Telefono, parrucchiere ed estetista per la figlia: a che titolo il padre deve rimborsarne i costi?

Le spese straordinarie non si prestano ad una elencazione specifica e predeterminata da parte del giudice, ma vanno individuate ragionando per principi distinguendo il concetto di mantenimento da quello di alimenti.

Se fosse un libro sarebbe un best seller cosa si intende per spese straordinarie? Questione che – accanto a quella della determinazione dell’assegno di mantenimento per figli e coniuge - spesso è causa di furiosi litigi, fuori e dentro le aule di giustizia. La sentenza del Tribunale di Prato affronta questo tema, con una analisi equilibrata, senza peraltro giungere ad una soluzione secca, ma indicando alcuni principi, molto chiari, di grande utilità pratica. Primo round. Il ricorso viene chiuso con una conciliazione giudiziale. Due conviventi decidono di lasciarsi la figlia minorenne rimane con la madre. Si litiga per l’assegno di mantenimento a favore della figlia. Il peculiare giudizio previsto dal codice civile in tema di concorso negli oneri viene chiuso davanti al Presidente del Tribunale con un accordo transattivo verbale di conciliazione somma omnicomprensiva a carico del padre di euro 400, oltre rivalutazione. Secondo round. Le spese aumentano. Nuovo ricorso il decreto del Presidente del Tribunale viene opposto. Per un po’ l’assetto raggiunto funziona. Tuttavia, trascorsi un paio d’anni, la madre si rende conto che la figlia, crescendo, ha esigenze più vaste, che inevitabilmente implicano spese aggiuntive. Si rivolge quindi di nuovo al Presidente del Tribunale, sempre azionando il rimedio previsto dall’art. 148 c.c., chiedendo un assegno di euro 500 e un concorso nelle spese straordinarie da parte del padre nella misura del 50%. Nessuna conciliazione questa volta decide il Presidente portando l’assegno di mantenimento per la figlia ad euro 450 e stabilendo in aggiunta un concorso dei genitori nelle spese straordinarie nella misura del 50% ciascuno. La decisione viene opposta dal padre. Il leitmotiv della causa le spese straordinarie. La madre sostiene che le spese per la figlia sono aumentate soprattutto per queste voci telefono, parrucchiere, estetista, cene con gli amici, regali di compleanno. Il padre se ne sarebbe dovuto fare carico quanto meno sotto il profilo delle spese straordinarie. Il Giudice è di ben altro avviso. Questo il ragionamento si potrebbe considerare straordinaria qualsiasi spesa ulteriore rispetto a quelle essenziali vitto, alloggio . Se così fosse si potrebbero chiedere i contributi più disparati per il cinema, il parrucchiere, la cena con gli amici, i regali di compleanno, e via dicendo. Spese di mantenimento e spese per alimenti sono concetti diversi. Così facendo, però, si finirebbe per confondere la nozione di mantenimento” con quella di alimenti”. Gli alimenti devono consentire di ovviare alle necessità fondamentali della vita quotidiana il mantenimento riguarda invece la soddisfazione di tutte le esigenze elementari e non della vita di una persona, in relazione al suo tenore di vita. Quindi, l’assegno di mantenimento deve consentire al figlio di soddisfare non solo i bisogni elementari della vita quotidiana, ma anche ulteriori esigenze di studio, ludiche od estetiche, che già fanno parte del suo tenore di vita. Come identificare le spese straordinarie criterio soggettivo e criterio oggettivo. Nel concetto di spese straordinarie rientra tutto ciò che è, appunto, fuori dall’ordinario, in senso soggettivo e in senso oggettivo. In senso soggettivo deve trattarsi di spese non prevedibili a priori e pertanto neppure quantificabili al momento della determinazione giudiziale dell’assegno di mantenimento. In senso oggettivo deve trattarsi di spese di ammontare tale da non poter essere coperte dall’assegno di mantenimento, il cui importo,necessariamente variabile, va parametrato sulla base delle esigenze del beneficiario, da un lato, e sulle possibilità economiche dell’obbligato, dall’altro. Per questo il giudice non può fare un elenco analitico delle spese straordinarie. In definitiva, le spese per il parrucchiere e compagnia bella non sono straordinarie” e rientrano semmai nel concetto di mantenimento che, come visto, riguarda la soddisfazione dei bisogni non solo elementari alimenti . Gli aspetti processuali. Nulla osta ad un nuovo ricorso se il precedente si è chiuso con una conciliazione inammissibile la riconvenzionale dell’originario ricorrente. Primo aspetto in generale non è possibile proporre un ulteriore ricorso ai sensi dell’art. 148 c. c. per far rivedere modifica o revoca una precedente decisione assunta in base al medesimo procedimento, perché la legge prevede che si agisca in via ordinaria. Tuttavia, in questo caso specifico, il precedente giudizio si era chiuso con una conciliazione, che ha sempre natura negoziale anche se raggiunta davanti al giudice. Quindi, non vi è nessun impedimento alla proposizione di un altro ricorso da considerarsi in pratica come il primo in assoluto. Secondo aspetto la madre, nel ricorso originario, aveva chiesto un assegno di euro 500 richiesta portata ad euro 700 in sede di opposizione proposta dal padre avverso il decreto presidenziale che aveva riconosciuto euro 450. Questa domanda è inammissibile, perché nel giudizio di opposizione la ricorrente originaria assume la veste di attrice in senso sostanziale. Per cui non c’è spazio, di per sé, per riconvenzionali dal sapore, in questo caso, del ripensamento , di spettanza semmai di chi propone opposizione, da considerarsi convenuto in senso sostanziale. Insomma, lo schema e le regole sono quelli dell’opposizione a decreto ingiuntivo.

Tribunale Civile di Prato, sentenza del 22 novembre 2011 Presidente - Brogi Fatto e Diritto S. F., con atto di citazione ritualmente notificato, ha presentato opposizione avverso il decreto, emesso ai sensi dell’art. 148 c.c., con il quale il Presidente del Tribunale di Prato, in data 11/4/2008, gli aveva ingiunto di versare sul conto corrente che la figlia A. avrebbe aperto, l’assegno di mantenimento di € 450,00, oltre al 50% di tutte le spese straordinarie da documentare e da versare entro il 24 di ogni mese, assegnando alle parti il termine di giorni 60 per il giudizio di merito. L’opponente ha premesso di aver avuto una relazione con B. L., dalla quale, nel 1989, era nata la figlia A Nel 2004 il F., a seguito di contrasti con la convivente, si era allontanato dalla casa familiare, dove la figlia era rimasta con la madre. Nel 2005 la B. aveva già instaurato presso il Tribunale di Prato un procedimento ex art. 148 c.c., al fine di ottenere il pagamento di € 500,00, omnicomprensivi, a titolo di mantenimento della figlia. In tale occasione era stato sottoscritto tra le parti, dinanzi al Presidente del Tribunale, un verbale di conciliazione con il quale il F. si impegnava a versare entro il 25 di ogni mese la somma omnicomprensiva di € 400,00, da rivalutarsi annualmente in base agli indici I.S.T.A.T. Nonostante il mancato mutamento delle condizioni economiche dei genitori, nel 2007 la B. ha nuovamente instaurato un procedimento ex art. 148 c.c., chiedendo che il F. fosse obbligato a contribuire al mantenimento della figlia minore nella misura di € 700,00 mensili, oltre al pagamento del 50% delle spese straordinarie. A seguito di tale domanda, sentiti i genitori e la figlia, all’udienza dell’11 aprile 2008 il Presidente del Tribunale ha emesso il provvedimento opposto, avverso il quale l’opponente ha sollevato le seguenti eccezioni 1. in rito inammissibilità del secondo ricorso ex art. 148 c.c. 2. in rito inammissibilità del decreto per carenza del requisito dell’inadempimento 3. nel merito difetto dei presupposti per la modifica dell’importo dell’assegno di mantenimento, stante la mancata sopravvenienza di modificazioni della situazione economica. Secondo la B. i fatti sopravvenuti sarebbero da individuare nelle spese per la frequentazione di amici e compagni di scuola, per la partecipazione alle feste di compleanno, per abbigliamento, parrucchiere, ricariche telefoniche, ecc. Non appare inoltre presente un peggioramento delle condizioni economiche della B. 4. le spese straordinarie sono poi indicate in modo eccessivamente generico. L’opponente ha pertanto concluso, in via preliminare, per la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con la dichiarazione della congruità della somma di € 400,00 mensili per la declaratoria di inammissibilità del provvedimento presidenziale per il difetto del presupposto relativo all’accertamento dell’inadempimento, con la dichiarazione della congruità della somma di € 400,00 mensili in via subordinata, accertata la mancanza di fatti sopravvenuti modificativi della situazione economica, ha chiesto di revocare il decreto opposto, di dichiarare la congruità della somma di € 400,00 mensili in via ulteriormente subordinata, ha chiesto di accertare che nel contributo al mantenimento della figlia pagato dal F. è già ricompresa anche la partecipazione alle spese straordinarie, e, in denegata ipotesi, dichiarare che per le spese straordinarie devono intendersi solo quelle relative all’istruzione. Si è costituita la parte opposta, che, a fronte delle eccezioni sollevate dalla parte opponente con la domanda di pagamento ex art. 148 c.c., ha rilevato che 1. non è stato emesso un precedente decreto ex art. 148 c.c. prima di quello impugnato, ma era stato solo instaurato un procedimento, terminato con il raggiungimento di un accordo transattivo 2. nel caso in esame la parte opposta non si è rivolta al Tribunale per la modificazione di un precedente provvedimento, ma ha agito ex novo per ottenere un provvedimento giurisdizionale, che facesse stato tra le parti. La B. ha poi chiesto, in via riconvenzionale, l’aumento dell’importo dell’assegno per una somma non inferiore ad € 700,00 oltre al 50% delle spese straordinarie per scuola, cure mediche e tempo libero , e, inoltre, la restituzione degli arretrati sostenuti e anticipati per il mantenimento della figlia, della metà delle somme contenute nel conto corrente cointestato con il F. all’epoca della convivenza, oltre alla metà della somma derivante dalla vendita di titoli, anche essi cointestati tra le parti in causa. La presente causa ha per oggetto il pagamento dell’assegno di mantenimento della figlia naturale. Occorre preliminarmente dare atto del fatto che il legislatore, nella materia oggetto di esame, ha previsto, nell’ambito del codice civile, un’ipotesi speciale di procedimento sommario di tipo monitorio. Si tratta, in particolare, di un procedimento, che, unitamente a finalità di economia processuale, consente la rapida formazione di un titolo esecutivo, integrando in tal modo una tutela di carattere accelerato, assimilabile a quella propria dei procedimenti sommari di tipo cautelare. Nondimeno, sebbene sia plausibile che il legislatore nel plasmare l’istituto di cui all’art. 148, II comma, c.c. abbia tenuto presente la necessità di fornire una tutela con il carattere dell’immediatezza, il procedimento de quo deve essere classificato nell’ambito dei procedimenti sommari di tipo monitorio e non tra quelli cautelari. Ciò risulta dallo stesso tenore letterale dell’art. 148, III e IV comma, c.c., in base al quale Il decreto, notificato agli interessati ed al terzo debitore, costituisce titolo esecutivo, ma le parti ed il terzo debitore possono proporre opposizione nel termine di venti giorni dalla notifica. L’opposizione è regolata dalle norme relative all’opposizione al decreto di ingiunzione, in quanto applicabili.” Il richiamo testuale alle norme che disciplinano l’opposizione al decreto di ingiunzione determina pertanto, sul piano processuale, la qualificazione come ingiuntivo del decreto di cui all’art. 148 c.c., nonostante la presenza, rispetto al modello ordinario, di tratti di specialità, come il carattere di titolo esecutivo, che è sempre presente a differenza dell’ipotesi generale di cui agli artt. 633 c.p.c., dove il decreto è provvisoriamente esecutivo solo nei casi di cui all’art. 642 c.p.c. e la necessità che sia sentito l’inadempiente, con la possibilità di assumere sommarie informazioni richiamando in tal modo l’istruttoria cautelare di cui all’art. 669 sexies c.p.c., senza che ciò faccia assurgere natura cautelare al procedimento de quo . In merito alla norma in esame, la Corte Costituzionale sent. n. 246/2002 ha precisato che L'art. 148 del codice civile è una norma composita, la quale contiene disposizioni di natura sostanziale e al tempo stesso di carattere processuale, tutte finalizzate all'attuazione dei principi enunciati dall'art. 30 della Costituzione. Mentre il primo periodo del primo comma della norma in esame specifica le modalità del concorso dei coniugi all'adempimento dell'obbligo di mantenimento dei figli, già posto dal precedente art. 147, il secondo periodo dello stesso comma, con una previsione del tutto peculiare, estende l'ambito soggettivo degli obbligati, ponendo a carico di altri ascendenti il particolare obbligo di fornire ai genitori, che ne siano privi, i mezzi necessari affinché questi stessi possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli. Le statuizioni contenute nei successivi commi apprestano un efficace rimedio all'ipotesi di inadempimento, consentendo che attraverso l'agile strumento del decreto, adottato con l'audizione dell'inadempiente e sulla base di informazioni, si ottenga il risultato del versamento diretto di una quota dei redditi dell'obbligato al coniuge o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione della prole. La genericità delle espressioni contenute nell'anzidetta disposizione, dove non è indicato se il soggetto che viene meno ai propri obblighi sia il genitore o l'ascendente, essendo menzionato solo l'inadempiente e l'obbligato, ha consentito alla giurisprudenza un'applicazione estensiva, confermata anche in sede di giudizio di legittimità. La norma è stata infatti utilizzata sia come mero strumento di distrazione dei redditi, mediante il trasferimento coatto del credito attuato con l'ordine al terzo debitore dell'obbligato di versare quanto dovuto direttamente all'altro coniuge o a chi sopporta le spese di mantenimento, sia per ottenere la condanna del coniuge o degli ascendenti al pagamento delle somme necessarie al mantenimento dei minori, indipendentemente dalla esistenza di crediti verso terzi, come si è verificato nella fattispecie che ha dato luogo al giudizio a quo. Poiché la ratio della norma è unicamente quella di assicurare alla prole con la dovuta celerità i mezzi necessari al suo mantenimento, il predetto fine può essere raggiunto mediante le due indicate modalità, una volta individuati i soggetti obbligati.” La sentenza del Giudice delle Leggi, appena richiamata, evidenzia la particolare duttilità applicativa dell’istituto in esame. In primo luogo vengono in rilievo tutte quelle ipotesi di inadempimento dell’obbligo di mantenimento nelle quali il decreto assume contestualmente funzione determinativa del quantum dell’obbligazione e di ingiunzione all’obbligato ed eventualmente anche al terzo debitor debitoris . In secondo luogo l’art. 148 c.c. può trovare applicazione anche nei casi nei quali sia già intervenuto un provvedimento di determinazione dell’assegno di mantenimento in sede, ad esempio, di provvedimenti presidenziali ex art. 708 c.p.c. o di sentenza di separazione , assolvendo, tuttavia, alla sola funzione di ingiungere al terzo il pagamento di una quota dei redditi dell’obbligato al coniuge o a chi sopporta le spese per il mantenimento. Come già rilevato, il fatto che il legislatore abbia predisposto uno strumento caratterizzato da una forma particolarmente accelerata di titolo esecutivo, non toglie che l’art. 148 c.c. preveda un’ipotesi speciale di decreto ingiuntivo, in cui la sommarietà della cognizione, unita alla necessaria instaurazione del contraddittorio con l’obbligato, consente di ritenere, di fatto, superato il problema della tutela cautelare in ipotesi del tipo di quella in esame. Dalla premessa che il decreto di cui all’art. 148 c.c. è una forma speciale di decreto ingiuntivo scaturiscono i seguenti corollari 1. la domanda introduttiva del giudizio è quella avanzata con il ricorso introduttivo 2. il ricorrente, che diviene parte opposta, una volta instaurata l’opposizione, è attore in senso sostanziale, mentre l’opponente seppure formalmente attore assume la veste di convenuto 3. l’opposizione, ai sensi dell’art. 645 c.p.c. richiamata dall’art. 148, IV comma, c.c., si propone davanti all’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto. Esaurito l’inquadramento sistematico del procedimento in esame, occorre esaminare le eccezioni di rito di parte opponente. La prima attiene al fatto che, precedentemente, era stato instaurato un altro procedimento ex art. 148 c.c., terminato con la conciliazione delle parti, consacrata nell’ambito del verbale d’udienza del 14 marzo 2006. La parte opponente sostiene quindi che il decreto ex art. 148 c.c., stante il precedente verbale di conciliazione in esito ad analoga procedura, non poteva essere emesso e deve pertanto essere dichiarato inammissibile. L’eccezione è infondata. Se infatti è vero che, ai sensi dell’art. 148, u.c., c.c. Le parti ed il terzo debitore possono sempre chiedere, con le forme del processo ordinario, la modificazione e la revoca del provvedimento.”, con la conseguenza che, emesso un primo decreto, per la sua modifica non può essere ottenuto un ulteriore decreto dello stesso genere, ma occorre instaurare un processo ordinario di cognizione, nel caso in esame si è dinanzi ad un’ipotesi di conciliazione. Quest’ultima, sebbene inserita nel verbale d’udienza, sottoscritto anche dal giudice, ha pur sempre natura negoziale e, come tale, non può essere modificato o revocato se non in base all’accordo delle parti, secondo la regola di cui all’art. 1372 c.c., che, esprimendo un principio di carattere generale in materia negoziale, è applicabile anche all’ipotesi in esame. Le modifiche al contenuto del verbale di conciliazione o la revoca dell’accordo inter partes che vi è consacrato, non possono essere pertanto conseguite con il processo ordinario di cognizione. Sul punto è bene precisare che la stessa giurisprudenza di legittimità ha confermato la natura negoziale del verbale di conciliazione, precisando che Il verbale di conciliazione giudiziale, per quanto redatto con l'intervento del giudice a definizione di una controversia pendente tra le parti, ha natura negoziale, in quanto la conciliazione è frutto dell'incontro delle volontà delle parti, onde l'interpretazione del contenuto di detto verbale postula un'indagine sulla volontà delle parti e si risolve in un accertamento di fatto.” Sez. 5, Sentenza n. 14911 del 28/06/2007 . È altresì infondata la seconda eccezione di rito, relativa all’insussistenza del presupposto dell’inadempimento dell’obbligo di contribuzione richiamato dall’art. 148 c.c. ai fini dell’emissione del decreto ingiuntivo. Tale norma eleva, infatti, a requisito processuale per l’emissione del decreto ex art. 148 c.c. un presupposto che affonda le sue radici sul piano del diritto sostanziale, quale è quello dell’inadempimento di un’obbligazione. Non può non valere anche per tale ipotesi il principio già stabilito dalle S.U. della Corte di Cassazione con la sentenza n. 13533/2001, in base al quale il creditore, provata la fonte dell’obbligazione, ha solo un onere di allegazione dell’altrui inadempimento, mentre è il debitore a dover dare la prova del fatto estintivo di aver adempiuto alla propria obbligazione. Tanto più che il procedimento in esame è a contraddittorio preventivo necessario, in modo che l’obbligato, prima dell’emanazione di un provvedimento che costituisce titolo esecutivo, sia in grado di poter dare la prova di aver adempiuto. Accertata l’infondatezza delle eccezioni di rito, occorre entrare nel merito della res in iudicio deducta . In primo luogo si osserva che nel ricorso per il decreto ex art. 148 c.c. la B. aveva chiesto la condanna del F. al pagamento dei € 500,00 oltre al 50% delle spese straordinarie. Tale è il petitum che deve formare oggetto anche del giudizio instaurato a seguito dell’opposizione. Si tratta infatti di una conseguenza dell’assimilazione del decreto ex art. 148 c.c. a quello di cui agli artt. 633 s.s. c.p.c la domanda introduttiva del giudizio è quella fatta nel ricorso, mentre non vi è spazio per domande riconvenzionali della parte opposta, al di fuori dei casi di c.d. reconventio reconventionis , come vedremo meglio più avanti. Nel caso in esame sussiste un precedente accordo tra le parti in merito all’assegno di mantenimento, oggetto del verbale di conciliazione di cui sopra , in base al quale il padre è tenuto a pagare alla figlia € 400,00 omnicomprensivi. La madre chiede l’aumento dell’assegno affermando, oltre all’inadempimento del padre, che le spese della figlia sono comunque aumentate, per telefono, parrucchiere, estetiche, cene con gli amici e regali di compleanno. Con riferimento alla somma stanziata per il mantenimento per il figlio occorre dare atto del fatto che anche la madre è percettrice di un reddito pari ad € 1.600,00 , come risulta dalle dichiarazioni prodotte. Considerato che la stessa provvede alle esigenze abitative della figlia posto che la casa dove la stessa abita è di proprietà della madre , non si può ritenere che il contributo paterno debba essere lo stesso della madre. Nondimeno, anche a volere quantificare, rispetto al contributo posto a carico del padre dal decreto presidenziale di € 450,00, in € 250,00 l’importo dovuto dalla madre, si perviene alla somma di € 700,00, da ritenersi più che congrua al mantenimento complessivo di Alessandra. Con tale somma non deve essere pagato alcun contributo per l’alloggio, ma solo spese per vitto, abbigliamento, spostamenti per andare all’università e studi. Con riferimento alle spese straordinarie occorre precisare che il contributo al 50% così come stabilito nel decreto presidenziale è congruo, anche se è controverso inter partes l’ ubi consistam di tali spese. Secondo un’accezione particolarmente lata si intende come straordinaria qualunque spesa ulteriore rispetto a quelle essenziali vitto, alloggio . Vengono così chiesti i contributi più disparati, come ad esempio quelli per il cinema, il parrucchiere, la cena con gli amici, il regalo di compleanno e così via. Tale nozione di spesa straordinaria è, tuttavia, il frutto di un fraintendimento del concetto stesso di mantenimento. Andare a chiedere il contributo percentuale a titolo di spese straordinarie per esborsi del tipo di quelli appena indicati, significa identificare il concetto di mantenimento nel contributo necessario a soddisfare le più elementari esigenze di vita, facendo una chiara sovrapposizione con la nozione di alimenti. Sono infatti questi ultimi a consentire di ovviare alle necessità fondamentali della vita quotidiana. Il mantenimento è invece identificato nella somma necessaria a consentire la soddisfazione di tutte le esigenze di vita elementari e non di una determinata persona, in relazione al tenore di vita, che possono assicurarle i genitori, compatibilmente ai loro redditi ed alle spese che, a loro volta, devono sostenere per il proprio mantenimento. È pertanto ovvio che l’assegno di mantenimento, unito al contributo dato anche dal genitore percettore di quest’ultimo, sia calcolato in modo da consentire al figlio di poter soddisfare non solo i bisogni elementari della vita quotidiana, ma anche ulteriori esigenze di studio, ludiche od estetiche, che già formano oggetto del tenore di vita della figlia. Nel concetto di spese straordinarie rientra invece tutto ciò che è extra ordinem in senso soggettivo ed oggettivo. In senso soggettivo, perché deve trattarsi di spese non prevedibili ex ante e pertanto non quantificabili al momento della determinazione giudiziale dell’assegno di mantenimento. In senso oggettivo, perché tali spese devono essere di ammontare tale da non poter essere coperte dall’assegno di mantenimento, il cui importo, come già accennato deve essere parametrato non solo alle esigenze del beneficiario, ma anche alle possibilità economiche dell’obbligato. Proprio in ragione dei requisiti appena indicati le spese straordinarie non si prestano ad un’elencazione specifica da parte del giudice, la quale non potrebbe che avere sempre e comunque carattere esemplificativo. Tanto più che con riferimento ad uno stesso settore una spesa può essere ordinaria o straordinaria. Nel caso delle spese mediche, ad esempio, non possono non rientrare fra le spese ordinarie quelle erogate per le medicine necessarie a curare, ad esempio, un’influenza, mentre sono straordinarie non prevedibili ex ante e non suscettibili di essere coperte con il solo importo dell’assegno di mantenimento , quelle per un intervento chirurgico o per una terapia a seguito di un infortunio. Nonostante le difficoltà di individuazione in concreto di quello che può rientrare o meno nel concetto di spesa straordinaria, l’applicazione dei parametri oggettivi e soggettivi sopra indicati, alla luce della distinzione tra la nozione di alimenti e quella di mantenimento, sono criteri idonei ad evitare dei contrasti tra le parti in sede di applicazione del dispositivo giudiziale. Alla luce di quanto esposto, il decreto opposto deve essere confermato, richiamandosi quanto precisato nella presente motivazione con riferimento al pagamento delle spese straordinarie. Devono essere poi rigettate le domande riconvenzionali della B., in considerazione del fatto che nel giudizio di opposizione la stessa assume comunque la veste di attrice in senso sostanziale, con la conseguenza, che, al di fuori dell’ipotesi di reconventio reconventionis , non c’è spazio per domande riconvenzionali, che possono essere proposte in tale sede solo dalla parte opponente. Sul punto la giurisprudenza di legittimità ha infatti precisato che Nell'ordinario giudizio di cognizione, che si instaura a seguito dell'opposizione a decreto ingiuntivo, solo l'opponente, in via generale, nella sua posizione sostanziale di convenuto, può proporre domande riconvenzionali, ma non anche l'opposto, che, rivestendo la posizione sostanziale di attore, non può avanzare domande diverse da quelle fatte valere con l'ingiunzione, potendo a tale principio logicamente derogarsi solo quando, per effetto di una riconvenzionale formulata dall'opponente, la parte opposta si venga a trovare a sua volta in una posizione processuale di convenuto cui non può essere negato il diritto di difesa, rispetto alla nuova o più ampia pretesa della controparte, mediante la proposizione eventuale di una reconventio reconventionis ” Sez. 3, Sentenza n. 21245 del 29/09/2006 . Con riferimento al pagamento delle spese processuali, stante la parziale soccombenza della parte opposta, si dispone al compensazione di metà delle spese, essendo posta l’ulteriore metà a carico della parte opponente. Con riferimento al pagamento delle spese processuali, stante la parziale soccombenza della parte opposta, si dispone al compensazione di metà delle spese, essendo posta l’ulteriore metà a carico della parte opponente. P.Q.M. Il Tribunale di Prato, definitivamente pronunziando, ogni altra domanda ed eccezione respinta, conferma il decreto emesso dal Presidente del Tribunale di Prato all’udienza dell’11/4/2008 dichiara inammissibile la domanda riconvenzionale proposta da L. B. contro S. F. condanna F. S. a pagare a L. B. la metà delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 800,00 per diritti, € 1000,00 per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e c.a.p. di legge dispone la compensazione di metà delle spese legali.