Genitori separati e immaturi, legittimo l’affidamento del minore al Comune

Annullata la decisione di attribuire al padre la responsabilità del figlio. I rapporti difficili tra i coniugi avevano portato alla rottura del legame con la madre e a problemi per il ragazzo in ambito scolastico. Per salvaguardarne la crescita giusto ricorrere all’inserimento temporaneo in una struttura idonea.

Separazione complessa, con rapporti difficili tra i coniugi. A rischiare di subirne le conseguenze, anche da un punto di vista psicologico, è il figlio. E allora la decisione di affidare il minore ai Servizi sociali del Comune diventa la soluzione più logica, e sicuramente legittima Cassazione, sentenza numero 784, prima sezione civile, depositata oggi , nonostante le contestazioni del genitore a cui era stato attribuito originariamente l’affidamento. Chiusura rapporto. La pronuncia del Tribunale prima e quella della Corte d’Appello poi sanciscono la separazione giudiziale tra i coniugi, caratterizzata, peraltro, anche da una diatriba sui rapporti economici. Punto nodale, però, è soprattutto la delicata gestione del figlio minore della coppia. E anche nelle aule di giustizia la situazione non si fa più semplice In primo grado, difatti, il ragazzo viene affidato al padre, mentre in Appello il giudice, accogliendo l’appello della madre, opta per l’affidamento ai Servizi sociali del Comune. Quali le basi per questa decisione? I difficili rapporti tra i due coniugi, che si ripercuotono anche sulle relazioni col figlio e sullo sviluppo di quest’ultimo. Salvare il minore. È, ovviamente, il padre a contestare la decisione assunta in Appello, rivendicando l’affidamento a lui riconosciuto dal Tribunale e la possibilità di provvedere alla crescita del ragazzo. Per i giudici di Cassazione, però, soprattutto di fronte a situazioni così delicate, unico riferimento è l’ interesse morale e materiale dei minori. E questo interesse, talvolta, può concretizzarsi con la possibilità di collocare il figlio presso terzi, in caso di inidoneità genitoriale . In questa ottica, i giudici richiamano l’applicazione analogica alla separazione della previsione in materia di divorzio, ossia l’ affidamento presso una terza persona o in un istituto di educazione se né genitori né parenti stretti possono essere ritenuti idonei. Ebbene, in questo caso specifico, la situazione è chiara. Perché l’affidamento al padre ha comportato la totale interruzione dei rapporti con la madre ed ha provocato difficoltà di inserimento e rendimento scolastico del minore e, allo stesso tempo, un disturbo psico-patologico nella struttura della personalità del ragazzo. Affidamento, allora, alla madre? Ipotesi poco praticabile per l’atteggiamento di rifiuto da parte del figlio , atteggiamento probabilmente legato alla condotta del padre. Di conseguenza, concludono i giudici confermando la pronuncia d’Appello, la soluzione per salvaguardare l’interesse del minore e favorire la normalizzazione dei rapporti con i genitori è l’affidamento ai Servizi sociali del Comune finalizzato all’ inserimento temporaneo in una struttura idonea .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 26 settembre 2011 – 20 gennaio 2012, n. 784 Presidente Luccioli – Relatore Dogliotti Svolgimento del processo Con sentenza in data 28-9-2007, il tribunale di Catania pronunciava la separazione giudiziale dei coniugi P. S. e L. F., rigettava le domande di reciproco addebito, affidava al padre il figlio minore G., disponeva che la P. contribuisse al mantenimento di questo per un importo di Euro 150,00 mensili condannava il L. a corrispondere alla moglie assegno di mantenimento di Euro 150,00. Proponeva appello il P Costituitosi il contraddittorio, il L. chiedeva rigettarsi l’appello. Con sentenza 4-27/1/2010, la Corte di Appello di Catania accoglieva parzialmente l’appello, affidando il figlio delle parti al Comune di Acireale, elevando l’assegno di mantenimento per la moglie a carico del L. ad Euro 300,00 e confermando nel resto la sentenza impugnata. ricorre per cassazione il L., sulla base di due motivi. Resiste con controricorso la P. Motivi della decisione Con il primo motivo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 155 c.c., e vizio di motivazione, in punto affidamento del figlio minore delle parti ai servizi sociali del comune di Acireale. Il motivo appare infondato. L’art. 155 c.c.,nella formulazione previgente, prevedeva l’ipotesi di inidoneità di entrambi i genitori all’affidamento del figlio. Nulla dice al riguardo la norma novellata. La disciplina era sufficientemente articolata ove non fosse opportuno che il figlio rimanesse con l’uno o l’altro genitore, per gravi motivi” il giudice poteva collocare” non affidare il minore presso una terza persona un parente, ma non necessariamente ovvero quando non vi fossero parenti o altre persone idonee disposte ad occuparsi del minore in istituto di educazione la legge sul divorzio prevede che, in caso di temporanea impossibilità di affidamento ai genitori, il giudice possa disporre affidamento familiare, ex. art. 2 n. 184 del 1983, e la norma non ha subito variazioni . In ogni caso il giudice della separazione doveva provvedere sulle modalità e misura del mantenimento dei figli da parte dei genitori, sulle visite, i periodi di permanenza presso l’uno o l’altro di essi e sui limiti all’esercizio della potestà. È da ritenere tuttavia che, nonostante l’assenza, nella disciplina vigente, di una previsione specifica, il richiamo, ancorché generico, contenuto nell’art. 155, comma 2, c.c., ai provvedimenti che il giudice assuma per i figli con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essi”, ma pure quello, più particolare, alle modalità con cui ciascun coniuge contribuisce alla cura” e alla educazione” dei figli, oltre che al loro mantenimento ed istruzione, indica la possibilità di collocare il figlio presso terzi, in caso di inidoneità genitoriale al riguardo, conformemente, Cass. n. 19065 del 2008 . La legge sul divorzio precisa del resto, come si è detto anche dopo la riforma del 2006 , che può disporsi affidamento familiare ex art. 2 n. 184 del 1983, in caso di temporanea impossibilità di affidamento ai genitori in stretto contatto, evidentemente, con l’azione del servizio sociale tale previsione è sicuramente applicabile in via analogica alla separazione. Ne deriva che quando entrambi i genitori non sono idonei all’affidamento dovrebbe trattarsi appunto di una situazione assai grave o quando essi stessi lo rifiutano, si deve provvedere al collocamento, possibilmente presso parenti. Se non vi sono parenti oppure questi non sono idonei, sussiste la possibilità, come ipotesi del tutto residuale, onde evitare che il fanciullo si trovi in una situazione non dissimile da quella di abbandono, che costituisce il presupposto dell’adozione legittimante di collocamento del minore presso una terza persona e in un istituto di educazione, quale tipico intervento assistenziale. Non sussistono pertanto, nella specie, per quanto si è detto, violazione alcuna di legge, né si ravvisa vizio di motivazione. La sentenza impugnata, infatti, con motivazione adeguata e non illogica, fa proprie le risultanze della consulenza tecnica espletata nel grado l’affidamento al padre ha comportato la totale interruzione dei rapporti con la madre ed ha provocato difficoltà di inserimento e rendimento scolastico del minore, la struttura della personalità di G ha raggiunto i contorni di un disturbo psicopatologico. Il padre – continua il giudice a quo – si è sottratto ad un percorso psicoterapeutico nell’interesse del minore. Né, allo stato, appare praticabile un affidamento alla madre, stante l’atteggiamento di rifiuto da parte del figlio, cui sicuramente non è estranea la condotta del padre così la sentenza impugnata. La soluzione ottimale, idonea a salvaguardare l’interesse del minore, con una normalizzazione delle sue relazioni con entrambi i genitori è –secondo il giudice a quo – l’allontanamento dai genitori del minore stesso e il suo inserimento temporaneo in idonea struttura, tramite intervento del Comune di Acireale. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 156 c.c. e vizio di motivazione, in punto assegno di mantenimento per la moglie. Il motivo va dichiarato inammissibile. L’odierno ricorrente non aveva impugnato la sentenza di primo grado circa il diritto all’assegno da parte della P Avrebbe dovuto circoscrivere la sua censura al capo della pronuncia del giudice d’appello che ha elevato l’importo dell’assegno stesso. Al riguardo egli nulla dice, limitandosi ad affermare genericamente che la moglie non ha diritto all’assegno. Conclusivamente, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per onorari ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge. A norma dell’art. 52 D.Lgs. 196703, in caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri atti identificativi delle parti, dei minori e dei parenti, in quanto imposto dalla legge.