Sì alla protezione internazionale in caso di vulnerabilità del nucleo familiare

Non sussiste alcuna preclusione alla rilevanza, sotto il profilo della vulnerabilità, dei rapporti interpersonali che contraddistinguono la famiglia nucleare, ed in particolare di quelli esistenti tra il figlio minore ed entrambi i suoi genitori, per il solo fatto che l'art. 2, comma 1, lett. h-bis , d.lgs. n. 286/1998 enumeri tra le ipotesi tipizzate di vulnerabilità soltanto quella del genitore singolo con figli minori .

È quanto deciso dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 8713/21, depositata il 29 marzo. Il Tribunale di Ancona rigettava il ricorso verso il provvedimento con il quale la Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale aveva respinto la domanda di una coppia di stranieri volta al riconoscimento della protezione suddetta. I due stranieri ricorrono in Cassazione lamentandosi, tra i vari motivi, del fatto che il Tribunale avrebbe erroneamente omesso di considerare la sussistenza della condizione di vulnerabilità della coppia , essendo genitori di figlio minore, nato e cresciuto in Italia ed interessato da patologia. La questione è fondata in quanto nel caso di specie vi è la configurabilità di un profilo di vulnerabilità del nucleo familiare. Ed è per questo che la Corte di Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto L’enunciazione delle ipotesi di vulnerabilità contenuta nel D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, comma 1, lett. h-bis , non esaurisce l’ambito delle ipotesi di vulnerabilità rilevanti ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, tanto con riferimento al quadro normativo anteriore all’entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018, convertito, con modificazioni, in L. n. 132 del 2018, quanto con riguardo al quadro normativo conseguente all’entrata in vigore del D.L. n. 130 del 2020, che ha modificato la disposizione di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, reinserendovi l’esplicito riferimento al rispetto degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano . Non sussiste , in particolare, alcuna preclusione alla rilevanza, sotto il profilo della vulnerabilità, dei rapporti interpersonali che contraddistinguono la famiglia nucleare, ed in particolare di quelli esistenti tra il figlio minore ed entrambi i suoi genitori, per il solo fatto che il richiamato art. 2, comma 1, lett. h-bis enumeri tra le ipotesi tipizzate di vulnerabilità soltanto quella del genitore singolo con figli minori , non potendosi ritenere che il già richiamato riferimento al rispetto degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano contenuto nella clausola generale di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, possa essere eluso dall’incompleta tipizzazione, contenuta in una norma di diritto interno, delle ipotesi di vulnerabilità. Del pari, non si configura alcun rapporto di alternatività tra la tutela dello sviluppo psicofisico del minore approntata dalla disposizione di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, rispetto alla quale l’interesse del genitore convivente riceve protezione solo in via riflessa, e la concorrente tutela della condizione di vulnerabilità che si configura nell’ambito dei rapporti interpersonali esistenti all’interno del nucleo familiare, dovendosi a tal proposito ribadire che il diritto al rispetto della propria vita personale e familiare , che si risolve nel diritto alla stabilità ed effettività dei vincoli familiari ed è espressamente previsto dall’art. 8, comma 1, della Convenzione E.D.U., è compreso nell’ambito del nucleo ineludibile dei diritti fondamentali dell’individuo Il Collegio accoglie il suddetto motivo, cassa la decisione impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Ancona in differente composizione anche per le spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 12 novembre 2020 – 29 marzo 2021, n. 8713 Presidente Di Viriglio – Relatore Oliva Fatti di causa Con decreto del 19.6.2019 il Tribunale di Ancona rigettava il ricorso avverso il provvedimento con il quale la Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale aveva respinto la domanda di O.O.A. e O.C.V. volta al riconoscimento della protezione, internazionale o umanitaria. Propongono ricorso per la cassazione di tale decisione O.O.A. e O.C.V. affidandosi a due motivi. Il Ministero dell’Interno, intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità. Ragioni della decisione Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 14, ed il vizio di motivazione apparente, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perché il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto non credibile la storia dei richiedenti asilo, con particolare riferimento all’aspetto della loro provenienza dall’Imo State. La censura è inammissibile. Il Tribunale ha ritenuto non attendibile il racconto dei richiedenti, poiché essi non avevano saputo circostanziare la vicenda ed in considerazione del fatto che gli attestati di studio depositati agli atti del giudizio e le dichiarazioni della moglie facevano propendere per la provenienza della coppia dall’Edo State, anziché dall’Imo State, come dichiarato dai richiedenti. Questi ultimi si dolgono del fatto che l’audizione sia stata svolta senza l’ausilio di un interprete ma non attingono specificamente la statuizione del giudice di merito in particolare, non viene indicata alcuna circostanza o dichiarazione dalla quale emergerebbe che, al contrario di quanto ritenuto dal Tribunale, il racconto della coppia era stato invece circostanziato, nè viene dedotto alcun elemento che dimostrerebbe la provenienza dei due stranieri dall’Imo State, come da essi dichiarato in audizione. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 2, 8 e 32, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 19, D.P.R. n. 394 del 1999, art. 11 e art. 2 Cost., nonché il vizio di motivazione apparente, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perché il Tribunale avrebbe omesso di considerare la sussistenza della condizione di vulnerabilità dei richiedenti, in quanto genitori di figlio minore, nato e cresciuto in Italia ed interessato da patologia. La censura è fondata. La questione posta dal ricorso concerne la configurabilità di un profilo di vulnerabilità del nucleo familiare, in presenza di figli minori nati e radicati in Italia, anche al di fuori dai confini tracciati dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31. Il Collegio non ignora che in alcune precedenti decisioni questa Corte ha ritenuto insufficiente, ai fini della concessione di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, la condizione di genitore convivente con un figlio di età minore presente sul territorio nazionale. Ad esempio, Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 9823 del 26/05/2020, non massimata, ha ritenuto che lo strumento di tutela predisposto dall’ordinamento per la protezione dei profili di vulnerabilità del minore nel caso specifico, si trattava di una ipotesi di scarso accrescimento ponderale del bambino, dovuto ad intolleranze alimentari, con conseguente esigenza di continuo controllo sanitario sia quello disciplinato dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31. Mentre Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 6587 del 09/03/2020, Rv. 657415, ha affermato che La qualità di padre di un minore presente sul territorio italiano, convivente con il minore e con la propria compagna, non integra una condizione di vulnerabilità ai fini della concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, posto che la tutela del minore profugo è affidata al diverso istituto dell’autorizzazione alla permanenza sul territorio nazionale del genitore affidatario del minore, che può essere accordata dal Tribunale per i minorenni del D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 31, nell’interesse del minore per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico di quest’ultimo nè può rilevare la convivenza del richiedente con la propria compagna poiché tra le persone vulnerabili di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, comma 1, lett. h-bis , come modificato dal D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 25, comma 1, lett. b , n. 1 sono previsti i genitori singoli con minori . Il percorso argomentativo seguito da quest’ultima pronuncia con cui è stato rigettato il ricorso del richiedente che, senza allegare altra specifica situazione di vulnerabilità o concreti elementi di integrazione in Italia, aveva invocato la convivenza con la figlia di un anno di età deducendo il grave pregiudizio per l’intera famiglia, e segnatamente per la figlia minore, in caso di sua espulsione prende avvio dalla considerazione che il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, prevede la non espellibilità del minore, salvo il suo diritto a seguire il genitore o l’affidatario da tale premessa, questa Corte ha fatto discendere l’implicita negazione del rilievo della condizione di genitore affidatario del figlio minore, ai fini della configurabilità di una vulnerabilità rilevante ai fini del rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Inoltre, si è valorizzata la circostanza che il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, comma 1, lett. h-bis , espressamente prevede, come persone vulnerabili , i soli genitori singoli con figli minori, e dunque non i genitori di figli minori in quanto tali. Questo percorso argomentativo, ad avviso del Collegio, non appare persuasivo, come del resto già ritenuto dalla più recente pronuncia Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 22832 del 20/10/2020, Rv. 659373, alla quale questo Collegio intende dare continuità. Va invero considerato che la disposizione di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, comma 3, individua i presupposti della tutela del minore, identificandoli con i gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore stesso. In presenza di tali gravi motivi , il Tribunale per i Minorenni può autorizzare, anche in deroga alle norme generali in tema di accesso e permanenza degli stranieri extracomunitari sul territorio nazionale, la permanenza temporanea in Italia del minore e del suo familiare. La norma, dunque, non presiede alla tutela del diritto alla coesione familiare in quanto tale, che presenta caratteri di tendenziale stabilità essa, infatti, si limita a prevedere un permesso temporaneo, per il cui rilascio il richiedente ha l’onere di allegare, e di documentare, lo specifico profilo di grave pregiudizio che il minore potrebbe subire in conseguenza dell’allontanamento dal proprio genitore Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 773 del 16/01/2020, Rv. 656450 Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 9391 del 16/04/2018, Rv. 649062 . L’autorizzazione prevista dall’art. 31 cit., costituisce dunque una misura atta a tutelare il diritto fondamentale del minore a vivere e crescere insieme ai suoi genitori, a tutela del suo ordinato sviluppo psicofisico cfr. Cass. Sez. U., Sentenza n. 15750 del 12/06/2019, Rv. 654215 fermo restando che i gravi motivi idonei ai fini dell’autorizzazione temporanea di cui all’art. 31 cit. non richiedono necessariamente l’esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla sua salute, potendo comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed obiettivamente grave che in considerazione dell’età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psicofisico, deriva o deriverà certamente al minore dallo allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall’ambiente in cui è cresciuto. Deve trattarsi tuttavia di situazioni non di lunga o indeterminabile durata e non caratterizzate da tendenziale stabilità che, pur non prestandosi ad essere catalogate o standardizzate, si concretino in eventi traumatici e non prevedibili che trascendano il normale disagio dovuto al proprio rimpatrio o a quello di un familiare Cass. Sez. U., Sentenza n. 21799 del 25/10/2010, Rv. 614300 conf., Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7516 del 31/03/2011, Rv. 616840 Cass. Sez. 6-1, Sentenza n. 15191 del 20/07/2015 Rv. 636213 Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 18188 del 01/09/2020, Rv. 659093, in motivazione, pagg. 7 e s. . L’interesse del familiare convivente con il minore, quindi, non riceve tutela autonoma, nell’ambito dell’art. 31 cit., ma soltanto in via riflessa, ovverosia nei imiti in cui detta tutela sia funzionale alla protezione dello sviluppo psicofisico del minore, che rappresenta il bene-interesse direttamente protetto dalla norma in commento. Occorre altresì considerare che la giurisprudenza di questa Corte ha ormai affermato che l’indagine diretta alla verifica della sussistenza dei presupposti di vulnerabilità richiesti ai fini del rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari va condotta svolgendo una valutazione individuale, caso per caso, della vita privata e familiare del richiedente in Italia, comparata alla situazione personale che egli ha vissuto prima della partenza e cui egli si troverebbe esposto in conseguenza del rimpatrio. I seri motivi di carattere umanitario possono positivamente riscontrarsi nel caso in cui, all’esito di tale giudizio comparativo, risulti un’effettiva ed incolmabile sproporzione tra i due contesti di vita nel godimento dei diritti fondamentali che costituiscono presupposto indispensabile di una vita dignitosa art. 2 Cost. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4455 del 23/02/2018, Rv. 647298, in motivazione, pagg. 9 e 10 conf. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 17130 del 14/08/2020, Rv. 658471 cfr. anche Cass. Sez. U., Sentenza n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 656062-02 . Il complessivo apprezzamento demandato al giudice di merito costituisce un unicum, nel senso che entrambi i corni nei quali esso si articola concorrono, come momenti necessari, all’unitario procedimento valutativo, che il giudice è chiamato a condurre considerando globalmente e unitariamente i singoli elementi fattuali accertati e non in maniera atomistica e frammentata cfr. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 7599 del 30/03/2020, Rv. 657425 e Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 14548 del 09/07/2020, Rv. 658136 . In argomento, in continuità con il più recente orientamento di questa Corte cfr. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 1104 del 20/01/2020, Rv. 656791 va anche sottolineato che le Sezioni Unite di questa Corte Cass. Sez. U., Sentenza n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 656062 , in consonanza con la già citata pronuncia n. 4455 del 2018 di questa Corte, hanno chiarito, quanto ai presupposti necessari per ottenere la protezione umanitaria 1 che non si può trascurare la necessità di collegare la norma che la prevede ai diritti fondamentali che l’alimentano 2 che gli interessi protetti non possono restare ingabbiati in regole rigide e parametri severi, che ne limitino le possibilità di adeguamento, mobile ed elastico, ai valori costituzionali e sovranazionali, sicché l’apertura e la residualità della tutela non consentono tipizzazioni cfr. anche Cass. Sez. 1, Sentenza n. 13079 del 15/05/2019, Rv. 654164 Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 13096 del 15/05/2019, Rv. 653885 Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 8571 del 06/05/2020, Rv. 657814 3 che le relative basi normative non sono affatto fragili, ma, al contrario, a compasso largo l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali, col sostegno dell’art. 8 della C.E.D.U., promuove infatti l’evoluzione della norma, elastica, sulla protezione umanitaria a clausola generale di sistema, capace di favorire i diritti umani e di radicarne l’attuazione. In questa cornice di riferimento, ormai acquisita alla giurisprudenza di questa Corte, non si individua alcuna ragione idonea a giustificare la configurazione di un rapporto di alternatività tra la speciale forma di protezione di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, ed il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari ai sensi del medesimo D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19. Da un lato, infatti, va valorizzata la differente ratio delle due norme, la prima delle quali, come già detto, mira a proteggere un interesse del minore, rispetto al quale quello del genitore riceve tutela solo per via riflessa, mentre la seconda punta a garantire il diritto del genitore, e con esso dell’intero nucleo familiare, alla stabilità della relazione familiare nucleare, secondo una prospettiva, quindi, sostanzialmente rovesciata rispetto a quella posta a fondamento del richiamato art. 31. Dall’altro lato, va evidenziato che l’art. 8, comma 1, della Convenzione E.D.U. espressamente include il diritto al rispetto della propria vita familiare nell’ambito dei diritti fondamentali della persona umana il che implica la necessaria tutela, nell’ambito del nucleo ineludibile dei diritti dell’individuo, del diritto alla stabilità ed al normale svolgimento dei rapporti esistenti all’interno della famiglia nucleare o, in altre parole, del diritto dei membri di quest’ultima a vivere insieme . Da quanto esposto discende che lo Stato, in presenza di un legame familiare tra un adulto ed un minore, deve tendenzialmente assicurare la stabilità di tale relazione, in modo da garantire la stabile integrazione del minore nella sua famiglia, al momento della nascita ovvero non appena ciò sia possibile cfr. ancora Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 22832 del 20/10/2020, Rv. 659373, in motivazione, pagg. 6 e s. . L’ampia discrezionalità legislativa riconosciuta in materia di accesso e permanenza dello straniero extracomunitario sul territorio nazionale, quindi, va interpretata in diretta correlazione alla molteplicità degli interessi coinvolti, tra i quali quello del minore assume certamente un valore preponderante, senza tuttavia che ciò implichi la necessaria esclusione di una concorrente posizione di vulnerabilità, e dunque di esigenza di tutela, in capo al genitore del minore. Sotto questo profilo, pertanto, l’elencazione dei soggetti vulnerabili contenuta nel D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, comma 1, lett. h-bis , non esaurisce l’ambito delle condizioni di vulnerabilità rilevanti ai fini del riconoscimento di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, ma esprime soltanto la tipizzazione di alcune tra le più rilevanti condizioni cui va, per esplicita clausola di legge, riconnessa la predetta condizione di vulnerabilità. La norma, dunque, va letta in combinato disposto con il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, non essendo possibile ipotizzare una relazione di alternatività tra le due disposizioni, in vista della tutela a compasso largo della tutela umanitaria descritta dalla giurisprudenza di questa Corte cfr. Cass. Sez. U., Sentenza n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 656062-02 Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 1104 del 20/01/2020, Rv. 656791 Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4455 del 23/02/2018, Rv. 647298 Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 17130 del 14/08/2020, Rv. 658471 . Ciò comporta che l’elenco delle condizioni soggettive tipizzate dal D.Lgs. n. 25 del 2008, richiamato art. 2, comma 1, lett. h-bis , non esaurisce l’ambito della vulnerabilità che può rilevare ai fini del riconoscimento di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Il giudice di merito, quindi, anche laddove non si configuri una delle ipotesi previste dal richiamato art. 2, è comunque tenuto alla verifica, in concreto, della sussistenza di profili di vulnerabilità, tanto individuali che riferibili all’intero nucleo familiare, che siano idonei a giustificare la tutela umanitaria. Non osta a tale conclusione la dimensione necessariamente individuale della vulnerabilità, posto che il coacervo delle relazioni interpersonali che si sviluppa all’interno del nucleo familiare è costituito dalla sommatoria dei diritti dei singoli componenti del nucleo stesso al rispetto della propria vita privata e familiare cfr. art. 8, comma 1, della Convenzione E.D.U. sotto questo profilo, dunque, la tutela del rapporto familiare nucleare si traduce nella protezione della relazione esistente tra i figli ed ambedue i genitori, senza che possa rilevare, a contrario, la circostanza che nell’ambito dell’elenco di cui all’art. 2, comma 1, cit., sia indicato solo il figlio minore di genitore singolo, e non anche il figlio minore avente entrambi i genitori sul territorio nazionale e con essi convivente. Questa conclusione è avvalorata, da ultimo, dalla circostanza che il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nella sua formulazione anteriore all’entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018, convertito, con modificazioni, in L. n. 132 del 2018 - vietava espressamente il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno nella ricorrenza di seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano . Ed il riferimento agli obblighi internazionali non è sicuramente suscettibile di essere eluso da una norma interna che tipizzi i casi di vulnerabilità cfr. ancora Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 22832 del 20/10/2020, Rv. 659373, in motivazione, pag. 9 . Tra l’altro va considerato, sul punto, che il recente D.L. 21 ottobre 2020, n. 130, entrato in vigore a decorrere dal 22/10/2020, ha ripristinato la formulazione della norma in esame anteriore alla novella del 2018, addirittura ampliandone i confini. Il D.L. n. 130 del 2020, art. 1, comma 1, lett. a , infatti, recita testualmente 1. Al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, sono apportate le seguenti modificazioni a all’art. 5, comma 6, dopo le parole Stati contraenti sono aggiunte le seguenti , fatto salvo il rispetto degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano omissis Detta disposizione, che ai sensi di quanto previsto dal citato D.L. n. 130 del 2020, art. 15, si applica anche ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto avanti alle commissioni territoriali, al questore e alle sezioni specializzate dei tribunali, con esclusione dell’ipotesi prevista dall’art. 384 c.p.c., comma 2 delinea una nuova protezione speciale che si presenta, prima facie, caratterizzata da un compasso di ampiezza almeno corrispondente a quello della protezione umanitaria previgente all’entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018, convertito con modificazioni nella L. n. 132 del 2018, nell’interpretazione che di detta forma di protezione è fornita dal consolidato orientamento di questa Corte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4455 del 23/02/2018, Rv. 647298 Cass. Sez. U., Sentenza n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 656062-02 Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 17130 del 14/08/2020, Rv. 658471 Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 1104 del 20/01/2020, Rv. 656791 . Illuminante, in tal senso, il ritorno al riferimento esplicito al rispetto degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano , con conseguente validità dei principi sin qui affermati, tanto con riferimento alla disciplina anteriore al D.L. n. 113 del 2018, quanto nel quadro normativo conseguente all’entrata in vigore del D.L. n. 130 del 2020, e ciò a prescindere da qualsiasi valutazione relativa all’applicabilità della nuova normativa del 2020 anche ai ricorsi pendenti innanzi la Corte di Cassazione. In definitiva, va dichiarato inammissibile il primo motivo del ricorso e va accolto il secondo, con conseguente cassazione della decisione impugnata, in relazione alla censura accolta, e rinvio della causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Ancona, in differente composizione. Nel riesame della fattispecie, il giudice di rinvio si atterrà al seguente principio di diritto L’enunciazione delle ipotesi di vulnerabilità contenuta nel D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, comma 1, lett. h-bis , non esaurisce l’ambito delle ipotesi di vulnerabilità rilevanti ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, tanto con riferimento al quadro normativo anteriore all’entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018, convertito, con modificazioni, in L. n. 132 del 2018, quanto con riguardo al quadro normativo conseguente all’entrata in vigore del D.L. n. 130 del 2020, che ha modificato la disposizione di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, reinserendovi l’esplicito riferimento al rispetto degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano . Non sussiste, in particolare, alcuna preclusione alla rilevanza, sotto il profilo della vulnerabilità, dei rapporti interpersonali che contraddistinguono la famiglia nucleare, ed in particolare di quelli esistenti tra il figlio minore ed entrambi i suoi genitori, per il solo fatto che il richiamato art. 2, comma 1, lett. h-bis enumeri tra le ipotesi tipizzate di vulnerabilità soltanto quella del genitore singolo con figli minori , non potendosi ritenere che il già richiamato riferimento al rispetto degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano contenuto nella clausola generale di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, possa essere eluso dall’incompleta tipizzazione, contenuta in una norma di diritto interno, delle ipotesi di vulnerabilità. Del pari, non si configura alcun rapporto di alternatività tra la tutela dello sviluppo psicofisico del minore approntata dalla disposizione di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 31, rispetto alla quale l’interesse del genitore convivente riceve protezione solo in via riflessa, e la concorrente tutela della condizione di vulnerabilità che si configura nell’ambito dei rapporti interpersonali esistenti all’interno del nucleo familiare, dovendosi a tal proposito ribadire che il diritto al rispetto della propria vita personale e familiare , che si risolve nel diritto alla stabilità ed effettività dei vincoli familiari ed è espressamente previsto dall’art. 8, comma 1, della Convenzione E.D.U., è compreso nell’ambito del nucleo ineludibile dei diritti fondamentali dell’individuo . P.Q.M. la Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso ed accoglie il secondo. Cassa la pronuncia impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa al Tribunale di Ancona, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.