La valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese di origine del richiedente protezione umanitaria

In tema di riconoscimento della protezione umanitaria, il giudice di merito deve operare una valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel Paese di origine con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese di accoglienza che, tuttavia, non deve essere isolatamente ed astrattamente considerato. Peraltro, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche nel Paese d’origine del richiedente deve avvenire mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione che il giudice di merito deve acquisire.

Lo ha affermato la Suprema Corte con l’ordinanza n. 13146/21, depositata il 14 maggio, decidendo sul ricorso di un cittadino bengalese avverso la pronuncia con cui la Corte d’Appello di Bologna aveva confermato il rigetto della sua domanda di protezione internazionale , declinata in tutte le forme. Per quanto qui d’interesse, il ricorrente lamenta la mancata concessione della protezione umanitaria in assenza di valutazione della documentazione addotta a sostegno della sua integrazione e senza l’acquisizione di C.O.I. sulle condizioni di tutela dei diritti fondamentali nel suo Paese di origine. La doglianza risulta fondata poiché, come ricorda la Corte, l’art. 5, comma 6, d.lgs. n. 25/2008 non richiede la credibilità del racconto come elemento imprescindibile ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria. La valutazione che deve essere svolta in questo ambito è infatti incentrata sull’accertamento d’ufficio della situazione generale esistente nel Paese di provenienza dello straniero. Nel caso di specie, i giudici territoriali hanno trascurato l’esame della documentazione prodotta dal richiedente. In conclusione, la Corte accoglie il ricorso e rinvia la questione alla Corte d’Appello di Bologna che dovrà applicare il principio di diritto secondo cui in tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienze che, tuttavia, non deve essere isolatamente ed astrattamente considerato peraltro, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche nel Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa , tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione che il giudice di merito deve acquisire . E ancora il giudice del merito, oltre a dover esaminare e rendere una compiuta motivazione in ordine alla documentazione prodotta ai fini della dimostrazione dell’inserimento lavorativo e delle altre forme di integrazione prospettate, non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti normative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di violazione di legge .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 17 marzo – 14 maggio 2021, n. 13146 Presidente Frasca – Relatore Di Florio Rilevato che 1. A.J. , proveniente dal Bangladesh, ricorre affidandosi a quattro motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Bologna che aveva respinto l’impugnazione proposta contro la pronuncia del Tribunale con la quale era stata rigettata la domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, in ragione del diniego a lui opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale. 1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di essere stato costretto a lasciare il proprio paese in quanto versava in gravi difficoltà finanziarie a causa di debiti contratti per l’acquisto di alcune mucche, parte delle quali erano morte compromettendo il prodotto sul quale contava per restituire le somme che gli erano state prestate. 1.2. Ha dedotto di temere essere ucciso in caso di rimpatrio, viste le minacce che erano state inoltrate alla moglie. 3. Il Ministero dell’Interno ha depositato atto di costituzione non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1. Considerato che 1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 4 e 5 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3. 1.1.Assume che la Corte territoriale, pur non mettendo in discussione la complessiva credibilità del racconto, aveva ritenuto inattendibile la parte di esso riferita alle minacce di morte proferite dalla società finanziaria per i debiti che non era riuscito a pagare. 1.2. Deduce altresì che non erano state acquisite COI attendibili ed aggiornate sul pericolo al quale sarebbe stato esposto in caso di rientro in patria dove vigeva la regola dell’incarcerazione per debiti e che in tal modo era stato violato sia il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, sia il principio del contraddittorio, non essendo state prese in considerazione neanche le C.O.I. da lui prodotte in giudizio al fine di dare sostegno alla propria tesi difensiva. 2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14. 2.1. Assume che la Corte aveva omesso di vagliare la fattispecie invocata, in relazione alle ipotesi di cui alle lett. a e b senza acquisire COI attendibili ed aggiornate idonee ad approfondire la situazione del paese di origine in relazione ai fatti narrati, ritenuti credibili nel complesso visto che era stata esclusa apoditticamente soltanto la dedotta minaccia ricevuta da parte della società finanziaria che gli aveva prestato il danaro. 3. I due motivi devono essere congiuntamente esaminati per la stretta interconnessione e sono entrambi inammissibili. 3.1. La prima censura, infatti, prende le mosse dalla affermazione secondo cui la Corte territoriale avrebbe ritenuto la complessiva credibilità del racconto, e, da ciò, critica la sentenza in quanto, nonostante tale valutazione, non erano state acquisite C.O.I. attendibili ed aggiornate sulle condizioni del paese di origine, con inadempimento del dovere di cooperazione istruttoria. 3.2. La doglianza è inammissibile in quanto non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata che - riportata, in parte qua, anche nel motivo di ricorso cfr. pag. 5, penultimo cpv. del ricorso e diversamente da quanto dedotto - ha negato l’attendibilità del racconto ritenendo che il ricorrente non avesse adeguatamente collaborato nella ricostruzione dei fatti rilevanti ed indicando espressamente le incongruenze e la genericità delle circostanze raccontate. 3.3. A ciò consegue che, in relazione alla forma di protezione oggetto di censura per la quale la credibilità della vicenda narrata rappresenta un presupposto imprescindibile per dare spazio al successivo dovere di cooperazione istruttoria - e cioè le fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a e b - la critica non è decisiva per ritenere che il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, non sia stato osservato. 4. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e lamenta che sia stata resa una motivazione apparente in relazione ad un fatto decisivo per il giudizio. 4.1. Deduce la mancata concessione della protezione umanitaria senza alcuna valutazione della documentazione prodotta a sostegno dell’integrazione e senza l’acquisizione di C.O.I. sulle condizioni di tutela dei diritti fondamentali nel paese di origine. 4.2. Il motivo è fondato. 4.3. La motivazione resa dalla Corte territoriale disattende, infatti, il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 5, comma 6, in relazione alla protezione umanitaria, per il riconoscimento della quale la credibilità del racconto non assurge ad elemento imprescindibile così come ritenuto dalla condivisibile giurisprudenza di questa Corte che avuto modo di affermare che nei procedimenti in materia di protezione internazionale, la valutazione di inattendibilità del racconto del richiedente, per la parte relativa alle vicende personali di quest’ultimo, non incide sulla verifica dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c , in quanto la valutazione da svolgere per questa forma di protezione internazionale è incentrata sull’accertamento officioso della situazione generale esistente nell’area di provenienza del cittadino straniero, e neppure può impedire l’accertamento officioso, relativo all’esistenza ed al grado di deprivazione dei diritti umani nella medesima area, in ordine all’ipotesi di protezione umanitaria fondata sulla valutazione comparativa tra il grado d’integrazione raggiunto nel nostro paese ed il risultato della predetta indagine officiosa cfr. Cass. 16122/2020 ed, in termini, Cass. 7985/2020 conseguentemente, per tale fattispecie e nonostante la negativa valutazione sull’attendibilità formulata, risultano violati i principi, ormai consolidati sui quali si fonda l’interpretazione dell’art. 5, comma 6 TUI cfr. Cass. 4455/2018 Cass. 29459/2019 in quanto non è stata acquisita alcuna informazione sul livello di tutela dei diritti fondamentali nel paese di origine del ricorrente. 4.4. La Corte, inoltre, ha omesso di esaminare la documentazione prodotta a sostegno dell’integrazione, specificamente elencata nel ricorso cfr. pag. 15 da docomma 8 a docomma 17 , rendendo, oltretutto, una motivazione illogica in quanto rapporta genericamente l’insufficienza della prova documentale con il principio di diritto affermato da Cass. 4455/2018 senza alcun collegamento comprensibile fra le due argomentazioni. 5. Con il quarto motivo, infine, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per motivazione apparente circa un fatto controverso decisivo ai fini del giudizio. 5.1. La censura è inammissibile in quanto il vizio dedotto non è più esistente poiché, a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 134 del 2012 che ha modificato la formulazione della censura invocata, non è più possibile criticare la motivazione della sentenza essendo censurabile soltanto l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, fatto storico, principale o secondario che, nel caso in esame, il ricorrente ha omesso di indicare. 6. In conclusione, il ricorso è fondato in relazione al terzo motivo la sentenza deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione per il riesame della controversia alla luce dei seguenti principi di diritto secondo l’interpretazione fatta propria dalla giurisprudenza di questa Corte, in tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza che, tuttavia, non deve essere isolatamente ed astrattamente considerato peraltro, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione che il giudice di merito deve acquisire il giudice del merito, oltre a dover esaminare e rendere una compiuta motivazione in ordine alla documentazione prodotta ai fini della dimostrazione dell’inserimento lavorativo e delle altre forme di integrazione prospettate, non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di violazione di legge . 7. La Corte di rinvio dovrà altresì provvedere in ordine alle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso dichiara inammissibile il primo, il secondo ed il quarto. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Bologna, in diversa composizione per il riesame della controversia e per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.