Stop ai ritardi, pena il pagamento anche degli interessi legali su quelli scaduti

Il coniuge divorziato, obbligato a versare l’assegno di mantenimento, deve farlo entro le scadenze, altrimenti è tenuto a pagare anche gli interessi anatocistici.

La vicenda. Nel 2004 veniva proposta, da parte dell’ex marito, un’opposizione al precetto di pagamento - notificatogli dall’ex moglie - di una somma a titolo di contributo di mantenimento, rimasto insoluto per alcuni mesi. L'uomo, fra l'altro, deduceva l’eccessività dell’ammontare preteso dalla donna, comprensivo anche di una mensilità non ancora maturata. Il giudice di pace di Venezia, contumace la donna, dichiarava la nullità del precetto. Proposto gravame da parte di quest’ultima, il Tribunale veneto, riformando la decisione di prime cure, rigettava l’opposizione e condannava l’uomo alla rifusione delle spese di lite. Quest’ultimo, infine, proponeva ricorso per Cassazione, ponendo a fondamento dello stesso nove motivi, tutti dichiarati infondati, ad eccezione del settimo sulle spese processuali relative alla corrispondenza informativa. No al ritardo nella corresponsione del mantenimento. I giudici della Suprema Corte sono giunti a questa importante conclusione sostenendo che il coniuge obbligato per legge a versare l’assegno di mantenimento deve farlo necessariamente entro le scadenze stabilite altrimenti rischia di dover corrispondere altresì gli interessi maturati sugli interessi legali anatocismo . Precetto valido anche per le somme non ancora scadute. Con la sentenza in oggetto la Corte di Cassazione ha stabilito la validità del precetto anche in relazione a mensilità non ancora maturate. Tutto ciò in quanto – si legge nella pronuncia – il Tribunale veneto ha adeguatamente motivato la statuizione, adducendo la maturazione anticipata del credito , in considerazione delle finalità di mantenimento cui il contributo era destinato, che lo rende altresì insuscettibile di frazionamento . Sì agli interessi anatocistici. I giudici di piazza Cavour, premettendo espressamente che l’assegno di mantenimento in favore dell’ex coniuge integra un credito pecuniario, in quanto tale produttivo, a norma dell’art. 1282 c.c., di interessi corrispettivi ope legis - salvo che la legge o il titolo stabiliscano diversamente - dalla data in cui lo stesso diventa liquido ed esigibile, osservano che una volta che esso sia stato determinato, sarà soggetto alle regole ordinarie in tema di mora del debitore mora debendi , inclusa, quindi, la produzione di interessi legali sugli interessi scaduti dal giorno della domanda giudiziale. Nella fattispecie de qua , specificano i giudici, la decorrenza avviene dalla notificazione del precetto di pagamento, atto di natura giuridica e contenuto equivalenti ad un'ordinaria domanda di condanna . Affermano inoltre che la liquidazione giudiziale di un’obbligazione di valore, da effettuarsi in valori monetari correnti, determina la conversione del debito di valore in quello di valuta, con il riconoscimento, da tale data, degli interessi corrispettivi. Si definiscono corrispettivi gli interessi dovuti come corrispettivo della liquidità ed esigibilità di un credito. Si tratta, però, di una terminologia non utilizzata espressamente nel codice civile.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 20 ottobre – 2 dicembre 2011, numero 25861 Presidente Luccioli – Relatore Bernabai Svolgimento del processo Con atto notificato l'1 aprile 2004 il signor S.R. proponeva opposizione dinanzi al giudice di pace di Venezia al precetto di pagamento della somma di Euro 2410,00 notificatogli dall'ex coniuge, signora G D.F., a titolo di contributo di mantenimento rimasto insoluto per diversi mesi. Deduceva la carenza di legittimazione passiva per erronea indicazione del proprio cognome in S., anziché S. , e l'eccessività dell'ammontare preteso, inclusivo anche della mensilità del marzo 2004 non ancora maturata, oltre che di interessi anatocistici e voci di spesa processuale non liquidate né documentate. Nella contumacia della convenuta il giudice di pace, con sentenza 30 giugno 2004, accoglieva l'eccezione pregiudiziale di rito e per l'effetto dichiarava la nullità del precetto. In riforma della decisione, sul gravame della D.F., il Tribunale di Venezia rigettava l'opposizione e condannava il S. alla rifusione delle spese di lite. Motivava - che l'impugnazione proposta era procedibile, nonostante la notificazione di un precedente atto di appello non seguita dalla costituzione in giudizio, perché proposta prima che fosse scaduto il termine breve per impugnare e senza che fosse stata emessa, nelle more, alcuna dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità del primo gravame - che non era maturata alcuna preclusione, in quanto la notifica della sentenza all'opposta contumace non era idonea a far decorrere il termine breve a nulla rilevando che la D.F. avesse avuto conoscenza della sentenza del giudice di pace in occasione di un'udienza relativa ad altro processo - che neppure l'omessa esposizione sommaria dei fatti era causa di inammissibilità, dal momento che i dati riportati nell'allegata sentenza di primo grado erano sufficienti a consentire la cognizione della controversi - che era irrilevante l'indicazione erronea del nome del debitore nell'intestazione del decreto del tribunale di Palermo, visto che tale nominativo era poi riportato in modo esatto sia nel dispositivo, che nella motivazione e non aveva sollevato dubbi di sorta nella parte processuale - che la voce relativa alle spese processuali generali era dovuta anche in carenza di liquidazione nel titolo esecutivo giudiziale, in quanto prevista dalla tariffa professionale come pure quella relativa alla corrispondenza informativa, che doveva intendersi presuntivamente provata. Avverso la sentenza notificata il 20 aprile 2007 il signor S.R. proponeva ricorso per cassazione affidato a nove motivi, notificato il 19 giugno 2007 ed ulteriormente illustrato con memoria ex articolo 378 cod. proc. civile. Deduceva 1 la violazione degli articoli 165, 166, 168, 171, 307, 347, 359 cod. proc. civile, 125 disp. att. cod. proc. civile, perché il Tribunale di Venezia non aveva rilevato l'improcedibilità dell'appello precedentemente notificato dalla D.F. in data 4 novembre 2004 senza che ne seguisse la tempestiva costituzione 2 la violazione delle medesime norme sopra richiamate nonché la carenza di motivazione nel ritenere ammissibile il secondo appello proposto dalla D.F. , non costituitasi a seguito del primo atto di citazione in pendenza del termine per la costituzione dell'appellato senza il rispetto della forma rituale della comparsa di riassunzione riproducente il contenuto dell'atto d'appello come richiesto espressamente dall'articolo 125 disp. att. cod. proc. civ. 3 la violazione degli articoli 325-327, 329 e 480 cod. proc. civ. per omessa rilevazione della tardività del gravame, notificato oltre il termine perentorio decorrente dalla notificazione della sentenza di primo grado alla D.F. presso il suo difensore nel domicilio ex lege presso la cancelleria del giudice di pace di Venezia o quanto meno dai 6 ottobre 2004, data in cui la parte era venuta a conoscenza della sentenza del giudice di pace di Venezia, come da sua stessa dichiarazione resa a verbale in un diverso processo 4 la violazione degli articoli 156 e 342 cod. proc. civ., per omesso rilievo della carenza di esposizione sommaria dei fatti nell'atto di appello 5 la violazione degli articoli 287 e 288 cod. proc. civile, 25, primo comma, della Costituzione, nonché il difetto di motivazione nell'aver ritenuto errore materiale irrilevante il diverso cognome S. , anziché S. nel decreto del tribunale di Palermo azionato in executivis 6 la violazione degli artt. 443 cod. civile, 25 della Costituzione, 5 della legge 1 dicembre 1970 numero 898 e 11 disp. sulla legge in generale, per aver ritenuto maturato l'assegno di mantenimento relativo al mese di marzo 2004, nonostante il precetto fosse stato notificato anticipatamente, l'8 marzo 2004 7 la violazione dell'articolo 2697 cod. civ. e del decreto ministeriale 5 ottobre 1994 numero 585 nel riconoscimento della voce di spesa processuale relativa alla corrispondenza informativa, in assenza di prova del suo effettivo scambio 8 la violazione dell'articolo 15 del decreto ministeriale 31 ottobre 1985, nella liquidazione del rimborso forfettario delle spese generali in ragione del 10% sull'importo degli onorari e dei diritti, attribuibile solo a carico del cliente e non pure del soccombente 9 la violazione degli artt. 1277 e 1283 cod. civ. nel riconoscimento dell'anatocismo sugli interessi scaduti, nonostante la natura di credito di valore dell'assegno di divorzio. Resisteva con controricorso la signora D.F All'udienza del 20 ottobre 2011 il Procuratore generale precisava le conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate. Motivi della decisione Con i primi due motivi, da esaminare congiuntamente per affinità di contenuto, il ricorrente deduce la violazione degli articoli 165, 166, 168, 171, 307, 347, 359 cod. proc. civile, 125 disp. att. cod. proc. civile, nonché la carenza di motivazione nel ritenere ammissibile il secondo appello. Il motivo è infondato. A prescindere dal rilievo che fra le norme violate non viene menzionata l'unica in astratto pertinente - e cioè, l'articolo 348 cod. proc. civ., nel testo emendato dall'articolo 54 legge 26 novembre 1990 numero 353 - si osserva che l'improcedibilita per omessa costituzione in giudizio nel termine perentorio di giorni 10 dalla notifica dell'atto d'appello, preclusiva della riassunzione entro l'anno Cass., 21 gennaio 2010, numero 995 Cass., sez.3, 18 luglio 2008 numero 19.947 Cass., sez.3, 24 gennaio 2006, numero 1322 , non impedisce anche la riproposizione ex novo di altro atto d'appello beninteso nel rispetto del termine breve decorrente dalla previa notifica della sentenza o, in mancanza, della stessa notifica del primo atto d'appello, non iscritto a ruolo , qualora l'improcedibilità del primo gravame non sia stata ancora dichiarata articolo 358 cod. proc. civile Cass., sez.3, 22 giugno 2009 numero 14.538 Cass., sez. 3, 19 settembre 2006, numero 20.313 . Si verifica, quindi, un concorso apparente di norme artt. 348 e 358 cod. proc. civ. da risolvere sulla base del principio di specialità, in funzione dell'elemento di fatto che differenzia le due fattispecie la rinnovazione dell'atto di citazione in appello nel rispetto del termine breve articoli 325 e 326 cod. proc. civ. e anteriormente all'accertamento dell'inammissibilità o improcedibilità del primo gravame. Nel caso in esame, la tempestività incontroversa della notifica del secondo atto d'appello da parte della D.F., senza che fosse stata già dichiarata l'improcedibilità ex articolo 348 cod. proc. civ. del suo primo gravame, ne importa dunque la ritualità, come correttamente rilevato dalla corte territoriale non trattandosi di una riassunzione del processo di appello mediante comparsa articolo 125 disp. att. cod. proc. civ. , bensì della sua riproposizione ex novo. È appena il caso di aggiungere che la concorrente censura di vizio di motivazione si palesa inammissibile in tema di pretesa improcedibilità dell'appello. Il terzo motivo contiene due diverse censure al rigetto dell'eccezione di preclusione dell'appello per tardività della notifica, oltre il termine breve per impugnare. La prima ha riguardo alla ritenuta inefficacia, ai fini sollecitatori articolo 326 cod. proc. civ. , della notifica della sentenza di primo grado presso la cancelleria del giudice di pace, ove la parte opposta doveva ritenersi domiciliata ex lege ai sensi dell'articolo 480, terzo comma, cod. proc. civile, in carenza di elezione ad hoc o di dichiarazione di residenza nel comune in cui aveva sede detto giudice, competente per l'esecuzione. La censura è infondata. Come correttamente statuito dal Tribunale di Venezia, la norma invocata si riferisce unicamente alle notifiche dell'eventuale opposizione ex articolo 615 cod. proc. civ. e dei conseguenti atti endoprocessuali trovando un esempio analogo nella disposizione di cui all'articolo 660, secondo comma, cod. proc. civ. in materia di intimazione di licenza per finita locazione. Per contro, la notificazione della sentenza, a giudizio concluso, ai fini della decorrenza del termine breve per l'impugnazione, segue la regola generale di cui al combinato disposto degli artt. 285 e 170 cod. proc. civile, a seconda che la parte si sia costituita mediante procuratore o personalmente o alternativamente, dell'articolo 292 cod. proc. civile ove invece sia rimasta contumace nel giudizio di opposizione a precetto. È proprio questo il caso nel presente giudizio. La D.F. , parte opposta, non si era costituita in primo grado onde la sentenza di accoglimento dell'opposizione del S. doveva esserle notificata personalmente, in applicazione della disciplina generale sopra richiamata, insuscettibile di deroga ex articolo 480, terzo comma, cod. proc. civile norma che ha il diverso scopo di consentire forme semplificate di notificazione nei confronti della parte intimante che si è costituita nel giudizio di opposizione omettendo la formalità della domiciliazione in loco. Estenderne la portata fino a ritenerla efficace ai fini sollecitatori dell'impugnazione produrrebbe, infatti, una compressione del diritto di difesa dell'opposto contumace, che potrebbe non avere notizia tempestiva della notifica della sentenza - eseguibile in qualsiasi data dopo il deposito e fino alla scadenza del termine annuale - così da aggravarne a dismisura l'onere di informazione presso la cancelleria con ingiustificata disparità di trattamento tra il contumace nel processo ordinario di cognizione e l'intimante contumace nel processo di opposizione al precetto. Cass., sez. 1, 12 maggio 1999, numero 4706 . Egualmente infondato è il secondo profilo di doglianza che fa dipendere la preclusione dell'appello dalla conoscenza acquisita di fatto dalla parte opposta. È jus receptum , sul punto, che il termine breve di impugnazione decorre soltanto in forza di conoscenza legale del provvedimento da impugnare, conseguita per effetto dell'attività normativamente prevista a determinarla ex se Cass., sez. 1, 1 aprile 2009, numero 7962 Cass., sez.2, 10 giugno 2008, numero 15.359 . Pure infondato è il quarto motivo con cui si deduce la nullità dell'atto d'appello per violazione dell'articolo 342 cod. proc. civile, per omessa esposizione sommaria dei fatti. In tema di impugnazione, tale requisito non esige una parte espositiva formalmente autonoma ed unitaria ma, in quanto funzionale alla individuazione delle censure mosse dall'appellante, può ritenersi soddisfatto anche qualora questa sia consentita, indirettamente e per sommi capi, dal complesso delle argomentazioni svolte a sostegno delle doglianze Cass. sez.2, 29 gennaio 2007, numero 1790 . Così interpretato l'onere della parte, esso appare assolto dalla D.F. nel pregresso grado di merito come confermato dalla mancata allegazione di alcun concreto pregiudizio al diritto di difesa del S., che è stato in grado di svolgere una compiuta attività a sostegno delle proprie ragioni. L'inosservanza dell'onere dell'esposizione sommaria produce, infatti, la nullità dell'atto d'appello solo ove non consenta il raggiungimento dello scopo cui è diretto dovendosi quindi ritenere sanata per effetto della costituzione dell'appellato che svolga le sue difese senza porre in evidenza l'impossibilità di percepire con chiarezza il contenuto dell'altrui gravame Cass., sez. lavoro, 30 marzo 2004, numero 6323 . Con il quinto motivo si denunzia la violazione di legge ed il difetto di motivazione nel ritenere errore materiale irrilevante il diverso cognome S., anziché S. . Il motivo è manifestamente infondato. Sebbene la parte argomentativa della doglianza faccia riferimento ad un difetto di legitimatio ad causam , il quesito di diritto formulato ai sensi dell'articolo 366 bis cod. proc. civ. è ristretto alla pretesa incompetenza del Tribunale di Venezia a rilevare l'errore materiale contenuto nel titolo giudiziale esecutivo. Sotto questo profilo, il predetto giudice non ha certo invaso la competenza del Tribunale di Palermo correggendo l'errore bensì si è limitato ad accertarne incidentalmente la natura meramente materiale, irrilevante ai fini dell'identificazione del soggetto passivo dell'obbligazione correttamente motivando che l'inesattezza onomastica non aveva ingenerato alcun dubbio al riguardo come dimostrato dalla tempestiva opposizione al precetto svolta dal S. e dalla compresenza di elementi di fatto individualizzanti la pretesa creditoria data e numero del decreto reso inter partes dal Tribunale di Palermo nell'ambito di una causa civile indicata con i corretti nominativi delle parti e con il numero di ruolo . Con il sesto motivo il ricorrente deduce la violazione di legge per aver ritenuto maturato l'assegno di mantenimento relativo al mese di marzo 2004, nonostante il precetto fosse stato notificato anticipatamente, l'8 marzo 2004, o il motivo è manifestamente infondato. Il Tribunale di Venezia ha adeguatamente motivato la statuizione, adducendo la maturazione anticipata del credito portato dal decreto del Tribunale di Palermo, in considerazione delle finalità di mantenimento cui il contributo era destinato, che lo rende altresì insuscettibile di frazionamento. Tanto meno sussiste l'eccepita incompetenza del Tribunale di Venezia ad interpretare il titolo esecutivo, trattandosi, per contro, della funzione tipica del giudice di cognizione investito dell'opposizione al precetto. È invece fondato il settimo motivo con cui si lamenta il riconoscimento della voce di spesa processuale relativa alla corrispondenza informativa, in assenza di prova del suo effettivo scambio. In tema di onorari professionali di avvocato e procuratore, l'esigibilità delle spese e dei diritti spettanti in ragione della corrispondenza informativa con il cliente e della ricerca dei documenti presuppone la documentazione, e comunque la prova non equivoca, dell'effettività della prestazione, non desumibile dalla sola esistenza del rapporto professionale, che non implica necessariamente un'attività informativa diversa dalle consultazioni con il cliente Cass., sez. lavoro, 15 settembre 2003, numero 13.539 Cass., sez. lavoro, 3 settembre 2003, numero 12.840 Cass., sez.3, 23 gennaio 2002 numero 738 . Sul punto, la sentenza dev'essere quindi cassata. In assenza della necessità di ulteriori accertamenti di fatto, si può procedere alla riforma nel merito in parte qua, elidendo dall'atto di precetto opposto la voce relativa alla corrispondenza informativa. Con l'ottavo motivo si censura la violazione dell'articolo 15 del decreto ministeriale 31 ottobre 1985, nella liquidazione del rimborso forfettario delle spese generali in ragione del 10% sull'importo degli onorari e dei diritti. Il motivo è infondato. Per giurisprudenza consolidata di questa Corte il rimborso a carico della parte soccombente delle spese generali in percentuale del 10% degli importi liquidati a titolo di onorari e diritti spetta all'avvocato, a norma dell'articolo 15 del previgente decreto del ministro di Grazia e giustizia 5 ottobre 1994 numero 585, applicabile ratione temporis alla fattispecie, anche a prescindere dalla menzione e dalla determinazione che il giudice ne effettui in sentenza, di mera efficacia dichiarativa di un diritto al rimborso derivante direttamente dalla norma - al pari degli ulteriori accessori rimborso dell'Iva, contributo C.A.P. - pur in difetto di espressa menzione nel dispositivo cfr. ex plurimis , Cass., sez.2, 14 aprile 2011, numero 8512 Cass., sez.3, 30 ottobre 2009, numero 23.053 Cass., sez. 1, 2 luglio 2003, numero 10.416 . Con l'ultimo motivo si denunzia la violazione degli artt. 1277 e 1283 cod. civ. nel riconoscimento dell'anatocismo sugli interessi scaduti. Il motivo è infondato. Premesso che l'assegno di mantenimento in favore del coniuge integra un credito pecuniario, come tale produttivo, a norma dell'articolo 1282 cod. civile, di interessi corrispettivi ope legis , salvo diversa previsione del titolo, dalla data in cui diventi liquido ed esigibile Cass., sez. 1, 14 febbraio 2007, numero 3336 Cass., sez. 1, 9 agosto 1985, numero 4411 , si osserva che, una volta determinato, esso è soggetto alle regole ordinarie in tema di mora debendi inclusa, quindi, la produzione di interessi legali sugli interessi scaduti dal giorno della domanda giudiziale e cioè, nella specie, dalla notificazione del precetto di pagamento, atto di natura giuridica e contenuto equivalenti ad un'ordinaria domanda di condanna. La liquidazione giudiziale di un'obbligazione di valore, da effettuarsi in valori monetari correnti, determina infatti la conversione del debito di valore in debito di valuta, con il riconoscimento, da tale data, degli interessi corrispettivi Cass., sez.2, 14 aprile 2011 numero 8507 Cass., sez.3, 8 marzo 2005, numero 5008 . In considerazione della soccombenza largamente prevalente, il S. dev'essere condannato alla rifusione di 2/3 delle spese già liquidate nel grado d'appello, nonché di 2/3 delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni trattate compensata la residua frazione. P.Q.M. Accoglie il settimo motivo di ricorso, rigettati gli altri cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e, decidendo nel merito, accoglie l'opposizione al precetto limitatamente alla voce corrispondenza informativa compensa per un terzo le spese del grado d'appello già liquidate, nonché quelle del giudizio di cassazione e condanna il S. alla rifusione dei residui 2/3 del giudizio di cassazione, frazione liquidata in complessivi Euro 540,00, di cui Euro 400,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge.