentale nel precedente giudizio di cassazione introdotto dalla sig.ra F. . Il ricorrente, corrispondentemente aa contesta che la sentenza rescindente escludesse la possibilità di riaprire l'istruttoria, perché altrimenti la Corte di Cassazione avrebbe deciso la causa nel merito bb critica la motivazione della superfluità delle due testimonianze esibita dalla sentenza di rinvio cc osserva che, non avendo egli precisato le proprie conclusioni finali nel giudizio di appello, dovevano ritenersi riproposte le conclusioni rassegnate con l'atto di appello, contenenti appunto la richiesta istruttoria in questione dd nega che egli avesse l'onere di proporre ricorso incidentale nel precedente giudizio di cassazione. 1.1. - La sentenza impugnata contiene, sul punto in discussione, come si è visto, quattro distinte ed autonome rationes decidendi. La seconda di esse sub lett. b è censurata in maniera inammissibile. Il ricorrente in proposito osserva 1 che il giudice di rinvio avrebbe dovuto esprimere le proprie va-lutazioni sull'ammissibilità e rilevanza della prova e non rifarsi alle valutazioni dei giudici di merito che lo avevano preceduto, come invece aveva fatto la Corte di Firenze, peraltro non considerando che non era vero che il Tribunale non aveva ammesso i due testi in questione i quali, invece, erano stati ammessi ma poi non escussi , né considerando che la non ammissione dei medesimi testi in appello era giustificata dal fatto che la Corte aveva deciso in senso opposto al Tribunale e che, in ogni caso, la sua decisione era stata poi cassata 2 che, se è vero che il giudice può chiudere l'istruttoria, ai sensi dell'art. 209 c.p.c., quando ritenga raggiunta la prova, è pur vero che tale valutazione discrezionale è soggetta a gravame, e nell'atto di appello era stata appunto richiesta l'escussione dei due testi in questione, sostenendosi l'erroneità delle valutazioni del primo giudice sulla circostanza oggetto di prova e la necessità di integrare l'istruttoria con quei testi ammessi e non interrogati inoltre l'espressione codicistica quando ravvisi superflua per i risultati già raggiunti la ulteriore assunzione poteva applicarsi, quanto meno, dopo aver consentito a entrambe le parti di sentire i testimoni indotti. Ricordiamo, al riguardo, che la parte attrice ha sentito quattro testi, nel mentre la parte convenuta ne ha sentiti soltanto due . La prima osservazione è inammissibile perché non corrisponde alla ratio decidendi. Non è affatto vero che la Corte di rinvio si sia limitata a rinviare alla valutazione già espressa di giudici di primo e secondo grado vero è, invece, che essa, pur sottolineando le valutazioni dei giudici di primo e secondo grado, non si è affatto sottratta, poi, al dovere di esprimere un suo autonomo giudizio, avendo invece affermato che il materiale probatorio già acquisito era sufficiente essendo state sentite sul punto la madre e la sorella dell'appellante-La seconda osservazione è inammissibile perché - a tacer d'altro - ancora una volta non viene affrontata quella ratio, ma si propongono temi irrilevanti come la ovvia sussistenza di una richiesta dell'appellante di integrare l'istruttioria svolta in primo grado od oscuri come nella seconda parte della censura in esame, sopra riportata testualmente, della quale è evidente l'inconcludenza, non essendo dato di cogliere il senso di un arresto dell'assunzione di ulteriori mezzi di prova, per superfluità, che venga disposto dopo l'assunzione degli stessi . L'inammissibilità della censura di tale ratio decidendi comporta la conseguente inammissibilità, per difetto di interesse, delle censure riguardanti le restanti rationes, potendo comunque la sentenza reggersi su quella non demolita dal ricorso giurisp. costante cfr., fra le più recenti, Cass. 12976/2011, 12372/2006, 13956/2005 . 2. - Con il secondo motivo del ricorso principale, denunciando vizio di motivazione, si censura l'accertamento che il marito aveva taciuto alla moglie, sino a un anno e mezzo dopo le nozze, la sua incapacità di procreare. La sentenza impugnata fonda tale accertamento sulla mancata risposta del convenuto all'interrogatorio formale richiesto dall'attrice, non giustificabile con gli impegni professionali addotti dall'interessato, data l'importanza dell'atto giudiziario programmato da mesi, e sulle testimonianze di tre amici di famiglia -concordi nel dichiarare di aver appreso la circostanza e di aver visto piangere per tale ragione la sig.ra F. , che si vedeva negata la prospettiva della maternità - e della madre della stessa mentre i testi di parte convenuta - la madre e le sorella del Dott. G.Z. - avevano espresso più che altro supposizioni basate sull'affetto per il loro congiunto, che non potevano superare le certezze offerte dai primi tre testi, indifferenti, la valenza probatoria delle cui dichiarazioni de relato era stata espressamente ribadita dalla Corte di cassazione nella sentenza rescindente. Il ricorrente obbietta a che le testimonianze de relato sono, si, ammesse dalla giurisprudenza di legittimità in tema di comportamenti intimi e riservati delle parti, ma la medesima giurisprudenza ha cura di sottolineare la necessità che il giudice motivi sulla sussistenza di elementi di riscontro intrinseci o estrinseci, mentre l'unico di tali elementi effettivamente addotto dal giudice di rinvio - la mancata risposta del G.Z. all'interrogatorio formale - era inidoneo, sia perché, se la Corte di cassazione avesse ritenuto determinante tale silenzio, avrebbe senz'altro deciso la causa nel merito senza disporre il giudizio di rinvio, sia per la gratuità dell'affermazione della Corte sulla maggiore importanza della separazione rispetto al congresso di medicina cui egli doveva partecipare quale relatore b che la Corte di rinvio non ha considerato che egli aveva richiesto di provare per testi di avere, invece, informato la moglie della propria impotenza prima del matrimonio e se è vero che la mancata allegazione di prove contrarie è elemento da valutarsi come conferma della mancata risposta, l'aver espressamente negato la circostanza dedotta nell'interrogatorio, indicando anche prove al riguardo, rende impossibile dare valenza negativa alla mancata comparizione c che se la moglie avesse appreso dell'impotenza del marito soltanto un anno e mezzo dopo le nozze, difficilmente avrebbe atteso ancora un altro anno e mezzo per chiedere la separazione, che invece si era risolta a domandare soltanto dopo che era stato scoperto il suo adulterio e del resto è abbastanza probabile che i due coniugi avessero fra loro parlato dell'impotenza di lui anche prima delle nozze, visto che si erano frequentati per circa un anno. Il motivo di ricorso si conclude con una ulteriore censura, rivolta all'affermazione della Corte di rinvio secondo cui il Dott. G.Z. aveva nascosto fino all'ultimo alla fidanzata che egli [aveva] alle spalle un divorzio, così da frustrare la aspettativa comune alla maggior parte delle donne, per la verità di un bel matrimonio in chiesa con l'abito bianco . 2.1. - È opportuno sgomberare subito il campo da quest'ultima censura, inammissibile per la decisiva ragione riferita, per la verità, dallo stesso ricorrente, che però non ne trae le dovute conclusioni che la Corte di merito ha espressamente dichiarato di considerare la circostanza irrilevante perché la sig.ra F. aveva accettato la situazione sposando ugualmente il Dott. G.Z. . Anche le censure precedenti, peraltro, sono inammissibili. Quella sub a urta, infatti, contro la considerazione che la precedente sentenza di questa Corte non avrebbe potuto contenere una decisione nel merito ai sensi dell'art. 384, primo comma ult., parte, c.p.c., essendo necessario un nuovo accertamento di fatto sulla sussistenza del mendacio del marito e sulla sua efficienza causale nella rottura tra i coniugi, anche alla luce del comportamento della moglie per il resto la censura si riduce a una pura e semplice critica di merito della valutazione, riservata al giudice di rinvio e certamente non illegittima, secondo cui il programmato impegno in sede giudiziaria non era secondo al sopraggiunto impegno professionale della parte chiamata a rendere l'interrogatorio. Del pari in semplici critiche di merito si risolvono le censure riferite sub b se è indubbiamente esatto che la mancata allegazione di prove contrarie conferma la valenza ammissiva della mancata risposta all'interrogatorio, non è affatto vero il reciproco, come invece ritiene il ricorrente e sub c . 3. - Con il terzo motivo del ricorso principale, denunciando violazione degli artt. 151 e 143 c.c. e vizio di motivazione, si censura la valutazione della Corte d'appello sull'efficienza causale del comportamento addebitato al marito - l'aver taciuto la propria incapacità a generare - nella rottura del legame tra i coniugi. Il ricorrente esclude che tale comportamento fosse stata la causa scatenante della separazione, che la sig.ra F. si era risolta a chiedere soltanto un anno e mezzo dopo la scoperta del fatto. 3.1. - Anche tale motivo, risolvendosi in una critica di merito, è inammissibile. 4. - Del quarto e del quinto motivo, con cui nuovamente si denuncia violazione degli artt. 151 e 143 c.c. e vizio di motivazione, è opportuno l'esame congiunto, attesa la loro connessione. 4.1. - Il quarto ha ad oggetto l'efficienza causale dell'adulterio della moglie nella rottura del rapporto tra i coniugi. Il ricorrente lamenta che la Corte d'appello ne abbia minimizzato l'importanza sul rilievo che dopo quell'unico episodio i coniugi continuarono a vivere alquanto normalmente, per cui si deve ritenere il fatto assorbito nella dinamica del rapporto coniugale affermazione ingiustificata sia perché dopo tale episodio, verificatosi nell'ottobre 1996 e culminato in un violento litigio con intervento della polizia e seguito da altri litigi, i coniugi si separarono di fatto nel febbraio dell'anno successivo, sia perché l'unicità di quell'episodio è irrilevante, date le modalità del medesimo descritte in ricorso . 4.2. - Il quinto motivo ha ad oggetto la comparazione dei comportamenti dei due coniugi, sulla quale si denuncia l'assoluto difetto di motivazione da parte del giudice di rinvio e si ribadisce quanto già osservato anche con gli altri motivi di ricorso sull'inefficienza - o mancanza di prova dell'efficienza - causale del mendacio del marito e la decisività, per converso, dell'adulterio della moglie. 4.1. - Entrambi i motivi sono inammissibili. Giova premettere la ratio della decisione impugnata, la quale, più che sulla minimizzazione dell'adulterio della moglie, si basa sull'anteriorità ad esso della frattura tra i coniugi, in un matrimonio partito subito male per le bugie di lui , dovuta al grande e definitivo rilievo dell' effetto che il silenzio sulla impotenza ha provocato sulla psiche della moglie , la quale, giunta al matrimonio non più giovanissima, desiderando una maternità non più procrastinabile [ .] vi ha dovuto definitivamente rinunciare, perché il tempo a sua disposizione è velocemente trascorso . . Dunque non è esatto che la Corte si sia sottratta al dovere di motivare sulla causa della rottura alla luce del comportamento di entrambi i coniugi. Per il resto, non può che nuovamente respingersi il tentativo del ricorrente di trascinare questa Corte sul terreno delle questioni di puro merito. 5. - Con il sesto motivo del ricorso principale si denuncia violazione degli artt. 112, 132 e 161 c.p.c. Il ricorrente osserva che con l'atto di appello aveva denunciato la nullità della sentenza di primo grado per omessa trascrizione delle conclusioni del convenuto e omessa pronuncia sulla sua domanda riconvenzionale di addebito della separazione alla moglie che la questione non era stata poi riproposta nel giudizio di cassazione perché la Corte d'appello aveva accolto il gravame che il giudice di rinvio aveva, su quel motivo di appello, statuito che il Tribunale, accogliendo la domanda della moglie, aveva implicitamente respinto la domanda del marito. Lamenta, quindi, che la Corte di rinvio, limitandosi a confermare la sentenza di primo grado, abbia praticamente convalidato una sentenza nulla , attesa l'erroneità dell'affermazione dell'implicito rigetto della domanda riconvenzionale per effetto dell'accoglimento della domanda principale fra le contrapposte domande dei coniugi di addebito della separazione, infatti, non sussiste rapporto di alternatività, ben potendo l'addebito gravare su entrambi. 5.1. - Anche quest'ultimo motivo è inammissibile. La dedotta ragione di nullità della sentenza di primo grado non rientra fra quelle per le quali si impone, ai sensi degli artt. 353 e 354 c.p.c., la rimessione della causa al giudice di primo grado. Il giudice d'appello - e dunque il giudice di rinvio - aveva il dovere di pronunciare comunque nel merito della domanda asseritamente trascurata e tanto ha fatto, nella specie, la Corte di rinvio, che ha chiaramente e motivatamente escluso l'addebitabilità della separazione alla sig.ra F. . 6. - Il ricorso principale va dunque dichiarato inammissibile attesa l'inammissibilità di tutti i suoi motivi. Resta conseguentemente assorbito il ricorso incidentale condizionato. Le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale ed assorbito il ricorso incidentale, e condanna il ricorrente principale alle spese processuali, liquidate in Euro 2.200,00, di cui 2.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.