Permesso di soggiorno e cittadinanza anche se la straniera non convive con il marito italiano

Riprende vigore la domanda presentata da una donna straniera, sposata con un cittadino italiano. La concessione della cittadinanza postula il risiedere legalmente dello straniero in Italia.

La non convivenza tra la moglie straniera e il marito italiano non è sufficiente per negare alla donna il permesso di soggiorno. E, di conseguenza, viene meno anche il presupposto per respingere la richiesta avanzata dalla donna per l’ottenimento della cittadinanza italiana Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza n. 16325/21, depositata il 10 giugno . All’origine della vicenda c’è la richiesta di una cittadina straniera, sposata con un uomo divenuto cittadino italiano e madre di due figli italiani, mirata all’ottenimento della cittadinanza italiana . In prima battuta la Prefettura ritiene la domanda non meritevole di accoglimento, ma tale decisione viene smentita dai giudici del Tribunale, che, però, sono a loro volta smentiti in Appello. Per i giudici di secondo grado, difatti, è fondata l’obiezione proposta dalla Prefettura, e va quindi negata alla cittadina straniera la cittadinanza italiana. Ciò alla luce di alcune semplici considerazione primo, il provvedimento di disapplicazione del diniego della Questura è infondato, atteso che il trasferimento di residenza , nel corso degli accertamenti relativi alla richiesta di rinnovo del ‘permesso di soggiorno’, non importa l’inefficacia degli accertamenti svolti e del conseguente provvedimento di diniego, emesso sulla base degli accertamenti svolti durante la residenza della donna una città emiliana, accertamenti dai quali emergeva la sua non convivenza con il coniuge cittadino italiano secondo, l’inapplicabilità della norma che consente allo straniero di legittimamente soggiornare nel territorio dello Stato nel periodo di attesa del rilascio o del rinnovo del ‘permesso di soggiorno’ . A completare tale quadro, poi, la asseverata irregolarità della residenza della donna e una direttiva del Ministero dell’Interno a prevedere che, in caso di diniego del rinnovo, cessano gli effetti di efficacia temporanea dei diritti correlati al ‘permesso’ in attesa di rinnovo . In Cassazione la donna continua a portare avanti la propria battaglia, e la decisione pare rivelarsi azzeccata, vista la posizione assunta dai Giudici. In premessa, comunque, viene ricordato che la donna, coniugata con un cittadino italiano e madre di due figli, anch’essi cittadini italiani, e residente in Italia da circa dieci anni, aveva chiesto la concessione della cittadinanza italiana ma la Prefettura della città toscana aveva respinto tale istanza, considerando la donna non regolarmente soggiornante sul territorio nazionale a seguito di un diniego di rinnovo di ‘ permesso di soggiorno ’ per motivi familiari adottato dalla Questura della città emiliana ed a lei notificato con ritardo benché la donna avesse formalmente domandato, alcuni mesi prima, il trasferimento della sua pratica di soggiorno nella città toscana, ove aveva trasferito la propria residenza unitamente al coniuge . In sostanza, il rifiuto del rinnovo del ‘permesso di soggiorno’ è stato dovuto all’accertata assenza di convivenza della donna con il coniuge . Ma su questo fronte i magistrati ricordano che la normativa prevede che il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano può acquistare la cittadinanza italiana quando dopo il matrimonio risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, ovvero dopo tre anni dal matrimonio, se residente all’estero. In ogni caso, al momento dell’emissione del decreto del Ministero dell’Interno, non deve essere intervenuto annullamento del matrimonio, divorzio, ovvero separazione personale ma tali termini sono ridotti della metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi . Infine, ai fini dell’acquisto della cittadinanza italiana si considera legalmente residente nel territorio dello Stato chi vi risiede avendo soddisfatto le condizioni e gli adempimenti previsti dalle norme in materia d’ingresso e di soggiorno degli stranieri in Italia e da quelle in materia d’iscrizione anagrafica . Sempre in questa ottica, poi, i Giudici osservano che nella ricorrenza di determinati presupposti celebrazione del matrimonio, decorso del termine minimo previsto, mancanza di eventi che elidono il vincolo coniugale, ovvero lo affievoliscono , lo straniero è titolare di un vero e proprio diritto soggettivo all’acquisto della cittadinanza , mentre il Ministero, per il tramite del Prefetto, potrà respingere la richiesta ove risultino le fattispecie preclusive contemplate dalla norma, ossia la gravità della pena inflitta, ovvero sussistenza di comprovati motivi inerenti la sicurezza della Repubblica . Tirando le somme, la concessione della cittadinanza italiana in favore della donna il cui avvenuto matrimonio con il cittadino italiano, valido e tuttora in atto, costituisce circostanza rimasta assolutamente incontroversa postulava il suo risedere legalmente in Italia nell’intervallo temporale sancito dall’articolo 5 della legge numero 91 del 1992 . Per i giudici d’Appello, però, è legittimo il diniego opposto dalla Questura alla richiesta di rinnovo del ‘permesso di soggiorno’ per motivi familiari formulata dalla donna dall’odierna ricorrente ivi formulata nel maggio 2015 . In particolare, secondo i Giudici, il trasferimento di residenza della donna in una città toscana, avvenuto nel corso degli accertamenti relativi alla suddetta richiesta, non importa l’inefficacia degli accertamenti svolti e del conseguente provvedimento di diniego, emesso sulla base degli accertamenti svolti appunto durante la residenza della appellata in una città emiliana, dai quali emergeva la non convivenza della donna con il coniuge cittadino italiano . Le conclusioni tratte in Appello non convincono però i Giudici della Cassazione, i quali ricordano che ad eccezione dell’ipotesi di matrimoni che siano accertati come fittizi, la mancanza di convivenza tra il cittadino extracomunitario ed il coniuge, di cittadinanza italiana, non rappresenta motivo ostativo al rinnovo del ‘ permesso di soggiorno ’ per motivi familiari . Evidente, quindi, l’errore commesso dai giudici di secondo grado. Ciò significa che la vicenda dovrà essere nuovamente esaminata in Appello per accertare la sussistenza , nell’attuale situazione della donna, dei requisiti previsti dall’art. 5 l.n. 91/1992, secondo cui il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano acquista la cittadinanza italiana quando risiede legalmente da almeno sei mesi in Italia, ovvero dopo tre anni dalla data del matrimonio, se non vi è stato scioglimento, annullamento, cessazione degli effetti civili e se non sussiste separazione legale .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza 23 marzo – 10 giugno 2021, n. 16325 Presidente Ferro – Relatore Campese Fatti di causa 1. Con sentenza del 13 agosto 2019, n. 2034, la Corte di appello di Firenze, in totale riforma della decisione di primo grado, ha accolto il corrispondente gravame della Prefettura di Siena ed ha respinto la opposizione di K.E. avverso il decreto di quella Prefettura del 5 luglio 2018, reiettivo della sua domanda di concessione della cittadinanza italiana L. n. 91 del 1992, ex art. 5. 1.1. Quella corte ha premesso che la decisione innanzi ad essa impugnata poggiava su due argomentazioni i l’affermata illegittimità del provvedimento di diniego del permesso di soggiorno per motivi familiari emesso dalla Questura di il omissis , su istanza in data omissis , e notificato alla resistente in data omissis e ciò in quanto emesso dopo la richiesta del trasferimento della pratica in fatta pervenire dalla richiedente il omissis e notificato dopo che risultava presentata altra istanza di permesso di soggiorno in il omissis ii la permanenza del regolare soggiorno in attesa del provvedimento sul rinnovo , richiamandosi la previsione di cui all’art. 5 TUI, comma 9-bis. 1.1.1. Entrambi tali assunti, però, erano, a suo dire, errati. Il primo - logicamente preliminare, in quanto l’eventuale illegittimità del provvedimento della Questura di avrebbe privato di fondamento il suddetto decreto reiettivo della Prefettura di Siena perché il provvedimento di disapplicazione del diniego della Questura di è infondato, atteso che il tra ferimento di residenza nel corso degli accertamenti relativi al rinnovo chiesto in data omissis non importa l’inefficacia degli accertamenti svolti e del conseguente provvedimento di diniego del omissis , emesso sulla base degli accertamenti svolti appunto durante la residenza della appellata in , dai quali emergeva la non convivenza della appellata con il coniuge cittadino italiano il secondo, in ragione della ritenuta inapplicabilità, nella specie, dell’art. 5 TUI, comma 9-bis, dettato in materia di lavoro ed a tutela dei soggetti lavoratori, sicché inutilizzabile in materia di permesso di soggiorno per motivi familiari. A ciò doveva aggiungersi che posta la legittimità del provvedimento di diniego del rinnovo del permesso di soggiorno, la irregolarità della residenza risulta asseverata e che la stessa direttiva del Ministero dell’Interno in data 5/8/2006 - prodotta dall’appellata - prevede, al punto 1, u.c., che, in caso di diniego del rinnovo, cessano gli effetti di efficacia temporanea dei diritti correlati al permesso in attesa di rinnovo . 2. Per la cassazione di questa sentenza ricorre la K. , affidandosi ad un motivo. La Prefettura di Siena è rimasta solo intimata. Ragioni della decisione. 1. Il formulato motivo è rubricato Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 572 del 1993, art. 1, comma 2, lett. A , della L. n. 91 del 1992, art. 5, art. 5 TUI, comma 9-bis, illogicità manifesta . Muovendo dal duplice rilievo che la corte fiorentina a ha ritenuto ostativo al requisito di cui al D.P.R. n. 572 del 1993, art. 1, comma 2, lett. A , il provvedimento di rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari adottato dalla Questura di e notificato il omissis e che b la circostanza secondo cui detto rifiuto sarebbe stato adottato solo successivamente al trasferimento - formalizzato con richiesta di trasferimento della pratica nel mese di gennaio 2018 - dell’odierna ricorrente a , non importava l’inefficacia degli accertamenti svolti dalla Questura di e del conseguente divieto del omissis , dai quali emergeva la non convivenza , la corrispondente doglianza ascrive alla corte distrettuale i di avere omesso di indicare quali accertamenti sarebbero stati svolti dalla Questura di , tali da indurre a ritenere insussistente il requisito della convivenza. Il rinnovo del permesso di soggiorno era stato richiesto dall’odierna ricorrente il omissis , e la Questura di non aveva adottato provvedimenti sino al omissis . Il provvedimento di diniego di rinnovo adottato dalla Questura di , tuttavia, veniva motivato anche dal tra ferimento dell’odierna ricorrente a . Nel frattempo la predetta si era trasferita, agli inizi del 2018, a insieme alla propria famiglia, composta dal coniuge e dai due figli minori. La Questura di aveva poi provveduto in data X al rilascio del permesso di soggiorno, a dimostrazione della sussistenza del requisito della convivenza con il coniuge cittadino italiano naturalizzato, in precedenza cittadino albanese e sposato da lungo tempo con l’odierna ricorrente ii di avere erroneamente ritenuto inutilizzabile, nella specie, l’art. 5, comma 9-bis, del TUI, asseritamente dettato in materia di lavoro ed a tutela dei soggetti lavoratori. Al contrario, detta normativa doveva considerarsi applicabile ai rinnovi di tutte le tipologie dei permessi di soggiorno, altrimenti l’odierna ricorrente avrebbe soggiornato in Italia come clandestina dal X, epoca di richiesta di rinnovo del proprio permesso di soggiorno, sino al rifiuto adottato nel 2018, come documentato dal decreto di rifiuto in questione iii di non avere tenuto conto che l’odierna ricorrente aveva ottenuto dalla Questura di il rilascio del nuovo permesso di soggiorno in data X, a dimostrazione della legittimità della propria condizione, circostanza non contestata e documentata dal permesso di soggiorno medesimo, diversamente da quanto affermato dall’impugnata sentenza secondo cui la nuova domanda non risultava avere avuto esito iv di non aver valutato che, nel caso in esame, i termini di cui alla L. n. 91 del 1992, art. 5, erano dimezzati, essendo la ricorrente madre di due minori cittadini italiani. 2. La descritta censura si rivela fondata nei sensi di cui appresso. 2.1. È utile premettere che la K. , coniugata con il cittadino italiano K.T. , madre di K.F. e K.L. , anch’essi cittadini italiani, e residente in Italia da circa dieci anni, aveva chiesto la concessione della cittadinanza italiana ai sensi della L. n. 91 del 1992, art. 5. La Prefettura di Siena, però, aveva respinto tale istanza considerando la K. non regolarmente soggiornante sul territorio nazionale a seguito di un diniego di rinnovo di permesso di soggiorno per motivi familiari adottato dalla Questura di ed a lei notificato solo il omissis , benché l’odierna ricorrente, fin dal omissis , avesse formalmente domandato il trasferimento della sua pratica di soggiorno a , ove, nelle more la sua richiesta alla Questura bolognese risaliva al maggio 2015 aveva trasferito la propria residenza unitamente al coniuge. Dalla sentenza oggi impugnata, poi, emerge chiaramente cfr. pag. 2 che il rifiuto del richiesto rinnovo del permesso di soggiorno era stato dovuto all’accertata assenza di convivenza della K. con il coniuge. 2.2. Deve osservarsi, altresì, che la L. 5 febbraio 1992, n. 91, art. 5, nel testo novellato dalla L. 15 luglio 2009, n. 94, prevede che il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano può acquistare la cittadinanza italiana quando dopo il matrimonio risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, ovvero dopo tre anni dal matrimonio, se residente all’estero. In ogni caso, al momento dell’emissione del decreto del Ministero dell’Interno, non deve essere intervenuto annullamento del matrimonio, divorzio, ovvero separazione personale. La medesima norma sancisce, pure, al comma 2, che i termini predetti sono ridotti della metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi. Inoltre, giusta il D.P.R. 12 ottobre 1993, n. 572, art. 1, comma 2, lett. a , Regolamento di esecuzione della L. 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza , ai fini dell’acquisto della cittadinanza italiana, si considera legalmente residente nel territorio dello Stato chi vi risiede avendo soddisfatto le condizioni e gli adempimenti previsti dalle norme in materia d’ingresso e di soggiorno degli stranieri in Italia e da quelle in materia d’iscrizione anagrafica. 2.3. È unanime, poi, l’orientamento per cui, nella ricorrenza dei presupposti suddetti celebrazione del matrimonio, decorso del termine minimo previsto, mancanza di eventi che elidono il vincolo coniugale, ovvero lo affievoliscono , il ricorrente è titolare di un vero e proprio diritto soggettivo all’acquisto della cittadinanza. Il Ministero, per il tramite del prefetto, potrà respingere la richiesta ove risultino le fattispecie preclusive contemplate dalla L. n. 91 del 1992, art. 6 condanne per determinati reati, specificamente individuati, piuttosto che per la gravità della pena inflitta, ovvero sussistenza di comprovati motivi inerenti la sicurezza della Repubblica . Solo in presenza di ragioni di sicurezza nazionale, invece, il diniego della cittadinanza presuppone una valutazione discrezionale da parte della Pubblica Amministrazione, sicché, in quest’ultima ipotesi, il privato è titolare non già di un diritto soggettivo, bensì di un interesse legittimo, come tale tutelabile davanti al giudice amministrativo, a fronte di un provvedimento illegittimo Dott. Cass., SU, n. 1000 del 1995 Cass., SU, n. 7441 del 1993 Cons. Stato, 22 marzo 2007, n. 1355 . 2.4. Fermo quanto precede, nella specie, dunque, la concessione della cittadinanza italiana in favore della K. il cui avvenuto matrimonio con il cittadino italiano K.T. , valido e tuttora in atto, costituisce circostanza rimasta assolutamente incontroversa postulava il suo risiedere legalmente in Italia nel riportato intervallo temporale sancito dalla L. n. 91 del 1992, art. 5. 2.4.1. La corte distrettuale - premettendo che l’eventuale illegittimità del provvedimento di diniego di rinnovo del premesso di soggiorno adottato dalla Questura di avrebbe privato di fondamento il decreto della Prefettura di Siena reiettivo della concessione della cittadinanza in favore della K. - ha escluso la sussistenza di questo requisito innanzitutto ritenendo legittimo il diniego opposto dall’indicata questura, solo in data omissis , alla richiesta di rinnovo del permesso il soggiorno per motivi familiari dall’odierna ricorrente ivi formulata nel maggio 2015. Secondo quella corte, il trasferimento di residenza della K. a , avvenuto nel corso degli accertamenti relativi alla suddetta richiesta, non importa l’inefficacia degli accertamenti svolti e del conseguente provvedimento di diniego del omissis 1, emesso sulla base degli accertamenti svolti appunto durante la residenza della appellata in , dai quali emergeva la non convivena della appellata con il coniuge cittadino italiano . 2.4.2. Questa conclusione, però, non merita condivisione, e ciò a prescindere dal fatto che, come pure lamentato dalla K. , il giudice a quo, malgrado il menzionato trasferimento, aveva omesso di indicare quali accertamenti sarebbero stati svolti dalla Questura di , tali da indurre a ritenere insussistente il requisito della convivenza . 2.4.3. In proposito, infatti, è sufficiente ricordare che, ad eccezione dell’ipotesi qui nemmeno dedotta di matrimoni che siano accertati come fittizi, la mancanza di convivenza tra il cittadino extracomunitario ed il coniuge, di cittadinanza italiana, non rappresenta motivo ostativo al rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari, disciplinato dal D.Lgs. n. 30 del 2007, attuativo della Dir.n. 2004/38/CE cfr. Cass. n. 10905 del 2019 Cass. n. 5303 del 2014 Cass. n. 12745 del 2013 . 2.4.4. Ne consegue, quindi, che quella valutazione di legittimità del provvedimento della questura bolognese, posta dalla corte fiorentina che ha considerato infondata la sua disapplicazione a fondamento dell’accoglimento dell’impugnazione della contraria decisione di prime cure innanzi ad essa promossa dalla Prefettura di Siena, non è coerente con il principio testè riportato, sicché può considerarsi assorbito l’ulteriore profilo della doglianza di cui al motivo in esame riguardante l’asserita erroneità della ritenuta inutilizzabilità, nella specie, dell’art. 5 TUI, comma 9-bis . 2.5. L’odierno ricorso, pertanto, va accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, affinché accerti la sussistenza, o meno, nell’attuale situazione della K. , dei requisiti di cui alla L. n. 91 del 1992, art. 5. Al giudice di rinvio è rimessa pure la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, affinché quest’ultima accerti la sussistenza, o meno, nell’attuale situazione della K. , dei requisiti di cui alla L. n. 91 del 1992, art. 5, nonché per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.