La tardività dell’opposizione agli atti esecutivi “non decisa” dal Giudice di merito deve essere delibata in sede di legittimità

La questione della tardività dell’opposizione proposta ex art. 617 c.p.c., ove non decisa dal Giudice del merito e dunque non coperta da giudicato interno, può e deve essere delibata in sede di legittimità, ancorché non dedotta come motivo di ricorso, trattandosi di questione relativa ad un termine di decadenza processuale la cui inosservanza è rilevabile d’ufficio e che comporta la cassazione senza rinvio della sentenza ex art. 382, comma 3, c.p.c., in quanto l’azione non poteva proporsi.

Il caso. La sentenza in commento trae origine dall’ opposizione all’ esecuzione a suo tempo promossa da una società avverso un atto di pignoramento notificatole dall’Agenzia delle Entrate con la quale era stata dedotta la mancata notificazione del predetto atto esecutivo, nonché la pendenza di un giudizio avanti alla competente Commissione Tributaria Provinciale in relazione agli atti prodromici. Il Tribunale adito ha dichiarato la nullità del pignoramento in conseguenza della mancata apposizione della firma sull’ atto stesso e sulle cartelle notificati dunque in formato .pdf anziché p7m . La decisione della Corte di Cassazione. L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione deducendo, da un lato, il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario e, da un lato, la correttezza delle firme apposte sugli atti esecutivi. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno disposto la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 362, comma 3, c.p.c., perché l’azione non poteva proporsi. Infatti, nell’originario ricorso proposto avanti al Giudice dell’esecuzione era stata dedotta la mancata ricezione delle notifiche relative alle cartelle di pagamento e al pignoramento. Solo con l’atto successivamente notificato in sede di introduzione del giudizio di merito – e dunque oltre il termine di venti giorni dalla legale conoscenza dell’atto esecutivo – la società debitrice aveva contestato l’asserita mancata integrità degli atti notificati in formato .pdf. Secondo gli Ermellini tale domanda delinea una causa petendi ulteriore rispetto a quella proposta con l’originario ricorso e in quanto tale inammissibile. La questione della tardività dell’ opposizione proposta ex art. 617 c.p.c., ove non decisa dal Giudice del merito e dunque non coperta da giudicato interno, può e deve essere delibata in sede di legittimità , ancorché non dedotta come motivo di ricorso, trattandosi di questione relativa ad un termine di decadenza processuale la cui inosservanza è rilevabile d’ufficio e che comporta la cassazione senza rinvio della sentenza ex art. 382, comma 3, c.p.c., in quanto l’azione non poteva proporsi.

Cassazione Civile, Sez. Unite Civili, sentenza 23 febbraio 2021 - 25 marzo 2021, n. 8501 Presidente Di Iasi – Relatore Scoditti Fatti di causa 1. Con ricorso di data 13 gennaio 2017 Edilpresident s.r.l. propose opposizione innanzi al Tribunale di Pavia avverso l’esecuzione promossa da Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a. poi Agenzia delle Entrate Riscossione che aveva notificato pignoramento presso terzi in danno dell’opponente fino a concorrenza di Euro 166.128,94, deducendo la mancata notifica dell’atto di pignoramento, nonché la pendenza del giudizio innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale in relazione agli atti prodromici. Disposta la sospensione dell’esecuzione, con atto notificato in data 24 luglio 2017 venne introdotto il giudizio di merito a cura sia dell’opponente, che dell’opposta, con riunione dei giudizi. 2. Il Tribunale adito con sentenza di data 23 gennaio 2019, in accoglimento dell’opposizione, dichiarò la nullità del pignoramento. Osservò il Tribunale, per quanto qui rileva, che il pignoramento era stato notificato a mezzo PEC, e così anche le cartelle di pagamento e l’intimazione di pagamento, e che le cartelle, come pure il pignoramento, erano stati notificati in formato pdf senza firma digitale e senza estensione p7m , la quale, rappresentando la c.d. busta crittografica, era idonea ad attestare la certificazione della firma, e pertanto l’identificabilità dell’autore del documento. Concluse quindi nel senso della nullità di tale procedimento di notifica. 3. Ha proposto ricorso per cassazione Agenzia delle Entrate Riscossione sulla base di due motivi. Resiste con controricorso la parte intimata. Il Collegio ha proceduto in Camera di consiglio ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis, convertito con L. n. 176 del 2020, in mancanza di richiesta di discussione orale. Il Procuratore generale ha formulato le sue conclusioni motivate ritualmente comunicate alle parti. È stata depositata memoria di parte. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo si denuncia difetto di giurisdizione del giudice ordinario ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1 e art. 19 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1. Osserva la parte ricorrente che la deduzione della nullità del pignoramento derivata dalla mancata notificazione delle cartelle esattoriali rientra nella sfera della giurisdizione tributaria anche per ciò che concerne la validità del pignoramento e della sua notificazione, essendo il giudice ordinario munito di giurisdizione solo con riferimento ai crediti non tributari ed ai vizi propri dell’atto di pignoramento. Aggiunge che il Tribunale avrebbe dovuto omettere di pronunciare in ordine alla nullità della notifica delle cartelle di pagamento. 2. Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, artt. 4, 5, 6 e 11, nonché degli artt. 2697, 2712 e 2719 c.c Osserva la parte ricorrente, con riferimento al pignoramento, che in base a Cass. Sez. U. n. 10266 del 2018 deve ritenersi che le firme digitali di tipo CAdES e di tipo PAdES sono entrambe ammesse ed equivalenti, sia pure con le differenti estensioni .p7m e .pdf e che ad analoga conclusione deve addivenirsi per un atto amministrativo quale la cartella esattoriale, per la quale non è neanche previsto che la firma costituisca requisito legale laddove la notificazione avvenga in forma cartacea. Aggiunge che erroneamente il Tribunale ha ritenuto che l’immodificabilità ed integrità potessero derivare solo dall’estensione .p7m e che le cartelle di pagamento sono comunque pervenute all’indirizzo PEC della società opponente. 3. Deve essere disposta la cassazione senza rinvio ai sensi dell’art. 362 c.p.c., comma 3, perché l’azione non poteva proporsi. Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa proposizione dell’appello. La decisione impugnata esordisce con l’illustrazione del ricorso quale proposto ai sensi dell’art. 615 c.p.c., comma 2 e art. 617 c.p.c., comma 2, qualifiche che, da quanto risulta dalla motivazione, sono agevolmente ascrivibili la prima alla questione della legittimità dell’esecuzione per essere stata instaurata secondo il Tribunale sulla base di titolo valido in quanto caducato successivamente al pignoramento, la seconda alla questione della validità della notificazione del pignoramento. Il principio dell’apparenza, ossia il riferimento alla qualificazione dell’azione operata dal giudice del provvedimento, depone per la natura di opposizione agli atti esecutivi e dunque per la non impugnabilità con il mezzo dell’appello della decisione relativa al ricorso ai sensi dell’art. 617. Ove si ritenga che il richiamo di esordio all’art. 617, sia inidoneo ad integrare una qualificazione dell’azione, evidente è la riconducibilità all’opposizione agli atti esecutivi della nullità della notificazione del pignoramento. 3.1. Nell’originario ricorso di data 13 gennaio 2017, proposto innanzi al giudice dell’esecuzione, era stata dedotta la mancata ricezione delle notifiche relative sia alle cartelle di pagamento, che al pignoramento, in quanto effettuate via pec, denunciando la nullità delle notifiche per la seguente ragione la ricezione nella casella di posta elettronica certificata non garantisce l’effettiva conoscenza dell’atto da parte del destinatario. Ciò perché in questo caso non vi è alcun soggetto abilitato ad effettuare la notifica, come quelli indicati nel D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 . Si osservò inoltre che la notifica via pec in proprio da parte dell’ente della riscossione doveva ritenersi inesistente e che la ricevuta di consegna non consentiva di conoscere il messaggio asseritamente trasmesso via pec. Solo con l’atto notificato in data 24 luglio 2017, in sede di introduzione del giudizio di merito, e dunque oltre il termine di venti giorni dalla legale conoscenza dell’atto esecutivo, nella specie da ricondurre quanto meno all’epoca di proposizione dell’originario ricorso, si oppone che il formato pdf del file garantisce l’integrità, in quanto non modificabile, ma non la genuina paternità, richiamando la giurisprudenza tributaria secondo cui la notifica via pec, in quanto mancante della firma informatica e/o digitale, non garantisce la certezza e corrispondenza. Trattasi all’evidenza di causa petendi ulteriore rispetto a quella proposta con l’originario ricorso. Con quest’ultimo era stata denunciata la mancata conoscenza da parte del destinatario del contenuto della notificazione in ragione del mezzo adoperato, e comunque la sua inesistenza, con la citazione introduttiva del giudizio di merito si denuncia l’impossibilità di ascrivere la paternità della notifica al soggetto asseritamente notificante in ragione del formato elettronico dell’allegato. L’opposizione agli atti esecutivi è stata accolta dal giudice di merito sulla base di tale ultima causa petendi, la quale identifica però un motivo di opposizione agli atti esecutivi non proposto nel termine perentorio dei venti giorni. Non vi è sul punto un accertamento di tempestività del motivo di opposizione da parte del giudice di merito che richiederebbe la specifica impugnazione in questa sede. Non risulta inoltre proposto ricorso incidentale con riferimento alla causa petendi indicata nell’originario ricorso e su cui non vi è pronuncia del giudice di merito non esistendo un mezzo omologo all’art. 346 c.p.c., è noto che il mezzo per devolvere alla Corte la cognizione di eccezioni e questioni non esaminate sia il ricorso incidentale da parte del resistente, che versi in posizione di vincitore in senso pratico e veda dalla controparte rimessa in discussione la sentenza che gli ha dato ragione - Cass. Sez. U. 12 maggio 2017, n. 11799 . La questione della tardività dell’opposizione proposta ex art. 617 c.p.c., ove non decisa dal giudice del merito e dunque non coperta da giudicato interno, può e deve essere delibata in sede di legittimità, ancorché non dedotta come motivo di ricorso, trattandosi di questione relativa ad un termine di decadenza processuale la cui inosservanza è rilevabile d’ufficio e che comporta la cassazione senza rinvio della sentenza ex art. 382 c.p.c., comma 3, in quanto l’azione non poteva proporsi Cass. 13 agosto 2015, n. 16780 . Va in conclusione disposta la cassazione senza rinvio della sentenza per intervenuta decadenza in relazione al motivo di opposizione su cui si fonda l’accoglimento della domanda. 4. Il rilievo d’ufficio circa la non proponibilità dell’azione, unitamente al provvedimento di compensazione delle spese adottato dal Tribunale, costituiscono ragione di compensazione delle spese sia del giudizio di legittimità che di quello di merito. P.Q.M. Cassa senza rinvio la decisione impugnata. Dispone la compensazione delle spese sia del giudizio di legittimità che del giudizio di merito.